Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 19 - OTTOBRE 1996


La Comunità europea per la tutela delle zone umide
Cinzia Margiocco*



Dal 6 al 9 giugno scorso si è svolta a Venezia la "Conferenza sulle zone umide del Mediterraneo", che ha costituito il momento di esposizione e sintesi dei risultati conseguiti nei primi anni (93-95) del progetto internazionale denominato "MEDWET" (vedi scheda informativa).
A conclusione di questa fase di attività, i partners del progetto hanno presentato alla Conferenza, per la condivisione formale, uno specifico documento, denominato "Strategia per le zone umide mediterranee 1996-2006",1'esame del quale offre interessanti spunti per una riflessione sulla situazione della politica comunitaria in materia di zone umide - a 25 anni dalla Conferenza di Ramsar del 1971 - e più in generale sull'evoluzione politico-culturale in materia di aree protette.
Se ripercorriamo infatti la storia delle iniziative di tutela per le zone umide dal 1971 ad oggi riconosciamo alcune tappe di impostazione culturale vissute anche a scala nazionale nel corso della storia dei parchi nazionali e regionali.
Dagli anni '70 hanno cominciato ad affermarsi, sotto notevole impulso delle organizzazioni protezionistiche, iniziative di tutela delle zone umide in Europa considerate prioritarie soprattutto per la loro funzione di habitat della fauna avicola. E' questo l'elemento centrale di motivazione per ostacolare la distruzione e l'uso non razionale delle zone umide e delle loro risorse
In quegli anni la dimensione "regionale" europea della tutela delle zone umide pareva quindi tradursi con immediatezza soprattutto negli effetti sulle popolazioni di uccelli selvatici e sulle loro migrazioni: un approccio che, pur nel suo minimalismo, ha consentito di porre le basi per una condivisione, a livello internazionale, di alcuni principi di tutela ecologicamente molto importanti.
La stessa Convenzione sottoscritta a Ramsar nel 1971, la cui denominazione ufficiale recita: "Convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale soprattutto come habitat degli uccelli acquatici", individua proprio nel fenomeno di migrazione degli uccelli la motivazione dell'importanza internazionale delle zone umide.
Negli anni successivi, se da una parte questa impostazione "ornitocentrica" si consolida nella direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici, dall'altra cominciano a svilupparsi concezioni più olistiche che approfondiscono la natura plurima delle funzioni ecologiche svolte dalle zone umide, sinteticamente riconducibili alle seguenti:

  • riduzione degli effetti dannosi delle alluvioni, attraverso l'immagazzinamento delle acque piovane ed il loro graduale rilascio
  • consolidamento del litorale con riduzione dell'impatto delle onde e delle correnti
  • miglioramento della qualità delle acque, per deposito delle sostanze tossiche e regolazione del rilascio di nutrienti, in particolare azoto e fosforo
  • immagazzinamento di ingenti quantità di carbonio (in particolare le torbiere)
  • incremento della biodiversità in quanto habitat di una vasta gamma di specie animali e vegetali, alcune esclusive.

