PARCHI | ||
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 25 - OTTOBRE 1998 |
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Economia dei parchi. I risultati del Parco nazionale d'Abruzzo e le prospettive del Sistema delle aree naturali protette Andrea Ferraretto* |
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Il rapporto, relativo ai dati degli ultimi dieci anni, ha confermato, in sostanza, i risultati del precedente studio realizzato da Nomisma per conto del Wwf nel 1990. L'importanza dello studio presentato risiede non nell'individuazione di elementi trascurati in precedenza ma nella conferma puntuale di tutti gli indicatori positivi della situazione socio-economica dell'area del Parco già evidenziati otto anni fa. Dalla lettura del rapporto presentato dal WWF emergono, con forza, alcuni elementi importanti, strategici per definire un percorso di sviluppo applicabile all'interno del sistema nazionale delle aree protette. Dall'analisi delle cifre e dei dati risulta particolarmente interessante evidenziare tre elementi chiave racchiusi nel rapporto finale:
Fin qui i risultati della ricerca presentata dal WWF, ma quale scenario si prospetta in relazione alle altre aree naturali protette? In riferimento al dibattito svoltosi a Roma, al quale hanno preso parte economisti e "addetti ai lavori", emerge, più delle altre, una considerazione sulla quale è necessario riflettere. Il Parco nazionale d'Abruzzo è un caso di eccellenza in Italia. La conferma dei dati dello studio Nomisma nel 1990 ne è la riprova e deve far ragionare (e forse preoccupare) chi ha a cuore le ragioni dei parchi e il suo futuro. A distanza di otto anni dal primo studio il Parco nazionale d'Abruzzo riesce, in pratica, a indicare una tenuta di quelli che furono considerati, allora, dei risultati insperabili e irraggiungibili: ma gli altri parchi, le aree naturali protette, che, anche in ragione di quei risultati, sono stati istituiti possono registrare un grado di affermazione e di successo simile? Proprio sulla scia dei risultati del Parco nazionale d'Abruzzo furono avviate campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica e di diffusione delle opportunità di sviluppo legate ai parchi, anche allo scopo di superare la fase dei conflitti e dei contrasti. La stessa legge 394/91 vide la luce proprio in quel periodo, godendo di un'attenzione particolare da parte del mondo politico e della stampa. I parchi videro aumentare il loro peso e l'importanza loro attribuita in termini di occasione per un nuovo percorso di rinascita e di sviluppo delle aree rurali e marginali. Le difficoltà, i ritardi, le incomprensioni, la scarsa definizione degli obiettivi e delle responsabilità hanno, di fatto, reso molto più lungo e tortuoso il sentiero di crescita del Sistema delle aree naturali protette, rischiando, talvolta, di generare un flusso di ritorno contrario ai parchi, legato alle delusioni e alle aspettative insoddisfatte. Ecco perché, oggi, nel 1998, il caso, pressoché unico del Parco nazionale d'Abruzzo deve costituire un elemento di preoccupazione e di allarme, o, in altri termini, di contraddizione. Anche per difetti di attuazione e di comunicazione i parchi, i nuovi parchi, stentano nella dimostrazione dei risultati conseguiti con l'effetto di rendere meno incisiva la loro azione e,soprattutto, le loro potenzialità in termini di opportunità per l'innovazione della politica di gestione delle risorse naturali. Ciò che manca, e di cui nel dibattito svoltosi nella sede del CNEL si è avvertita l'assenza, è una strategia di sistema, in cui obiettivi e strumenti siano coordinati tra loro e finalizzati alla crescita dell'intero sistema nazionale delle aree naturali protette. In questo momento sarebbe necessario consolidare e rafforzare i casi di successo, in termini gestionali e organizzativi, traendo gli elementi di forza di questi esempi, facendoli diventare fattori di crescita e di innovazione per l'intero sistema dei parchi. Occorre saper fare tesoro dell'esperienza di questi anni, facendo crescere il patrimonio di conoscenze e di competenze del sistema, agendo nel senso della trasferibilità dei risultati conseguiti. Si rende necessaria l'individuazione di un quadro strategico che, oltre ai grandi programmi infrastrutturali all'individuazione delle risorse finanziarie, consenta la definizione di una coscienza di sistema, fatta di obiettivi, indirizzi e consapevolezza del ruolo assegnato a ogni area naturale protetta nella più ampia strategia della conservazione dell'ambiente naturale e di realizzazione di un modello locale sostenibile. Questo è possibile soltanto attraverso la crescita delle competenze, agendo per la realizzazione di un lavoro costante e quotidiano di rafforzamento dei parchi nel quadro della programmazione economica nazionale. L'esperienza di questi anni ha determinato l'esigenza di garantire il supporto e l'ampliamento delle competenze dei parchi e delle strutture tecniche al servizio dei parchi, agendo verso forme innovative, plurisettoriali e multidisciplinari. Risulta infatti difficile pensare alle aree naturali protette come isole svincolate dal contesto politico ed economico nel quale operano, senza che, chi si occupa di gestirle, sia in grado di interagire con strumenti di programmazione relativi al turismo, all'agricoltura, all'artigianato, ai trasporti, alla gestione e al mantenimento delle risorse forestali, al recupero e al ripristino di aree dissestate e degradate. Occorre in questa ottica, consentire ai parchi di compiere un salto di qualità, rendendoli soggetti attivi per l'affermazione di elementi di sostenibilità delle politiche di sviluppo locale. Significa, in altri termini, agire per aumentare il peso dei parchi, superando una logica di esclusiva competenza ambientale, riconoscendo ai parchi un ruolo concreto di strumenti di politica economica in grado di realizzare un modello di sviluppo sostenibile, capace di creare nuove occasioni di lavoro. L'occasione che si sta profilando in queste settimane è importante e consente di disegnare un nuovo periodo di crescita per il sistema nazionale delle aree naturali protette. Da poco è stato avviato il processo di definizione degli obiettivi per la programmazione relativa al periodo 2000-2006. Un primo segnale incoraggiante va in questa direzione: per la prima volta i parchi compaiono nel rapporto sulle Politiche per lo sviluppo del Mezzogiomo, pubblicato recentemente dal Ministero del Bilancio e della Programmazione economica. I parchi possono costituire un elemento innovativo nel quadro degli interventi, ma, fin d'ora è necessario agire per allargare il confronto e affermare la possibilità concreta di raggiungere risultati importanti. Dunque partendo dall'esperienza del Parco nazionale d'Abruzzo, è necessario, per assegnare ai parchi un futuro, impegnarsi per far sì che i parchi siano "promossi" come obiettivo strategico per la conservazione e lo sviluppo. L'incontro organizzato dal Wwf si è concluso con questo auspicio: vedere, tra pochi anni, altri parchi italiani indicare risultati e successi. Perché ciò avvenga è necessario uno sforzo comune di quanti, in questi anni, hanno attuato e difeso la legge-quadro 394/91, per realizzare un ulteriore passo verso la maturità del Sistema nazionale delle aree naturali protette. Bisogna agire per affermare le potenzialità dei parchi e per rispondere all'esigenza di rafforzamento del sistema, attribuendo competenze e capacità alle strutture di gestione e di coordinamento, locali e centrali, ovvero lavorare per garantire il futuro dei parchi nel nostro Paese. * Economista, esperto di politiche di sviluppo locale
Un parco e la sua economia, WWF Italia 1998 (una copia può essere richiesta al fax 0685300612 Wwf Italia - Isabella Pratesi) Politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno - primo rapporto, Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica 1998 |