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Premessa
Il sistema delle aree protette della Regione Sicilia, disegnato a grandi linee dalla legge regionale 6 maggio 1981, n. 98, presenta alcune peculiarità che meritano di essere conosciute e approfondite.
Bisogna innanzi tutto riconoscere che il legislatore regionale, già nel 1981, con l'emanazione di quella che rappresenta la legge-quadro siciliana in materia di tutela ambientale, pur avendo mutuato dalla legislazione di altre regioni l'impianto strutturale del modello organizzativo preposto alla tutela del patrimonio naturale, aveva introdotto alcune innovazioni che ancor oggi - nonostante le sostanziali modifiche apportate dalla legge regionale n.14/1988 e dalla più recente legge regionale n. 71/1995, - caratterizzano il sistema siciliano. Tali innovazioni, che contraddistinguono appunto la normativa siciliana da quella di altre regioni, possono sintetizzarsi nei seguenti tre aspetti fondamentali:
- I'introduzione di una modalità nuova di operare "per programmi e progetti", mediante la previsione di vari livelli di programmazione e pianificazione degli interventi di tutela del patrimonio naturale, discostandosi in questo dalla vecchia logica statalista di frammentazione e scoordinamento degli interventi, al fine di conciliare - a lunga scadenza- gli obiettivi di tutela e conservazione del patrimonio ambientale con quelli di sviluppo culturale, sociale ed economico delle popolazioni residenti;
- il tentativo di ricomporre gli interessi più rappresentativi del dibattito sulla politica ambientale, assicurando all'interno degli organismi di gestione del patrimonio naturale una cospicua presenza di rappresentanti del mondo scientifico universitario e coinvolgendo quindi nella gestione delle aree naturali protette i protagonisti di quel dibattito culturale che si era manifestato, non senza conflittualità all'inizio degli anni sessanta;
- il rispetto delle autonomie locali ed il costante coinvolgimento delle popolazioni e degli Enti locali territorialmente interessati nelle varie fasi di istituzione e gestione dei parchi regionali.
Quest'ultimo è l'aspetto che tratteremo in queste pagine, sia perché è quello che più conosciamo, sia perché è stato oggetto delle maggiori modifiche rispetto alle previsioni originarie, modifiche che hanno dovuto anche tener conto del contemporaneo evolversi delle autonomie locali, intrapresa dal legislatore nazionale con le ben note leggi 142/1990 e 241/1990. |
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Il ruolo delle autonomie locali nella fase istitutiva dei parchi regionali
La legge regionale 98/81 aveva previsto l'istituzione di tre parchi regionali siciliani (dell'Etna, delle Madonie e dei Nebrodi) attraverso un procedimento democratico che richiedeva, prima dell'emanazione del relativo decreto regionale, il concorso delle popolazioni, degli enti e delle associazioni interessate presenti nel territorio.
A tal proposito, infatti, entro il 30 dicembre 1981, dovevano essere costituiti i cosiddetti comitati di proposta, uno per ciascun parco, allo scopo di sottoporre alla Regione Sicilia una proposta articolata, contenente non soltanto una serie di indicazioni tecniche - come la descrizione analitica dei luoghi, la delimitazione territoriale del parco e la relativa zonizzazione - ma anche alcune scelte strategiche, tese a collegare inscindibilmente la tutela e la conservazione dei valori ambientali presenti nel territorio, al recupero ed alla valorizzazione delle attività tradizionali meritevoli di essere salvaguardate, perché spesso unica o prevalente fonte di reddito delle popolazioni interne, ed al fine realizzare un modello di sviluppo sostenibile e compatibile, coniugando la conservazione dell'ambiente con la corretta gestione del territorio e delle risorse.
La stessa legge stabiliva la composizione dei comitati di proposta, al cui interno trovano rappresentanza le istituzioni locali, provinciali e regionali, le associazioni naturaliste e le Università siciliane, nonché dettagliate procedure e tempi ben precisi per pervenire appunto alla formulazione di una proposta di parco forte del consenso popolare. Purtroppo il procedimento democratico stabilito dal legislatore regionale, sulla scorta anche del dibattito politico e culturale del tempo, non ebbe successo, con la conseguente nomina di Commissari ad acta da parte dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente.
