PARCHI | |
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 27 - GIUGNO 1999 |
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L' emblema del parco come strumento di promozione: dal marchio di prodotto al marchio d' area Francesco Silvestri |
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Tra i compiti istituzionali propri di un'area protetta, oltre alla conservazione della natura e alla tutela del territorio, vi è anche, come è noto, la promozione dello sviluppo economico locale. La legge-quadro sulle aree protette (1. 394/91) all' articolo 14, "Iniziative per la promozione economica e sociale", afferma: "Per le finalità di cui al comma 3 (ovvero per la promozione dello sviluppo economico. NdA), l'ente parco può concedere a mezzo di specifiche convenzioni l'uso del proprio nome e del proprio emblema a servizi e prodotti locali che presentino requisiti di qualità e che soddisfino le finalità del parco". Vi sono numerosi esempi di parchi che, prendendo spunto dal dettato della legge-quadro, consentono l'utilizzo del proprio emblema o di un sigillo simile creato ad hoc, a scopo promozionale: il Parco dell'Alto Appennino reggiano (Emilia-Romagna), il Parco del Conero (Marche), il Parco Orsiera Roccavré (Piemonte), il Parco nazionale d'Abruzzo, il Parco del Ticino lombardo. sta la relativa diffusione che la concessione dell'emblema del parco conosce, è lecito interrogarsi da un lato sulla sua efficacia come strumento di promozione commerciale dei prodotti, dall'altro sul grado fino a cui esso riesce a fungere da effettiva garanzia di qualità-tipicità dei prodotti stessi; in questo modo si indaga l'efficacia dell'emblema nel primo caso come strumento di promozione, nel secondo come strumento di certificazione della qualità. Gli strumenti di certificazione e promozione della qualità La qualità dei beni e dei servizi prodotti è una caratteristica sempre più richiesta ed apprezzata dai consumatori. La valorizzazione e la promozione di tale qualità attraverso marchi o strumenti di certificazione equivalenti è una pratica che, nata nell'industria, si è ormai diffusa ad ogni settore di attività economica. La certificazione di qualità può essere definita come una verifica della conformità di un prodotto (servizio), di un processo produttivo o di un sistema aziendale a norme tecniche stabilite. Le condizioni costitutive della attività di certificazione sono due: la definizione di un insieme di norme non mutevoli a discrezione del detentore del disciplinare e l'esistenza di un soggetto certificatore che verifichi la conformità del prodotto (o dell'attività) alle norme stabilite. Esiste inoltre un tipo di certificazione sui generis, meno impegnativa, che non possiede le due caratteristiche precedenti: ogni organizzazione titolare di un simbolo o un nome dotati di valore (valore tanto più alto quanto maggiore è la reputazione dell'organizzazione) può decidere di concederne l'uso a soggetti terzi. La concessione può riguardare tutti i soggetti che ne fanno richiesta, può limitarsi a quelli che l'organizzazione reputa meritevoli di riconoscimento o di sostegno, a quelli che offrono un compenso rilevante, a quelli che si impegnano in cambio a fare qualcosa che l'organizzazione reputa importante, e così via. Le condizioni di concessione sono una serie di regole che identificano a chi è possibile concedere l'emblema e specificano la contropartita della concessione; è questo il tipo di certificazione prediletto dagli enti parco (1) La concessione dell'emblema del parco: limiti e problemi I parchi menzionati in precedenza adottano nella quasi totalità un modus operandi discrezionale per definire i criteri di concessione del proprio emblema (2); tali criteri, anche quando raccolti in un regolamento, si presentano nella forma di "aiuto alla decisione", esprimono le preferenze del soggetto che detiene l'emblema e servono per valutare di volta in volta se accettare o meno la richiesta di concessione; essi non mostrano le caratteristiche proprie del disciplinare per la certificazione di qualità. La diffusione conosciuta negli ultimi anni dalle iniziative di certificazione della qualità fa sì che ogni operatore economico abbia a disposizione una notevole gamma di alternative per qualificare (e promuovere) le proprie produzioni: i marchi di