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I grandi complessi di dimore sabaude alle porte di Torino costituiti dalla Reggia di Venaria e dal Borgo Castello della Mandria evidenziano un reciproco legame contraddistinto, a partire dal XVII secolo, da profonde connessioni architettoniche e culturali, che hanno identificato in definitiva una caratteristica unità di paesaggio.
Analoghe considerazioni, a scala più vasta, possono essere fatte rilevando le relazioni funzionali che hanno contrassegnato, in un determinato periodo storico tra il XVII e il XVIII secolo, nuclei situati a maggiore distanza fra loro, anche a poli quasi opposti nel quadro dell'area torinese nel suo insieme, come il complesso La Mandria Venaria da un lato e Stupinigi dall'altro.
In entrambi i casi si presenta ad esempio il tema dei grandi viali alberati (le "Allee"), come a Stupinigi quello che correndo rettilineo lungo la campagna univa, ed unisce tuttora, la città al salone delle feste, aprendosi immediatamente dopo a ventaglio fra prati e boschi lungo le tipiche rotte, ossia i percorsi forestali realizzati in funzione del rito della caccia. Osservando ad esempio le caratteristiche dei suoli, sia nella piana di Stupinigi che nei terrazzi della Mandria, troviamo che essi sono poco profondi, la tessitura prevalente è limosa ed argillosa, con orizzonti a fragipan (ossia molto compatti, costituenti uno strato pressoché impermeabile, ma in realtà friabili allo stato umido) e presentano una spiccata idromorfia. L'umidità in queste condizioni è spesso in eccesso ed i ristagni d'acqua frequenti.
Non è un caso quindi che La Mandria e Stupinigi non abbiano mai avuto una vera vocazione agricola ed anche in passato, in entrambi i casi, la destinazione prevalente sia stata quella a bosco di latifoglie, venendosi così a delineare dei comprensori ottimali per le battute di caccia.
Queste assonanze innanzitutto di ordine ecologico tra luoghi diversi, intuite già sapientemente nei secoli scorsi, hanno consentito, proprio grazie alle vicende storico-culturali che si sono succedute, soprattutto alla Mandria, ed in misura minore a Stupinigi, la conservazione di siti che
costituiscono oggi dei preziosi rettili ambientali, nel caso specifico di foresta planiziale. Il problema della tutela efficace di questi ed altri siti simili può essere validamente affrontato considerando ciascuno di essi non come singola isola, fisicamente separata ed indipendente dalle altre, tutte frammentate all'interno di una matrice artificiale che non offre possibilità di scambi, bensì progettando e mirando a realizzare un sistema di interconnessioni a aree diverse, ognuna di considerevole pregio ambientale.
In questo senso il Parco della Mandria si presta bene a forme di sperimentazione nel campo della rinaturalizzazione, partendo in questo campo da una matrice di tipo prevalentemente agricolo, che non costituisce di per sé una barriera impenetrabile ai movimenti delle specie, con presenza di aree naturali (boschi e corsi d'acqua soprattutto) che per cause antropiche abbastanza recenti si trovano ora in condizioni di frammentazione più o meno spinta.
Nell'area della Mandria gli eventi che più profondamente hanno inciso sono stati quelli iniziali con la bonifica agraria, avviata nel 1923 e condotta sistematicamente fino al 1939, ma che, a fasi alterne, proseguì fino agli anni '50.
Subito dopo prese avvio la frammentazione fondiaria che in seguito ha determinato, nell'arco di alcuni anni, la realizzazione sia dei complessi industriali sorti nelle aree di esondazione naturale del fiume Ceronda, che nei complessi residenziali e dei campi da golf nella parte più a Nord del terrazzo. Nel periodo 1923-1939 furono dissodati e messi a coltura 500 ha di terreni boschivi ed in parte a gerbidi incolti, vennero edificati 60.000 mc. di nuovi fabbricati agricoli e furono realizzati 12.000 metri lineari di nuova viabilità e 40.000 metri di nuovi canali.
La parte più consistente di superficie disboscata fu quella dei terrazzi superiori (la Vauda), derivanti dagli antichi depositi alluvionali della Stura di Lanzo. I disboscamenti interruppero la continuità del bosco sui terrazzi confinandolo essenzialmente alle cosiddetta "basse", ossia le
vallette che solcano la Mandria e che sono percorse da rii affluenti del Ceronda.
