PARCHI | ||
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 28 - OTTOBRE 1999 |
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Libri |
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Nel marzo del 1998 Massimo Piraccini, con la sigla "Comunic/azione editrice" inaugurava una collana di libri dedicati alle questioni delle aree protette. Ma la cosa non si chiude così, in una sorta di gioco dei quattro cantoni tra amici di vecchia data, frequentatori degli stessi convegni e delle stesse riunioni, in una sorta di consociazione autoreferente, ancorché di assodato livello culturale e di evidente impegno ambientalista. Si da infatti il caso che il primo libro, mai uscito in libreria e pochissimo recensito, abbia già esaurito la sua prima edizione. Che il secondo sia attivamente ricercato da quanti si occupano di riserve marine e di tutela. E che si sia creato un sistema di attese alla notizia dell'uscita del terzo volume. Perché succede questo, in un Paese dove libri anche molto pubblicizzati giacciono spesso invenduti nelle librerie e nei magazzini di editori anche molto noti? A me è capitato di prendere parte a qualche pubblica presentazione del primo volume, "I parchi, oggi" e di raccogliere le impressioni di amministratori e di tecnici che hanno avuto l'opportunità di leggere il primo libro di Moschini. Quello che colpisce il lettore è la competenza dell'autore che non sconfina mai in astruserie tecniche, sposata felicemente con la passione e con la sincerità nell'esprimere le proprie opinioni con franchezza. Il risultato, infatti non è un testo di parte, ma una testimonianza sincera, che non confonde le idee, ma aiuta ad averne di proprie. Il nuovo libro pubblicato dalla casa editrice di Massimo Piraccini, "Comunic/azione" (Forlì, c.so della Repubblica, 165/b; fax 0543.34861) si chiama "Parchi oltre la cronaca" non solo perché Renzo Moschini è stanco - come molti di noi che amministriamo parchi - di vedere esistere i parchi solo quando qualche fatto negativo li porta ai ... "disonori" della cronaca, ma anche perché è tempo che la tematica complessiva delle aree protette perda ogni aura di "straordinarietà" per entrare in una "normalità" alta e ben definita nei suoi contorni, evitando il rischio che siano risucchiati (come scrive Enzo Valbonesi nella sua completa e pregevole presentazione) in una ordinarietà istituzionale fatta di burocratismo e di autoreferenzialità. Se le principali istituzioni dello Stato (il Parlamento, il Governo; ma anche il Consiglio e le Giunte regionali) si sentissero per così dire appagate dai risultati ottenuti almeno sotto il profilo quantitativo, senza cogliere la necessità di una costante messa a punto delle politiche, di un permanente monitoraggio dell'impatto di quanto le politiche che si attuano nelle aree protette ha sul più generale processo di sviluppo delle regioni e del Paese, si correrebbero rischi seri. Renzo Moschini affronta questo blocco di questioni con una posizione netta, che è anche una precisa scelta di campo. E sotto i nostri occhi - dice Moschini - una sorta di neo centralismo statale di ritorno, mentre sarebbe tempo di realizzare il sistema nazionale di parchi operando in modo che esso sistemi supporti e promuova la modernizzazione dello stato in senso federalista. Questa scelta di campo dell'autore è funzionale soprattutto all'obbiettivo che le aree protette divengano soggetti propulsivi di un nuovo sviluppo ambientalmente e socialmente sostenibile. Quattordici capitoli sviluppano ed illustrano la tesi. Dal capitolo "le grandi firme" (un antico "tormentose" volto a rilanciare 1' interesse di quel mondo culturale che appoggiò a suo tempo la nascita dei parchi per le vicende dell'oggi, nella consapevolezza che solo un disegno