PARCHI | ||
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 22 - SETTEMBRE/DICEMBRE 1997 |
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Il ruolo delle aree protette nella nostra cultura Ippolito Ostellino * |
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Un nuovo dibattito: i parchi come simbolo della nostra cultura Intorno al tema dei parchi, recentemente, emerge una nuova problematica che si affianca a quella sulla loro importanza nello sviluppo economico-sociale di un territorio: è il dibattito intorno al ruolo che i parchi possono avere nella cultura di una società, sul loro significato in quanto luoghi simbolo nei quali riconoscere l'essenza della nostra storia, guardando ai parchi come momenti nei quali ritrovare la matrice culturale che unisce i nostri ideali, i caratteri intimi della nostra cultura. Insomma il carattere simbolico e ideale che i parchi portano con sé come valore fondamentale fra quelli che le aree protette possono rappresentare per i cittadini di una nazione. Infatti, da un lato, il sociologo Osti su Piemonte Parchi riporta una riflessione sul ruolo delle aree protette verso il nuovo millennio, richiamando importanti nodi quali la socialità e il significato culturale di questi; dall'altro Vittorio Zucconi su Meridiani ci richiama al significato profondo di memoria della storia di un popolo che i parchi possono portare con sé, come a suo modo di vedere accade negli Stati Uniti, dove i parchi sono lo scrigno nel quale è conservato il "respiro d'immensità che è l'America". Ma non basta: recentemente abbiamo avuto la possibilità di rivedere in televisione "Lungo il fiume" di Ermanno Olmi, un'opera base per comprendere quali messaggi i fenomeni naturali sappiano conservare e, se colti correttamente, trasmettere a tutti noi. Ed allora, se si vuole tentare un percorso su tale tema, stimolati dai momenti culturali prima accennati, e provando ad esercitarci come ha fatto Zucconi per i parchi americani, possiamo chiederci: per noi europei i parchi possono custodire una memoria oltre che della natura anche della nostra storia e, se sì, quale tipo di memoria, quale elemento fondante della nostra cultura, quali esperienze possono in essi essere riconosciute come testimonianze, e rappresentare il "Vecchio continente"? Se i parchi sono lo scrigno, che cosa conservano per noi, quale è il collante culturale che in loro è conservato? |
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L'essenza europea del territorio: la cultura della natura Per l'America i parchi rappresentano certo il ricordo di una grande conquista, e conservano in sé l'immensità degli spazi e dei territori che i primi conquistatori si trovarono di fronte. Anche se nella contraddizione continua fra sfruttamento turistico della risorsa e sua conservazione, la realtà statunitense pare proprio racchiudere in sé questo senso della grandezza, del confine oltre il quale altri spazi, ancor più vasti, possono aprirsi allo sguardo di chi cerca di scoprire la "nuova terra". Per l'Europa la dimensione, se confrontata su tale parametro, è certo diversa. Nel Vecchio continente i territori compresi nelle aree protette rappresentano però forse una diversa dimensione, fatta non di grandi spazi di infiniti territori, ma di mosaici ricchissimi di realtà naturali e culturali insieme: essi sono il ricordo di una convivenza, e di una dimensione sociale della natura. Un patrimonio di storia, dal quale è nato lo stesso concetto della ecosostenibilità, della integrazione fra operato della società umana e dinamiche leggi della natura. I parchi europei sono le biblioteche nelle quali sono conservati insieme il valore, a sé stante, della natura e il nostro sapere fatto di trasformazioni, di modificazioni puntiformi dei suoi equilibri per la nostra sopravvivenza. Fuori dai parchi esiste il territorio nel quale sono invece presenti gli esempi di come l'uomo non abbia saputo spesso dialogare con la natura, insultandola nei modi più assurdi e pagandone spesso anche le conseguenze. Se pensiamo a questi contenuti dei parchi allora si può pensare che essi siano, in America per un motivo, in Europa per un altro, simboli nei quali si sono concentrate le nostre aspirazioni, modelli, utopie che possono aiutarci a mantenere unita la nostra cultura, il nostro modo di operare. |
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Il rapporto uomo-natura: un archetipo europeo L'Europa è una delle culle della nascita del metodo scientifico di investigazione della natura e quindi è uno dei luoghi dove da sempre la domanda di come l'uomo si possa rapportare all'ambiente in cui vive è sempre stato elemento d'attualità. Sotto questo profilo, rappresenta un modello, un archetipo, diverso da altre esperienze, come ad esempio quella americana. In Europa è nata l'esperienza della trasformazione dei territori, della modificazione anche profonda degli equilibri ambientali per finalità economiche e sociali dell'uomo. Sotto questo profilo l'Europa è il laboratorio di una società volta soprattutto a sperimentare il territorio, più che a rispettarlo sacralmente, come invece accadde nell'esperienza degli indiani d'America, senza per questo non rispettarlo . Ma questo modo di vedere le risorse naturali non ha mai travalicato, se non in alcuni casi, in modo massiccio, I'ordine e l'equilibrio, come invece è poi accaduto in altre realtà che interpretando il territorio come immenso bacino da conquistare ha poi trasformato la sua azione in aggressione, come accaduto nella società americana o nelle realtà dell'oriente iperindustrializzato. L'Europa ha quindi nel suo passato una tradizione, quella della compatibilità fra il volere della società umana e quelli della natura, che giunsero anche alle estreme rappresentazioni nella ricerca scientifica nell'investigazione della realtà per comprendere i suoi intimi meccanismi. Su questo insieme di valori si può riconoscere l'originalità dell'esperienza europea. E un modello che può rappresentare un momento originale dal quale trarre esperienze per una trasformazione dell'ambiente verso obiettivi di recupero, di nuova destinazione di risorse naturali in un mondo che diviene sempre più occupato e colonizzato dall'operato dell'uomo e che certo non può essere riconvertito verso una visione supinamente legata ad un passato non più recuperabile nella dimensione di oggi. |
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La loro specificità è rappresentata dal forte confronto che in essi si viene a trovare fra atteggiamento di abbandono dell'uomo e natura, nel quale la dimensione assume spesso però il volto del degrado, dello sfruttamento insensato. In questo confronto la drammaticità delle dinamiche naturali dei fiume porta purtroppo in estrema evidenza come, non rispettando gli equilibri naturali, i disastri ed i danni possano assumere dimensioni catastrofiche. In questa realtà la gestione si integra così con molteplici fattori rendendo il modello del parco fluviale uno dei casi a massima complessità gestionale, essendo composto dalla stratificazione di molteplici fattori che possono assumere caratteri di estrema gravità. * Direttore del Parco fluviale del Po Torinese |