PARCHI | ||
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 28 - OTTOBRE 1999 |
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Verso il sistema dei parchi del Duemila Maurizio Fraissinet* |
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Nel nostro paese gli Enti Parco, siano essi nazionali o regionali, i vari consorzi locali di tutela di singole aree protette, le direzioni di riserve nazionali o regionali, le associazioni ambientaliste gestiscono, complessivamente, più dell'8% del territorio nazionale. Una percentuale destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni, sia per la "inarrestabile attività" del Ministro, sia per il "risveglio" di alcune regioni meridionali. In questo otto e passa per cento di territorio nazionale protetto gli enti gestori sono chiamati a far rispettare i vincoli ambientali e urbanistici, utilizzando a tale proposito anche apposito personale in divisa, a promuovere conservazione della natura, attività molto gratificante sul piano dell'immagine, a promuovere sviluppo turistico mantenendo le necessarie condizioni di standard qualitativo, a promuovere l'agricoltura, la pastorizia e l'artigianato, a tutelare e a promuovere le tradizioni e la cultura locale, a valorizzare i centri storici e il patrimonio storico-ambientale, a promuovere la ricerca scientifica, a sperimentare nuove forme di sviluppo eco-compatibile, nuove forme di tecnologia a ridotto o nullo impatto ambientale, si pensi, ad esempio, ai mezzi a trazione elettrica, alla solarizzazione degli edifici pubblici, alla raccolta differenziata. Non da ultimo, la creazione di attività produttive che inducano lavoro. Non è poco. Anzi è tanto, e comporta grandi responsabilità, grandi capacità manageriali, grandi capacità di interlocuzione politica. E una nuova realtà con la quale il nostro paese, nel bene, e per alcuni, anche nel male, deve fare i conti e deve abituarsi a convivere, mettendo in conto che si tratta di una realtà in forte crescita e destinata, inevitabilmente, ad avere un peso sempre maggiore nella conduzione della cosa pubblica in alcune parti del territorio nazionale. Di tutto ciò è necessario, però, che se ne rendano conto, in primo luogo, gli stessi Enti Parco, il mondo ambientalista, sia esso di tipo associativo, che politico. E necessario che 1' ambientalismo italiano, ma non solo, prenda coscienza del fatto che con la istituzione degli Enti Parco le battaglie per la conservazione della natura e del territorio hanno fatto un enorme salto di qualità. In molte parti del nostro territorio nazionale la conservazione della natura e la difesa dell'ambiente, sono diventate un primario dovere istituzionale, una realtà normativa con la quale dover misurare le economie e le politiche del territorio, un impegno professionale per tanti uomini e donne. Occorre pertanto che prima di altri si entri in una nuova mentalità. Si lavori con in testa un'idea che abbia al centro professionalità, equilibrio, innovazione, promozione, attenzione alle attività produttive, attenzione alla immagine, spinta alla crescita in termini di qualità della conservazione della natura, di consenso, di introiti economici, di un insieme di realtà attive e connesse tra loro, in un unicum complesso che trovi il suo motivo di essere nel fatto che il territorio è protetto e vincolato nella sua integrità naturalistica e ambientale. Non è facile, certo, prendere rapidamente coscienza di questa nuova complessità territoriale, e non è un caso, forse, che queste riflessioni vengano fatte da chi presiede il Parco Nazionale del Vesuvio. Lavorare in un Parco immerso in una delle realtà territoriali più complesse sotto il profilo sociale, culturale, ambientale ed economico, ha necessariamente comportato il rendersi conto subito della complessità, ma anche della grande valenza, che può avere l'istituzione e la gestione di un'area protetta. Di questa potenzialità occorre prendere coscienza quanto prima per evitare imperdonabili ritardi nel decollo delle aree protette e, soprattutto, per non farsi trovare impreparati nel momento in cui, e sta già avvenendo, di queste potenzialità se ne rendano conto altri settori della società italiana che, altrettanto legittimamente degli ambientalisti storici, possono aspirare a gestire un'area protetta. E facilmente intuibile, infatti, che il futuro scenario antropologico degli Enti Parco non sarà costituito solo da quegli uomini e quelle donne che tanto hanno lottato per ottenere la protezione del singolo territorio, ma, al contrario, vedrà l'inserimento di nuove figure, anche di diversa provenienza culturale. Ciò non dovrà scandalizzare, dovrà, al contrario, essere previsto e gestito. E necessario, a mio avviso, che si lavori da oggi per esaltare tutte quelle potenzialità culturali, economiche e sociali che sono insite nel sistema dei parchi italiani, e che ancora troppo timidamente e "pudicamente" si fanno avanti. Occorre andare oltre "Parco produce", a cui va indubbiamente il merito di aver fatto capire che i Parchi producono reddito, oltre la festa in una singola città, anche se a queste feste va il merito di aver fatto incontrare tra loro i Parchi. E il momento di fare nuovi passi in avanti, di pensare in termini di sistema su scala nazionale. Si può immaginare una giornata nazionale, o meglio ancora europea, dedicata ai Parchi, e in cui i cittadini sappiano che visitando il Parco più vicino alla loro città vi troveranno, per l'occasione, animazioni, stands sui prodotti enogastronomici e artigianali, escursionismo guidato, spettacoli tradizionali, ecc.. Si può immaginare un circuito commerciale di grande distribuzione, sia appoggiato a una catena di grandi magazzini, o ad una grande struttura di distribuzione, per commercializzare su ampia scala i prodotti delle aziende orbitanti dentro e intorno ai Parchi. Dovrebbe essere possibile, cioè, acquistare a Milano o a Palermo i biscotti prodotti nel Parco nazionale del Gargano, o il nocillo prodotto nel Parco Nazionale del Vesuvio, e, ancora, dovrebbe essere possibile trovare punti vendita in tutta Italia in cui acquistare i vini dei Parchi, la frutta dei Parchi, il miele dei Parchi, i prodotti artigianali, e cosi via. La riuscita di una tale iniziativa comporterebbe una sensibile crescita per le economie locali che si tradurrebbe, ovviamente, in maggiore consenso e maggiore stabilità del sistema. Gli uomini che gestiscono le singole strutture del sistema potrebbero essere considerati sempre di più dei manager della conservazione della natura e della promozione ambientale e girare i Parchi nell'ambito del sistema. Non sarebbe necessario, a questo punto, che un Direttore o un Presidente di Parco debbano essere di provenienza locale, l'importante è che siano esperti capaci di gestire al meglio un territorio di ampia valenza naturale e ambientale. Essi sarebbero uomini del "sistema aree protette", esperti in grado di garantire anche quella necessaria uniformità di gestione su scala nazionale. La forza e l'entusiasmo necessarie per operare questo salto di qualità vanno ricercate nel percorso fatto dal convegno di Camerino nel 1980 sulla sfida strategica del 10% di territorio nazionale protetto ad oggi, ed accorgersi quanto sia stato realizzato in questi venti anni. Il rischio è che si venga tentati dal sentirsi appagati: siamo solo all'inizio della conservazione della natura. La scommessa è ora quella di renderla elemento centrale nella vita del paese. Su questa nuova sfida ci attende il duemila. *Presidente Parco Nazionale del Vesuvio |