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Il Pna credo che sia l'esempio più riuscito, sia in Italia che all'estero, di gestione integrata di una area protetta. Una gestione che ha saputo coniugare sviluppo economico e salvaguardia ambientale. L'ente, dando un'impostazione manageriale alla sua gestione, è riuscito a rendere appetibile la "vacanza parco". Basandosi su strategie di marketing e favorito anche dalla richiesta di wilderness proveniente dall'estero, ha promosso in Italia e all'estero il marchio parco, l'orsetto seduto. I numeri lo testimoniano: il Pna è passato dalle 2.000 presenze del 1976 alle 300.000 attuali. Il giro di affari complessivo stimato a vantaggio dell'economia locale è di 300 miliardi annui, a fronte di una spesa di S miliardi l'anno. La crescita incontrollata del turismo in un primo momento è stata guardata esclusivamente con favore perché apportatrice di benefici economici all'interno del parco. Si pensi che le centinaia di miliardi che i turisti spendono nell'area rappresentano la fetta più grande di reddito della popolazione locale. Ma nel tempo non hanno tardato a presentarsi problemi da essa derivanti, come fenomeni di sovraffollamento di alcune zone del parco (S Comuni in particolare) e solo in alcuni periodi dell'anno, i periodi di alta stagione (i mesi estivi). Senza considerare poi quelli che possono essere definiti i fenomeni indotti come: alterazione dell'equilibrio degli ecosistemi e problemi di natura igienico-sanitaria. A proposito del primo punto alcune specie animali rischiano l'estinzione, come per esempio l'orso marsicano. Il quale, vistosi invadere il proprio habitat naturale dai turisti in cerca di "selvaggio", è stato costretto a volte ad effettuare migrazioni al di fuori del parco, divenendo così possibile preda dei bracconieri. Inoltre il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti non riesce a tener testa all'accresciuta produzione di rifiuti nei periodi di alta stagione, creando quegli spiacevoli inconvenienti, sia per l'uomo che per l'ambiente, che non è difficile immaginare.
Il turismo continua a crescere in maniera disordinata e mal distribuita; come tale risulta anche essere l'allocazione delle risorse economiche che derivano dal flusso turistico: esse si concentrano solo nei Comuni più conosciuti ed ambiti come mete turistiche.
Ma cosa fare allora? Il turismo è una risorsa economica o solo un problema da evitare, se si parla di aree protette? Credo che un suggerimento possa venire da un detto abruzzese, forse non troppo sconosciuto alle nostre orecchie: "il troppo stroppia". Questo significa che si può parlare di turismo sostenibile solo se il turismo non è di massa. Un turismo che, al di fuori delle logiche di mercato, punta più sulla qualità del turista che sulla sua quantità. Non deve essere il mercato o la domanda a condizionare l'offerta ma è essa stessa a dover divenire fattore determinante di queste. Si può dire che non esistono attività ecoturistiche in senso stretto, ma solo in senso lato. Non ci sono attività turistiche peggiori o migliori di altre da un punto di vista ambientale: tutto dipende da come, quanto, dove, quando o per quanto tempo queste vengono praticate. L'Ente parco si è preoccupato di promuovere la vacanza nel parco, ma senza arrivare a gestire in prima persona le attività turistiche o a controllarne l'afflusso. Nel frattempo gli imprenditori del luogo hanno rivelato la loro mancanza di competenze gestionali adeguate in materia, non cercando il turista attivamente ma limitandosi ad adeguarsi alle sue richieste. Bisognerebbe invece cercare d'influenzare il comportamento del turista, le sue decisioni, educandolo al parco, magari attraverso uno strumento come il marketing, fatto non solo d'informazione ma anche di formazione. Solo così il turista arriverà a rispettare il luogo in cui si trova.