E stato proprio in questo secolo che il soprassuolo forestale della Mandria ha subito profonde trasformazioni che hanno determinato nel complesso, con il passare degli anni, un notevole degrado di alcune aree ed una sostanziale banalizzazione di buona parte del paesaggio, che ha perso molti aspetti di naturalità che lo caratterizzavano in anni più remoti. Le cause del progressivo degrado vanno ricercate in parte in una forma di gestione che, a partire dall'inizio di questo secolo, ha privilegiato una eccessiva ceduazione accompagnata da una sottrazione, a cicli ricorrenti, di buona parte della componente di alto fusto con l'esclusiva asportazione degli esemplari migliori, e con drastiche ripuliture del sottobosco. A questi aspetti va aggiunto un altro fatto che ha condizionato in modo negativo l'evoluzione del bosco, ossia la presenza di un carico eccessivo sia di bovini pascolanti che di ungulati selvatici, cervi in particolare.
Per quanto riguarda i bovini, per parecchi anni sono state utilizzate superfici boschive come aree di ombreggiamento e per l'abbeveraggio lungo i corsi d'acqua ivi presenti. Il sovrannumero di cervi infine ha fatto il resto, bloccando di fatto per diversi anni ogni possibilità di rinnovazione naturale. Di fronte a questo quadro della situazione naturalistica, è andata progressivamente consolidandosi in questi ultimi anni un'azione di recupero ambientale attraverso due linee di intervento. Innanzitutto operando sui cedui invecchiati, perché era stato superato il turno consuetudinario, o addirittura ormai abbandonati, mediante la messa in atto di tagli di avviamento all'alto fusto dello strato ceduo, concentrando l'attenzione soprattutto sul carpino, per la buona diffusione e distribuzione della specie.
La seconda linea d'intervento ha preso avvio a partire dal 1995 con un programma di ricostituzione di boschi naturaliformi planiziali e di realizzazioni di siepi campestri, attraverso lo strumento finanziario previsto dal Reg. CEE 2080/92, che è nato come una delle principali misure di accompagnamento della politica agricola comunitaria.
Questo intervento è stato ed è tuttora il più consistente in termini di risorse impiegate nel settore forestale da quando esiste la proprietà regionale della Mandria. Anche a livello europeo si colloca come uno dei maggiori interventi di questo genere realizzati con i contributi del Reg. 2080. Senza entrare nei dettagli tecnici, vale la pena rilevare che dal '95 al '97 I'intervento ha riguardato complessivamente 100 ha di cui 93 di ricostituzione di bosco naturaliforme ed il resto di filari campestri.
L'intervento non ha interessato le piccole superfici di pochi ettari dismesse dalla destinazione a prato pascolo ed inserite in mezzo alla foresta, proprio perché queste costituiscono ora un interessante elemento di diversificazione ambientale, seppur di origine artificiale.
Gli imboschimenti invece riguardano porzioni rilevanti estese per decine di ettari dei vasti prati pascolo, già boschivi fino pochi decenni or sono e successivamente dissodati e messi a coltura. Una delle finalità è quella di ripristinare la continuità delle porzioni di foresta rimaste fisicamente separate, perlomeno sui terrazzi, dall'inserimento artificiale delle colture.
Analogamente le siepi campestri hanno principalmente la funzione di connettere, attraverso una matrice costituita da terreni agricoli, luoghi naturali fisicamente separati realizzando nel contempo una situazione di margine e di ecotono, ottimale per diverse specie di animali.
Il programma di rinaturalizzazione, nonostante le vaste superfici già trattate, è sostanzialmente ancora all'inizio, considerando le potenzialità che vi sono, ed è comunque legato per il suo proseguimento alle possibilità di riattivazione dei finanziamenti del Reg. 2080. In conclusione, ampliando il discorso su vasta scala come nel caso di un ambito territoriale sub-regionale, un intervento come quello intrapreso e proposto, può avere diversi significati e funzioni:
- una funzione di sperimentazione di tecniche di rinaturalizzazione, che trova nel Parco della Mandria un ideale laboratorio in pieno campo;
- un ruolo di possibile modello gestionale finalizzato alla realizzazione di una diffusa rete ecologica, anche eventualmente partendo da una realtà come il complesso di residenze sabaude e dei parchi di loro pertinenza intorno a Torino;
- una funzione didattica e divulgativa per contribuire alla diffusione di una concezione del territorio che, partendo dalla considerazione degli elementi storico-culturali del paesaggio, si apra anche alla ricerca e realizzazione di un arricchimento in termini di biodiversità.
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