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Guido Ferrara
"Parchi Naturali e cultura dell 'uomo "
Maggioli Editore
Il volume, curato da Guido Ferrara, docente di Urbanistica all'Università di Firenze e progettista di numerosi piani di parco, raccoglie alcuni fra i più importanti documenti ufficiali che l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha dedicato ai parchi e alle aree protette dal 1978 al 1992, allo scopo di ritrovare in essi utili riferimenti per i problemi aperti e non risolti nel nostro Paese.
E importante disporre anche in Italia di una raccolta organica dei testi e delle principali affermazioni di principio che a livello mondiale sono stati prodotti sull'argomento, proprio perché, lungamente affinati negli anni attraverso consultazioni, pubblicazioni, convegni e congressi ufficiali.
In qualche caso si tratta di documenti che gli studiosi e ricercatori italiani conoscono e utilizzano da tempo, ma sempre nei termini in cui sono stati citati e parzialmente riprodotti entro pubblicazioni di tipo specialistico e non ufficiale.
In particolare sono riportati nel testo i documenti relativi agli "Obiettivi e categorie delle aree protette", elaborato dall'lUCN nel 1978, ed alle "Riserve della biosfera e le loro interazioni con le altre aree protette" redatto da IUCN, MAB ed UNESCO nel 1979, nonché "Il piano di azione di Bali" del 1983 e la recente "Dichiarazione di Caracas" del 1992.
Si tratta di "carte dei principi" che potranno essere di aiuto nell'attività di studenti, ricercatori, amministratori e direttori di aree protette.
Per questi ultimi, specialmente, saranno un indirizzo prezioso per la redazione dei "regolamenti" e dei "piani del parco" che gli artt. Il e 12 della legge quadro sulle aree protette hanno definito strumento indispensabile sia per i parchi nazionali che per quelli regionali. Il volume è poi compendiato con delle ampie ed approfondite trattazioni dell'autore relative a]la situazione italiana delle aree protette in particolare egli si sofferma sul fondamentale problema dei rapporti fra istituzione e gestione del parco e tutela dei diritti e delle tradizioni delle popolazioni residenti. E importante infatti, ricorda Ferrara, distinguere in ogni pianificazione di parco "fra due diversi tipi di presenza umana sul territorio:
- quella delle popolazioni insediate, le cui "tradizionali conoscenze" possono e debbono essere utilizzate ai fini conservazionali, vista la loro consuetudine ed esperienza storicizzata nella gestione delle risorse disponibili, consuetudine ed esperienza da cui certamente la natura ha tratto giovamento, tanto che proprio a seguito di queste pratiche l'area in questione è stata ritenuta meritevole di costituire e di essere amministrata in qualità di "parco", nazionale o regionale che sia;
- quella delle popolazioni che interagiscono con il territorio in questione, ma che non intrattengono con questo rapporto di gestione manutenzione, che certamente dovranno essere considerate per i vari livelli di servizio che l'area protetta potrà garantire loro (ricreazione, cultura, turismo, predisposizione di servizi anche reazioni che tenderanno soprattutto a"minimizzare" I'impatto che il soddisfacimento di questi bisogni può produrre alle risorse ambientali".
In merito alla pianificazione del parco l'autore ricorda "che il principale pericolo che la stessa legge quadro corre oggi è proprio il fallimento del piano come istituto, che è e resta il principale strumento su cui le azioni programmatiche a lunga scadenza vengono impostate" .
Sempre ai problemi legati alla salvaguardia di usi, tradizioni e paesaggi antropizzati, è dedicata l'importante appendice al saggio dal titolo "Dieci preposizioni perché i parchi naturali in Italia non siano distruttivi della cultura dell'uomo".
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(S.F)
Vaclav Smil
Energetica generale. L'energia nella biosfera e nella civiltà
Edagricole, Bologna
(410 pagine, 68 illustrazioni, copertina a colori. L. 60.000)
La letteratura sull'energetica da tempo attendeva una "supersintesi" in grado di collegare gli aspetti della biosfera a quelli della civiltà senza trascurare tutti i punti cruciali relativi alle riserve, ai flussi e alle conversioni energetiche.
