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Ragioniamo ancora sulla 394/91 (e sulle sue sorelle)
Mariano Guzzini
C'è chi si domanda se l'ambiente sia federalista, e poi critica quanti
si ostinano a lavorare per un avvenire fatto anche di Regioni maggiorenni,
in grado di avere la chiave di casa, e di gestire i parchi almeno come altre
importanti materie, quasi che motivi contingenti (le preoccupazioni nei
confronti di ... "Legapadana"; un eccesso di simpatia per il partito
dei Sindaci; un complesso di inferiorità nei confronti degli ambienti
vicini al Ministero) portassero a costruire mostri amministrativi, pericolosi
quanto inutili. Davanti allo slogan ripetuto in varie sedi da più
di un dirigente nazionale di WWF, personalmente provo una grande difficoltà
a prendere sul serio la questione, posta in quei termini.
Perché, la sanità, oppure addirittura la salute, sarebbe regionalista?
E l'agricoltura? E la protezione civile?
A me pare più semplice (e più costruttivo) impostare la questione
partendo da una realtà storica innegabile. In questo nostro Paese
le aree protette sono state volute da minoranze attive, che hanno rappresentato
esigenze globali, collettive, e che si sono rivolte in una prima fase allo
Stato centrale, in una seconda fase ad alcune Regioni, e più di recente
di nuovo allo Stato centrale, seguendo i flussi ed i riflussi del difficile
rapporto tra innovazione ed amministrazione locale e centrale.
Chi ha consapevolezza di questo cammino, e non lo considera un incidente
ma lo legge soprattutto come indicatore delle forze esistenti e utilizzabili
in questo particolare territorio chiamato Italia, non può immaginare
gli ulteriori passi avanti che la politica per le aree protette dovrà
fare in uno scenario segnato da costanti limitazioni alle azioni che il
Ministero vorrà impostare e perseguire, messe in atto dal Governo,
da altri ministeri, dal Parlamento, dal sistema delle autonomie, dalle Regioni.
Ma non sarebbe ragionevole neppure immaginare l'opposto scenario, fatto
di alcune Regioni e di alcuni Enti locali impegnati in un disegno di attuazione
delle linee guida della legge 394/91, contrastate da pezzi dello stesso
sistema regionale, da una parte di Regioni immobili o indifferenti, se non
apertamente ostili, da Enti locali chiusi nei loro particolarismi, e da
uno Stato centrale e centralista che utilizzi ogni ritardo ed ogni contraddizione
dei momenti di governo locali per ribadire la sua indispensabilità
e la necessità di governare tutto da Roma, perché ... l'ambiente
non è federalista.
Per coltivare al meglio il nostro giardino
Le "grandi novità" del 1997 (la prima conferenza nazionale
"Aree naturali protette"; I'indagine conoscitiva della Camera
dei Deputati sullo stato di attuazione e le eventuali modifiche da apportare
alla 394/91, chiusasi con un documento, trasmesso anche al Senato, ed alcuni
importanti appuntamenti convegnistici svoltisi qua e là per l'Italia,
a Bocca di Magra di La Spezia, il 5 maggio, sul tema "Esperienza delle
Regioni nella gestione dei parchi"; a Torino/La Mandria, dal 22 al
25 maggio, nel contesto della festa nazionale dei parchi; a Gargnano sul
Garda, il 16 - 17 ottobre sul tema: "Le aree protette e la riforma
istituzionale italiana"; in Ancona, dal 13 al 16 novembre, nel contesto
di "Parco produce", ecc. ecc.; il rilancio del Coordinamento nazionale
parchi che si articola e si radica sempre meglio sul territorio nel momento
in cui stabilisce importanti collegamenti internazionali a livello europeo
fanno intravedere un 1997 fecondo, dove tutto ciò che è stato
seminato nel 1997 comincerà a germogliare e a dare i primi frutti.
Certo, c'è sempre la possibilità che all'intravedere si opponga
qualche intravvenire, e soprattutto qualche intraversare: come dire la nota
pratica del mettersi di traverso ostacolando chi sta dalla parte della soluzione
dei problemi. Naturalmente è facile prevedere che tutto ciò
accadrà, contemporaneamente, in quella sgangherata e confusa miscela
che è la realtà dei processi in atto. Dove è pratica
sconsigliabile il limitarsi alla lamentazione sugli aspetti deteriori, sempre
abbondantemente presenti, ed il deprecare i mala tempora correnti, mentre
è vincente chi si munisce di dosi industriali di ottimismo della
volontà, e si fa forte di quanto di positivo passa il convento, per
zappare l'orto, e coltivare "notre jardin"...
