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Il cratere sub-terminale di nord-est si è formato nel maggio del 1911 a causa di un collasso sul fianco del cono centrale, esso ha avuto un'attività prevalentemente stromboliana (Ponte, 1923) e nel periodo 1975-77 ha presentato un'attività irregolare caratterizzata da lunghi periodi di quiescenza. L'attività successiva è stata caratterizzata da eruzioni di breve durata con colate più o meno viscose che hanno accresciuto l'altezza del cono fino ai 3.345 m.s.l.m. (Murray, 1980). Il 24 settembre 1986 l'altezza del cratere di nord-est diminuì di qualche decina di metri in seguito ad un violentissimo episodio esplosivo, con fontane di lava e lancio di materiale piroclastico di dimensioni varie. (Amore et al, 1987). Attualmente (26.7.96) è interessato da una intensa attività stromboliana, osservabile a notevole distanza nonché da fenomeni effusivi: una colata di trabocco poco alimentata e relativamente densa, si sviluppa in direzione nord-est mentre all'interno della Voragine ovest si riversa una colata fluida e ben alimentata. L'attuale morfologia dei crateri sommitali appare notevolmente modificata in seguito ai numerosi fenomeni eruttivo-effusivi che si sono sviluppati da oltre un anno a questa parte, pertanto, la topografia dell'area sommitale dovrà essere totalmente "ridisegnata".
Questa fenomenologia si inquadra nell'attività parossistica che ha interessato il cratere subterminale di nord-est nel periodo: 1995/1996 e rappresenta violenti episodi di una attività persistente dell'area sommitale.
L'episodio del 23112195: è stato il più violento registrato fino ad ora (non si esclude che si possano riproporre eventi simili) e ricorda l'esplosione freato-magmatica che il 241911986 ha fatto saltare in aria diversi milioni di metri cubi di roccia determinando l'abbassamento di oltre dieci metri dell'altezza complessiva del cratere subterminale di nord-est. Durante tale attività sono stati ejectati: bombe, blocchi, lapilli scorie e ceneri a notevolissima distanza creando notevoli disagi alle varie attività umane e non poco spavento nelle popolazioni residenti lungo le pendici del vulcano e nella stessa città di Catania distante in linea d'aria almeno 30 chilometri. Fenomeni come questi, ~ come quelli avvenuti in data 02/8/1929; 12/9/1979 e 17/4/1987 tristemente passati alla cronaca per la morte rispettivamente di due, nove e due persone, ripropongono con forza, la questione della protezione civile sul vulcano Etna, soprattutto durante la stagione invernale, che con la riapertura delle piste da sci richiama un enorme afflusso turistico nelle aree sommitali. Queste esplosioni si verificano senza preavviso, l'unico elemento di interpretazione è l'aumento della frequenza del tremore. La sismologia si occupa in genere dello studio dei terremoti legati prevalentemente ai meccanismi di fratturazione delle rocce. Nell'area etnea questi si esplicano attraverso l'attività dei principali lineamenti strutturali, che hanno significato sia tettonico che vulcano-tettonico. Le strutture tettoniche riflettono fedelmente la distribuzione azimutale delle principali discontinuità regionali che attraversano il basamento etneo, mentre le strutture vulcano-tettoniche, rappresentano la risposta rigida della copertura vulcanica, alle sollecitazioni indotte dal campo di stress regionale. In aree sede di vulcanismo attivo, i segnali sismici possono essere generati anche per effetto di processi fluidodinamici che hanno sede all'interno del sistema magmatico fuso, generati in conseguenza della liberazione nell'atmosfera delle fasi volatili originariamente disciolte, allo stato molecolare. Tali fenomeni si traducono, dal punto di vista meccanico e dinamico, nella produzione di onde elastiche di compressione e di dilatazione (per molti aspetti simili alle onde acustiche) che attraversando il fuso magmatico contenuto nei condotti vulcanici o in intrusioni laterali del vulcano, interagiscono con le pareti solide di questi ultimi e si trasmettono, per rifrazione, nel mezzo circostante (apparato vulcanico), producendo una vibrazione continua di bassa energia del suolo che è nota con il termine di "tremore vulcanico". Di tutto ciò si occupa la "sismologia vulcanica". Il tremore vulcanico in area etnea è un segnale sismico piuttosto complesso caratterizzato da basse frequenze (generalmente inferiori ai 6 Hz) e da ampiezze variabili in relazione allo stato di turbolenza dinamica dei gas all'interno dei condotti vulcanici. Da quanto detto emerge, pertanto, che lo studio del tremore vulcanico è un utile indicatore sismologico dello stato di agitazione magmatica all'interno delle porzioni sommitali del vulcano e, in tal senso, può essere validamente applicato per la previsione a breve termine di parossismi eruttivi sia di tipo sommitale (eruzioni esplosive ai crateri terminali, attività stromboliana e fontane di lava), che di tipo laterale (infiltrazioni periferiche di dicchi magmatici con produzione di colate laviche lungo i fianchi dell'edificio vulcanico).