culturale di alto profilo può disincagliare gli amministratori dalla tendenza a vivere alla giornata) a "anche i parchi entrano in Europa"; da "la nuova programmazione" a "i parchi del sud in bilico", a "coste e mare a rischio" i soli titoli dei capitoli ci portano alla memoria questioni importantissime, che abbiamo cercato di affrontare e che sono ancora aperte e bisognose di un interessamento complessivo di un arco vasto di attori politici ed amministrativi. Altri titoli suggeriscono argomenti più classici: "lassù sulle montagne" oppure "Agricoltura, ruralità e parchi", "il paesaggio"... ma c'è da scommettere che anche sotto questi titoli apparentemente olimpici e rasserenanti il lettore troverà la denuncia dei ritardi, il suggerimento per uscire dal blocco, e la passione per un progetto complessivo che è possibile perseguire. Titoli come "Camerino e il 10%" oppure "la classificazione delle aree protette" o "parchi e democrazia" promettono invece da subito stimoli culturali e polemiche ricche di contenuti, essendo nota la posizione di molti di noi (ma cominciò in anni non sospetti Valerio Giacomini) contraria ad appagarsi del dato quantitativo riducendo all'obbiettivo del 10% una politica molto più complessa e articolata, ed essendo altrettanto noti i ritardi governativi sulla classificazione, evidenziati in vari appuntamenti nazionali organizzati dal Centro Studi "Valerio Giacomini", ed essendo il rapporto con la democrazia e con il sistema degli Enti Locali uno dei punti più ricchi di contraddizioni e di prospettive della intera vicenda storica delle aree protette italiane. Sicché il libro di Renzo Moschini "Parchi oltre la cronaca" si presenta con tutte le carte in regola per ripetere il successo de "I Parchi, oggi". Roberto Gambino, nel suo commento "critico" afferma giustamente che "... anche chi non condivide la sua visione "partigiana" non potrà fare a meno di concordare sulla centralità dei problemi che solleva e sulla utilità delle sue provocazioni. Da questa premessa Roberto Gambino parte per sviluppare ulteriormente alcuni nodi problematici, affrontando le politiche europee, le politiche nazionali, e la materia stessa del contendere, cioè che cosa debba essere il sistema nazionale delle aree protette. Non intendo privare del piacere di gustare le argomentazioni di Gambino, che non riassumerò, come, del resto, non ho riassunto i capitoli di Moschini. Quello che mi pare difficile da smentire è l'importanza del confronto che Moschini ci propone e che potrà svilupparsi meglio, in modo più ordinato e documentato, grazie al lavoro che ci ha voluto mettere a disposizione. M.G.
Il fervore dei pochi L'occasione l'ha offerta il Cinquantenario di fondazione del Movimento Italiano per la Protezione della natura e dell'Unione Internazionale per la Protezione della Natura ( 1948-1998), e Franco Pedrotti con encomiabile 'fervore' I'ha messa a frutto con questo libro di 450 pagine in cui attraverso una ricca mole di documenti di non facile reperibilità e consultazione ci fornisce una interessantissimo spaccato di un epoca prima ancora che di un movimento di 'pochi' che ebbe però molti e indiscussi meriti. In una bella lettera di Vittorio Fra all'autore, riportata in apertura\del volume, il vecchio antifascista ricorda con commozione e sottile ironia quando dinanzi al 'fervore' di Renzo Videsott per la salvezza dello stambecco si chiedeva se dinanzi 'a tutto quello che c'era da fare' all'indomani di una guerra rovinosa si poteva pensare anche a quelle cose. Ma non è un rimprovero perché in queste 'fissazioni' non c'era un chiamarsi fuori dalle tribolazioni e i problemi del momento. Al contrario, il Videsott di cui Pedrotti con giusta ammirazione simpatia rievoca l'appassionato impegno che poteva