Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 24 - GIUGNO 1998
 

Notes



La perimetrazione dei parchi in una visione geoeconomica
L'istituzione di un parco, urbano o suburbano che sia, richiede uno studio preliminare di compatibilità ambientale, affinché sia chiaro il livello di integrazione con il contesto territoriale che si vuole raggiungere, puntando alla sua pressoché totalità. Generalmente l'introduzione di un elemento estraneo al sistema crea un'alterazione dell'equilibrio, proporzionale all'entità dell'impatto sull'ambiente.
L'importanza della mitigazione di tale impatto è evidente, soprattutto in area metropolitana, dove la reattività ambientale, ossia la capacità dell'ambiente di tornare ad una condizione di equilibrio, è sicuramente minore rispetto ad un territorio meno antropizzato. La questione che si pone al pianificatore, o a chi è preposto alla conduzione dell'analisi, è la scelta del criterio e del metodo da adottare. La scelta può cadere su metodi semplici, quale quello inventariale-descrittivo fondato su un'elencazione delle caratteristiche territoriali suddivise in categorie, classi e famiglie; oppure su metodi più complessi, quale quello basato sullo studio della potenzialità, ossia sulla suscettività di una certa porzione omogenea di territorio ad un determinato uso.
Il conseguimento di risultati, peraltro ottimi, a fronte dell'applicazione di tali metodologie nel caso del rilevamento, classificazione e valutazione di un territorio di cui sia noto l'uso prevalentemente agricolo, non può però non generare perplessità circa la rispondenza a scopi di tipo pianificatorio in area urbana, dove la componente antropica è tutt'altro che trascurabile.
Da qui la necessità di un'analisi sistemico-qualitativa condotta in un'ottica geo-economica che non si fermi ai soli aspetti idrologici, morfologici e geotecnici, ma analizzi anche quelli socioeconomici, rilevanti l'incidenza delle azioni antropiche che producono alterazioni nel sistema.
Attraverso tale analisi il territorio è letto in relalzione a due tipi di unità fisiche di riferimento: le macroaree, che evidenziano le caratteristiche di relazione attraverso gli stessi parametri che le hanno originate e le microaree, rappresentate da singoli indicatori (puntuali, areali o lineari), fin dall'inizio di dimensione finita, che evidenziano gli aspetti di criticità.
Per quanto riguarda poi gli aspetti socioeconomici, le caratteristiche di vulnerabilità richiedono una suddivisione del sistema ambiente in due sottosistemi, quello dell'uso urbano e quello delI'uso agricolo del suolo. Con il primo si analizzano le aree costruite, residenziali, a servizi, produttive, esistenti e programmate; con il secondo si studiano le rimanenti porzioni di suolo, comunque antropizzato.
Per entrambi i sottosistemi si stimano la vulnerabilità, valore di resistenza alla modificazione ambientale e la criticità, valore di suscettività definito dalle microaree. L'opportuna mediazione di tali valori determina la maggiore o minore sensibilità ambientale di ciascuna macroarea.
Tanto per la vulnerabilità, quanto per la criticità, è necessario definire classi di giudizio pesate, attraverso altri parametri quali: la resistenza al mutamento, il rischio di compromissione ambientale e il rischio d'interferenza.
Poiché ogni parametro può esprimersi a diversi livelli, ad ogni livello corrisponderà una classe (di resistenza, di rischio, ...) e ad ogni classe un giudizio di valore. Se le microaree dovessero raggiungere un livello di criticità uguale o superiore a quello di vulnerabilità, nell'unità territoriale che li contiene, essi dovranno essere evidenziati separatamente. I parametri utilizzati per individuare le macroaree, in relazione alle loro caratteristiche funzionali, gravitazionali, di relazione e di resistenza sono, nel sottosistema delI'uso urbano, così strutturate:
Nel sottosistema dell'uso agricolo del suolo, pur utilizzando la medesima strutturazione, si cambiano i parametri discriminanti, che in questo caso sono:

  • le tipologie spaziali insediative, delle quali non si considera quella ad urbanizzazione diffusa, perché tipica delle aree consolidate, in cui, dato il valore del suolo e della rendita di posizione, sono escluse le attività agricole;
  • la densità insediativa rurale, data dal rapporto tra popolazione residente in area agricola e superficie agricola;
  • la potenzialità agricola, stimata incrociando i parametri dell'uso agricolo del terreno e del grado di fertilità.