Ciò ha comportato la nascita dei parchi non già da un costruttivo dibattito di base, che avrebbe dovuto coinvolgere tutte le componenti che insistono sul territorio, nella ricerca di un significativo equilibrio tra tutela dei valori ambientali e sviluppo produttivo, ma con atti d'autorità, che non hanno potuto tener conto di tutte le effettive esigenze e realtà locali. La storia dei comitati conclusasi con il fallimento di una procedura innovativa che avrebbe comportato l'elaborazione di una proposta di parco in armonia con le esigenze delle comunità residenti, non depone certamente a favore delle amministrazioni locali, che pur rivestivano un ruolo fondamentale all'interno dei comitati stessi, sia dal punto di vista numerico che qualitativo.
La composizione dei comitati di proposta prevedeva infatti tre rappresentanti per ciascun Comune interessato, eletti dai rispettivi consigli comunali, allora dotati dei più ampi poteri politici, amministrativi e gestionali.
Si tratta di una storia poco conosciuta, che meriterebbe invece di essere scritta e ricordata soprattutto oggi che i poteri degli amministratori locali sono sensibilmente aumentati e la loro pregnante presenza all'interno degli Enti Parco potrebbe riscattare quel fallimento e trasformare il ponte, spesso solo formale che unisce le rive della tutela a quelle dello sviluppo, in un reale e duraturo collegamento, attraversabile senza alcun timore dalle generazioni presenti e future. |
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L'attuale modello di gestione
"Il consenso (che spesso viene chiesto come elemento fondamentale per istituire un'area protetta) è qualcosa che si deve conquistare dopo che l'area protetta si è istituita, con una buona gestione, perché bisogna far capire che la tutela dell'ambiente è comunque un bene collettivo." (Roberto Saini)
Superata la fase di istituzione dei tre parchi regionali, senza aver utilizzato lo strumento consensuale, dei comitati di proposta, siamo ora nella fase della gestione dei parchi medesimi, nella quale la presenza dei rappresentanti degli Enti locali territoriali è decisamente cospicua e dovrebbe caratterizzare la gestione delle aree protette nel senso di superare le contestazioni e le opposizioni, a volte anche drammatiche, che vengono espresse dalle popolazioni interessate e trasformarle in consenso vero.
Se infatti i vincoli e i divieti introdotti dal parco hanno avuto immediati riflessi nei confronti dei residenti e degli stessi Enti locali territoriali, che hanno visto decisamente diminuita la propria sovranità sui territori ricadenti entro i confini dell'area protetta, la stessa cosa non può dirsi per gli innumerevoli benefici e vantaggi che derivano dalla buona gestione dell'area protetta, in quanto necessitano di tempi più lunghi e di una stabilità organizzativa e gestionale che è ancora in gran parte da raggiungere.
Non siamo in grado di individuare le variegate cause che, a distanza di oltre quindici anni dalla emanazione della legge regionale 98/81, hanno comportato un parziale raggiungimento degli straordinari obiettivi individuati dal legislatore, ma riteniamo di poter affermare che l'insufficienza o, in alcuni casi, la totale mancanza di personale proprio ed il continuo evolversi della normativa che riguarda la composizione degli organi di gestione degli Enti Parco certamente non ha reso possibile questa stabilità strutturale che sta alla base del buon funzionamento di un Ente.
L'ultima legge di riforma, la 71/95, ha radicalmente innovato sia la composizione degli organi degli Enti Parco (Enti di diritto pubblico sottoposti a controllo, vigilanza e tutela dell'Assessorato regionale per il territorio e l'ambiente, ai quali è affidata appunto la gestione dell'area protetta), sia il procedimento di controllo delle deliberazioni degli organi collegiali, ed il quadro complessivo che ne viene fuori è il seguente:
Il Presidente
E nominato dal Presidente della Regione Sicilia previa delibera della Giunta Regionale, su proposta dell'Assessore per il territorio e l'ambiente - ed è scelto tra persone che si siano particolarmente distinte nella salvaguardia dell'ambiente e che siano in possesso di titoli culturali o professionali adeguati. E il legale rappresentante dell'Ente parco e tra le sue competenze rientrano i poteri di indirizzo e di coordinamento dell'attività, nonché, in via residuale, tutto quanto non rientri nelle competenze del Consiglio e del Comitato esecutivo.
L'organo presidenziale non ha subito alcuna modifica rispetto alle previsioni della legge regionale 98/81, sia nel procedimento di nomina sia nelle competenze attribuitegli e resta pertanto un organo di nomina regionale, super partes, al quale l'ordinamento ha attribuito un ruolo fondamentale di impulso e coordinamento delle linee politiche del parco, oltre che precise competenze di ordine amministrativo.