apparire - e talvolta un po' lo era, donchisciottesco -, avevano combattuto anche altre e ben più rischiose battaglie sebbene - ed è lo stesso Videsott a ricordarlo - anche per il parco del Gran Paradiso aveva rischiato la pelle. Colpisce, ad esempio, come in molte lettere e scritti di alcuni degli esponenti di quel movimento in difesa della natura si ritrovi sovente un forte richiamo civico ad un impegno con cui si vuole contribuire a far uscire il paese dalle distruzioni non soltanto materiali della guerra fascista. Alcuni d'altronde avevano combattuto nella resistenza, altri erano reduci dai campi di concentramento e questo 'segnava profondamente anche il loro impegno 'ambientalista' più 'naturalista' che 'protezionista' come più spesso veniva detto', che veniva ad assumere anche una valenza e un significato di riscoperta di 'valori' che la guerra e il fascismo avevano rovinosamente calpestato. C'è insomma in quel 'fervore' naturalista una passione civile, una tensione ideale, uno spirito di sacrificio che raramente si sarebbe ritrovato in misura tanto spiccata e 'pura', anche in quei movimenti negli anni successivi. E in questo probabilmente c'è qualcosa su cui varrebbe forse la pena di riflettere maggiormente visto che generalmente nel nostro paese più che in altri la 'politica' anche nella sua accezione più nobile di impegno civile è sempre (o quasi) stata considerata 'altra' e separata se non estranea alle vicende della cultura ambientalista. Quasi un timore di sporcarsi le mani. Ebbene dalla ricca documentazione di questo volume che Pedrotti ha il merito di avere ben selezionato attraverso anche le biografie di alcuni dei maggiori esponenti del movimento traspare, almeno in quegli anni, un quadro più mosso, più sfumato anche per la diversa biografia dei protagonisti in cui si ritrovano personalità di diversa provenienza culturale e sociale. Intendiamoci le critiche specie da parte di figure combattive come Renzo Videsott verso chi governa sono sferzanti (si vedano le caustiche considerazioni sul comportamento del rappresentante del governo italiano alla assemblea di Fontainebleau nel 1948 in cui fu fondata la UICN, quasi mai presente alle votazioni perché sempre in giro a Parigi) ma esse si accompagnano costantemente alla preoccupazione e consapevolezza che 'senza' la politica ben poco si può fare. Ed è al mondo delle istituzioni, del parlamento, del governo, delle regioni oltre che a quello degli studiosi che egli vorrebbe infatti dedicare una rivista almeno un numero unico, da pagare magari in tutto o in parte con l'equivalente di uno stambecco. Una attenzione che gli farà subito cogliere le nuove potenzialità del sistema regionale e delle autonomie speciali previste dalla Costituzione. Il linguaggio delle lettere e degli articoli pubblicati su vari organi di stampa in quegli anni e che Pedrotti ha intelligentemente raccolti e selezionati nel volume è anch'esso, d'epoca per il suo 'romanticismo' e un 'enfasi' che non raramente deborda in una retorica che a noi oggi può risultare eccessiva. Ma anche in questi 'eccessi' e 'stonature' c'è il segno tangibile, inequivocabile di una passione che non ha nulla di 'ideologico' perché - e anche questo emerge nettamente dalla lettura del libro - in quel movimento si confrontano culture ed esperienze diverse che rifiutano tutte di farsi incapsulare in una 'ideologia'. E anche questa è una bella lezione di cui forse non sempre negli anni successivi quando i movimenti non riguardavano più 'il fervore di pochi' si è fatto tesoro. E merito del libro di Pedrotti se vicende e scritti ormai così lontani ci vengono riproposti e ricordati permettendoci di scoprire che in esse c'è ancora una 'attualità', che è bene non ignorare e dimenticare. R.M.