    Confrontando il grado di potenzialità agricola di ciascuna microarea con la classe di appartenenza della macroarea in cui essa è ricompresa, si ottengono le classi definitive di sintesi.
La prima classe, comprendendo rapporti tra potenzialità agricola e macroarea a rischio maggiore, esprime la criticità massima, l'ultima, invece, quella minima. Tale analisi, sostenuta da studiosi ed esperti in socioeconomia, è stata concretamente applicata al parco dell'Appia Antica di Roma. Il grado di sensibilità finale desunto dallo studio ha portato a valutare l'ammissibilità della programmazione in atto, sinteticamente condensata in una proposta di rivisitazione dell'attuale perimetro del parco dell'Appia Antica, per il quale si auspica un allargamento volto ad inglobare la zona di Tor Marancia e parte del territorio a Sud. Compatibilmente al grado di sensibilità del parco, è stato possibile delineare una serie attività ecocompatibili, finalizzate a promuoverne lo sviluppo economico, senza oltrepassare la soglia limite oltre la quale il territorio sarebbe soggetto a mutamenti sostanziali rispetto alla configurazione di partenza.
La parte settentrionale, scomponibile in tre macroaree di cui due presentanti il medesimo valore di sensibilità e l'altra un valore contiguo, potrebbe configurare un parco urbano archeologico monumentale da sottoporre a vincolo pressoché assoluto, non intendendo con tale termine la preclusione di qualsiasi attività antropica, ma anzi ammettendone alcune a basso impatto quale l'attività di ricezione dei visitatori e l'insediamento di tutte le funzioni amministrative, per le quali si potrebbero utilizzare i casali già presenti. Uno di essi potrebbe essere adibito a sede di attività di Ricerca e Sviluppo per il conseguimento di nuove tecniche colturali, dando in questo modo al parco anche una connotazione scientifica ed un altro al soggiorno breve dei turisti, mancando a Roma strutture leggere di tal fatta.
La zona centrale, presentando un grado medio di fertilità e classi della medesima potenzialità agricola, nonché ricadendo nella fascia suburbana romana, dovrebbe avere una destinazione ad uso agricolo e ad attività ad esso collaterali, che, se opportunamente gestite, esplicano anche la funzione di protezione della componente naturale.
Le macroaree che occupano l'estremità meridionale del parco e sono collocate nei Comuni di Marino e Ciampino, potrebbero essere utilizzate come parco attrezzato volto a soddisfare le esigenze ricreative della popolazione locale.
Medesima funzione esplicherebbe la parte Est, zona incolta frammista ad urbanizzato, che si affaccia sul popoloso quartiere Tuscolano.
I parchi urbani e suburbani dunque, per il solo fatto di essere collocati in un contesto fortemente urbanizzato necessitano, più di un qualsiasi altro parco regionale naturale, di un attento studio dei caratteri socioeconomici, al fine di conseguire sia un'opportuna delimitazione, gestita in modo da non creare un'eccessiva polarizzazione che determinerebbe pericolosi accerchiamenti speculativi, sia un adeguato sviluppo economico, necessario per la sopravvivenza stessa del parco.
(Dania De Ascentiis)
 
Parchi delle Alpi
I parchi delle Alpi si organizzano e danno vita alla "Rete delle aree protette alpine", concretizzando l'enunciato dell'articolo 12 del Protocollo "Protezione della natura e gestione del paesaggio" della Convenzione delle Alpi: "Le parti contraenti assumono le misure idonee a creare una rete regionale e trasfrontaliera di aree protette costituite di biotopi e altri beni ambientali protetti o meritevoli di protezione. Esse si impegnano ad armonizzare gli obiettivi e le misure in funzione di aree protette transfrontaliere".