Gli stessi criteri di individuazione per le zone umide di importanza internazionale, che dalla convenzione di Ramsar discendono e sono stati più volte rielaborati nelle conferenze che si sono periodicamente succedute, hanno tenuto conto anche di elementi non prettamente ornitologici. Nel contempo, gli approfondimenti scientifici, la valutazione degli effetti dei fenomeni di degrado ed il crescere delle prime esperienze di gestione hanno diffuso la consapevolezza che per il raggiungimento degli obiettivi di tutela stabiliti a Ramsar è necessario agire, più che sull'elemento di vertice del sistema ecologico (le popolazioni di uccelli), sugli elementi che stanno alla base dell'ecosistema: in primo luogo la quantità e la qualità delle acque, e pertanto è indispensabile estendere le azioni di tutela al di fuori degli stretti limiti della zona umida in quanto tale.
Ci si è inoltre sempre più resi conto del grande contributo fornito dalle zone umide ad alcune attività antropiche socialmente ed economicamente rilevanti quali: la pesca di pesci, molluschi e crostacei, l'acquacoltura, la coltivazione di canne, l'estrazione di sale, le attività ricreative, comprese la caccia e la pesca dilettantistica, e tale consapevolezza ha contribuito a sviluppare un'impostazione protezionistica integrata nel contesto del territorio in cui la zona umida è inserita.
E' nato così il concetto del "wise use": uso razionale (o sfruttamento sostenibile) delle zone umide, inteso come l'uso da parte dell'uomo che consente di ricavare i massimi benefici per le generazioni presenti e allo stesso tempo di conservare la capacità potenziale di soddisfare le necessità e le aspirazioni delle generazioni future, in maniera compatibile con la conservazione delle loro componenti fisiche, biologiche e chimiche, quali il suolo, I'acqua, le piante, gli animali e le sostanze nutrienti, nonché le interazioni tra di essi (la definizione è tratta dagli orientamenti adottati dalle parti contraenti la convenzione di Ramsar nella 4a (1990) e 5a (1993) conferenza di aggiornamento).
Il concetto del "wise use" è, si può dire, I'ispiratore del "Piano strategico Ramsar 1997-2004" ratificato a Brisbane nel marzo scorso dai Paesi contraenti.
Un ultimo, molto importante, riferimento, è costituito da un ampio documento denominato "Uso razionale e conservazione delle zone umide" adottato dal Consiglio dei ministri dell'Ambiente dei quindici Stati membri dell'Unione Europea nella seduta del 4 marzo 1996.
Riporto integralmente, per la sua significatività, un passaggio contenuto nel capitolo conclusivo: "Uno dei più significativi cambiamenti nel campo della conservazione delle zone umide negli anni recenti consiste nell'approccio sempre più interdisciplinare alla gestione. Gran parte dell'interesse per la conservazione delle zone umide trae origine dall' importanza della fauna selvatica, campo che è rimasto per decenni di esclusivo dominio degli specialisti del settore. Tuttavia, con la crescente consapevolezza dell'importanza che, da un punto di vista più generale, le zone umide rivestono per la società umana, un numero molto più ampio di istituzioni, ivi comprese quelle interessate alla pesca, all'agricoltura e all'allevamento, si è sensibilizzato alla conservazione di tali zone. Al tempo stesso il riconoscimento del fatto che occorre mantenere le zone umide in quanto unità funzionali inserite nel contesto naturale piuttosto che istituire un numero limitato di parchi nazionali e altre aree protette, ha portato a comprendere in modo sempre più chiaro che l'approccio convenzionale alla conservazione delle zone umide è in larga misura inadeguato. Tali aspetti devono ancora essere più ampiamente riconosciuti e tenuti in considerazione in sede di attuazione degli interventi."
La Conferenza di Venezia ha ratificato la "Strategia per le zone umide del Mediterraneo 1996 2006" la quale, in estensione dell'obiettivo stabilito a Grado nel 1991, si propone di "arrestare ed invertire il processo di scomparsa e di degrado delle zone umide del Mediterraneo, contribuendo alla conservazione della biodiversità e allo sviluppo sostenibile di queste aree".
La Strategia costituisce un'applicazione regionale del Piano strategico Ramsar (del quale ricalca anche l'impostazione strutturale), tenendo conto dei principali fattori specifici che determinano il futuro delle zone umide mediterranee e, in particolare: povertà e disuguaglianze economiche, pressione demografica, immigrazione, turismo di massa, conflitti sociali e culturali. Essa è finalizzata a contribuire alla soluzione di questi problemi, principalmente attraverso una maggiore attenzione alla pianificazione della destinazione d'uso del territorio, all'utilizzo razionale delle risorse idriche limitate, all'ottimizzazione del ruolo positivo delle zone umide in relazione alla difesa idrogeologica, questioni queste ultime di grande importanza per tutti i Paesi mediterranei.
L'adozione della "Strategia" può avere importanti ricadute per la politica italiana delle aree protette. Il Ministero per l'Ambiente ha preannunciato la stesura di un "piano nazionale sulle zone umide" per il quale ha già predisposto delle "linee guida" che per struttura e contenuti ricalcano molto da vicino i recenti orientamenti in materia; per contro le elaborazioni finora prodotte - mi riferisco al volume "Inventario delle zone umide del territorio italiano" - sembrano basarsi su una concezione protezionistica "ornitocentrica" superata dalle più recenti elaborazioni concettuali.
Nell'attuale situazione giuridico-amministrativa, ritengo fondata la preoccupazione che, in mancanza di un coinvolgimento precoce e costante degli enti pubblici che da tempo ormai, accanto alle associazioni protezionistiche, sono direttamente coinvolti nella gestione delle zone umide, non siano realisticamente raggiungibili gli obiettivi di una "protezione integrata" quale quella delineata dai recenti orientamenti comunitari, che mi pare di poter tradurre, con particolare attenzione alla situazione italiana, nei seguenti principi:

  • le zone umide vanno protette per il loro significato ecologico indipendentemente dal fatto che rientrino o meno in un parco o in un altro analogo istituto di protezione
  • la loro gestione va quindi attuata secondo criteri ecologicamente corretti anche all'interno degli strumenti ordinari di pianificazione e gestione territoriale
  • la gestione delle zone umide va inserita nella gestione territoriale integrata e del patrimonio idrologico in genere, "allargando lo sguardo" oltre il confine del sito a protezione specifica
  • per l'efficace gestione delle zone umide è fondamentale il coinvolgimento e la collaborazione con le popolazioni locali.

