Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 25 - OTTOBRE 1998
 

Quando il Parlamento indaga



Due indagini parlamentari svoltesi in rapidissima successione hanno avuto come oggetto quelle che possono essere considerate, a giusto titolo, tra le leggi a carattere ambientale più innovative e importanti degli ultimi anni; la legge quadro sulle aree protette e la legge sulla difesa del suolo conosciute anche come leggi 394 e 183.

Nel caso della legge sui parchi l'indagine è stata svolta dalla Commissione ambiente della Camera e si è conclusa con un documento ampio che prospetta interessanti ipotesi di lavoro per rendere più incisiva la legge, per quanto riguarda invece la legge sulla difesa del suolo l'indagine è stata condotta da un Comitato paritetico composto da 13 deputati e 13 senatori sulla base di un questionario di 29 domande e si è avvalso del contributo del gruppo di studio istituito dal ministro dei lavori pubblici presieduto dal prof. Cutrera che di quella legge è stato uno dei maggiori e più qualificati artefici.

Le due indagini confermano innanzitutto un preciso impegno del parlamento sulle le tematiche ambientali che fa giustizia di tante critiche su una sua presunta disattenzione .

Non lo sono certamente in questo caso visto che specialmente per i parchi l'indagine, nel momento stesso in cui da più parti si denunciava addirittura il rischio, se non il proposito, di approfittare dei complessi meccanismi e percorsi parlamentari per manomettere la legge quadro, confermava l'impianto generale della 394 suggerendo però una serie di correzioni migliorative.

Per la legge 183 il lavoro svolto in sede parlamentare e già avviato dal governo (in questo vi è una differenza tra le due indagini che deve essere segnalata perché dimostra che governo e parlamento possono, pur nelle rispettive autonomie e funzioni, proficuamente collaborare) ha avuto forse un respiro maggiore sotto il profilo scientifico, con una attenzione anche alle esperienze estere, che nel caso dei parchi è mancata. Pur con queste diversità peraltro non sostanziali le due indagini risultano estremamente interessanti e meritano di essere valutate anche nella loro connessione in quanto riguardanti, entrambe, normative operanti in comparti ambientali fino a tempi recenti privi di una organica e moderna legislazione nazionale.

Entrambe le leggi sono state precedute infatti da accurate ricerche scientifiche, indagini, proposte più volte arenatesi anche per lunghissimi periodi in un parlamento riottoso a decidere. Ed entrambe sono subito apparse e sono state giustamente considerate fortemente innovative rispetto anche al quadro europeo.

Nell'uno e nell'altro caso lo stato assumeva, finalmente, i problemi della tutela del suolo e della natura tra quelli fondamentali in un paese che storicamente li aveva sempre e con fastidio considerati un optional.

La quasi simultaneità delle indagini parlamentari, anche se casuale, facilita e aiuta inoltre una valutazione delle politiche ambientali meno settoriale che ne impoverisce l'orizzonte e opacizza tutti quegli intrecci e raccordi che sono invece importantissimi ai fini di una corretta verifica della efficacia delle norme legislative e degli interventi operativi. Queste iniziative parlamentari hanno anche il merito di ricondurre, per così dire, a normalità la verifica e il controllo del parlamento sulle leggi che qualcuno continua invece curiosamente a considerare rischioso e sovente inopportuno. Magari non per tutte le leggi, perché se le correzioni, o come è stato detto, il lavoro di "manutenzione" legislativa può comportare qualche potere e competenza in più per il ministero dell'ambiente, allora anche leggi importanti come appunto la legge 183, possono, anzi debbono essere rapidamente "riformate", se invece questa stessa revisione riguarda la legge sui parchi e qualche sua norma chiaramente e incontestabilmente anacronistica, è meglio soprassedere.Due pesi e due misure che non trovano alcuna giustificazione né oggettiva né soggettiva come può capire chiunque si prenda la briga di esaminare i lavori parlamentari e le conclusioni delle due indagini.

Colpisce, anzi, in entrambi i casi che quasi tutti i consultati non ritengano necessario o opportuno procedere a revisioni di fondo delle leggi esaminate neppure, nel caso ad esempio della legge 183, alla luce delle nuove direttive comunitarie che confermano nella sostanza l'impostazione della nostra legge sulla difesa del suolo che è dell'89.

Non solo. Ma anche le proposte di modifica contenute nei documenti conclusivi scaturiscono sempre da valutazioni molto concrete, legate all'esperienza e ai risultati di questi anni. Non c'è, insomma, nessuna forzatura di tipo diciamo così "ideologico" che ritroviamo invece, ricorrentemente in talune polemiche. Le due leggi sono state giudicate pressoché unanimemente valide nel loro impianto complessivo. Se una differenza emerge dalle due indagini essa riguarda semmai il diverso grado di applicazione delle due leggi.

Notevole nel caso della legge quadro sulle aree protette, assai più insoddisfacente per quanto attiene alla legge 183, specialmente in riferimento ai piani di bacino sui quali si è appuntata concordemente la critica più severa per essere essi rimasti quasi ovunque al palo.

Va detto su questo punto che forse il confronto appare un po' sbilanciato in quanto per la legge sui parchi si è preso in considerazione soprattutto la istituzione degli enti di gestione, mentre per la 183 ci si è riferiti principalmente alla predisposizione dei piani.