Purtroppo l'ltalia, unica nazione insieme alla Svizzera, non ha ancora ratificato la Convenzione e ciò ci riduce dunque alla funzione di semplici osservatori che nessun potere hanno in merito alla redazione dei protocolli e dunque sui loro contenuti. Intanto, su iniziativa della Francia e con il coordinamento del Parco Nazionale degli Ecrins, gli altri paesi - a seguito della Conferenza Internazionale delle Aree Alpine protette di Gap 1995 - stanno già preparandosi alla applicazione del protocollo.
L'iniziativa volontaria è stata accolta positivamente dai ministri dell'ambiente dei paesi alpini nel corso della Conferenza Alpina di Brdo (Slovenia) del febbraio 1996 che ha deciso di affidare a un Comitato Permanente la preparazione di uno specifico programma di lavoro.
Le linee guida generali si sono concretizzate con la costituzione di gruppi di lavoro su argomenti specifici quali i rapaci, lo stambecco, i grandi ungulati, il ritorno dei predatori, la comunicazione e la gestione del turismo.
La seconda Conferenza internazionale della rete, che tratterà sia temi generali sul futuro del progetto sia aspetti di gestione faunistica collegati al protocollo della Convenzione delle Alpi, si terrà l' l e 2 ottobre prossimi ad Aosta, per l'organizzazione del Parco Nazionale Gran Paradiso. Ciò consentirà sicuramente un ampliamento e una partecipazione maggiore delle numerose realtà italiane (specie quelle localizzate nell'arco alpino occidentale) alle attività della Rete europea.
Ad essa aderiscono oggi oltre trecento aree protette interessate a sviluppare scambi di personale e di esperienze soprattutto sui temi della tutela di specie in pericolo, dell'educazione ambientale, della comunicazione e della sensibilizzazione delle popolazioni residenti.
Un primo momento di informazione e comunicazione è stato messo a punto con la pubblicazione del "Bollettino della rete delle aree protette alpine" (per informazioni: P. N. degli Ecrins, c/o LAMA, 17 rue M. Gignoux, 38031 Grenoble Cedex tel. 0033 476635946; fax: 0033 476635877, e-mail pguido@iga.ujf-grenoble.fr, fgranzot@iga.ujf-grenoble.fr), mentre nei prossimi mesi entrerà in funzione un sito Internet.
Tra gli altri impegni assunti dalla Rete, la redazione - per ora sotto forma di documento di lavoro - di un "Inventario dei tipi di aree protette alpine e proposta di tipologie" e, su incarico del SOIA (Sistema di Osservazione e d'lnformazione delle Alpi, organismo previsto dalla Convenzione delle Alpi) una ricerca tesa a stabilire gli indicatori ambientali necessari alla costituzione di una banca dati su fauna, flora, aree protette, ambiente. Come si evince dal sintetico resoconto di questi primi anni di attività, certamente la Rete delle Aree Protette Alpine può svolgere in prospettiva un ruolo importante nell'assicurare alla regione alpina la necessaria politica unitaria per uno sviluppo ecocompatibile che non può che partire da modelli studiati e realizzati nei parchi.
Ma è del tutto evidente che una politica a macchia di leopardo, con aree protette ed altre aggredite da modelli di sviluppo incompatibili, non può andare a scapito delle prime, il cui unico
scopo rischia di divenire quello di fungere da alibi a indirizzi generali che non sono non condivisibili ma nemmeno più giustificabili. Oggi disponiamo, con la Convenzione delle Alpi, dello strumento giuridico internazionale adatto a uno sviluppo armonico della montagna europea. L'importante è che non si continui rimandarne, da parte di Italia e Svizzera la ratifica e, soprattutto, che i protocolli che consentiranno ai suoi principi di trasferirsi sul territorio e divenire realtà.
Essi dovranno essere non solo il risultato di qualche inevitabile compromesso ma in primo luogo il prodotto di un rigore di fondo che non riduca i principi della Convenzione a un manifesto di enunciazioni destinate a rimanere un libro dei sogni. Il Coordinamento nazionale dei Parchi segue con attenzione l'evolversi della situazione, conscio che le Alpi possono davvero diventare un territorio strategico per il futuro delle politiche ambientali in Europa e costituire un caso esemplare capace di dimostrare la possibilità di un modello di sviluppo che coniughi natura e cultura, uomo e territorio.