Aree naturali protette. Volume di 254 pagine, formato 17 x 24, in carta patinata con copertina a colori. Riccamente illustrato (circa 250 fotocolor di varie dimensioni e di ottima qualità), con numerose cartine e disegni il volume espone in modo chiaro e sistematico la situazione delle aree protette in regione. Significativo il capitolo introduttivo con il paragrafo "la conservazione della natura e lo sviluppo sostenibile", cui fa seguito l'ampia illustrazione dell'evoluzione normativa e il richiamo alle basi scientifiche sulle quali sono state fondate le aree protette regionali. Il volume, sempre ottimamente curato anche nei dettagli e con un taglio decisamente naturalistico (ciò che non guasta visto che spesso si parla di conservazione della natura ignorando o sottovalutando tali aspetti), dedica circa 50 pagine ai due parchi regionali, delle Dolomiti Friulane e delle Prealpi Giulie. Quasi 100 pagine sono quindi dedicate alle riserve naturali: Forra del torrente Cellina, Lago di Cornino, Foci dello Stella e Valle Canal Novo, Foce dell'lsonzo, Valle Cavanata, e le Riserve naturali del Carso che comprendono i Laghi di Doberdò e Pietrarossa, le Falesie di Duino, il Monte Lanaro, il Monte Orsario e la Val Rosandra. Particolarmente interessante è il capitolo dedicato alle aree di reperimento, previste dalla legge regionale 42 del 1996. Si tratta di 20 aree che dovrebbero, gradualmente, diventare, con specifici provvedimenti, parchi o riserve. Nell'ordine si parla di: Monte Auernig, Alpi Carniche, Jof di Montasio e Jof Fuart, Laghi di Fusine, Monte Mia, Monte Matajur, Foresta del Cansiglio, Sorgive di Bars, Fiume Livenza, Magredi del Cellina, Risorgive del Vinchiaruzzo, Palude Moretto, Risorgive dello Stella, Palude Selvote, Bosco Baredi, Bosco Coda di Manin, Valle Pantani, Isola di S . Andrea, Banco d' Orio, Landa Carsica. Il capitolo successivo è dedicato ai 16 biotopi naturali già istituiti e che consentono la protezione di aree ridotte come estensione di rilevante interesse scientifico. Essi riguardano ambienti di straordinario pregio quali magredi e vari tipi di torbiere. Il capitolo conclusivo tratta le fonti legislative e riporta stralci della 394/91 e della legge regionale 42/96. Collaboratori e autori delle fotografie (una ventina) sono stati citati e ciò dimostra la serietà con la quale, talvolta lavorando controcorrente senza farsi condizionare dal potere politico o da altre pressioni, e pur di fronte a numerosi ostacoli, il coordinatore Franco Musi, dirigente responsabile del settore aree protette in regione, ha affrontato l'impegno editoriale. Il volume non è soltanto uno dei non infrequenti testi di divulgazione naturalistica ma uno strumento prezioso per la conoscenza di un patrimonio ambientale tra i più ricchi del nostro paese e per far crescere il sistema delle aree protette, a dimostrazione che anche quelle regionali, rispettando determinate regole, possono essere ben gestite e contribuire alla conservazione più di altre, magari nazionali, in cui i supporti scientifici (condizioni sociali a parte) non sono sempre stati adeguati.
Le aree protette hanno un Codice E stato editato, per i tipi di Giuffrè, e presentato nel corso di diversi incontri sul territorio nazionale, il Codice delle Aree Protette elaborato dall'Istituto di studi giuridici del Cnr, sotto la direzione del professor Sergio Marchisio, a cura di Valentina Della Fina, Ornella Ferrajolo, Giuliano Salberini, Gianfranco Tamburelli. Un evento editoriale e scientifico di particolare importanza - si tratta, tra raltro, della prima raccolta sistematica di leggi in tema - che arriva a sottolineare un fatto altrettanto importante, come il nostro Paese, negli ultimi sette anni, abbia compiuto passi da gigante nella tutela e nella regolamentazione del territorio prevista dalla legge quadro 394/91.
