PARCHI | ||
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 25 - OTTOBRE 1998 |
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Rubrica parlamentare a cura di Piero Antonelli |
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Nei giorni scorsi il Governo ha presentato alle Camere la manovra economica per l'anno 1999, che si compone del disegno di legge "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (Legge Finanziaria 1999) e del collegato di spesa "Misura di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo". La manovra ammonta complessivamente a 14.700 miliardi, distinti tra interventi di aumento delle entrate non tributarie intorno ai 5.100 miliardi e di riduzione di spese correnti per circa 9.600 miliardi. Il DPEF presentato dal Governo nell'aprile scorso prefigurava, invece, una manovra per l'anno 1999 di 13.500 miliardi, ma ulteriori esigenze di bilancio e la necessità di prevedere specifici interventi di carattere sociale hanno comportato un intervento correttivo di 1.200 miliardi. Nel corso delle consultazioni avvenute in vista della presentazione della Legge finanziaria 1999, ed in particolare nella Conferenza Unificata del 24 settembre scorso il Presidente del Consiglio Romano Prodi ha illustrato ai rappresentanti di Regioni, Province e Comuni, le parti della manovra che attengono in particolare il sistema delle autonomie territoriali e locali e con riferimento prioritario al cosiddetto federalismo fiscale e al patto di stabilità interno. La necessità evidenziata dal Presidente del Consiglio e che si rinviene nel disegno di legge collegato (art. 22) è quella di garantire che l'ltalia possa mantenere fede al patto di stabilità che è alla base dell'Unione monetaria europea e che impone al nostro Paese una progressiva riduzione dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione in rapporto al PIL. L'obiettivo è quello di ridurre entro 6 anni il nostro debito pubblico dall'attuale soglia pari all' 11,8% del PIL al 100% del PIL stesso. Regioni, Province e Comuni non possono infatti esimersi dal garantire il rispetto dei vincoli sottoscritti, anche a fronte del fatto che essi concorrono per quasi 1/4 alla spesa pubblica complessiva e che tale quota è destinata a crescere sensibilmente per effetto dei processi di riforma verso il federalismo amministrativo che si stanno attuando in questo periodo. In questa prospettiva di riferimento la proposta che emerge nella Legge Finanziaria è quella di stipulare un "patto di stabilità interna" fra il Governo nazionale e i governi locali (Regioni, Province e Comuni). L'impegno che si chiede alle Regioni e agli Enti locali è quello di contenere la propria spesa e quindi il proprio fabbisogno in modo tale da concorrere a far diminuire per lo 0,1% il disavanzo pubblico complessivo. Poiché la riduzione del disavanzo per il 1999 deve essere dello 0,6% ciò significa che lo Stato si impegna ad una riduzione dello 0,5% e si chiede alle Regioni, alle Provincie e ai Comuni una riduzione dello 0,1%, che tradotto in termini monetari determina un contenimento della spesa pari a circa 2.000 miliardi. La riduzione richiesta dovrà essere perseguita mirando a raggiungere obiettivi di efficienza, aumento della produttività e riduzione dei costi nella gestione dei servizi pubblici e delle altre attività di competenza. In sostanza ai fini della riduzione dell'indebitamento netto è necessario un uso congiunto di questi strumenti: aumento della produttività e riduzione dei costi dei servizi pubblici, contenimento della spesa corrente, lotta all'evasione e sforzo tariffario, nonché dismissione di immobili non funzionali all'attività istituzionale. Al fine di incentivare la riduzione del rapporto debito/pil è previsto che gli enti locali che presentano un piano quinquennale di riduzione potranno estinguere anticipatamente, ove realizzino gli obiettivi del piano, il residuo debito dei mutui contratti con la Cassa depositi senza oneri aggiuntivi. Il disegno di legge collegato alla Finanziariaall'art. 21 prevede poi il monitoraggio degli andamenti mensili dei singoli enti territoriali (Province con popolazione superiore a 400.000 abitanti e Comuni con popolazione superiore a 60.000 abitanti), al fine di rilevare gli spostamenti rispetto agli obiettivi prefissati e di offrire una base di riferimento per l'individuazione in sede di conferenza Stato-Città-Autonomie locali delle necessarie misure di rientro. A fronte di questo impegno il disegno di legge garantisce che per il prossimo anno finanziario il gettito complessivo dei trasferimenti statali e delle imposte o delle compartecipazioni non diminuirà rispetto all'anno precedente e che terrà conto degli indici di inflazione programmati. Il collegato alla finanziaria prevede infine una serie di norme intese a dare attuazione al federalismo fiscale, attraverso il trasferimento alle Regioni di quote importanti del gettito dell'IVA e dell'accisa sulla benzina. Si prevede, infatti, per le regioni a statuto ordinario la soppressione dei trasferimenti del bilancio dello Stato, ivi compresi quelli relativi al finanziamento della spesa corrente dell'assistenza sanitaria; tali trasferimenti vengono sostituiti dalla compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto e a quello dell'accisa sulla benzina. Invece, per quanto riguarda i Comuni e le Province la legge finanziaria non prevede esplicitamente disposizioni particolari per l'ampliamento dell'autonomia finanziaria e impositiva, in contrasto palese con le risoluzioni di Camera e Senato che approvano il DPEF, che impegnano il Governo a completare il processo di decentramento fiscale e di autonomia finanziaria degli enti locali attraverso l'attribuzione a Comuni e Province di compartecipazioni ai tributi erariali, limitando la funzione dei trasferimenti alla sola perequazione. |