Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 21 - GIUGNO 1997


Gli Enti Locali e la gestione dei parchi
Arduino Tassi*
 

Premessa
La legge-quadro n. 394 del 1991 si colloca, accanto ad altre importanti leggi di settore (L. 183 del 1989 sulla difesa del suolo, L.36 del 1994 sulle risorse idriche), in un filone di interventi normativi di notevole rilievo generale ma basati su di uno schema teorico difficile da attuare sul piano concreto.
La legge mantiene in capo alle Amministrazioni centrali non solo competenze di indirizzo e regolazione ma anche di intervento diretto e di amministrazione attiva (programmazione triennale, carta della natura, nomine, risorse, ecc.): ad esempio, appare poco giustificata anche la designazione di un revisore dei conti nelle aree protette regionali da parte del Ministro del tesoro (trattasi di figura con compiti già definiti ex-lege). Per altri versi, con questa normativa trova affermazione nel nostro ordinamento il principio biocentrico: I'impianto normativo non si basa sul tradizionale e superato rapporto di contrapposizione tra uomo e natura ma su di una concezione sincretica di tale rapporto in cui l'uomo è visto come "parte" e non come referente esclusivo del diritto. In questo senso, tuttavia, non bisogna lasciarsi andare ad eccessi di ottimismo poiché il principio antropocentrico appare ancora ben radicato.
 

Gli Enti Locali nella legislazione regionale più recente
La legislazione regionale di attuazione della legge-quadro si pone in termini di continuità e di evoluzione rispetto alla legislazione regionale precedente il 1991, soprattutto quanto ai compiti assegnati agli enti locali, pur non mancando elementi di innovazione e di rottura rispetto al passato. Il modello per certi versi centralistico della L. 394 viene, in genere,
riprodotto dalle regioni e non mancano esempi di neoregionalismo con scarse attribuzioni agli enti locali. Per certi aspetti innovativa appare la L.R. Friuli-Venezia Giulia 30 settembre 1996, n. 42, secondo Gui il Presidente della Giunta regionale promuove, a seguito della legge istitutiva di ciascun parco o riserva, una conferenza con l'intervento di province, comuni e comunità montane per la redazione di un "documento di indirizzo" relativo alla individuazione degli scopi e degli effetti della istituzione dell'area protetta relativamente al territorio interessato l'art. 10, c. 1); successivamente, la Regione propone ai comuni un apposito "accordo di programma", avendo riguardo agli indirizzi posti in precedenza, volto a definire i tempi di pianificazione, la destinazione delle risorse, il personale necessario, le modalità di gestione (art. 10, c. 2). Tali previsioni segnalano la diffusione dei c.d. moduli di amministrazione convenzionale (o contrattata, o consensuale) i quali dovrebbero consentire il superamento dei limiti rigidi di competenza di ciascun soggetto coinvolto e migliorare le condizioni di efficienza dell'azione amministrativa necessaria per conseguire lo scopo.
La legge friulana prevede inoltre che i Comuni singoli o associati possono autonomamente istituire parchi comunali o intercomunali (art. 6), il progetto è approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale; per la medesima legge, le competenze regionali sono attribuite all'Azienda dei parchi e delle foreste regionali ~art. 65). Per effetto dei principi sanciti dalla legge nazionale prima citati, cui debbono attenersi le Regioni, risulta più marcata la presenza di esponenti che provengono dalle amministrazioni locali negli organi dei soggetti gestori: Sindaci, Presidenti di provincia, Presidenti di comunità montana, sono designati quali membri della Comunità del parco (art. 11, L.R. Abruzzo 21 giugno 1996, n. 38); talvolta una rilevante presenza di esponenti delle amministrazioni locali può essere rilevata sia nel Consiglio che nella Comunità del parco (art. 8, d.d.l. Liguria n. 75 approvato dal Consiglio regionale dell'11 marzo 1997, in fase di controllo ex art. 127 Cost.).
Il ruolo potenziale della Provincia in questa materia è stato specificamente delineato dalla legge di riforma dell'ordinamento delle autonomie locali, secondo cui sono di competenza provinciale le funzioni che attengono alla"protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali" (art. 14, c. 1, let. e, L. 142 del 1990); peraltro secondo l'art. 3 della L. 142 le regioni avrebbero dovuto procedere ad una riallocazione delle funzioni presso gli enti locali ma la norma non è stata attuata ed il ruolo della provincia non è ancora sufficientemente valorizzato, né sul piano generale, né quanto al settore che qui interessa.
 