Sicché, dopo le grandi novità, occorre ricucire il tessuto
delle alleanze, costruendo il sistema dei poteri locali amici dei parchi,
che ancora non c'è, assieme al sistema nazionale dei parchi, che
ancora non c'è, e assieme ad una politica complessiva di tutti i
Governi (centrale, e regionali) che va resa più esplicita e più
efficace quando c'è, e va fatta nascere quando sia del tutto assente.
A questo scopo non sarà inutile dibattere anche in sedi pubbliche
ed istituzionali, a cominciare dagli organismi dei parchi stessi, ma cercando
di coinvolgere anche le assemblee elettive, sia i risultati della prima
conferenza nazionale "Aree naturali protette", sia il documento
finale frutto dell'indagine conoscitiva della Camera dei Deputati sulla
attuazione della legge quadro sulle aree protette, cogliendo l'occasione
per fare il punto anche sulla attuazione dell'intera legislazione regionale,
sia di quella in vigore, sia di quella che ancora non ha visto la luce.
E con questo spirito, e con queste speranze, che la rivista "Parchi"
mette a disposizione dei lettori il documento licenziato dalla Camera e
trasmesso al Senato, corredato da alcune prime considerazioni che non pretendono
di essere altro che primi brandelli di opinione di uno dei tanti (nella
fattispecie, il sottoscritto) che vivono in prima persona l'esperienza della
quotidiana gestione di un parco, e che non domanda di meglio che potersi
formare convincimenti solidi e duraturi in quel vasto dibattito che si augura
si sviluppi nel corso del 1998 sull'insieme di questi temi.
Alcune considerazioni sul documento conclusivo
Ha già scritto in altra sede Renzo Moschini che "... unitamente
ai lavori della conferenza nazionale, l'indagine parlamentare arricchisce
notevolmente il quadro delle conoscenze, della documentazione e delle proposte
che richiederà ora di essere messo a frutto nelle forme più
appropriate nelle sedi deputate", ma anche che "... il fatto che
a sei anni dalla approvazione della legge si sia sentito il bisogno di una
indagine conoscitiva è la prova più convincente del maggiore
interesse del legislatore nazionale su questi temi, e ... della necessità
che la legge quadro, che ha già dato ottimi risultati, sia messa
nelle migliori condizioni per poter meglio funzionare, apportandovi - se
opportuno - anche le indispensabili modifiche e correzioni".
Concordando con questa impostazione, aggiungo che - nonostante il forte
sapore di novità dell'indagine parlamentare e della conferenza nazionale
- ho l'impressione che sia ancora apertissimo il rischio che quei due fatti
eclatanti, rivelatori di energie molto diffuse e di protagonisti anche nuovi
e pronti ad impegnarsi, possano essere impacchettati ed archiviati nel magazzino
delle iniziative elitarie e marginali, delle quali si parla bene, ma che
non riescono a condizionare davvero il lavoro delle principali sedi decisionali,
nazionali o locali.
Affinché in quelle sedi si tenga davvero conto dei risultati della
prima conferenza nazionale, e delle parti più interessanti del documento
che ha concluso questa fase di indagine parlamentare, occorre intanto che
chi ha maggiormente a cuore questo genere di contenuti si misuri sul punto
di approdo del dibattito.
Il documento parlamentare (che ha avuto riscritture successive, che meriterebbero
tutte di essere conosciute anche per capire i punti che non sono mai cambiati
nel pensiero dei commissari, e le novità introdotte dalla conferenza
nazionale) è un testo abbastanza organico, che tuttavia assume tutto
il suo valore se nel leggerlo - si tiene conto di tutte le audizioni che
lo hanno preceduto, i verbali delle quali sono disponibili presso l'apposito
ufficio della Camera. In alcuni passi sono riconoscibili riportate pressoché
letteralmente - le conclusioni di alcuni dei gruppi di lavoro della prima
conferenza.
