Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve naturali
NUMERO 22 - SETTEMBRE 1997


PARCO NAZIONALE DELLE FORESTE CASENTINESI: UN'ESPERIENZA INCENTRATA SULLA COLLABORAZIONE CON LE COMUNITA' LOCALI
Enzo Valbonesi *
  Nel panorama dei nuovi parchi nazionali istituiti dopo la legge 394 quello delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna presenta la particolarità di essersi innestato sull'esistenza di un parco regionale, il Crinale Romagnolo, attivo fin dal 1989 (l'istituzione dell'ente nazionale è del luglio 1993) e che comprendeva i territori del versante emiliano-romagnolo a cui poi, con il parco nazionale, si sono aggiunti quelli del versante toscano (il parco nazionale ricade per 18.200 ettari in Emilia Romagna, nelle provincie di Forlì Cesena, e per 18.000 ettari in Toscana, nelle provincie di Arezzo e Firenze).
Questa particolarità ha reso sicuramente più facile e rapido l'avvio dell'attività del nuovo ente, sia perchè esso ha potuto contare su un primo nucleo di personale e su un'esperienza che è stata trasferita nel parco nazionale anche attraverso la presenza di alcuni amministratori che, come il sottoscritto avevano già diretto il parco regionale del Crinale Romagnolo.
Il decollo del parco nazionale è stato agevolato anche dalla notevole quantità di territori demaniali regionali e statali compresi nel parco (circa il 65% dell'intera superficie protetta), dalla bassa intensità di insediamenti abitati e, sostanzialmente, dalla diffusa e quasi secolare abitudine degli abitanti a convivere con vincoli precisi nell'uso del territorio, sia per la presenza di ampi demani forestali, sia per l'esistenza di strumenti di pianificazione territoriale comunali, provinciali e regionali che, se si esclude l'attività venatoria, dettavano già prima dell'istituzione del Parco nazionale regole molto puntuali in termini di tutela ambientale.
Insieme a questi, che possiamo chiamare "punti di forza", esistevano anche situazioni che rappresentano delle difficoltà oggettive per il lavoro dell'ente, soprattutto per realizzare azioni territoriali, di tutela e di valorizzazione, unitarie e integrate tra loro. Tra le difficoltà vanno annoverate l'interregionalità del parco e la frammentazione gestionale dei demani forestali (l'ex ASFD che gestisce i 6.600 ettari, vero e proprio cuore naturalistico del parco, di riserve biogenetiche, due comunità montane che gestiscono i demani regionali della Toscana, la Regione Emilia Romagna che gestisce ben 11.000 ettari nel versante forlivese).
Infine, a rendere più difficile la gestione naturalistica del parco, vi è la presenza di un grande invaso artificiale che attinge gran parte dei corsi d'acqua del versante Emiliano-Romagnolo del parco per alimentare, a scopo idropotabile, le città della Romagna.
In questo contrasto, complicato dal fatto che la prima fase di attività del parco ha scontato delle enormi difficoltà nei rapporti con il Servizio Conservazione Natura per l'impreparazione di detto servizio a gestire anche i primi e più elementari adempimenti di supporto e vigilanza ai parchi (bilancio, statuto, pianta organica, carta dei confini del parco ecc.), l'ente ha messo al centro dei propri obiettivi quello di cercare immediatamente e soprattutto la "legittimazione" del proprio operato da parte delle popolazioni locali e delle loro amministrazioni.
Legittimazione intesa non già come ricerca del consenso a tutti i costi ma come riconoscimento, non autoreferenziale, della validità e dell'utilità del parco percepito e vissuto dai residenti quale soggetto generatore di iniziative concrete e capaci di suscitare autosviluppo, o meglio ecosviluppo centrato nel rispetto della natura e sul protagoni smo dell ' imprenditoria locale.La linea che l'ente ha scelto fin dall' inizio è stata quella di dare innanzitutto alcuni "segnali" forti, capaci cioè di sfatare lo scetticismo del Parco visto come un nuovo "carrozzone" pubblico, lento, burocratico, distante dalle esigenze della gente.
E' così che il parco ha affrontato il tema dell'agricoltura, ancora presente seppure marginalmente nel territorio, accertando e liquidando i danni prodotti dai selvatici in appena 60 giorni dalla loro segnalazione e, questo più recentemente, varando un programma di aiuti alle 80 aziende presenti, per pratiche agricole ecocompatibili; programma che entro il 1997 si concretizzerà, che con l'ausilio di uno staff tecnico creato dall'ente per l'assistenza agli operatori, con l'erogazione di circa 500 milioni di contributi mirati ad interventi per la prevenzione dei danni alle colture prodotti dai selvatici e per iniziative agroambientali. Il forte supporto di collaborazione instauratosi con le amministrazioni locali (soprattutto comuni e comunità montane) ha permesso, attraverso le risorse economiche messe a disposizione dal parco, di attivare fondi comunitari e regionali, sul reg. 2081 -obiettivo 5B-, per circa 10 miliardi; fondi che hanno già permesso la realizzazione di interventi di sistemazione forestale, opere depurative, sentieristica, centri visita ecc. a cui si aggiungeranno circa 6 miliardi di interventi previsti per completare o realizzare 15 strutture turisticoricettive nei 12 comuni del parco attraverso i fondi della delibera CIPE del luglio 1996.