Le siepi in campagna Mantenere e migliorare una siepe o impiantarla di nuovo significa riacquistare consapevolezza del valore e della necessità di un ambiente differenziato nelle sue componenti strutturali e salvaguardato nella sua diversità biologica. Ridare alla campagna la sua dotazione di alberi e di arbusti equivale a ritenerla non più solo il luogo della massima produttività, esclusivo e perciò ostile, ma uno spazio godibile, vivace e gradevole. In questo senso risponde molto bene Le siepi in campagna di Valerio Ferrari - Damiano Ghezzi (Edagricole -Edizioni Agricole, Bologna, pag. XIV+210, ill. 186, L. 35.000) che consentirà di apprezzare pienamente i molteplici vantaggi offerti dalla presenza delle siepi nelle nostre campagne, esse fungono infatti da barriere sonore e frangivento, conservano e proteggono il suolo, consolidano il fondo dei piccoli corsi d'acqua, provvedono al controllo biologico dei parassiti, rendono piacevole 1' architettura del paesaggio. Le siepi costituiscono inoltre l'habitat ed il luogo di rifugio di innumerevoli specie animali e vegetali, contribuiscono a migliorare la qualità dell ' aria, senza dimenticare i benefici per 1' apicoltura, la produzione di legname, frutti selvatici, piante alimentari ed officinali, funghi e tartufi. Non occorrono i grandi spazi della campagna, sede naturale delle siepi: pochi arbusti possono trovare posto anche sulle superfici minime dei giardini di città. Un'infilata di prugnoli o di biancospini compone una delle più vivaci recinzioni di giardino; cortine arbustive sono spesso utili a separare il giardino da una strada adiacente, attenuando così anche il disturbo derivato dal traffico. Alcuni capitoli rappresentano un sicuro spunto per osservare sul campo, conoscere e approfondire il microcosmo "siepe". Il capitolo dedicato alle esperienze didattiche, in particolare, sarà di grande utilità per gli educatori, che potranno guidare i giovani "naturalisti" al riconoscimento delle siepi come modello semplificato dei sistemi ecologici di più vaste proporzioni, abbinando le lezioni in classe all'osservazione dal vero effettuata in campagna, gli etologi troveranno di grande interesse la parte dedicata alla siepe nell'ecosistema agrario e al rapporto tra la flora e la fauna; i progettisti di architettura del paesaggio leggeranno con piacere i capitoli sulla varietà e la riqualificazione paesaggistica, l'impianto e la manutenzione. Di particolare pregio le 33 schede relative agli alberi e arbusti delle siepi, che riportano la descrizione, il periodo di fioritura, caratteristiche e utilizzazioni, le note di ecologia, propagazione, la fauna ospite e sono corredate da bellissime illustrazioni.
La ricchezza naturale delle nazioni All'opinione pubblica risulta oggi molto arduo capire i meccanismi che regolano i sistemi di imposizione fiscale. Ancora più difficile risulta dunque riuscire ad avere un'opinione sul significato di una tassazione a favore dell'ambiente. Cosa significa "chi inquina deve pagare?". I risultati di qualsiasi nuova tassa non si rifletteranno comunque sulle spalle dei contribuenti, già tartassati al di là del possibile?
Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi Studi e Ricerche Prima pubblicazione della serie "Studi e ricerche del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi", il volume raccoglie i risultati di tre anni di studi, svolti nel territorio del Parco e nelle zone limitrofe, al fine di individuare i caratteri distributivi, di densità e dinamicità di alcuni esemplari della fauna locale. Lo studio si inserisce nell'ambito di una serie più ampia di ricerche, non solo di tipo naturalistico ma anche storico, culturale e socioeconomico, promosse dal Consiglio Direttivo del Parco per disporre degli elementi conoscitivi necessari ad una corretta programmazione e gestione dell'area protetta. E.R.
Il bacino del Massaciuccoli Collana E stato recentemente pubblicato il quinto volume della collana di studi tecnicoscientifici che, da più di dieci anni, si interessa dei problemi di salvaguardia e risanamento dell'area lacustre del Massaciuccoli. L'intera zona, particolarmente interessante sia dal punto di vista naturalistico che antropico, si pone all'interno del Parco regionale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, costituendone una delle maggiori attrattive. E.R.
