PARCHI | ||
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 25 - OTTOBRE 1998 |
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Le sette chiese Mariano Guzzini* |
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L'Anci dei parchi A Catania, in una "terza festa nazionale dei parchi" davvero riuscita, e consolante per il livello di autopromozione raggiunto dalle aree protette del centro sud d'Italia ero stato chiamato a introdurre un dibattito sulle aree protette del Mediterraneo. Non mi era parso vero di ribadire l'assoluta necessità di fare sistema, e di evitare ogni logica di separatezza. Dissi anche quello che significava per la Federazione dei parchi l'aver costituito un proprio gruppo di lavoro mirato specificamente ai parchi costieri e marini, sottolineando l'utilità dell'imminente convegno di Genova. Il sottosegretario Valerio Calzolaio, concludendo quell'incontro, definì la Federazione dei parchi "qualcosa di simile all'Anci: l'Anci dei parchi". L'espressione era felice, e il fatto che l'affermazione venisse dall'interno del Ministero dell'Ambiente rendeva la cosa ancora più interessante. Nelle more della festa, capitò di scambiarci informazioni ed orientamenti con i firmatari della cosiddetta "carta di Palermo", e trovammo giusto darci un appuntamento a Roma, al ministero dell'Ambiente, per capire meglio tutti i risvolti dei differenti gruppi di lavoro messi in moto, nel mentre che sulla nostra rete telematica e nei normali canali delle agenzie un comunicato salutava positivamente la nascita del nuovo Coordinamento delle Riserve Marine. A Genova il tema in discussione era "Per una gestione unitaria del sistema delle aree protette marino - costiere" ed i relatori erano Enzo Valbonesi e soprattutto Renzo Moschini, in veste di coordinatore del gruppo aree protette marine e costiere della federparchi. Erano presenti ed intervennero l'assessore regionale Egidio Banti, I'assessore provinciale Rossella D'Acqui, Giulio Relini, dell'Università di Genova, Rino Vaccaro, di Italia nostra, il rappresentante del WWF ligure, Bruno Baretto, dell'associazione subacquea "Tribù delle rocce", Stefano Maestrelli, presidente del parco di Migliarino San Rossore, Canio Lo Guercio, in rappresentanza del sottosegretario Valerio Calzolaio, il presidente della Regione Liguria, Gian Carlo Mori, il sindaco di Riomaggiore, Franco Bonanini, ed altri ancora. Lobbysta sarà lei ... L'appuntamento era con tutta evidenza molto sentito, anche perché non si ragionava in astratto, su forme di gestione teoriche, ma si partiva dal fatto concreto del parco marino di Portofino, e dalla posizione assunta dalla Federparchi e dalla Regione Liguria di chiedere l'applicazione della legge, affidando la gestione della riserva marina al parco terrestre esistente. Attorno all'appuntamento di Genova si erano costruite leggende di vario tipo. Il WWF ligure aveva definito sulla stampa locale la Federazione dei parchi una "lobby" e l'as-sessore regionale Banti un Attila. Altri, a Roma, avevano tentato di non far partecipare all'incontro il rappresentante del Ministero. Gran parte del nervosismo forse si spiega con la crescita dell'impegno di molti nuovi interlocutori che rivendicano un loro spazio anche a prescindere da fatti formali, e dalla preoccupazione delle lobby vere di avere legittimi rappresentanti delle aree protette di traverso quando intendessero proseguire nelle loro consolidate pratiche lobbystiche. Tuttavia il risultato di una mattinata di intenso e ravvicinato confronto è stato il pieno coinvolgimento dei numerosi presenti nell'impostazione che la Federazione dei parchi (il coordinamento ligure, presieduto da Massimo Caleo, così come la presidenza nazionale, rappresentata dal presidente Valbonesi) ha inteso dare ad una questione che si ripresenterà in vari luoghi della Penisola, e che va affrontata senza schematismi, ma anche senza furberie, demagogie e prepotenze di vario ordine e grado. In sostanza a Genova si è detto che nel caso che di fronte ad una riserva marina esista un parco terrestre (regionale o nazionale, non importa) non può essere aggirato il diritto del parco terrestre di gestire la riserva marina, con organi nuovi ed appositamente istituiti, con il massimo di coinvolgimento degli Enti locali, delle associazioni professionali, culturali ed ambientaliste, ma senza separatezze incomprensibili ed innaturali, e senza doppioni istituzionali. A questo principio di base possono essere fatte eccezioni, ogni volta che il buonsenso lo richieda (ad esempio il buonsenso vuole che ad Ustica sia il Comune a gestire la riserva marina), o qualche specifica ragione. Ma la regola, la normalità, non può che essere quanto il legislatore a suo tempo stabilì, per ragioni culturali e scientifiche, oltre che per evitare doppioni, e sprechi di risorse. La classificazione in alto mare Dopo Genova l'incontro internazionale di Gargnano, sotto la bandiera di Valerio Giacomini, è servito a ricordare a tutti noi quanto sia ancora in alto mare una classificazione ancorata alla carta della natura, e quindi a criteri scientifici e non all'arbitrio e all'approssimazione sgangherata, che ha vissuto una stagione di grande vitalità in occasione del dibattito sui vari parchi della Cinque Terre (dove si verificò, secondo la felice definizione di Egidio Banti, un vero e proprio "ingorgo istituzionale"). L'incontro di Roma, tra una delegazione della Federazione dei parchi e l'intero neonato coordinamento delle riserve marine è servito a fare chiarezza sulle reciproche identità, e sulle difficoltà di un rapporto che in ogni caso dovrà esserci, e dovrà tendere ad una visione unitaria dei temi, e anche, prima o poi, ad una organizzazione unitaria. Fatto il giro delle sette