Dal 1994 ad oggi il Parco ha realizzato o sta realizzando direttamente con fondi propri e/o del 1° P.T.A.P. '91-'93, ben 16 miliardi di investimento relativi ad opere che sono in gran parte già completate o in corso di completamento, a cui vanno aggiunti 5 miliardi investiti dalla Regione Emilia Romagna, attivati nel periodo 1989-1993, per il parco regionale, e 3 miliardi attivati nel 1990 dal Ministero dell'Ambiente con il programma PRONAC per interventi realizzati nel territorio del parco ed eseguiti da alcuni enti locali del Casentino. In tutto, grazie all'esistenza del parco, sono stati prodotti quasi 40 miliardi di opere ed interventi che vanno dalla depurazione, alla divulgazione ambientale, alla fruizione del territorio, al sostegno all'agricoltura
ecc.: opere ed interventi che non sono sulla carta, ma già completati e funzionanti per l'80%. I risultati prodotti da questo vasto programma di interventi sono stimabili in un incremento di presenze turistiche valutabili in circa il 20% ed in nuova occupazione nei servizi turistico ambientali collegati alI'attività del Parco di circa 60 unità.
Per un'area come quella dell'Appennino toscoromagnolo, caratterizzata da un tessuto produttivo di tutto rispetto e da tassi di disoccupazione, sicuramente di molto inferiori alla media nazionale, si tratta di risultati significativi; soprattutto se si considera che a beneficiarne sono stati i giovani altamente scolarizzati. Altrettanto significativo è il dato quantitativo delle presenze turistiche, contraddistinte da un crescente numero di escursionisti (favoriti anche dalle strutture realizzate dal Parco quali i sentieri natura, le aree di sosta attrezzate, i centri visita ecc.) provenienti sempre di più da fuori regione. E' però nel campo della divulgazione e dell'interpretazione ambientale che il parco, durante la sua prima fase di attività ha incentrato il suo massimo sforzo.
Del resto le caratteristiche e le particolarità del territorio, tra i più pregiati dell'Appennino dal punto di vista forestale e così ricco di storie, di cultura, di testimonianze religiose come il monastero di Camaldoli e il santuario della Verna, fanno del parco nazionale delle Foreste Casentinesi un vero e proprio "laboratorio naturale" particolarmente adatto alla divulgazione e all'educazione ambientale.
Degli 11 centri visita progettati e finanziati 4 sono già operanti ed altrettanti lo saranno entro l'estate del prossimo anno, mentre è stata recentemente completata la ristrutturazione e la sistemazione di circa 250 Km di sentieri pedonali. Anche attraverso l'ausilio del Corpo Forestale dello Stato, con il coordinamento territoriale è stato instaurato un ottimo rapporto di collaborazione, sono in atto azioni di monitoraggio ambientale e di ricerca scientifica che l'ente sta svolgendo in diversi settori attraverso le università, singoli borsisti e cooperative locali. Da questi primi anni di lavoro si può affermare, nel nostro caso, che il pericolo che si instauri un rapporto dualistico e conflittuale tra consiglio direttivo e comunità del parco non solo si può evitare ma si può invece attivare una proficua collaborazione. La nostra esperienza è stata caratterizzata da un rapporto sinergico con la comunità del parco che ha sempre partecipato attivamente alle scelte più importanti che l'Ente ha compiuto, andando ben oltre i compiti assegnati a questo organismo dalla L. 394.
Il punto più alto di questa collaborazione è stato raggiunto con l'intesa siglata recentemente da i due organismi in ordine alle modalità di redazione degli strumenti di pianificazione. Praticamente il piano del parco ed il programma pluriennale di sviluppo saranno elaborati congiuntamente da un'unica équipe tecnica allo scopo di evitare discordanze nell'impostazione e negli obiettivi di questi due strumenti; strumenti che se non adeguatamente raccordati potrebbero correre il rischio di confliggere tra di loro e far emergere un deleterio antagonismo tra il consiglio direttivo, che si occupa dei "vincoli" e la comunità del parco che si occupa dello "sviluppo".
Provando a sintetizzare, in poche parole, un sommario bilancio dell'esperienza fin qui condotta nella presidenza del parco, e posso sicuramente dire che l'ente si sta aft`ermando, nei fatti, come una moderna "agenzia di animazione" per l'ecosviluppo e per la divulgazione ambientale.
Si sta cioè "specializzando" evitando così il rischio di diventare uno dei tanti, sicuramente troppi, enti pubblici che operano senza un ruolo preciso nel territorio ed in definitiva finendo così per essere la "fotocopia" di una grande comunità montana. E' questo il rischio che a mio avviso stanno invece correndo molti dei nuovi parchi nazionali stretti tra le aspettative miracolistiche delle popolazioni residenti da un lato e dall'altro chiamati spesso a supplire al vuoto totale di politiche territoriali innovative da parte dei comuni, delle provincie, delle comunità montane, della a.p.t., dei consorzi di bonifica ecc.
