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Le conclusioni della due giorni del convegno internazionale promosso dal centro studi Valerio Giacomini Gargnano (BS), disegnano un nuovo Stato, con meno leggi, più testi unici che riassumano quelle essenziali, e con maggiori poteri alle Regioni e agli Enti locali.
Per questa via, "a Bassanini invariata" (come si è detto) ma anche attuata nei suoi confronti, è possibile fare tesoro anche delle esperienze delle altre nazioni europee, che si sono studiate a puntuali relazioni di docenti universitari, rinnovando la legislazione dello stesso "comparto ambientale" a partire dall'intera normativa in materia di difesa, gestione e sviluppo della natura e del paesaggio.
E su queste nuove basi che sarà possibile redificare un vero sistema integrato di aree protette grandi, medie e piccole, caratterizzate tutte da una più forte identità, che saranno anche sistema di infrastrutture verdi da gestire con efficienza e con la capacità di assumere l'intera gamma di servizi ecologici e sociali richiesti dalla società moderna.
Secondo i partecipanti al convegno "questo nuovo grande disegno politico richiede che si chiudano le vecchie contese tra Stato, Regioni ed Enti locali ridisegnando per tutti i livelli istituzionali ruoli e competenze che permettano di rafforzare la capacità di indirizzo e programmazione dei livelli centrali e regionali più e meglio di quanto si sia riusciti a fare in questi anni, assegnando agli enti locali più dirette responsabilità di gestione". Sarà anche questa una delle pre-condizioni perché attraverso una cooperazione istituzionale che finora è mancata, o è stata largamente insufficiente "aree protette con storie e gestioni diverse potranno riconoscersi e collaborare all'interno di un sistema nazionale non gerarchico, articolato su scala regionale e locale, come è emerso nel dibattito alla prima conferenza nazionale delle aree protette, ma anche nelle audizioni della commissione Ambiente della Camera dei deputati sullo stato di attuazione della legge quadro (394/91)."
A partire da questi principi, chiaramente esperti nell'impianto della relazione generale di Mario Di Fidio, nell'introduzione "politica" di Renzo Moschini, ed utilmente supportati dalle comunicazioni tecnico specifiche dei professori Matthias Hartwing ed Arduino Tassi, nonché dalla documentazione fatta pervenire da Klaus Heidenreich e dalla completa "lezione" dello svizzero Marco Molinari, il confronto molto preciso e "compatto" che si è svolto tra gli addetti ai lavori ha permesso di raffrontare stati d'animo, e livelli di organizzazione degli uffici parco delle regioni maggiormente impegnate, facendo l'elenco delle principali questioni aperte, anche con grande franchezza e freschezza espositiva, ma sempre la volontà di operare affinché l'intero settore dei parchi rafforzi tutte le possibili e immaginabili sinergie.
L'esempio di ciò che nessuno degli interventi voleva era stato già, del resto, sintetizzato da Renzo Moschini nel suo contributo introduttivo ai lavori "non vogliamo fare nessuno scarica barile tra noi, e neppure vogliamo giocare al gioco della torre, buttando giù qualche pezzo di istituzioni, con la scusa della riforma federalista. Al contrario occorre trovare assieme il giusto ruolo per ciascuno di quanto ognuno rappresenta, sia esso ministro, assessore regionale, sindaco, presidente di Provincia o di Comunità montana, presidente di parco e via elencando". Per una circostanza che non può essere stata casuale, I' intero dibattito, e la "tavola rotonda", sono riusciti a mantenere il timone fisso su questo obbiettivo. Chi aveva immaginato (temuto o sperato) che quella parte di parchi che si riconoscono nel coordinamento nazionale (oltre cento aree protette e parchi, regionali e nazionali, trai più attivi e noti) si sarebbero esercitati nella polemica e nella differenziazione rispetto a quanto il Ministero dell'ambiente aveva esposto nella conferenza di Roma del 25/28 settembre, è stato totalmente deluso.