In altri, invece, si prendono le distanze da quella sorta di "auto
assoluzione" che il Ministero si era dato in sede di conferenza nazionale
a proposito di gestione centralista della legge quadro, anche se lo spirito
complessivo dell'ultima versione del documento appare giustamente più
preoccupata di fornire un nuovo modus vivendi (un "coordinamento paritario
nel rispetto del principio della leale collaborazione tra Stato, Regioni
ed Enti locali" paragrafo 3, finale) tra i soggetti istituzionali,
piuttosto che indagare sulle ragioni delle "considerevoli disfunzioni"
che pure vengono denunciate, mostrate dagli "organismi centrali di
indirizzo" ..
La Commissione non entra neppure nella disputa tra chi - condividendo l'impianto,
le finalità ed il giudizio positivo su quanto ha già prodotto
- ritiene tuttavia indispensabile la riscrittura di alcune parti della 394/91
per rendere possibile la sua piena attuazione, e chi ritiene la legge sostanzialmente
perfetta (o, almeno, meno imperfetta di quanto sarebbe se l'attuale Parlamento
ci mettesse le mani), essendo invece opportuno intervenire sull'efficienza
di quanti sono tenuti ad applicarla, con gli opportuni provvedimenti amministrativi.
La Commissione afferma in premessa di aver fatto la scelta di "riassumere
i problemi relativi all'attuazione della legge limitandosi a proporre soluzioni
che comportano il ricorso alla legislazione vigente - attraverso l'adozione
di atti di tipo amministrativo - o alle opportunità presenti nella
recente legge n. 59 del 1997.
Per le problematiche affrontate che non potranno essere risolte attraverso
gli strumenti sopra indicati, restano aperte le possibilità di corrispondenti
modifiche della stessa legge quadro, sulla base delle iniziative legislative
che il Parlamento vorrà assumere".
Non si tratta - si badi bene - di una posizione pilatesca. Tutt'altro. E
ben vero che la Commissione non ha licenziato un articolato nuovo, né
ha indicato dove - a suo modo di vedere - si renderebbe indispensabile un
nuovo articolato.
Tuttavia ha lasciato aperta questa possibilità, dandola per probabile
ma rispettando la sede dove già questo lavoro è in corso,
vale a dire la competente Commissione del Senato.
Il verbale della brevissima discussione che ha accompagnato l'approvazione
del documento finale è chiarissimo sul punto.
Quando Maria Rita Lorenzetti, nella sua funzione di presidente della Commissione
Ambiente della Camera, si impegna a trasmettere il documento al Senato,
e quando Franco Gerardini, pur prospettando due fasi tra loro distinte anche
temporalmente, si augura che nella seconda fase il Governo si attivi "presentando
un proprio disegno di legge", appare evidente che l'opportunità
di una modifica alla 394/91 non viene considerata una ipotesi, ma qualcosa
di molto vicino ad una necessità, da affrontare con il massimo di
unità tra le forze della maggioranza, e, quindi, con un disegno di
legge governativo che eliminerebbe la maggior parte dei rischi di un confronto
parlamentare con maggioranze casuali o variabili.
Quale sistema nazionale delle aree protette
Sul merito dei singoli punti da migliorare, anche in sede legislativa, il
dibattito non potrà che partire dalla necessità di attuare
meglio e compiutamente il disegno già definito. Per esempio, il sistema
nazionale delle aree protette, che il documento si guarda bene dall'identificare
con l'insieme degli attuali parchi nazionali.
Molto correttamente, la commissione parlamentare scrive che "... Carta
della natura, Linee fondamentali di assetto del territorio, Programmi Triennali
per le Aree protette sono gli strumenti strategici che possono consentire
di attuare finalmente il decollo del sistema nazionale delle aree protette,
all'interno del quale tutti i Parchi e le Riserve Naturali nazionali, regionali
o locali possano mettersi in rete e coordinarsi fra di loro con l'obiettivo
della tutela, della valorizzazione e dello sviluppo sostenibile dei territori
protetti."