prodotto, comprensivi tanto dei marchi di legge (DOC, DOP, Ecolabel) quanto di quelli dei consorzi di produttori (Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma), sostenuti da un articolato apparato di controllo e apprezzati dal consumatore; le certificazioni di processo (normative ISO, EMAS), di più complicata comunicazione al consumatore finale, e quindi meno efficaci come strumento promozionale, ma molto apprezzate come strumento di garanzia della qualità. All'interno di questo panorama di strumenti di certificazione, l'emblema di un parco naturale stenta a trovare una collocazione definita: la natura poco rigorosa del regolamento di concessione, ispirata come visto alla discrezionalità dell'ente parco, unita alla mancanza di una struttura di controllo, inficia in parte la capacità dello strumento "emblema" di fungere da garanzia di qualità, mentre la scarsa notorietà delle aree protette presso il grande pubblico e 1' incapacità oggettiva degli enti parco di impegnarsi in costose campagne pubblicitarie per la divulgazione del proprio emblema ne limita l'efficacia come strumento di promozione. Inoltre, esiste un ulteriore ostacolo al libero impiego dell'emblema di un'area protetta: la rigida disciplina comunitaria in merito all'utilizzo di marchi di qualità per prodotti agro-alimentari. Gli unici strumenti riconosciuti dall'Unione europea per certificare la tipicità di questi beni, infatti, sono i marchi di origine comunitari DOP e IGP. La ratio alla base di tale approccio è il riconoscimento del nome geografico come bene pubblico il cui impiego per fini privati è soggetto a un preciso regolamento. La disciplina dei marchi di origine geografica è molto rigida e va a colpire non solo 1' uso del nome geografico in forma impropria, ma anche l'evocazione parziale o indiretta di esso (3). Questo problema investe in modo diretto le iniziative di certificazione proprie dei parchi: alla luce della regolamentazione comunitaria, infatti, è da escludere la liceità di utilizzo di tale tipo di marchi per prodotti agro-alimentari quando il nome del parco abbia un esplicito riferimento geografico, cosa che avviene quasi automaticamente, data la natura di ente territoriale di un parco naturale. La questione è tutt'altro che marginale, dato che i prodotti agro-alimentari sono quelli che più si giovano dell'assegnazione dell'emblema di un parco. Il caso più rilevante di questa pratica è forse quello del Parco del Conero, che afferma espressamente nel proprio disciplinare (articolo 4): "(...) Il marchio del parco del Conero assume una sua collocazione funzionale ed operativa equipollente alla definizione di Indicazione geografica protetta (IGP)". A prescindere dai non indifferenti problemi posti dalla regolamentazione dei marchi di origine, ci si deve interrogare su due punti ulteriori: l'effettivo apprezzamento sul mercato fatto registrare dal marchio di un parco ed il rischio di sovrapposizione di questi a marchi già esistenti e con effetti incentivanti sulla qualità, come ad esempio il marchio biologico per le produzioni agricole o i marchi di eco-compatibilità delle strutture ricettive. Alla luce di questa serie di problemi può risultare forse più efficace per i parchi favorire l'impiego degli strumenti di certificazione già esistenti (marchi di prodotto e certificazioni d'impresa) per migliorare la qualità al proprio interno, anziché creare allo scopo marchi ex novo. Una strategia di qualificazione per le aree protette basata sulla nascita di un marchio del parco da assegnare a prodotti e imprese, in conclusione, mostra numerosi limiti. Questo non significa che il parco debba rinunciare a priori al compito di promotore e garante della qualità nel suo territorio, un compito - è bene ribadirlo - sancito dalla stessa legge 394/91. Quale spazio per l'emblema del parco: la certificazione d'area Quando si tratta il tema della certificazione di qualità in relazione ai parchi naturali, il primo aspetto su cui è necessario concentrarsi riguarda il "prodotto" che l'Ente parco deve promuovere attraverso iniziative di qualificazione: tale prodotto è dato dall'area parco nel suo complesso. Il visitatore di un parco naturale esprime una scelta per il parco nel suo insieme: non sceglie singoli beni o singoli servizi, ma quella particolare