La politica dei parchi della Valle d'Aosta.
Intervista all'assessore Riccarand.
Walter Giuliano*
Elio Riccarand, 49 anni, dal 1983 consigliere regionale della Valle d'Aosta
prima nelle file della "Nuova Sinistra" e poi in quelle dei Verdi,
dal 1993 Assessore regionale all'Ambiente? Urbanistica e Trasporti. E sposato
e padre di due figli. Di professione insegnante di materie letterarie, è
autore di numerose pubblicazioni sulla storia valdostana contemporanea.
Di aspetto mite, quasi timido, rispetta le idee degli altri ma questo non
gli impedisce di affermare le sue, che sono chiare sugli obiettivi da raggiungere.
Lo abbiamo sentito per fare il punto della situazione sulla politica valdostana
della aree protette.
La Regione Valle d'Aosta è giunta relativamente tardi ad avviare
una politica in materia di aree protette. Ad esempio quasi vent'anni dopo
il vicino Piemonte.
Quali sono i motivi di questo ritardo?
Su questo ritardo hanno inciso diversi fattori. Il primo è che l'esigenza
di avere delle aree protette era meno sentita in Valle d'Aosta stante il
fatto che la nostra regione ha mantenuto la presenza di spazi estesi di
naturalità ed il fenomeno dell'urbanizzazione metropolitana non esiste.
Di conseguenza c'era una minore preoccupazione di creare aree naturali protette.
Una presa di coscienza generale sui temi dell'ambiente e delle politiche
di tutela è emersa solo in tempi relativamente recenti e ha fatto
fatica a essere acquisita a livello generale
Il modo in cui negli anni venti è stato costituito il Parco
nazionale del Gran Paradiso e le successive difficoltà finanziarie
del parco che ne hanno impedito per decenni investimenti significativi lasciandogli
quasi unicamente funzioni di protezione ha contato nella titubanza con cui
si è affrontato il tema delle aree protette?
Certamente sì. L'incidenza è stata forte soprattutto negli
anni ottanta quando la conflittualità nei confronti del Parco nazionale
del Gran Paradiso fu marcata. Il Parco nazionale venne a lungo vissuto come
elemento di ostacolo allo sviluppo e questo non favoriva certo l'avvio di
una politica delle aree protette su scala regionale.
A proposito del Parco nazionale del Gran Paradiso abbiamo sentito
ancora recentemente rivendicazioni di regionalizzazione, anche da parte
di autorevoli amministratori della Valle d'Aosta. Qual è la posizione
della Giunta regionale nei riguardi della questione?
La regionalizzazione era la posizione sostenuta dall'Union Valdotaine, partito
di maggioranza relativa in Consiglio regionale, sino a qualche anno l`a
e ogni tanto riemerge quando vi sono difficoltà di gestione che non
vengono superate o che comportano tempi lunghi. Quando da parte dell'Ente
parco e dello Stato non vengono risposte adeguate allora riemerge questa
posizione: si sostiene che se il Parco fosse regionalizzato ci sarebbero
più certezze, più fondi, meno burocrazia, sarebbe tutto più
semplice ed efficiente. Il problema è che "regionalizzare"
nel caso del Gran Paradiso significherebbe "dividere" fra due
Regioni quello che adesso è unito. La strada che ho sempre indicato
non è quindi quella della regionalizzazione ma di una maggiore partecipazione
degli Enti locali all'Ente Parco e l'abbinamento a una politica di protezione
di una politica di promozione in grado di offrire opportunità per
uno sviluppo sostenibile. E in questa direzione che occorre operare anche
se certi episodi, alcuni recenti, della burocrazia ministeriale non giovano
certo al miglioramento dei rapporti. Va però dato atto che la sensibilità
personale del Ministro Ronchi ha permesso di superare alcune situazioni
indubbiamente incresciose.
Dopo il Mont Avic non è più stato istituito in Valle
d'Aosta alcun parco regionale, ma si è andati avanti con la tutela
di aree di dimensione ridotta, protette come Riserve naturali. Vi è
qualche progetto ulteriore per l'istituzione di parchi regionali?
Ci si è orientati verso aree relativamente piccole perché
ne era urgente la tutela delle qualità ambientali. Negli ultimi cinque
anni sono state istituite nove Riserve naturali. Per quanto riguarda i progetti
per il futuro ci sono due obiettivi prioritari: I'ampliamento del Parco
naturale del Mont Avic e l'istituzione di un parco nella zona di San Grato
sopra Issime, il cuore del tradizionale insediamento Walser (minoranza etnica
di lingua tedesca, ndr). Sono stati condotti studi preparatori ma dobbiamo
ancora lavorare con le amministrazioni e le popolazioni locali per ottenere
una adeguata concertazione e un livello di consenso che ne permetta la realizzazione.
Qual è stata e qual è l'accoglienza degli amministratori
e delle popolazioni locali nei confronti dell'istituzione delle aree protette?