Alla luce di tutto ciò una soluzione può essere il ricorso ad un piano di gestione turistica in funzione delle caratteristiche e necessità del territorio, che diventi parte integrante del piano di gestione stesso di tutta l'area protetta. A più di venti anni dal "Piano" di Italia Nostra e a circa dieci anni dalla zonizzazione, si avverte l'esigenza della redazione di un altro studio che ridisegni l'assetto territoriale del parco. Mi riferisco al "Piano economico-sociale" previsto dalla legge quadro 394/91. Il concetto fondamentale su cui si basa tale strumento è quello di "sviluppo sostenibile", identificabile in tre obiettivi di politica economica. Si tratta delle tre "E" della letteratura anglosassone: "Environment", (integrità ambientale), "Economic", (efficienza economica), "Equity", (equità sociale ed intergenerazionale). Il nodo problematico che si riscontra ora in quel tentativo di pianificazione compiuto agli inizi degli anni settanta, credo che sia la mancanza di una capacità di "rinnovamento", cioè di tenere conto "della complessità e della dinamicità degli ecosistemi e dei paesaggi nei territori protetti". Emerge la necessità di conciliare la "staticità delle norme settoriali" (divieti ed autorizzazioni) con "la dinamicità dei processi economici e naturali". Ma la politica di gestione dell'ente, come fase preliminare alla pianificazione, dovrebbe tenere conto della "capacità di portata" del territorio parco.
Quella stessa che in letteratura è chiamata "capacità di carico"intendendo:
- capacità di carico sociale, cioè livello di sovraffollamento massimo tollerato dal visitatore e dalla popolazione locale
- capacità di carico ecologica, cioè capacità di un ecosistema di sopportare senza cambiamenti una determinata fruizione turistica.
Alla luce di queste valutazioni occorre poi pensare al modo migliore per distribuire nel tempo e nello spazio il flusso turistico. Un esempio è il volontariato ecologico, nella forma gratuita e non come il patecipant funding: esso garantisce un turismo di qualità, perché educativo e che consente di creare domanda anche nei periodi di bassa stagione. E' uno strumento privilegiato per la diffusione di una corretta cultura ambientale perché stimola la nascita di un senso di appartenenza e di responsabilità nei confronti del patrimonio naturale.
Ci sarebbe bisogno anche di un numero maggiore di parchi che decongestioni dal turismo il Pna, arrivando così a costituire un sistema di parchi che agiscono ed interagiscono insieme per raggiungere l'obiettivo unificante di uno sviluppo sostenibile che sia reale, perché migliora la qualità della vita. La politica economica ed ambientale dell'autorità governativa dovrebbe essere volta ad agevolare l'ampliamento delle zone protette, perlomeno in Abruzzo. Questa regione è ricca di aree idonee per essere trasformate in parchi. Mentre l'operatività di altri parchi richiede tempi lunghi, nel breve periodo, vista l'urgenza degli interventi, questa sembra essere la soluzione più idonea. Il piano economico-sociale non dovrebbe essere visto, da quelle aree protette come il Pna o quelle in forse come l'Arcipelago toscano, come un fattore limitante per il loro già esistente "sviluppo economico"; ma qualcosa che migliora la gestione del parco, la razionalizza, inserendo magari tra le voci di spesa qualcosa come: "promuovere turismo che educhi l'uomo all'ambiente". Alle soglie del 2000 si è diffusa per lo meno la coscienza che le risorse naturali sono limitate, non pianificarne "l'uso" o il "non uso" nel tempo e nello spazio significherebbe perdere la fonte di tante risorse economiche. L'ecologia così sembra essere il "nostro futuro", il "nostro domani", secondo anche quanto afferma Nonnemacher G.: "Le società umane scelgono di volta in volta una disciplina per esprimere in qualche modo la loro coscienza collettiva..., in questi ultimi decenni la società occidentale ha scelto "l'ecologia"; intesa non solo come disciplina scientifica, ma come ripensamento sui rapporti uomo-ambiente, nel presente, e come aspirazione a un equilibrio migliore per il nostro futuro".
* Laureata in economia e commercio
L'articolo è una sintesi delle conclusioni raggiunte da Rosa Mazzitelli, laureata in economia e commercio presso la facoltà di Firenze il 28 ottobre 1995, nella sua tesi di laurea dal titolo: "I vincoli e le opportunità di sviluppo nelle aree protette: il caso particolare del Parco nazionale d'Abruzzo". Tale studio ha avuto come relatore il professore A. Pacciani, docente di economia politica agraria, e come correlatori il professore A. Simoncini, docente di diritto costituzionale e il professore P. Innocenti, docente di geografia economica, tutti presso la facoltà di economia di Firenze. |