I Taccuini del Parco Stampate su carta riciclata e realizzate con finanziamento della Regione Piemonte e dell'Unione Europea, le due "mini" guide edite dall'Ente Parco Nazionale della Val Grande hanno una veste accattivante, ricca di immagini e illustrazioni che rendono semplice e invitante la lettura. l due volumetti della collana I Taccuini del Parco, vogliono essere, come si trova scritto nella pagina introduttiva, "un compagno di passeggiata che può aiutare a leggere i molti messaggi scritti dalla natura e le testimonianze lasciate dall'uomo" in questo territorio per lo più incontaminato. Istituito con la legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991, il Parco Nazionale della Val Grande ha un'estensione di circa 12.000 ettari, compresi tra le province di Verbano-Cisio-Ossola, e tutela l'area selvaggia più vasta d'Italia. Un territorio per lo più incontaminato dove non mancano, però, i segni lasciati da una civiltà montanara che per secoli ha vissuto in questa valle adattandosi alle difficoltà e alle asprezze di questo luogo ricco di fascino. Le guide sono divise in due sezioni: la prima "da leggere tranquillamente a casa", illustra alcuni caratteri floro-faunistici che caratterizzano l'itinerario proposto, l'altra, "da leggere lungo il sentiero", suggerisce alcuni elementi di interesse sui quali vale la pena fermarsi ad osservare. E.R
La natura da lavoro Quello che poteva essere un vero e proprio vademecum per instradare i giovani alle professioni dell'ambiente si dimostra, invece, una rassegna sbrigativa e poco approfondita dell'argomento. In un settore che purtroppo non fornisce ancora grandi capacità di assorbimento trascurare l'universo delle decine di parchi e riserve regionali, che da soli hanno assunto assai più personale di quelli nazionali, ci pare una lacuna grave, come pure troppo sbrigativamente sono state trattate le strade che portano alla libera professione di molte lauree specificatamente collegate alle conoscenze ed alle professioni fondate sulla gestione dell'ambiente e del territorio. Nel caso dei parchi sarebbe stato interessante dare anche ragguagli sul tipo di attività svolte e quindi qualche notizia sulle professioni richieste. S.C.
Le aree protette della Campania Già nella presentazione del volume si avverte che l'indagine compiuta dagli autori sulla situazione delle aree protette campane 'evidenzia implicitamente una scarsa o, peggio, contraria partecipazione degli enti locali' ed in particolare la 'inattività' della Regione Campania tanto in senso lato in materia di pianificazione territoriale tanto in senso stretto sulla istituzione definitiva e completa delle aree protette regionali'. In effetti gli autori (Palladino come sanno i nostri lettori è un ricercatore del CNR che da anni si occupa di questi problemi non soltanto nel nostro paese) ricostruendo con 'pignoleria certosina la tormentata vicenda campana documentano i ritardi della regione rispetto alla sua stessa legge non esente da forti limiti (specie per quanto riguarda il ruolo degli enti locali) ma pur sempre volta alla istituzione di un buon numero di aree protette sebbene non 'equamente' distribuite sul territorio regionale e classificate semplicisticamente in due sole tipologie; i parchi naturali e le riserve naturali. Per i primi è previsto un ente di gestione con personalità giuridica di diritto pubblico, per le seconde la costituzione di un Ente unico in ogni provincia. Ai parchi nazionali e regionali vanno poi aggiunti 132 siti di importanza comunitaria per 310.353 ettari pari al 22,83% del territorio regionale. Il quadro che ne risulta è di 18 parchi e riserve naturali statali e regionali a cui vanno sommate 10 aree protette private, della Associazione italiana per il WWF. R.M.