chiese, dove sta l'indulgenza plenaria? Intanto sta nell'approccio alla questione. E - infatti - necessaria molta indulgenza nel giudicare le forme e le argomentazioni di quanti si muovono spesso in modo poco apprezzabile. L'indulgenza serve per ricordare che se gli obiettivi sono comuni, tutti gli interlocutori di Catania, di Genova, di Gargnano e di Roma sono alleati, magari difficili, ma sempre alleati. E che il pericolo da fronteggiare è la tendenza alla segmentazione, l'illusione dell'autosufficienza di segmenti del sistema, le pratiche che partono da indiscutibili specificità per arrivare a contrapposizioni che si avvicinano all'autolesionismo. Non è pochissimo, questo primo risultato del giro delle sette chiese. E tuttavia non è certamente il solo risultato. C'è - infatti - una rinnovata visibilità della Federazione dei parchi, che è conseguenza diretta di una rinnovata capacità di intervenire tempestivamente su problemi delicati e complicati, che darà frutti di breve e di lungo periodo, sempre che dagli alleati più importanti (i migliori ambienti ministeriali, e i più attenti ed attivi ambienti regionali, i parchi, la cultura, l'ambientalismo, le professioni) arrivino segnali di attenzione e di dialogo, e non continui la tendenza al silenzio e alla distrazione. Ovviamente tale visibilità non è figlia di nessuno, e viene da lontano. Una rapida ricerca nella collezione della rivista "parchi" può testimoniare che fino dal primissimo numero, nel maggio 1990 (a quel tempo la rivista era figlia del coordinamento dei soli parchi regionali, non c'era ancora la 394 ), Renzo Moschini si occupava già di parchi marini, intervistando un professore universitario addetto ai lavori, Giuseppe Cognetti. Nel 1992 "Parchi" pubblica una tavola rotonda, registrata a Portofino, dal chiaro titolo "Quando iparchi marini?", nel corso della quale l'allora presidente del parco di Portofino, Rubino, dichiarava che con minimi accorgimenti organizzativi quel parco sarebbe stato fin da allora in grado di gestire l'auspicata riserva marina. Nel 1996 un mio articolo dava conto di una riunione svoltasi all'Acquario di Genova, in ... "sala vip", molto frequentata (c'erano tutte le autorità interessate alla realizzazione del parco marino di Portofino, nonché rappresentanti di associazioni ambientaliste, economiche e culturali), nel corso della quale i presenti chiesero esplicitamente a me che rappresentavo il Coordinamento nazionale di sviluppare comuni iniziative. Altri articoli furono poi pubblicati (di Figoli e Massone sul parco marino delle Cinque Terre; di Nuzzo sull' Arcipelago toscano) a dimostrazione di una costante attenzione della rivista ad una problematica che non poteva non interessarci. Insomma: veniamo da lontano, e non siamo di certo noi né gli ultimi arrivati sulla questione, né gli apprendisti stregoni di una materia delicata e misteriosa. Ci siamo interessati ai parchi costieri e marini, con convegni, progetti e con un apposito gruppo di lavoro, in piena e sostanziosa continuità con un lungo percorso di ricerca, di documentazione e di intervento amministrativo e politico. Piaccia o non piaccia a chi è arrivato dopo (ed è - ovviamente - il benvenuto, sempre che non pretenda primogeniture o diritti esclusivi che non spettano a nessuno), è a questo titolo che siamo in grado di intervenire (personalmente, ma soprattutto in quanto Federazione nazionale dei parchi, "Anci dei parchi", come ha detto Valerio Calzolaio) con competenza ed autorevolezza. Anche allo scopo di frenare i processi di divaricazione e le tendenze all'indebolimento della logica di sistema che da più parti vengono favoriti, più o meno consapevolmente, ma sempre con gravi rischi per la qualità dello sviluppo del nostro Paese. Chi distorce la 394? Mi sembra evidente - infatti - che esistano due possibili esiti della faticosa iniziativa della Federazione dei parchi di battersi per il rispetto vero della legge 394/91: quando si chiedono politiche di sistema, una carta della natura che non sia strumento di nuovo centralismo, ma che nasca come pilastro del sistema nazionale dei parchi regionali e nazionali, quando si propone una gestione unitaria del sistema delle aree protette marino-costiere, si difende la sostanza della 394/91 contro chi a parole non la vuole modificare, ma nei fatti la colpisce nel suo cuore unitario e pluralista; si può vincere questa battaglia, oppure si può essere sconfitti dalle lobby, dai centralisti di ogni provenienza, e da molti modi di provocare derive populiste e campaniliste. Non viviamo una fase di calma piatta. Siamo nel pieno di prove di forza molto evidenti, e non ci è dato stare alla finestra. Le azioni culturali, le posizioni pubbliche politico amministrative, che abbiamo contribuito a mettere in campo a Pisa, a Catania, a Genova, a Gargnano, e a Roma, e che continueremo a proporre in Ancona, a Parco produce, e nel nostro sistema informativo, fatto di giornali dei parchi, di news in rete telematica e cartacee, e della rivista "Parchi" sono il meno che possano fare amministratori di parchi che avvertano il pericolo di un nuovo centralismo, anti regionalista, anacronistico ma non per questo inattuale. Siamo in campo senza camuffamenti. Chi avverte gli stessi pericoli, chi sente le stesse "puzze" sa che si può unire a noi, per impedire nuovi annacquamenti e nuovi tradimenti della 394 e del grande movimento culturale che preparò quella legge. Non certo per difendere un articolato, che può sempre essere migliorato, ma per difendere un progetto alto di tutela e di valorizzazione del nostro Paese, che può scadere in qualche cosa di grigio, tra furberie e lottizzazioni, nuove mitiche vanaglorie e vecchi modi di amministrare. * della redazione di "Parchi" |