Certo, non sono mancati i passaggi polemici nei confronti di atti, anche recenti, come l'intricata vicenda del parco marino e terrestre delle Cinque Terre, ricostruita dall'assessore regionale ligure Egidio Banti, o come la questione del rapporto tra la caccia e la definizione di area a parco di molti territori lombardi, del quale si è occupato tra gli altri il presidente del Parco del Ticino, Luciano Saino.
E non sono mancati accenti sconfortati, tra i molti intervenuti di dirigenti di uffici regionali, o di pubblici amministratori provinciali, di Comunità montane o di Comuni. Ma la positiva novità del Convegno è stata la capacità di tutti di riportare sul terreno dell'ottimismo e della volontà ogni questione, anche molto spinosa.
Già questo invito e questa correzione di rotta erano contenuti nel primo intervento di Enzo Valbonesi, vice presidente nazionale del Coordinamento parchi e presidente del parco nazionale delle foreste casentinesi.
E Mariano Guzzini, dopo aver svolto la sua relazione su "Identità locali e dimensione delle forme di governo delle aree protette", introducendo i lavori della tavola rotonda pur avendo messo sul piatto tutte le questioni aperte ("occorre scegliere tra chi vorrebbe escludere le autonomie locali dal governo delle aree protette, e chi pone tutte le speranze in questa novità possibile, escludendo le tradizionali terze vie molto furbe e molto laceranti: è da questa scelta di campo che potranno poi derivare le nuove caratteristiche delle forme di governo degli enti parco") aveva rivolto tutti i partecipanti un forte richiamo a non limitarsi a parlare dileggi e di parchi, ma di tenere molto conto delle specifiche proposte già sul tavolo, in modo da fare tutti assieme un effettivo passo avanti. La "tavola rotonda" è stata coordinata da Guzzini e svoltasi tra Cesare Donnhauser, consulente del ministro dell'Ambiente, Edo Ronchi; Fausto Giovannelli, senatore, e presidente della Commissione Ambiente del Senato, i rappresentanti di Anci (Giuseppe Torchio), Upi (Livio Tamberi); i presidenti del Parco nazionale delle foreste casentinesi (Enzo Valbonesi) e del Parco regionale del Ticino (Luciano Saino), la responsabile della LIPU progetti, Agata Cleri, e di Italia Nostra, Rossana Bettinelli. Dopo la "tavola rotonda" il dibattito, governato da Alberto Tenconi, si è anche occupato ancora una volta della vicenda del parco del delta del Po e delle questioni più specifiche della politica della Regione Lombardia nei confronti dei parchi regionali.
Il direttore della rivista "Parchi", Renzo Moschini, nelle conclusioni generali all'intera iniziativa ha potuto evitare di riprendere i molti spunti che pure avevano segnalato le mille difficoltà nelle quali oggi versano tutti i parchi italiani, per concentrare la sua attenzione alla costruzione del futuro comune.
Illustrando il documento conclusivo, già distribuito ai presenti, Moschini ha sottolineato l'estrema urgenza che Stato, Regioni ed Enti locali avviino un confronto serio e costruttivo, senza pregiudiziali e scarica barili, che dovrà consentire quella collaborazione effettiva incardinata in precisi strumenti ed organi che la legge quadro 394/91, del resto, prevedeva esplicitamente, ma che per corresponsabilità generali fino ad oggi non si è realizzata. A questo fine essenziale, "andranno individuate e decise le forme e gli strumenti più idonei affinché Stato, Regioni ed Autonomie, d'intesa con i parchi e la loro rappresentanza organizzata in Coordinamento Nazionale, possano finalmente mettere a punto le linee di una programmazione nazionale basata su chiare scelte volte ad impiegare le risorse secondo ipotesi e progetti anche a carattere sperimentale, ma mai meramente distributivi".
"In queste sedi" prosegue il documento conclusivo, "Stato, Regioni, Autonomie e Parchi dovranno definire anche le linee dei decreti attuativi della cosiddetta Bassanini uno, che, coerentemente con l'indirizzo del legislatore, trasferisca i compiti e le funzioni di gestione amministrativa agli organi decentrati, consentendo agli organi ministeriali di svolgere finalmente quelle qualificate funzioni di indirizzi e coordinamento finora largamente disattese".
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