Prospettive di riforma della Pubblica Amministrazione
Nel periodo più recente il Governo è impegnato in una serie di riforme che, se non incidono direttamente nel settore delle aree protette, sono però di tale portata da avere effetti dei quali tenere conto anche per la materia qui trattata, vedremo in quale modo. Facciamo riferimento alle deleghe in materia di riforma in senso federale del fisco contenute nella legge finanziaria per il 1997 (L. n. 662 del 23 dicembre 1996, art. 3, c. da 142 a 156); sono inoltre in itinere la riforma della contabilità pubblica (c.d. d.d.l. Ciampi), un disegno di legge in materia di autonomie locali (c.d. d.d.l. Napolitano) e un altro disegno di legge per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e controllo (c.d. Bassanini 2). Soprattutto è stata approvata la legge 15 marzo 1997, n. 59 "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa".
Questi provvedimenti, nel loro complesso, costituiscono un pacchetto di riforme per molti versi di portata storica, in particolare, la L. n. 59 del 1997 rappresenta un tentativo di ribalta-
mento della distribuzione delle funzioni e delle competenze tra amministrazione statale e amministrazione regionale-locale. Come è noto, attualmente le competenze locali sono individuate con legge dello stato mentre le attribuzioni regionali sono definite dall'art. 117 della Costituzione, tutto ciò che non spetta ad altri soggetti è da considerare di spettanza statale. Con la legge 59 si ribalta questo concetto per affermare il principio secondo cui tutto è delle regioni e degli enti locali, tranne ciò che è riservato espressamente allo Stato.
Il processo di attuazione avverrà attraverso una serie di decreti legislativi nell'osservanza dei principi di cui all'art. 4, c. 3, della legge 59. Tali principi possono essere sinteticamente ricondotti a tre gruppi principali: 1. il principio di sussidiarietà, secondo cui le responsabilità pubbliche debbono essere ricondotte all'autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini (a tale principio si riconnette quello di completezza del conferimento e la regola dell'efficienza nell'allocazione e nell'esercizio delle funzioni); 2. il principio di funzionalità nell'esercizio delle attribuzioni di ciascun livello di governo (cui si connette quello di efficienza ed economicità e quelli di adeguatezza, differenziazione e cooperazione); 3. il principio di responsabilità dell'amministrazione (cui si ricollegano quelli di unicità dell'amministrazione, omogeneità delle funzioni, autonomia normativa, organizzativa e finanziaria).
Ora è legittimo chiedersi quale nesso esista tra i profili di riforma dell'amministrazione, sommariamente delineati, ed il settore di cui ci occupiamo in questa sede, stante la formale esclusione (art. 1, c. 4, let. c, L. 59/97) del settore dell'ambiente (e quindi anche delle aree protette) dal processo di riforma.
La risposta sta nel fatto che le prospettive di riforma messe in cantiere con i provvedimenti citati se da un lato contribuiranno a riscrivere buona parte del diritto amministrativo nel nostro Paese, dall'altro lato indicano le linee guida, i principi cui attenersi ove si voglia tentare l'aggiornamento della disciplina delle aree protette delineata dalla legge 394 del 1991. Come è noto sono stati presentati diversi progetti di riforma della legge-quadro, in verità spesso frutto di riflessioni non sufficientemente
approfondite, ma ove la si voglia migliorare non si potrà non tenere conto dei più generali processi di riordino cui abbiamo accennato.



Conclusioni
La normativa statale e regionale che abbiamo osservato ci consente di proporre alcune riflessioni conclusive.
Sul piano generale, il tessuto normativo oggetto di osservazione si presenta piuttosto uniforme, non sono presenti particolari aperture a forme innovative di gestione e amministrazione delle aree protette. In realtà il problema della uniformità dell'ordinamento amministrativo italiano riveste portata generale ed ha radici antiche, ad es. se si guarda alla normativa vigente, tutti i comuni sono regolati pressoché dalla medesima disciplina sia quelli di 500 abitanti che grandi città come Milano o Roma (il che può apparire persino paradossale), stesso discorso è stato fatto per quanto riguarda le aree protette.
La previsione di parchi naturali e riserve, di monumenti naturali e aree di riequilibrio ecologico, costituiscono comunque uno schema articolato ed utile; mancano tuttavia previsioni che consentano di andare oltre tale schema a seconda delle esigenze particolari di una singola, unica ed irripetibile realtà che potrebbe essere amministrata in modo più libero ed originale. Perché accanto alle forme tipiche di tutela e gestione non lasciare agli enti locali la possibilità di prevedere forme non tipizzate di protezione?
Appare inoltre molto rilevante il legame tra diversi livelli di governo (approvazione dei piani, controlli, ripartizione delle risorse) con un ruolo della regione molto pesante in alcuni
casi, in questo senso abbiamo già parlato di un neoregionalismo che dovrebbe essere superato per consentire l'affermazione di un modello collaborativo a rete basato sul principio di autonomia, responsabilità e sussidiarietà (nel senso della legge n. 59, cit.).
Da questo punto di vista appare più avanzata la normativa della regione Toscana che articola in modo più autonomo e responsabile i rapporti tra i diversi soggetti istituzionali (v. L.R. n. 49 del 1995 sulle aree protette da porre in relazione alla L.R. n. 5 del 1995 sulla pianificazione urbanistico-territoriale regionale).
Sul piano del diritto positivo, appare in via di superamento una concezione vincolistica e passiva della tutela ambientale che lascia il passo a forme più avanzate di equilibrio tra istanze di conservazione e protezione e istanze di promozione economica e di sviluppo. In questo senso l'area protetta può divenire una zona di "specializzazione ambientale" vagamente comparabile con i distretti industriali studiati da Beccattini (il paragone può destare apprensioni: ma perché non pensare ad un distretto specializzato ad economia eco-compatibile?).
Nel ventennio preso in considerazione, il ruolo degli enti locali ha avuto un'affermazione e, specialmente negli ultimi anni, si è accresciuto in relazione ad un'insieme di fattori: 1. il generale diffondersi della sensibilità verso i problemi ambientali; 2. il consolidamento dell'istituto regionale quale riferimento per le istituzioni territoriali; 3. Ia riforma del sistema elettorale locale (la L. 81/93 ha reso più visibili i comuni); 4. il superamento delle concezioni vincolistiche del passato.

* Ricercatore in diritto amministrativo