Le parole dei parchi A fine maggio di quest'anno l'associazione italiana dei comunicatori ambientali (al secolo "Comunica onlus") organizzò a Milano, d'intesa con la Federazione nazionale parchi e riserve e con il Parco Nord, un incontro durato l'intera giornata, per riflettere tra addetti di differenti e forse complementari lavori sulla realtà e sulle potenzialità della comunicazione nei parchi. Il dibattito si svolse al centro scolastico della Provincia di Milano, all'interno del Parco Nord nel quale parco contemporaneamente si svolgeva la manifestazione "vita da parchi". Ci furono oltre dieci tra relazioni e comunicazioni, senza defezioni, nonostante un infausto sciopero dei taxi meneghini. Tutti (da Mario Sartori a Francesco Borella, da Antonio Ferro a Fausta Setti, da Gianni Boscolo a Giuseppe Loy Puddu, a Roberto Furlani, a Luciano Saino, Federica Zandri, Alberto Tenconi, Stefania Fontana, Massimo Piraccini, Damiano Di Simine, Maddalena Colombo, Marco Lombardi e Fortunato Gallico, per non dire di Mariano Guzzini che parlò due o tre volte, se mettiamo nel conto anche le impertinenze e le interruzioni) trovammo il modo di confrontarci appassionatamente, anche con qualche modesta polemica, risolta al buffet con effetti speciali di cortesi cordialità. Ciascuno di noi apprese informazioni interessanti soprattutto perché non si trattava dei soliti addetti ai soliti lavori, ma, per la prima volta, al club spesso autoreferente degli amministratori dei parchi e delle associazioni ambientaliste si erano mescolati professionisti della comunicazione e specialisti che svolgevano esperienze di comunicazione in diversi settori collegati o collegabili alla tutela. Ciascuno, insomma, era consapevolmente portatore di una soggettività molto parziale, che domandava di integrarsi per comporre un nuovo scenario. Gli atti di quell'incontro sono, come capita a volte nei casi migliori, uno strumento di lavoro utile agli specialisti, ma anche una occasione di piacevole lettura per chi si volesse documentare sul livello raggiunto dal dibattito sulla comunicazione nei parchi. Specifiche relazioni aggiornano su particolari risultati già raggiunti (nelle realtà piemontesi, lombarde, marchigiane) non manca il punto di vista del WWF e di Legambiente, e le esperienze di comunicazione vengono collegate con il lavoro di educazione ambientale ma anche con l'avvio di politiche di marketing vere e proprie. Alla parte che aggiorna sulle esperienze e sui punti di vista si aggiunge un blocco di relazioni che avanzano proposte anche di tipo organizzativo. Si immaginano osservatori sulla comunicazione, azioni per avvicinare le politiche turistiche a quelle ambientali, e si tenta di individuare le linee di tendenza della comunicazione generalista e di quelle di nicchia per valutare la notiziabilità futura delle aree protette in quanto tali, ed in quanto fonti primarie di notizie introvabili altrove. Nelle cento pagine del libro (che può essere acquistato rivolgendosi a "Comunica onlus", Milano) ritroviamo ben descritto l'attuale livello della comunicazione delle aree protette, e troviamo "cartelli" che segnalano possibili piste verso assetti migliori del rapporto tra comunicazione, educazione e sviluppo complessivo. Lo sforzo lodevole di chi ha immaginato l'incontro di Milano va incoraggiato in molti modi. E, tanto per cominciare, procurandosi questi atti, graficamente gradevoli, leggibili, e ricchi di sostanza sia sul versante della documentazione che su quello delle ipotesi di lavoro per l'avvenire. M.G.
