Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 18 - GIUGNO 1996


L'accertamento dei danni da selvaggina
Claudio De Paola *

Il Parco del Ticino Lombardo si estende sul territorio di 46 Comuni nelle Provincie di Milano, Pavia e Varese. La sua istituzione risale al 1974 mentre il piano territoriale di coordinamento è stato approvato con la legge regionale n. 33 del 22 marzo 1980.
Attraverso tale strumento di pianificazione sono state identificate le varie zone con un sistema di fasce parallele completate da specifiche previsioni areali.
In questo modo si è potuta attuare una buona protezione dell'ambiente fluviale e forestale (zone di riserva integrale A e orientata B), un giusto equilibrio tra agricoltura ed ambiente (zone di parco naturale e agricolo forestale C), un uso ponderato ma concreto delle risorse produttive (zone di iniziativa comunale IC e zone agricole G).
Pur costituendo una componente essenziale nella pianificazione generale di piano territoriale di coordinamento la fauna aveva necessità di definire un proprio "spazio" all'interno del quale, oltre a vietare la caccia, si programmassero e favorissero gli interventi volti al miglioramento degli habitat. La definizione di tale spazio è stata realizzata attraverso una linea definita di silenzio venatorio, che ha come confine opposto l'asta del fiume e che comprende quindi le zone di riserva perifluviale e parte delle zone a parco naturale e agricolo-forestale. In fascia di silenzio venatorio troviamo dunque il fiume, le lanche, i boschi più pregiati circondati da zone coltivate.
In gran parte le aziende agricole sono ad indirizzo cerealicolo-zootecnico; le colture più diffuse sono il mais, il riso, il prato stabile, la marcita, i cereali autunno vernini, il pioppo. La rotazione agraria è piuttosto diffusa, la rete dei canali e delle rogge ben strutturata e, in genere, protetta ed arricchita da vegetazione arborea ed arbustiva.
La presenza contemporanea di tanti e tali ambienti crea un habitat particolarmente favorevole per diverse specie di selvatici. Molti di essi utilizzano i campi coltivati per cibarsi causando i danni da selvaggina.
Naturalmente l'assenza di esercizio venatorio favorisce l'insediamento di grosse comunità di selvatici che non abbandonano mai la zona "sicura". E' il caso del cinghiale.
Il problema dei danni nel Parco del Ticino assume una consistenza significativa. Nelle tabelle allegate è possibile valutarne l'entità nel periodo 1990- 1994.
Le specie che provocano i problemi maggiori sono i cinghiali ed i corvi, mentre le colture più colpite sono il mais e la marcita, anche se non vanno sottovalutati i problemi legati al riso, frumento, eccetera.
Per far fronte alla necessità di accertamento e di stima del danno il servizio agricoltura si avvale, oltre che dei propri tecnici, dei guardiaparco e di una consulenza. Negli anni scorsi si è provveduto a semplificare la modulistica di denuncia dando maggiore responsabilità all'agricoltore nell'individuazione della percentuale di danno e nella stima delle superfici.
L'accertamento del danno viene solitamente effettuato congiuntamente alla stima anche se, talvolta, è necessaria una maggiore tempestività per l'isolamento delle concause. Abbastanza frequente, per i danni alla semina su mais e cereali in genere, è il tentativo (a volte in buona fede) di considerare danno da selvatico i problemi di ristagno idrico o di parassitosi. I nostri guardiaparco ed i nostri tecnici hanno il compito, tra l'altro, di svolgere una azione educativa dimostrando sul campo la bontà dei metodi di accertamento e stima.
Proprio questo motivo, su questi aspetti, si è raggiunto un ottimo di livello di rapporto con gli agricoltori che sono ormai abituati a vedersi riconoscere il danno tecnico riscontrabile e nulla più. Questo li ha costretti ad essere tempestivi, nel loro interesse, nel presentare le denunce.
I problemi veri riguardavano altri aspetti:

  • i danni alle marcite
  • i tempi di liquidazione
  • la sovrappopolazione.