Infatti mentre si registrano numerosi scritti su molti aspetti dell'energetica, in particolar modo sui fondamenti della termodinamica e sui principi della bioenergetica, sorprendentemente pochi sono quelli dedicati allo studio energetico degli organismi e dei sistemi, che trattino argomenti quali i flussi e gli enormi ed eterogenei giacimenti di energia della biosfera, nonché le fonti, le conversioni e gli utilizzi energetici della nostra civiltà.
Ora a colmare questo vuoto editoriale ci ha pensato la casa editrice Edagricole pubblicando il volume ENERGETICA GENERALE scritto dallo studioso Vaclav Smil, docente presso la Università di Manitoba (Canada). L'autore, per spiegare la complessità e l'intreccio delle diverse problematiche legate al mondo reale, ha scelto un approccio che parta dal basso, in cui la graduale comprensione dei dettagli e l'acquisizione per accumulo della più vasta gamma possibile di informazioni abbiano la precedenza su qualsiasi tentativo di generalizzazione.
Una analisi completa, interdisciplinare e condotta sul piano evolutivo che si propone di offrire uno strumento per l'approfondimento della conoscenza delle effettive fonti primarie di energia abbinata allo studio di tutti i vari flussi di energia che regolano la struttura del pianeta, le sue forme di vita e le sue civiltà.
Pagine di utilissima lettura per aiutare ad individuare i traguardi che la ricerca dovrà affrontare per una gestione globale dell'ambiente terrestre correggendo gli eventuali squilibri registrati negli ultimissimi anni. |
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Economia ecologica
Jaka Book, Milano
(62 pagine, L. 9.000)
Tempo addietro, qualche numero fa di "Parchi", contribuii ad elaborare, assieme a Renzo Moschini un ponderoso documento che fu pubblicato come supplemento della nostra rivista, e che si interrogava sulle cause del distacco di settori ampi del mondo culturale italiano nei confronti delle tematiche che viviamo ogni giorno, partecipando in posizioni di responsabilità all'avventura dell'istituzione dei parchi. Il convegno di Gargnano, la diffusione degli interessanti "atti" di quel primo incontro, I'istituzione di un Centro studi che si rifà al nome e all'esperienza di vita di Valerio Giacomini, nonché l'avvio di un nuovo calendario di appuntamenti, definito nei dettagli in quel di Genova il 4 aprile scorso, all'atto dell'insediamento del Gruppo di lavoro permanente sui problemi della legislazione regionale e nazionale delle aree protette, filiazione del Coordinamento nazionale dei parchi e del Centro Studi Valerio Giacomini, mi sembrano risposte molto concrete, sotto il segno dell'ottimismo della volontà, e del riuso - più o meno disperato - dell'intelligenza, anche a quel "colpo" che battemmo a suo tempo, con il fascicolo speciale che in redazione passò sotto il nome affettuoso di "pizza di Renzo". Quello che forse serve ancora, anche perché non guasta mai, è la registrazione delle priorità. Del resto, in libreria non sono mai mancati testi in grado di dimostrare che il mondo della cultura italiano è e resta in sintonia con i nostri problemi. Nella giornata del 4 aprile, con lo sciopero dei capi stazione che costringeva a spericolate triangolazioni aeree "pellegrini" che dovevano raggiungere Genova dal resto del Paese, nei vari aeroporti dove sono stato costretto a sostare ho letto tutto d'un fiato l'ultimo lavoro di Mercedes Bresso che fa il Punto in forma ineccepibile e assai gradevole sullo sviluppo di una disciplina nuovissima, da non confondere con l'economia dell'ambiente, e tanto meno con l'economia neoclassica, della quale l'economia dell'ambiente è una filiazione. La Bresso racconta come nasce la questione ambientale all'interno degli studi economici, e ci ricorda che i libri "simbolo" della presa di coscienza dell'esistenza di limiti all'uso delle risorse terrestri da parte degli uomini, che spingeranno anche l'economia ufficiale ad interessarsi al problema, "uscirono" fra l'ini-
zio degli anni '60 e i primi anni '70".
I Limiti dello sviluppo del MIT di Boston per il "Club di Roma" è del 1970. Primavera silenziosa di Rachel Carson è del 1963. Il cerchio da chiudere di Barry Commoner è del 1972.