Nasce la rivista Alpe L'ALPE è l'ultimo nato nel mondo della carta stampata. Elegante e curato nella forma, specialistico nel contenuto, il periodico ha l'aspetto di un libro e l'agilità di una rivista. E' il primo giornale internazionale che parla in modo esclusivo delle Alpi: di aspetto gradevole è simile più ad una pubblicazione d' arte che ai molti giornali sportivo-escursionistici di montagna.144 pagine, periodicità semestrale, £.19.500, è frutto della collaborazione fra gli editori Priuli & Verlucca (Italia) e Glénat (Francia). Ogni numero affronta uno specifico argomento: il primo fa il punto sulla situazione delle Alpi intorno al nuovo Millennio e parla delle sue innumerevoli sfaccettature. Oltre alla cura meticolosa dei testi, impaginati in modo da esprimere il meglio da ciascuna immagine, L'ALPE ha il pregio di presentare una pubblicità in tema con gli argomenti trattati e soprattutto di concentrarla in un blocco unico per non penalizzare l'identità estetica della rivista. Lo stile 'culturale' che caratterizza la pubblicazione è sempre ben evidente, ma il modo di porgersi al lettore è diretto e spigliato. Gli articoli sono veri e propri 'saggi brevi', scritti in un linguaggio divulgativo, comprensibile a tutti. La novità di maggior rilievo, quella che colloca in 'alto' la rivista e la vasta operazione di sintesi culturale di cui è l'espressione, è data dalla presenza di un Comitato scientifico di studiosi ed esperti di fatto e non solo di nome. Coordinato da Daniele Jalla, il Comitato si compone di dieci membri scelti fra storici e sociologici, antropologi e glottologi, naturalisti e geografi, tecnici della comunicazione e giornalisti. Fare il punto, ordinare e organizzare, riunire informazioni, materiali e documenti che oggi fanno capo a singole discipline o sono conosciuti soltanto a chi frequenta settori specialistici o affronta problematiche iperspecifiche. Insomma, un concentrato interdisciplinare di cui si sentiva il bisogno, con l'obiettivo di stimolare l'attenzione degli operatori alpini verso un ambito territoriale ricco di potenzialità ma nel contempo fragile e delicato. Le Alpi sono il comprensorio montano più esteso d'Europa e in qualche modo ne rappresentano il cuore forte, nel senso della durezza della roccia e della determinazione delle diverse culture alpine. Per secoli le Alpi furono considerate come una barriera di separazione, mentre oggi sono un insostituibile nodo di comunicazione fra paesi e popoli differenti, al di qua e aldilà dello spartiacque. In un territorio suddiviso in 6 stati, vivono oltre 14 milioni di persone che appartengono ai tre gruppi linguistici più diffusi sul continente: neolatino, germanico e slavo. Fascino di ambienti naturali incontaminati e pesanti segni impressi nel paesaggio dall'incessante opera di trasformazione dell'uomo, spopolamento delle terre più aspre e inospitali e crisi dei tradizionali settori produttivi, scoperta della vocazione turistica e presenza oppressiva di infrastrutture necessarie ma invadenti: una realtà complessa che non fa mistero delle molte contraddizioni con cui è costretta a convivere. Proprio per dare voce a questo articolato intreccio di rischi e prospettive è nata L'ALPE, una sfida culturale che nel contesto della Comunità Europea contribuisce al sorgere di prospettive di sviluppo più consone alle esigenze di chi nelle Alpi abita e lavora. Di qui, tanta attenzione per un prodotto editoriale dove nulla è lasciato al caso. La prima parte della rivista contiene una serie di articoli inerenti la vita dell'uomo sulle Alpi, dalla preistoria ai giorni nostri: una lunga monografia che riflette la storia, l'arte e il modo di vivere delle popolazioni alpine. La seconda parte invece ha il carattere informativo e pratico, tipico del notiziario. Una decina di rubriche fanno conoscere al grande pubblico il calendario di eventi e manifestazioni, gli appuntamenti e le attività degli Enti e delle Associazioni. Alla carrellata sulle varie iniziative, si aggiungono poi recensioni e segnalazioni bibliografiche. Nel primo numero si nota però come la parte dedicata al settore geografico delle Alpi occidentali sia preponderante rispetto agli altri: un piccolo neo che ci auguriamo scompaia già nel prossimo numero di maggio. E.M. |