Il Consiglio del parco
Il Consiglio del parco è nominato con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente ed è oggi composto dal presidente che lo presiede, dai sindaci dei Comuni e dai presidenti delle Province i cui territori ricadono entro i confini del parco. Il Consiglio è l'organo che, nella sua composizione è stato radicalmente modificato dalla legge regionale 71/95: in precedenza, infatti, era composto da tre rappresentanti per ciascun Comune facente parte del territorio del parco (cinque per i tre Comuni con maggiore estensione di superficie), eletti dai rispettivi Consigli comunali nel proprio seno e con voto limitato ad uno, con il rispetto in ogni caso della rappresentanza delle minoranze.
La riforma delle autonomie locali, che ha riordinato le modalità di elezione, la composizione ed i poteri dei diversi organi comunali ha comportato - tra l'altro - il divieto per i consiglieri comunali di rappresentare il Comune presso altri enti; ciò ha reso pertanto necessario adeguare la composizione del Consiglio del parco alle nuove norme, demandando ai sindaci ed ai presidenti delle province, la rappresentanza delle comunità locali in seno al Consiglio del parco.
Restano attribuite alla competenza del Consiglio tutte le questioni generali dell'Ente ed in particolare l'attività pianificatoria e di programmazione, rappresentando il Consiglio l'organo di indirizzo politico dell'Ente.
Di seguito all'entrata in vigore della legge regionale 71/95 si è avuta la nomina dei nuovi Consigli dei tre parchi Regionali, che, se da un lato sono certamente snelliti nel numero, dall'altro hanno dovuto riappropriarsi di un ruolo estremamente delicato. I sindaci e i presidenti delle province, oggi eletti a suffragio diretto, sono inoltre già gravati di notevoli responsabilità amministrative e gestionali presso l'ente locale di appartenenza e pertanto non sempre hanno potuto dedicare al parco le necessarie energie che la carica di consigliere comporta. Di contro è anche vero che il primo cittadino del Comune o della Provincia è in effetti il principale portatore delle esigenze e delle aspettative delle comunità locali, e ne condiziona il futuro sviluppo attraverso il programma politico in base al quale è stato eletto.
Il duplice ruolo rivestito potrebbe pertanto contribuire con fatti concreti a quella buona gestione del parco, dalla quale deriverebbe il pieno consenso anche delle popolazioni residenti.
Il Comitato esecutivo
La modifica della composizione del Consiglio del parco ha comportato di riflesso il rinnovo dei Comitati esecutivi, che rappresentano l'organo di gestione del parco, al quale l'ordinamento ha demandato il compito sia di predisporre che di attuare le scelte politico-amministrative espresse dal Consiglio. Esso è composto da quattro membri di diritto (il presidente, il direttore del parco, il presidente del Comitato tecnico-scientifico, il Capo dell'ispettorato ripartimentale delle foreste competente per territorio) e da quattro membri eletti dal Consiglio del parco, anche non facenti parte dello stesso, di alta e comprovata esperienza nella salvaguardia della natura e dell'ambiente.
Come si evince dalla suddetta composizione, il Comitato esecutivo è stato pensato come un organo di grande valenza tecnica, per garantire il concreto raggiungimento delle finalità istituzionali, pur nel rispetto delle linee strategiche individuate dal Consiglio.
Il Collegio dei revisori
E nominato contestualmente al Consiglio del parco con decreto dell'assessore regionale per il territorio e l'ambiente, esercita il riscontro contabile sugli atti dell'Ente parco ed è composto da tre membri, di cui uno designato dal medesimo assessore regionale per il territorio e l'ambiente, uno dall'assessore regionale per il bilancio e le finanze ed uno scelto tra gli iscritti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti.
Anche quest'organo, come il presidente non ha subito alcuna modifica rispetto alle originarie previsioni di legge.
Gli organi consultivi sono costituiti da:
- Il Comitato tecnico scientifico
Dicevamo che una delle peculiarità della normativa siciliana sulle aree protette consiste nell'aver coinvolto all'interno delle stesse i protagonisti del dibattito scientifico e culturale che si svolse all'inizio degli anni settanta e contribuì alla emanazione della legge regionale 98/8 1 .
Ed infatti il Comitato tecnico scientifico, di cui si avvalgono gli organi del parco, mediante richiesta di parere sulle questioni riguardanti i valori ambientali e lo sviluppo delle risorse ambientali del parco, è costituito da ben otto esperti, designati dai singoli consigli di facoltà dell'Università competente, da sei esperti designati dalle principali associazioni ambientaliste, dal capo dell'ispettorato dipartimentale delle foreste e dal sovrintendente per i beni culturali ed ambientali competenti per territorio.