combinazione di beni e servizi che è il prodotto-parco. La qualità del prodotto-parco dipende da un'ampia varietà di fattori. Ad essa contribuiscono le imprese con la qualità dei propri prodotti ed il rispetto per l'ambiente, le amministrazioni locali con l'efficienza dei propri servizi, l'ente parco con la qualità e il rigore della propria attività di tutela ambientale e di sostegno allo sviluppo locale. Questa affermazione getta nuova luce sulla certificazione di qualità nei parchi: se il parco è un sistema con una offerta complessa e articolata di servizi, la migliore strategia di promozione per esso non è la segnalazione dei casi di eccellenza al suo interno (il produttore genuino, l'albergo ecologico, 1' artigiano tipico, e così via), ma una vera iniziativa di "marketing territoriale", finalizzata a promuovere l'area protetta nel suo complesso, a comunicare al potenziale visitatore che il parco è un territorio virtuoso e che a tale virtuosità contribuiscono attivamente diversi elementi. Secondo questo approccio, il parco agisce per coinvolgere nell'iniziativa di qualificazione quanti più soggetti possibile, senza fissare soglie di prestazione selettive, standard qualitativi come quelli richiesti per la concessione dei marchi di prodotto menzionati, standard che rischierebbero di escludere buona parte degli operatori. Il modo per realizzare questo percorso, al contrario, è promuovere tutti gli operatori pubblici e privati che adottino nella propria attività standard di progressivo miglioramento della qualità. E questo un criterio di selezione "leggero", che permette di segnalare una pluralità di soggetti, ma non la totalità indiscriminata di essi come coartefici del valore qualitativo dell'area. Lo strumento tramite il quale realizzare in pratica questa operazione di marketing territoriale può essere una sorta di "Carta della qualità" (4). La Carta della qualità è pensata in questo caso come un documento in cui sono segnalati ai potenziali fruitori i soggetti, i prodotti e i servizi (visite guidate, esercizi ricettivi e di ristorazione, offerta di sport all'aria aperta, produttori tipici) che concorrono a definire la qualità del territorio "parco": chi trova spazio sulla Carta è membro di una rete e, in quanto tale, non solo ottempera a particolari standard, ma è anche in grado di fornire informazioni e indicazioni ai visitatori su tutti gli altri partecipanti. In questo modo, oltre ad impegnarsi per il miglioramento della qualità complessiva del sistema, si contribuisce a mobilitare i soggetti locali attorno ad un obiettivo comune: la valorizzazione delle risorse locali. La Carta, pertanto, ha una duplice funzione: da un lato la garanzia della qualità per il fruitore dell' area protetta (chi viene segnalato su di essa contribuisce alla qualità del sistema parco), dall'altro la promozione commerciale degli operatori sul territorio (chi viene segnalato su di essa acquista visibilità). Un ruolo centrale nella selezione dei soggetti da segnalare e nella promozione della Carta spetta all'ente parco, soggetto deputato a fungere da garante della qualità dell'intero sistema. Il compito dell'ente, in conclusione, non deve essere quello del dispensatore di un marchio di qualità in concorrenza con i tanti disponibili sul mercato, ma deve essere un compito superiore di garanzia della qualità e promozione dello sviluppo del proprio territorio. La realizzazione tecnica di uno strumento complesso come la Carta della qualità di un'area protetta è un aspetto ancora da approfondire. Non mancano, tuttavia, studi ed iniziative per la promozione dello sviluppo rurale a livello di sistema territoriale. Tra questi, si segnalano per innovatività e articolazione il progetto "Bandiere arancioni", iniziativa per la valorizzazione turistica dei comuni dell'entroterra ligure, realizzato dal Touring Club Italiano e dalla Regione Liguria, ed il progetto "Carta della qualità del turismo rurale", tuttora in fase di ideazione, gestito da WWF, AIAB ed altri partner. Questi progetti sembrano andare in direzione di un abbandono della logica di promozione della qualità tramite concessione dell'emblema a singole attività per sposare l'ottica della certificazione della qualità del sistema territoriale nel suo complesso. * eco & eco - Economia ed Ecologia, Bologna |