Il parco deve, detto in poche parole, riuscire ad orientare e programmare; deve essere capace di creare degli esempi concreti di ecosviluppo e di conservazione in grado di guidare le scelte dei vari soggetti pubblici e privati che operano nell'area senza per questo diventare una sorta di cassa a cui gli enti e i privati possano attingere al posto di quelle tradizionali che si stanno esaurendo. Per fare questo, prima ancora degli strumenti dei programmazione, al parco servono pochi e chiari obiettivi, ritagliati sulle specificità di ogni territorio, (il modello "Civitella Alfedena", ad esempio, sarebbe risibile sbandierarlo e poi riproporlo tale e quale nel parco delle Foreste Casentinesi) ma soprattutto serve una buona disponibilità di risorse economiche. Nel nostro caso il salto in avanti in termini di legittimazione, di riconoscibilità ed anche di autorevolezza il parco, passando da regionale a nazionale, lo ha potuto compiere grazie a tre elementi molto precisi: la triplicazione dei finanziamenti, lo strumento del nulla osta e il prestigio connesso al "rango" di nazionale.
Dicendo questo non voglio assolutamente suffragare una sbagliata gerarchizzazione dei parchi (quelli nazionali più importanti di quelli regionali) che è ancora troppo presente nel nostro paese e fa da ostacolo alI'avvio di una organica politica per realizzare il "sistema nazionale delle aree protette".
So bene quanto siano importanti sotto il profilo naturalistico e quanto siano ben gestiti alcuni parchi regionali, i quali non hanno nulla da invidiare a quelli nazionali. So anche però, per esperienza diretta, che quasi tutti i parchi regionali hanno purtroppo a disposizione risorse economiche inadeguate e presentano potenzialità inespresse perchè relegati spesso al semplice ruolo di imbellimento del territorio privi come sono di una eft`ettiva disponibilità di incidere, di contribuire come soggetto "specializzato" alle politiche ambientali e di sviluppo che oggi restano ad esclusivo appannaggio degli enti locali.
Non è un caso infatti se in questi ultimi mesi dalla Liguria alla Toscana, all' Emilia, alcune delle aree protette regionali tra le più dinamiche, come ad esempio il Parco del Gigante, hanno chiesto e stanno ottenendo di diventare nazionali.
Su tutto questo c'è da riflettere per tutti, Ministero dell'Ambiente, Regioni, enti locali e parchi perchè nessuno è libero da visioni troppo anguste e di corto resplro.Per concludere vorrei provare a delineare alcune idee capaci di dare forza e di sviluppare, non a parole ma nei fatti, il sistema nazionale dei parchi. Ritengo che il compito primario del Ministero dell'Ambiente e delle Regioni, con la collaborazione degli enti parco e del loro coordinamento, sia quello di mettere a punto alcuni "progetti pilota" nella falsariga del progetto APE in grado di fare del sistema delle aree protette un grande elemento d'identità nazionale e di nuovo sviluppo, soprattutto per il sud.
Tra questi "progetti pilota" io ne individuerei sicuramente tre:
  • Un progetto nazionale di ecoturismo, articolato per parti del territorio e per tematismi, incentrato sulle aree protette, da promuovere in campo internazionale e connotato da alcuni elementi unificanti (un logo e materiali promozionali coordinati, centri di prenotazione nazionali, itinerari di collegamento tra i parchi ecc.).
  • Un progetto nazionale di agricoltura ecocompatibile e di sostegno alle aziende insediate nei parchi da finanziare ricorrendo innanzitutto ai fondi strutturali comunitari e che sia recepito ed applicato con coerenza dalle

Regioni.

  • Un progetto nazionale di formazione ed educazione ambientale, incentrato sulla scuola ma non esclusivamente rivolto al mondo scolastico, come grande proposta culturale e scientifica (capace di coinvolgere i mass media ed i migliori divulgatori italiani) per fare dei parchi i laboratori naturali per eccellenza e servirsene al fine di accrescere la cultura naturalistica del nostro paese. In questo senso la la Conferenza Nazionale delle aree protette, che segna un punto di svolta importante perchè dimostra un accresciuto impegno, rispetto al passato, del Ministero dell'Ambiente in questo campo, può e deve dare un grande contributo di idee e di analisi per aprire una nuova e più matura fase di sviluppo del sistema nazionale dei parchi: un sistema appunto nazionale che deve diventare una parte del più generale sistema europeo dei parchi il quale avrà presto un suo momento di autorganizzazione con la costituzione, nel prossimo ottobre a Strasburgo, delI ' associazione dei presidenti dei parchi regionali e nazionali europei.

Presidente del parco nazionale delle Foreste Casentinesi, M.te Falterona e Campigna