Il "sistema nazionale" - che comprende i parchi nazionali, regionali
e locali - si basa altresì sullo "sportello unico" visto
anche come strumento per coordinare i differenti interessi e le differenti
finalità delle diverse Autorità; si basa sui "piani"
(con l'avvertenza che i piani del parco "non possono essere nuovi strumenti
urbanistici che si sovrappongono o che sostituiscono le norme urbanistico-territoriali
vigenti"); si basa su finanziamenti statali anche per la gestione ordinaria
dei parchi regionali "... superando l'anacronistica esclusione tuttora
vigente", sui fondi dell'Unione Europea, sulla "fiscalità
ecologica" purché sia molto chiaro che questo tipo di entrate
non potranno che essere aggiuntive, e su modifiche alle procedure di finanziamento
che superino logiche del tipo degli "stati di avanzamento" dei
lavori.
In questa impostazione c'è pochissimo di pilatesco. Al contrario,
mi pare che la Commissione parlamentare si sia impegnata su temi molto delicati
(si pensi al tormentone sui piani dei parchi e sul loro rapporto con le
norme urbanistiche e con gli strumenti urbanistici esistenti) indicando
la direzione dell'ulteriore lavoro da compiere per superare problemi che
oggi sono o appaiono insuperabili.
In questo futuro sistema nazionale delle aree protette l'ente parco non
("non") sarà un nuovo ente territoriale ma dovrà
restare ente con personalità di diritto pubblico, con una sua autonomia,
in grado di avere una attenzione ed un impegno particolari verso i vari
soggetti impegnati nel raggiungimento di finalità analoghe o complementari
a quelle del parco, compreso il sostegno ad attività economiche anche
tradizionali, da rendere compatibili ai compiti di tutela, o con l'attivazione
di marchi agricoli o artigianali ("... a testimonianza della qualità
in essi prodotta incorporata per il fatto di provenire dai territori protetti")
ed una specialissima attenzione verso la cultura di fondo presente nella
struttura sociale allo scopo di "rivitalizzare le specificità
locali, le tradizioni, e le culture sommerse".
Non mi sogno di affermare che il documento della Commissione parlamentare
abbia sciolto tutti i nodi e fornito risposte a tutti i quesiti che ci perseguitano.
Non è così. Perfino sulle questioni prese in esame, esistono
cadute di attenzione e risposte poco condivisibili. Esiste un ventaglio
di temi da ripensare in un confronto aperto e risolutore.
Ne cito alcuni, quasi a caso: la composizione dell'ente parco; i rapporti
tra le comunità del parco e gli altri organi di gestione; il destino
del corpo forestale e della Azienda forestale dello Stato; i temi dell'informazione
e della comunicazione dei parchi; le scelte da compiere nello spirito della
Bassanini; il ruolo delle Regioni e degli Enti locali.
Tuttavia mi pare innegabile che anche dal Parlamento, oltre che dalla prima
conferenza nazionale, sia venuto un aiuto importante al nostro lavoro, che
sarebbe sciocco (ed autolesionistico) ignorare o sottovalutare.
Certo, la questione del ruolo delle Regioni e del sistema delle autonomie
locali non può essere vista come una delle questioni da approfondire,
essendo uno dei pilastri che reggono (o fanno crollare) I'intero edificio.
Basta ricordare i molti, precisi interventi dell'assessore di una regione
che ha fatto dei parchi una parte grande della sua politica complessiva,
Stefania Pezzopane, per riscontrare una serie di lacune nel documento della
Commissione, o, per dirla più chiaramente, per toccare con mano la
distanza che tuttora permane tra chi guarda alle tematiche dei parchi da
Roma e dalle aule parlamentari, e chi, spesso in assoluta solitudine, affronta
gli stessi problemi nelle Regioni e nei Comuni.
Quando fossimo riusciti a rendere operativi tutti i suggerimenti contenuti
nell'utilissimo documento voluto dalla Commissione ambiente e varato a dicembre,
dobbiamo sapere che senza il contributo attivo della maggioranza delle Regioni
italiane, e della parte più attenta dei Comuni e delle Province,
il sistema nazionale delle aree protette risulterebbe sgangherato e inadeguato.
Perciò è in quella direzione che ora occorre puntare tutta
la nostra attenzione e tutte le nostre energie, affinché - in uno
spirito di leale collaborazione, attuando la Bassanini e lavorando sui risultati
della prima conferenza e dell'indagine parlamentare - si apra davvero una
seconda fase nella vita delle aree protette, nazionali, regionali o locali
che esse siano.
Redazione Parchi |