Non a caso tra le strategie del Coordinamento un settore verrà proprio dedicato, nello specifico, alle aree protette di montagna. Una prima indicazione operativa in questa direzione è venuta dalI'incontro di Torino dello scorso 4 maggio, cui faranno seguito iniziative che potranno senza dubbio trovare occasione di integrarsi con quelle della Rete delle Aree Protette Alpine. L'obiettivo è quello di dare forza non solo tecnica ma anche politica alle ragioni della politica di tutela delle Alpi, per poter incidere su scelte che se praticate potrebbero invece irrimediabilmente comprometterne l'efficacia. (Walter Giuliano)

 

L'esperienza delle Alpi Savonesi: un parco "di base"
L'invenzione, la costruzione di un parco è in realtà un progetto culturale ed economico che deve tenere conto di molte situazioni e di diversi punti di vista. ll primo punto di vista, ed anche il punto di partenza, è quello dei residenti.
Questo fatto elementare e fondamentale, ma spesso trascurato, è la causa prima di tutte le opposizioni e di tutte le diffidenze, quelle in buone fede almeno, che hanno ostacolato la diffusione e lo sviluppo delle aree protette in Italia.
In particolare in Liguria dove la esiguità del territorio in gran parte già consumato dalle infrastrutture e dalla speculazione, ha finito per delineare parchi che non potevano, pur col lodevole obiettivo di salvaguardare e valorizzare l'entroterra, non generare un conflitto tra la costa vorace consumatrice del suo territorio e i paesi dell'interno che vedevano nei parchi quasi una punizione compensativa per quello che avevano fatto le città della costa negli anni passati.
In questo contesto gestire il problema parchi in Liguria presentava e presenta non poche difficoltà. Infatti la regione, da una parte, da tempo aveva già individuato aree di reperimento ed avviato un piano di formazione dei parchi, dall'altra, rimaneva lo scontento delle popolazioni locali poco disponibili ad una operazione che sembrava venire dall'alto. Così di fronte all'alternativa di rinunciare o di procedere per via burocratica si è tentato, nel caso del piccolo ma prezioso parco delle Alpi Savonesi, una via diversa. La creazione di quello che può essere scherzosamente definito "un parco di base", partendo cioè dal consenso degli enti locali, prima di proporre qualsiasi elemento di perimetrazione o di gestione. L'area si trova in provincia di Savona alla convergenza del confini delle province di Cuneo e Imperia, che, in parte, potrebbero essere interessate territorialmente al nuovo parco. La rilevanza naturalistica della zona deriva dal fatto che contiene l'areale di inizio delle Alpi, con evidenze ed emergenze faunistiche di grande interesse; alterna in modo unico componenti di flora alpina e mediterranea fino ad una consistente presenza di uliveti; ospita elementi di archeologia preistorica con siti e grotte di particolare valore, tanto da acquisire la valenza di un vero "parco archeologico".
Territorialmente interessa piccoli comuni: da Nasino e Cestelbianco fino al comune di Cisano.
Prosegue poi naturalmente, attraverso una valletta intatta nel comune di Zuccarello, fino al parco del rio Torsero, nel comune di Ceriale, già area protetta di valenza regionale e con giacimenti fossili di grande valore, per giungere fino al mare di *onte all'isola Gallinaria ed al suo parco marino. E quindi chiaro che l'idea guida della proposta e l'ideazione del progetto "Alpi savonesi" non nasce casualmente ma con l'intento di arrivare al traguardo, ormai vicinissimo, di creare un parco che offre Alpi, mare, cultura ed un
ecosistema unico in Europa come quello dell'isola Gallinaria. Il tutto nel giro di 15 minuti in auto e tutto percorribile a piedi o a cavallo attraverso un rete di sentieri di grande valore turistico ed ambientale e già delineati ed attrezzati.
Tutto ciò poi, vicinissimo alla spiaggia di Alassio e ad importanti nodi viari. I presupposti economici e turistici si sommano quindi a quelli ambientali e naturalistici, rafforzando il progetto.
Il lavoro di preparazione è stato lungo ed è partito dall'elaborazione da parte di specialisti di uno studio di pianificazione, di sviluppo dell'area che ha individuato ben undici opportunità e direttive di nuovo sviluppo. Su questo si è cominciato a discutere con i comuni ed i soggetti interessati e, quasi subito, l'idea del parco è scaturita naturalmente come condizione necessaria per favorire la concretizzazione di molte delle opportunità contenute nello studio di pianificazione.