Il problema delle marcite è tipicamente lombardo e si sta riducendo a divenire endemico del Parco Ticino.
I prati stabili di loietto, opportunamente baulati e dotati di una fitta rete irrigua vengono chiamati marcite quando nel periodo invernale si utilizza l'irrigazione per scorrimento quale gradiente termico. L'acqua di risorgiva, normalmente utilizzata con i suoi 11 gradi centigradi circa, impedisce alla cotica erbosa di congelare consentendo al foraggio di crescere anche nel periodo invernale.
Questa coltura, attualmente di scarso valore produttivo ma di enorme interesse storico agronomico e faunistico ha dovuto essere difesa attraverso un programma di mantenimento che, ai sensi di quanto previsto dal piano territoriale di coordinamento, riconosce agli agricoltori un indennizzo per mancato reddito parziale.
L'interesse faunistico è dimostrato dalla costante presenza di anatidi che sfalciano l'erba con perfetta efficienza e, soprattutto, di cinghiali che rivoltano le zolle alla ricerca di succulente radichette e provocano frane sugli argini dei fossetti adacquatori sconvolgendo la distribuzione delle acque.
Quindi l'entità del danno è notevole non solo dal punto di vista economico. La marcita è un sistema talmente delicato da dover essere trattato con molta cura; i ripristini degli argini, le risistemazioni della cotica erbosa, la risemina devono essere effettuate a mano oltretutto in una stagione molto fredda.
Gli agricoltori modemi lavorano malvolentieri manualmente soprattutto se non pagati o pagati con ritardo mostruoso.
Arriviamo così al secondo problema, il più grave, quello dei ritardi nei pagamenti.
Ai sensi di quanto previsto all'articolo 22, comma 6, l.r. 33/80 (Ptc) "I danni arrecati dalla selvaggina... saranno risarciti dal Consorzio, previo accertamento del danno, con finanziamenti regionali".
Al momento della stesura del citato articolo vigeva in Regione Lombardia la legge 47/78, in tema faunistico e venatorio, che ha consentito al parco di ottenere il giusto finanziamento dall'Assessorato agricoltura per far fronte alle necessità.
Con l'approvazione della successiva legge di riferimento, l.r. 41/88, il meccanismo si è inceppato e la Regione ha iniziato ad obiettare in merito alla titolarità del parco di ricevere i contributi su tale capitolo. Ci veniva chiesto di procedere alle anticipazioni con conseguente rimborso da parte loro. In breve, siamo riusciti a risolvere solo in questi giorni i problemi insorti sin dal 1991 compreso.
La tensione per il ritardo nel rimborso è cresciuta parecchio facendo riemergere conflitti fra parco e mondo agricolo che sembrano ormai sopiti. Oggi ci troviamo con una nuova legge regionale (l.r. 26/93) che ci esclude categoricamente dal circuito dei fondi destinati alle Provincie.
Il terzo problema di rilievo è quello legato all'eccessiva presenza, in determinate zone, di corvi di e di cinghiali. Per questi ultimi si è dovuto provvedere da diversi anni ormai con degli abbattimenti.
L'apposito Comitato tecnico scientifico, istituito nel 1984, ha stabilito compatibile la presenza del cinghiale nel parco in ragione di n. l capo ogni 10 ettari (5.000 ettari l'areale attuale della specie).
Dal punto di vista giuridico il Parco Ticino è legittimato a svolgere questi abbattimenti ai sensi del proprio piano territoriale di coordinamento (l.r. 33/80).
Nel censimento effettuato nel dicembre 1994, sono stati contati circa 100 esemplari.
Dal settembre 1993 sono ripresi, dopo un'interruzione di circa un anno e mezzo, gli abbattimenti, con questi risultati:

  • 1993 n. 3 capi abbattuti
  • 1994 n. 20 capi abbattuti
  • 1995 n. 40 capi abbattuti (sino ad ottobre).
    Gli abbattimenti avvengono con la tecnica dell'aspetto nelle ore serali/notturne, nelle località maggiormente colpite dai danni. Saltuariamente, in determinate condizioni vengono organizzate battute senza l'ausilio di cani.

I capi abbattuti, dell'anno in corso, sono ceduti ad un locale macello: su di essi vengono effettuate analisi del sangue e dei visceri.
Le operazioni di abbattimento sono effettuate dai guardiaparco e da 4 persone appositamente autorizzate, ai sensi della legge 394/91.
Il quadro che emerge da quanto sopra esposto non è dei più confortanti.
Persino la Prefettura di Pavia e, conseguentemente, il Commissariato di Govemo presso la Regione Lombardia sono intervenuti per dirimere la questione dei finanziamenti purtroppo senza ottenere i risultati sperati. Sono state chiarite le posizioni del passato remoto, che hanno consentito di liquidare fino al 1991 compreso, ma ancora incerte rimangono le deteminazioni relative al passato prossimo, al presente ed al futuro.
L'amministrazione del parco è conscia della gravità della situazione. Oltre ad un fatto di ingiustizia fine a se stessa nei confronti degli agricoltori si ha l'impressione che il problema danni voglia essere strumentale al mantenimento di conflitti fra parco e mondo agricolo, in un momento in cui gli interessi sono invece particolarmente convergenti.
Le imprese agricole considerano il parco un interlocutore serio e preparato in tema di forestazione, assistenza tecnica ed informativa alle aziende, promozione economica e sociale.
Affinché la considerazione per il parco sia mantenuta, l'amministrazione sta cercando di risolvere il problema danni ottenendo un finanziamento a sanatoria da parte della Regione Lombardia.
Inoltre si stanno richiedendo, in tempi brevi, delle modifiche di legge che chiariscano compiti e funzioni dei vari enti senza dubbi interpretativi di sorta.
In conclusione quindi si considera il convegno odierno un indispensabile appuntamento di confronto fra le diverse realtà, che dovrà contribuire ad uniformare il rapporto fra parchi ed imprese agricole in tema di danni su tutto il territorio nazionale.
Il primo obiettivo potrà essere l'annullamento delle differenze sul piano amministrativo e burocratico. Particolarmente utile sarà anche la creazione di una "banca dati" per le esperienze tecniche in tema di accertamento e stima dei danni.

* Tecnico del Parco Valle del Ticino Lombardo