Se questo confronto avesse riguardato anche i piani dei parchi nazionali forse il quadro d'insieme pur sempre "favorevole" - diciamo così alla legge 394 sarebbe risultato più equilibrato e un po' meno generoso nei confronti delle aree protette.

Interessante è stata la riflessione sulle cause di questo grave ritardo nella messa a punto dei piani di bacino, ai quali come è ovvio sono fortemente interessati anche i parchi e i loro piani, spesso rimasti al palo al pari di quelli di bacino.

I "piani stralcio" previsti dalla legge 183 che avrebbero dovuto anticipare i piani generali sono stati da molti considerati una sorta di pietra tombale che ha vanificato qualsiasi impegno per passare dalle emergenze alla pianificazione vera e propria. Non tutti però hanno condiviso questo giudizio, anche se tutti hanno riconosciuto il gravissimo ritardo dei piani.

Il fatto, è stato detto, è che i piani di bacino sono risultati troppo complicati, debbono sottostare a troppi passaggi e controlli. Non occorre essere esperti della materia per capire che questa riflessione ha implicazioni anche per chi opera nelle aree protette, perché anche quì è tutt'altro che sciolto il nodo del rapporto tra urgenza degli interventi e caratteristiche di una pianificazione che una volta avviata sembra non finire mai anche - ed è stata questa un'altra delle critiche emerse nell'indagine per l'eccessivo rilievo che assume generalmente la fase conoscitiva e di studio.

Naturalmente non è il caso di assimilare più di tanto i due piani (bacino e parco) perché come emerge chiaramente dall'indagine sulla legge 183, a rendere particolarmente complicata la messa a punto dei piani di bacino è stata, oltre alla farraginosità di una normativa rivelatasi alla prova dei fatti di difficilissima gestione, la irrisolta questione del governo complessivo dei bacini. Tanto è vero che nelle sue "Considerazioni conclusive" la 13a Commissione del Senato esprime la necessità di attribuire pari rilevanza a tutti i bacini superando la distinzione tra nazionali e regionali. E confermato il modello amministrativo dell'Autorità di bacino, e la composizione del Comitato istituzionale è indicata quale espressione prevalente di istituzioni regionali e locali, con una rappresentanza unitaria dello Stato per assicurare unicità di indirizzi e gli interessi nazionali. Il tutto semplificando drasticamente il procedimento di formazione del piano. Si punta inoltre al superamento dell'attuale classificazione dei bacini di serie A, B, C e al rafforzamento della responsabilità diretta degli organismi di autogoverno dei bacini singoli o accorpati; le Autorità di bacino.

Merita di essere segnalato che proprio a questo riguardo, sul punto cioè del governo dei bacini giudicato da tutti attualmente carente e inadeguato per le troppe sovrapposizioni di compiti e ruoli, ci si sia riferiti anche nel documento conclusivo alla positiva esperienza degli entiparco. Una conferma, se ce n'era bisogno, delle non poche 'affinità' tra le due leggi accomunate evidentemente dai fini di tutela, sia pure in ambiti distinti da giustificare distinti organismi di gestione, ma ugualmente chiamati a intervenire con incisivi strumenti di pianificazione e programmazione su territori delimitati non più dai confini amministrativi esistenti, ma dalle condizioni, dimensioni e caratteristiche "ambientali"; il bacino per la legge 183 e il perimetro del parco per la legge 394. Due casi in cui insomma non è l'ambiente che deve uniformarsi alle strutture della amministrazione ma sono queste ultime che debbono conformarsi e modellarsi alle esigenze del suolo e della natura.

Ambedue le indagini e le conclusioni alle quali sono pervenute, condensate in importanti documenti che meriterebbero una maggiore diffusione e di conoscenza, confermano la validità di fondo delle leggi prese in esame ma anche la giustezza di quel disegno riformatore che ispira le leggi Bassanini alle quali ci si è non a caso costantemente richiamati.

Quando per i bacini si chiede di superare l'attuale frammentazione per ricondurli a gestioni meno "separate" e più collaborative tra i vari

livelli istituzionali, quando per i piani si propone di ridurre i passaggi e i controlli.

E sorprendente pertanto che tali decisioni possano suscitare ancora tanto scandalo da far dire ad un parlamentare verde che si è trattato, niente meno, che di un colpo di mano, di un malinteso federalismo, di una inaccettabile concessione al localismo e via via imprecando. Ma davvero si pensa che l'interesse generale o nazionale possa oggi essere tutelato e affermato 'senza' l'intesa con regioni e enti locali?

Non insegna niente la vicenda di Portofino dove prima si decide la istituzione della riserva marina evitando il passaggio previsto dalla conferenza unificata e dalla conferenza stato-regioni e soltanto dopo - a cose fate e danni provocati si discute? Abbiamo voluto a conclusione di questa nota introdurre un riferimento a polemiche fresche perché esse confermano quanto possa essere importante una adeguata conoscenza e corretta valutazione del lavoro parlamentare sulla legislazione ambientale da cui emerge con grandissima e inconfondibile evidenza l'esigenza di girare pagina smettendola una buona volta con la politica dello scaricabarile tra livelli istituzionali che debbono non contrapporsi ma "cooperare". (R.M.)