Poi si è intervenuti attraverso i lavori socialmente utili per creare i presupposti strutturali e promozionali della fruibilità dell'area e si è discusso di una prima forrna di gestione che coinvolgesse gli enti locali.
Il risultato è stato molto positivo al punto che questa procedura ha suscitato interesse di altri comuni che hanno espresso intenzione di aderire a questo modello di parco realizzando ed ampliando così nei fatti il disegno iniziale.
Rimangono i problemi economici e burocratici, poiché questo modo di creare parchi non trova ancora riscontri nella prassi e nella legislazione da parte della regione e dello stesso Ministero dell'Ambiente che invece dovrebbe cercare di incoraggiare queste iniziative che, seppure non clamorose, riguardano, come nel caso delle Alpi savonesi, della valle Pennavaire e dell'isola Gallianaria un complesso naturalistico che, se andrà in porto il progetto nella sue globalità, avrà caratteristiche naturalistiche e di offerta turistica uniche in Europa. (Giacobbe Carlo - Assessore all 'Ambiente della provincia di Savona)

 

Parco nazionale dell'Arcipelago de la Maddalena
Il territorio dell'Arcipelago de La Maddalena è il primo Parco Nazionale della Sardegna, istituito con legge n. 10 del 4 gennaio 1994 e sulla base del D.p.r. del 17 maggio 1996.
Esso comprende tutte le isole e gli isolotti del Comune di La Maddalena, nonché le aree marine circostanti, ed è delimitato in via definitiva dalla perimetrazione riportata nella cartografia ufficiale dell'I.g.m.i. in scala 1:25.000. Ai sensi dell'art. 12 della legge 394/91 sulle aree protette vengono identificate nell'ambito del Parco due macrozone, la prima comprende area terrestre mentre la seconda si estende sull'area marina circostante. A loro voltale macrozone sono divise in sottozone per le quali sono indicate le rispettive norme di salvaguardia. L'Arcipelago de La Maddalena inoltre, è un Sito di Interesse Comunitario, sulla base della Direttiva 92/43/Cee. In particolare, I'Isola di Caprera era già in Riserva Naturale Orientata, censita tra i Biotopi del progetto comunitario Corine.
Il territorio del parco nazionale rappresenta anche una parte significativa dello Stato italiano nell'istituendo Parco marino internazionale delle isole di Lavezzi e dell'Arcipelago de La Maddalena (Bocche di Bonifacio). Il parco nazionale è stato istituito, secondo quanto previsto per le regioni a statuto speciale dalla legge quadro sulle aree protette, sulla base dell'intesa Stato-Regione Sarda che prevede:
"L'Ente Parco deve assicurare la realizzazione di interventi significativi di tutela e valorizzazione che coinvolgono la popolazione interessata e che allo stesso tempo, consentano la fruibilità delle risorse ambientali, storico-culturali e mantengano in vita le consuetudini, gli usi civici ed il modello di vita della popolazione residente nell'Arcipelago".
Inoltre le azioni prioritarie per lo sviluppo secondo la stessa Intesa, sono le seguenti:
o interventi per la salvaguardia, la valorizzazione e la fruizione delle risorse naturalistiche e storico-culturali attraverso la creazione di appositi itinerari;

  • la valorizzazione e riqualificazione delle attività agricole e pastorali;
  • lo sviluppo delle attività compatibili con le diverse destinazioni d'uso del Parco, legate alla pesca, alla navigazione, alla cantieristica navale, alla conservazione e ripristino della vegetazione naturale, alla attività turistica, alle attività portuali ed ai servizi inerenti l'attività di balneazione;
  • l'utilizzazione di fonti energetiche a basso impatto ambientale;
  • interventi urgenti di riqualificazione delle strutture insediative nell'area Parco. La ricchezza naturalistica dell'Arcipelago de la Maddalena è stata motivo di interesse scientifico sin dai primi decenni del 1800, quando Moris, autore della prima flora della Sardegna, ne descrisse i Principali aspetti fioristici. A Gennari Vaccari e Desole si deve la composizione del quadro generale della flora di questo territorio. In tempi più recenti hanno approfondito gli studi Cesaraccio, Lanza e Ricceri (1984), Biondi (1989-92) e, soprattutto, Bocchieri (1992-1997). Diverse segnalazioni di specie endemiche sono state riportate da numerosi autori (Arrigoni, Camarda, Corrias, Diana, Valsecchi, 1977-1994). Importanti notizie si trovano nei lavori di Cesaraccio (1990, 1992) e di Cesaraccio e Rachelli (1993), volumi di carattere scientifico-divulgativo riccamente illustrati.