Il parere del Comitato tecnico scientifico, in particolare, è obbligatorio sulle materie che interessano il regolamento del parco e che riguardano gli aspetti specifici di salvaguardia e tutela dell'ambiente e del corretto uso del territorio protetto anche in termini di fruizione dello stesso.
Una importante e recente innovazione è intervenuta per semplificare le procedure di rilascio, da parte del presidente del parco, del nulla-osta relativo a qualsiasi attività che comporti trasformazione del territorio del parco: ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 34/96, infatti, tale nulla-osta viene rilasciato non più in base ad un espresso parere, sulla singola istanza, del Comitato tecnico scientifico, ma sulla base dei criteri generali attuativi del regolamento del parco, preventivamente determinati dal Comitato medesimo.
La semplificazione delle procedure relative al rilascio del nulla-osta comporta anche una sensibile accelerazione delle stesse, a tutto vantaggio dei rapporti tra cittadini e l'Ente parco.
- La Comunità del parco
Nonostante si chiami come un organo degli enti parco nazionali, in Sicilia la Comunità del parco costituisce una particolare forma di collegamento tra il parco e la comunità locale, alla quale la legge ha inteso affidare alcune competenze di carattere consultivo.
Un'ulteriore peculiarità riguarda il fatto che la Comunità del parco è un organismo non obbligatorio: essa infatti è istituita su iniziativa del Presidente e previa deliberazione del Comitato esecutivo e riunisce in pubblica assemblea i rappresentanti delle organizzazioni di categorie economiche e produttive, sociali e culturali effettivamente operanti nel territorio del parco, fino ad un massimo di cinquanta componenti.
La Comunità del parco si riunisce almeno due volte l'anno, in assemblee alle quali possono partecipare i cittadini dei Comuni interessati al parco ed ha il compito di esaminare i problemi del parco, di presentare proposte di iniziative di carattere economico e sociale compatibili con le finalità istitutive dell'area protetta e di verificare i risultati raggiunti.
- Il sistema di controllo delle deliberazioni degli organi collegiali
La riforma delle autonomie locali, nel riorganizzare Comuni e Province secondo le più moderne regole che tendono alla riorganizzazione di servizi pubblici in maniera sempre più efficace ed efficiente, è intervenuta anche sul procedimento di esecutività delle deliberazioni, ampliando il controllo interno - ed attribuendo pertanto maggiore autonomia e responsabilità agli organi politici e burocratici dell'ente - e limitando di conseguenza il controllo esterno degli organi tutori, ai quali la precedente normativa consentiva in alcuni casi di entrare nel merito delle scelte discrezionali assunte dagli organi dell'ente.
Tali principi sono stati recepiti ed applicati, pur se con alcune differenze, anche agli Enti Parco siciliani e l'attuale sistema di controllo consente un'accelerazione dei tempi di esecuzione delle deliberazioni ed una conseguente maggiore speditezza dell'attività dell'Ente.
Prima dell'emanazione della legge regionale 71/95, infatti, tutte le deliberazioni del Consiglio del parco e del Comitato esecutivo erano soggette al controllo di legittimità da parte dell'Assessorato regionale per il territorio e l'ambiente ed alcune (e cioè quelle che riguardavano l'approvazione degli atti fondamentali quali il bilancio preventivo, lo Statuto, ecc...) erano altresì soggette al controllo di merito, che l'Assessorato esercitava mediante l'adozione di un formale provvedimento entro novanta giorni dalla ricezione dell'atto. L'attuale sistema di controllo, introdotto con l'art. 10 della legge regionale 71/95, prevede la sostanziale scomparsa del controllo di merito (con l'eccezione già esaminata, che riguarda le deliberazioni adottate in difformità del parere obbligatorio del C.T.S.) e la soggezione al controllo di legittimità soltanto di alcune specifiche deliberazioni con le quali vengono approvati gli atti fondamentali di programmazione e pianificazione economica, territoriale, gestionale.
Tutte le altre deliberazioni sono immediatamente esecutive, ma devono comunque essere trasmesse all'Assessorato ai fini dell'esercizio della vigilanza, che può tradursi in una richiesta di riesame o di annullamento in autotutela (anche se di un atto esecutivo e presumibilmente già eseguito)
Il potere di chiedere il riesame delle deliberazioni spetta anche al Direttore del parco - con motivazione scritta - nell'ambito delle funzioni connesse alla conservazione del parco e alla vigilanza sulle attività che vi si svolgono. |