Concetti chiave per affrontare scientificamente gli aspetti economici di tali questioni, come la differenza tra "beni liberi" e "beni pubblici", la questione della "parte in ombra dei processi di produzione e di consumo", le "esternalità positive e negative", basate sulla differenza tra costo privato e costo sociale nei processi di produzione, e quindi, in una parola, la messa a punto degli strumenti tecnici utilizzabili per capire e definire e regolare i fallimenti del mercato in campo ambientale, sono acquisizioni accademiche degli ultimi trent'anni, ed hanno il limite di essere derivazioni dell'economia del benessere, della scuola marginalista, che si muove più sul terreno della macroeconomia che su quello che vede la necessità di porre limiti globali allo sviluppo.
In questa parte del volume, la Bresso dà conto delle principali metodologie che consentirebbero di non far pagare alla società i danni all'ambiente prodotti dai privati (norme "comando e controllo"; tasse e canoni ambientali, diritti di emissione negoziabili; incentivi) e degli strumenti di prevenzione (ecoetichette; bilanci ecologici; audit ambientale). Passando poi dalla "microeconomia dell'ambiente" alla "macroeconomia" il lettore si inoltra nella parte più affascinante del volumetto, e nel settore più vicino al lavoro di quanti operano nei parchi. E in queste pagine che si definisce la differenza tra la disciplina "economia dell'ambiente" e l"'economia ecologica", e che si forniscono risposte scientificamente strutturate a quanti - ragionando di costi e benefici delle aree protette, in presenza di bilanci pubblici sempre meno elastici e sovrabbondanti - continuano a immaginare parchi economicamente autosufficienti e produttivi, confondendo contemporaneamente l'oggetto della discussione e la materia universitaria da utilizzare per rispondere al quesito. La Bresso, che ovviamente ricorda lo studio della signora Brundtland (11 futuro di noi tutti, 1987) per l'ONU e per la Conferenza di Rio de Janeiro, e il conseguente programma di lavoro Agenda 21, affronta quelle che lei definisce "alcune questioni teoriche attomo allo sviluppo sostenibile" suggerendo l'opportunità e la necessita di tenere in maggior conto la cosiddetta "contabilità verde".
Non è il caso di riassumere le poche ma fondamentali paginette che trattano di questo nodo teorico e pratico. Il calcolo del prodotto interno lordo (PIL) non comprende tutte le attività di produzione di beni e servizi all'interno della famiglia, né comprende le nocività ambientali nel loro complesso modo di agire sul mercato. Si producono situazioni paradossali, per cui il passaggio di un bambino dalla cura familiare a quella di un asilo fa aumentare il PIL mentre l'assistenza ad un malato a domicilio invece che in ospedale lo fa diminuire. Non inquinare non fa aumentare il PIL. Inquinare e depurare, si.
I limiti del sistema di calcolo del PIL, suggeriti dalle Nazioni Unite, andrebbero ripensati, in vista della individuazione del PIN, prodotto interno netto, e sarà all'interno di questo genere di calcoli che avrà senso definire l'autosufficienza economica dei parchi, o la loro resa in termini di tutela e conservazione delle risorse ambientali, nonché il loro valore in quanto laboratori di sperimentazione di nuovi modi di consumo sostenibile di capitale naturale.
Nelle conclusioni, Mercedes Bresso fissa tre "questioni principali" sulle quali l'economia ecologica dovrà creare un ponte fra sapere economico, scientifico ed ecologico: il senso del limite (della crescita economica); la questione della complessità ("tutto è connesso a tutto", nessun tema è isolabile); I'ineliminabilità dell'incertezza (non è detto che gli ecosistemi sopporteranno gli stress imposti dalle attività umane).
Il volumetto, pubblicato in una collana che curiosamente si chiama come il ministro dell'ambiente in carica (Edo), lascia al lettore la ... bocca buona. Chiarisce la fragilità degli strumenti oggi disponibili, ma anche l'esistenza di sentieri, certamente in salita, ma che possono essere utilmente percorsi. Con il libretto della Bresso, i nostri convegni e le "nostre" riviste, ma soprattutto con il lavoro di ogni giorno nei parchi, noi che ci sentiamo parte di quel mondo pronto a risolvere il problema, vorremmo un fronte della ricerca e della pubblica amministrazione meno perso in momenti settoriali e corporativi con "gangheri" (detti anche "obbiettivi comuni") culturali più solidi, più vicini alle priorità necessarie. Ma ha ragione anche di Castri; il pessimismo non servirebbe a un bel nulla. (Mariano Guzzini) |