    L'importanza naturalistica dell'Arcipelago, oltre che dai lavori già citati è sottolineata da una ricca produzione di pubblicazioni sui diversi aspetti dell'ambiente terrestre e marino, della flora, della fauna (Thibault et al., 1988 e 1989; Schenk, 1985, Casaraccio, 1983 e 1990; Cesaraccio e Lanza 1984), della geomorfologia (De Marco e Ulzega, 1988; Ulzega, 1994).
    Tra i miracolosi studi sull'ambiente marino si ricordano i lavori di Cossu et al. (1990) e di Cossu e Gazale (1995, 1996) sulle principali biocenosi e su alcune specie di rilevanza internazionale come le concezioni a Lihophyllum lichenoides e i popolamenti di Patella ferruginea.
    Recentemente (1997) è stato pubblicato dalla Regione Sardegna lo studio per la definizione del Parco marino internazionale delle isole di Lavezzi e dell'Arcipelago de La Maddalena, a cura di G Maciocco, che comprende gli studi dei gruppi di lavoro italiano e francese per le aree tematiche dei processi dell'ambiente naturale, delle strutture di insediamento, dell'economia, della sociologia ambientale e degli aspetti giuridici legati alla istituzione del parco stesso.
    Nell'isola di Caprera è presente il Compendio Garibaldino, gestito dalla Soprintendenza ai monumenti della provincia di Sassari, che con oltre 100.000 visitatori è uno dei musei più frequentati d'ltalia. (Ignazio Camorda)

 

I parchi della Finlandia
Le aree protette della Regione Piemonte sono state invitate in Findandia dal 21 al 26 settenbre
dall'Istituto per la cultura italiana ad Helsinki con l'occasione di una conferenza sulle realtà ambientale del Piemonte tenutasi presso il Museo nazionale di scienze naturali il 24 settembre. Nel corso della visita vi sono stati: una serie di incontri con rappresentanti del Ministero dell'Ambiente, il Forest and park service (Metsahallitus), ed il consorzio dei produttori del legno.
Il Forest and Park service ha inoltre curato due brevi visite nei parchi nazionali di Nuusko e Linnansari. Gli incontri hanno permesso di prendere contatto con una realtà estremamente diversa dalla nostra ma egualmente interessante.
Trenta parchi nazionali, diverse aree protette a vario titolo, una rete di aree wilderness istituite nel 1991, ed un quarto delle foreste del paese sono gestite del Forest and park service, "Metsahallitus", termine ottocentesco finlandese che sta per governo forestale che suddivide il territorio finlandese in sette distretti (che rispondono a criteri di omogeneità ambientale e non corrispondono alle strutture amministrative; la Finlandia ha 12 province equivalenti alle nostre Regioni). Questa la realtà di un paese poco più grande dell'Italia e con 5 milioni di abitanti.
La Finlandia (entrata a far parte dell'Unione Europea nel 1995 ) ha promulgato le prime leggi di protezione dell'ambiente nel 1923 pochi anni dopo essere diventata indipendente (1917).
Come l'Italia si estende da nord a sud per oltre mille chilometri ma a causa della differenza di latitudine (15 gradi) pur essendo un paese pianeggiante (massime elevazioni nel nord, di circa mille metri) si trova ad avere un clima simile al nostro alpino ma con inverni ancora più rigidi.
Foreste di conifere e laghi (che coprono oltre il 10 % del territorio) ed a nord la tundra della Lapponia, costituiscono il paesaggio in cui è difflcile distinguere un'area protetta dal restante territorio. La foresta è la principale risorsa economica del paese, comprensibile quindi che sia oggetto di attenzioni particolari.