L'attuazione di tali linee guida non può che passare attraverso il loro efficace recepimento da parte degli enti pubblici ai quali la legislazione affida gli strumenti di pianificazione e gestione territoriale di vario livello (dai più vasti piani di bacino, piani provinciali, piani di parco fino ai piani di gestione delle riserve ed al livello dei piani regolatori); per contro credo di poter dire che non esistono oggi tra gli enti pubblici, anche quelli già attivi nella protezione dell'ambiente, né un adeguato livello di informazione sugli obiettivi "MedWet" né una consapevolezza sufficientemente diffusa del fondamentale significato globale che può assumere il mosaico di tutte le singole iniziative di tutela. Per tali motivi è necessario che nell'impostazione del metodo di lavoro per l'attuazione degli obiettivi MedWet siano potenziati i meccanismi di pubblicizzazione di tali temi ed il rapporto tra il Ministero dell'Ambiente, le Regioni e gli Enti locali trovi una forma di istituzionalizzazione che garantisca, tramite lo scambio costante di informazioni, un efficace superamento dell'attuale fase volontaristica.

MEDWET

Questa sigla, derivata dalle parole Mediterranean Wetlands, indica un'iniziativa internazionale scaturita dalla Conferenza sulle aree umide mediterranee svoltasi a Grado nel 1991, con l'obiettivo di "bloccare ed invertire i processi di perdita e di degrado delle zone umide nel bacino del Mediterraneo".
Dai convenuti alla Conferenza di Grado emerse la necessità di organizzare, per la realizzazione di tale ambizioso obiettivo, una struttura flessibile che contenesse e al tempo stesso coordinasse tre livelli di competenza: le autorità internazionali, sovranazionali e i singoli governi, le organizzazioni non governative e gli scienziati che si occupano delle zone umide.
Nacque così un primo gruppo di coordinamento che, anche con l'apporto di altre organizzazioni, elaborò un programma di azione per il periodo 1993-1995. Tale programma fu inviato dal governo italiano (in accordo con i governi di Portogallo, Spagna, Francia e Grecia) alla Comunità europea per un finanziamento parziale tramite la linea di progetti di azione per la natura (ACNAT). La proposta, per un totale di più di 6 milioni e mezzo di ECU, con la copertura per il 66% da parte della Comunità europea, è stata approvata nel marzo 1992, ed è stata conseguentemente firmata una convenzione tra la Comunità europea, i cinque Stati membri, l'ufficio Ramsar, l'IWRB (Intemational Waterfowl and Wetland Research Bureau - UK, ora Wetlands Intemational), il WWF e la Stazione biologica Tour du Valat - F.
I firmatari della convenzione costituiscono il Comitato direttivo del progetto MedWet, che si è dotato di un segretariato con sede presso il ministro per l'ambiente del governo italiano (Servizio conservazione della natura) mentre l'Ufficio Ramsar (CH) è il responsabile per i contatti con i governi e con le altre organizzazioni.
Il programma finanziato comprende le attività dei seguenti 5 settori, in ciascuno dei quali un'organizzazione o una struttura svolgono il ruolo di coordinatore:

  • Inventari e monitoraggio delle zone umide (IWRB, in collaborazione con l'Istituto per la conservazione della natura del Portogallo)
  • Gestione (Istituto nazionale per la conservazione della natura spagnolo - ICONA)
  • Educazione e formazione (Stazione biologica della Tour du Valat, in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente francese)
  • Sensibilizzazione del pubblico (WWF, in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente greco e con il Centro per le zone umide greco GWC)
  • Applicazione delle ricerche (Stazione biologica della Tour du Valat, in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente francese).

DOCUMENTAZIONE DI RIFERIMENTO

  • MedWet Newsletter, n° 6, 1996 .
  • Complete draft list of MedWet publications, 2 june 1996.
  • Ministero dell'Ambiente, Inventario delle zone umide del territorio italiano.
  • WWF - 1996 - Le zone umide in Italia.
  • Commissione delle Comunità europee, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: "Uso razionale e conservazione delle zone umide", 1996.
  • Convenzione di Ramsar, Proceedings of the 6th Meeting of the conference of the contracting parties, Brisbane, Australia, Vol. 5/12 Strategic Plan 19972002,19-27 march 1996.
  • MedWet, Mediterranean Wetland strategy (draft submitted by the MedWet partners), 1996.
  • The Venice Declaration on Mediterranean Wetlands (draft submitted by the MedWet partners).
  • Ministero dell'Ambiente, Linee guida per un piano nazionale per le zone umide in Italia, 1996.

Segretariato MedWet c/o Ministero dell'Ambiente - Servizio conservazione della natura Via Voltumo 58 00185 - ROMA - tel. 06 4440321 .

* Servizio tutela ambiente naturale e parchi Regione Lombardia