Spesso abbiamo incontrato diffidenza. Specialmente all'inizio non è
stato facile far accettare il discorso di un Parco o di una Riserva, soprattutto
perché li si identificava solo con i vincoli e non come prospettiva
positiva di un nuovo tipo di sviluppo e come opportunità di valorizzazione
del territorio. Questo atteggiamento di diffidenza si è via via attenuato
e anzi, ci sono oggi dei Comuni che si fanno loro stessi promotori di iniziative
di valorizzazione della aree protette. Di grande rilievo è il progetto
"Grand Paradis Accueil" concertato tra la Regione, la Comunità
Montana e l'Ente Parco che sta consentendo di dotare le tre principali valli
valdostane del Parco Gran Paradiso di moderni Centri Visita. Positivo è
il rapporto con il Comune di Champdepraz al cui interno si trova il Parco
regionale del Mont Avic. Ed esemplare l'atteggiamento del Comune di Fontainemore
che è fortemente impegnato per la valorizzazione della Riserva del
Mont Mars. Dunque direi che oggi molti amministratori locali si rendono
conto che le aree protette possono davvero essere una risorsa preziosa che
attribuisce al loro territorio un valore aggiunto. I Centri visitatori hanno
giocato un ruolo fondamentale sotto questo profilo. Sono la dimostrazione
concreta dell'impegno nel far conoscere il territorio e valorizzarlo superando
la temuta politica del solo vincolo.
Vi sono problemi nei confronti dell'esercizio dell'attività
venatoria?
A livello di aree protette direi di no. Non abbiamo al momento pressioni
particolarmente significative.
Ci sono riserve, come ad esempio quella del Mont Mars, disegnate ad
altitudini tali da non interferire con le attività dell'uomo. Ma
in questa maniera non si ha alcuna possibilità di usufruire delle
normative a vantaggio delle aree a parco previste dalla legge nazionale
sui parchi. Perché questa scelta?
Abbiamo disegnato i perimetri delle aree protette di concerto con gli amministratori
locali, rispondendo alle loro esigenze e ciò ha portato a escludere
le aree di insediamento. Abbiamo soprattutto badato a fare in modo di tutela,re
gli aspetti ambientali più significativi. Inoltre esiste una normativa
regionale che favorisce interventi per i centri visitatori, la sentieristica,
la promozione, e che consente di attingere a fondi regionali specifici.
A questo proposito, qual è il giudizio sulla legge quadro nazionale,
la 394?
Il mio giudizio è sostanzialmente positivo perché tale legge
ha permesso di fare importanti passi avanti nella politica italiana dei
parchi. L'impianto a mio avviso rimane valido anche se ci sono indubbiamente
cose da rivedere, in particolare per quanto riguarda il coordinamento con
le altre normative territoriali e la disciplina delle sanzioni. E una legge
che può essere rivista e migliorata, ma che dovrebbe anzitutto essere
applicata. Mi pare anche opportuno segnalare che la Regione Valle d'Aosta
ha una legge quadro sulle aree naturali protette che è precedente
alla 394, ma che è in perfetta sintonia con la normativa statale.
Il Monte Bianco aspetta interventi di tutela e di valorizzazione.
Sinora l'esperienza di "Espace Mont Blanc" sembra deludente. Avete
qualche proposta per tutelare il massiccio più importante d'Europa?
Io penso che l'esperienza di "Espace Mont Blanc", pur procedendo
un po' troppo a rilento, sia comunque significativa e vada valutata positivamente.
Intanto si tratta di una cooperazione transfrontaliera tra Italia, Francia
e Svizzera di notevole interesse, che non va lasciata cadere ma anzi potenziata.
E però necessario chiarire alcuni aspetti e precisare i diversi ruoli.
Non a caso al centro del dibattito vi è proprio lo Statuto giuridico,
il testo fondatore di questo "Espace Mont Blanc". E possibile,
con un buon Statuto, equilibrare efficacemente tutela e valorizzazione del
territorio del Monte Bianco e prevedere una Conferenza transfrontaliera
che veda la collaborazione di tre Stati, tre Regioni e alcune decine di
Comuni. Si possono ottenere risultati importanti ma c'è bisogno di
impegno e di collaborazione. Un impegno che finora da parte dei Ministeri
dell'Ambiente dei tre paesi non è stato adeguato.
Uno strumento che si annuncia importante per il corretto utilizzo
del territorio valdostano e per una politica di sviluppo ecocompatibile
è il Piano Territoriale Paesistico. Se ne sente parlare da tempo,
a che punto siamo?
Il Piano è stato adottato dalla Giunta regionale alla fine del 1996.
Siamo in regime di salvaguardia ed il Piano è quindi già operativo.
E appena scaduto il periodo a disposizione dei cittadini e degli enti locali
per le osservazioni. Le stiamo esaminando ed entro la fine dell'anno riteniamo
che la Giunta sia in condizioni di proporre al Consiglio l'approvazione
definitiva di questo strumento, contestualmente a una legge di revisione
complessiva delle normativa urbanistica regionale. Il PTP della Valle d'Aosta
è un piano paesistico ma anche territoriale ed è uno strumento
fondamentale per una corretta politica di uso e tutela del territorio.
Elio Riccarand cosa si aspetta dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio
regionale previste per la primavera 1998 e soprattutto pensa che al di là
dei risultati elettorali la politica delle aree protette sia ormai consolidata
e destinata ad essere comunque incrementata o teme battute di arresto o
peggio ancora regressioni?
Sicuramente molto dipende dai risultati elettorali. Anche i progressi fatti
in questi anni sono non a caso accompagnati da una forte crescita elettorale
dei Verdi valdostani. Se ci sarà una risposta positiva in termini
di crescita di consenso rispetto all'area di pensiero che rappresentiamo
allora sarà più facile continuare questa politica, che necessita
ancora di colpi di pedale per potersi definitivamente affermare. Il nostro
impegno è stato ed è quello di lavorare per consolidarla e
renderla irreversibile, sia con l'impegno amministrativo, sia affermando
i valori culturali che ne stanno alla base. |