Tuttavia anche se un'attenzione ecologica, o meglio, al consumo compatibile della risorsa, si riscontra anche nelle politiche produttive, lo stesso park service segnala che l'equilibrio è particolarmente delicato. Metsahallitus, che gestisce anche produttivamente le foreste demaniali, oltre a gestire i parchi nazionali e le loro attività, occupa circa tremila persone (1.800 nella produzione) e dipende sia dal Ministero dell'Ambiente che da quello delle Foreste. Un legame indissolubile tra gestione e fruizione. Ma indubbiamente ciò che si percepisce anche ad un rapida visita è come il clima influenzi la vita sociale ed economica. Il lungo inverno artico e subartico che comporta giornate molto brevi per almeno quattro mesi l'anno e soprattutto le temperature e la neve, rendono nella stagione invernale ogni attività piuttosto complessa.
Nel porto di Helsinki i rompihiaccio sono pronti da novembre ad entrare in azione per permettere la navigazione, mentre oltre la metà del paese viene coperto da una coltre di neve che rende spostamenti e vita piuttosto difficili. La salvaguardia dell'ambiente viene realizzata attraverso un sistema di aree protette a vario titolo: in primo luogo vi sono i parchi nazionali, oltre 600 mila ettari a cui vanno aggiunte 14 riserve naturali per ulteriori 140 mila ettari.
A questi vanno aggiunti un elevatissimo numero di siti particolari protetti con varie norme (antiche foreste, foreste di latifoglie, ecosistemi particolari) a cui vanno aggiunti un milione e trecentomila ettari di aree wilderness. In totale 2 milioni e 600 mila ettari di territorio.
Non esiste protezione a livello regionale, mentre i comuni gestiscono e realizzano parchi naturali che vengono utilizzati esclusivamente per la ricreazione. Va ricordato che i parchi nazionali vengono istituiti dove non vi è presenza stabile di abitanti e che il governo è proprietario dei terreni dei parchi oltre che di molta parte delle foreste. I primi due parchi (Pallas Ounastunturi che si estende per 500 kmq al nord, nella zona lappone e Pyhatunturi, 43 kmq) vennero istituiti nel 1938; seguirono nel 1956 altri 7 parchi; la maggior parte (13) è stata istituita e realizata nel 1982/83 mentre altri 8 sono stati istituiti negli anni 90/94. Le 12 aree wilderness sono state create nel 1991 con una legge apposita.
Il parco di maggiori dimensioni è il Lemmenjoki che si estende nel nord in piena Lapponia per ben 2.855 kmq (quasi come la Val d'Aosta). Nei parchi nazionali è permessa la raccolta dei frutti di bosco, la pesca alla mosca, le attività turistiche (vi si trovano cottage, percorsi, zone di campeggio); praticamente non viene effettuata vigilanza sia per la relativa scarsità di presenze (1,5 milioni annui), sia per una sostanziale cultura del rispetto dell'ambiente notevolmente connaturata nei finlandesi.
Nonostante ciò tra le finalità dei parchi vi è l'educazione dei giovani e lo sviluppo di una cultura ambientale sottolineando che l'equilibrio naturale è particolarmente delicato.
Le foreste demaniali (comprese quelle nei parchi) vengono utilizzate a scopi produttivi fornendo circa il 20% del reddito da legno del paese. Nonostante le sostanziali differenze geomorfologiche e di storia della protezione tra i due paesi lo scambio di informazioni ed esperienze ha evidenziato l'importanza della conservazione della biodiverstà, dell'uso razionale
delle risorse (sviluppo sostenibile) e della funzione culturale-educativa delle aree protette nei paesi aderenti alla Comunità Europea. L'esperienza finlandese conferma la bontà e l'efficacia di un'organizzazione che coordini le attività sul territorio suddiviso in ambiti in cui prevalga l'omogeneità naturalistica-territoriale. Il coordinamento da un lato rinforza la collaborazione tra ministeri diversi mentre sul territorio assicura lo svolgimento equilibrato delle tre funzioni-obiettivo; utilizzo della risorsa forestale, fruizione ed educazione, protezione della natura.