Questi tipi di studi, sono largamente diffusi in molti altri vulcani del mondo (Giappone, Hawaii, Indonesia, Alaska, Nuova Zelanda, eccetera), dove la ricerca applicata per la prevenzione e la previsione delle catastrofi naturali dovute all'attività vulcanica è in stato di notevole avanzamento. Studi di tal tipo sono costantemente svolti da studiosi dell'Istituto internazionale di vulcanologia del Cnr di Catania e dell'Istituto di geologia e geofisica dell'Università degli studi di Catania nonché da istituti di ricerca di tutto il mondo. I risultati di prove di laboratorio, o, applicati alla ricerca vulcanologica e sismologica, hanno evidenziato come durante le fasi di quieto degassamento dai crateri sommitali, regime che tipicamente caratterizza l'Etna durante gli stadi più consueti dell'attività persistente, si registra un tremore sismico di bassa intensità determinato dall'azione meccanica delle bolle di gas che si liberano in corrispondenza della sommità della colonna magmatica. Per effetto dell'incremento del contenuto energetico delle fasi gassose, si determina all'interno della colonna magmatica la formazione di bolle di gas di grandi dimensioni (noti con il termine inglese di "slug"), il cui diametro tende ad occupare l'intera sezione del condotto vulcanico. La liberazione in superficie di questi "slug" genera dei momentanei e successivi incrementi nell'ampiezza del tremore, con conseguente comparsa di fenomeni transienti della durata di qualche secondo. In queste condizioni si parla di tremore "intermittente". Per ulteriore innalzamento dello stato di turbolenza dei gas, il regime fluidodinamico della colonna magmatica è completamente governato dalla presenza, generalizzata lungo tutto l'asse del condotto di "slug" di dimensioni sempre maggiori che, in superficie danno origine ad attività stromboliana di crescente intensità, frequentemente accompagnata dall'emissione di fontane di lava, che possono raggiungere diverse centinaia di metri in altezza, e dal lancio di materiali solidi (bombe vulcaniche). Se la colonna magmatica si abbassa improvvisamente, provocando l'ostruzione parziale o totale del condotto, la tensione di vapore dei gas può raggiungere valori elevatissimi, tanto da espellere il "tappo" con grande impeto ed il parossismo esplosivo che ne segue può essere estremamente violento.
Talvolta a causa della violenza delle esplosioni, si determinano delle modificazioni strutturali all'interno del condotto vulcanico interessato alla fenomenologia - in taluni casi sull'Etna si verificano profonde fratture che permettono alle acque freatiche che impregnano le rocce o a quelle dovute allo scioglimento delle nevi di venire in contatto con il magma determinando violente esplosioni per l'improvvisa vaporizzazione delle acque: (esplosioni freatiche e freatomagmatiche). Dal punto di vista sismico, questo tipo di attività ha riscontro nella registrazione di un tremore "continuo" ma caratterizzato da livelli in ampiezza, e quindi in energia, crescenti. Il riconoscimento attraverso l'uso delle registrazioni sismografiche, di elementi che suggeriscono l'imminente verificarsi di una rapida transizione del regime fluidinamico dei gas verso fasi a turbolenza crescente, e quindi di pericolosità crescente, unitamente alle osservazioni sul terreno da parte dei vulcanologi, rappresentano i soli strumenti di immediata e risolutiva applicazione per sconsigliare l'accesso nelle aree prossime ai crateri sommitali.
*Dirigente "Conservazione della natura", Dir Tec. Vulcanologo |