Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 28 - OTTOBRE 1999
 

Il protocollo sulla biosicurezza
Valentina Della Fina*
 



Il 24 febbraio 1999, a Cartagena, si è conclusa con un insuccesso la prima Conferenza straordinaria degli Stati parti alla Convenzione sulla biodiversità, riunita allo scopo di adottare il Protocollo sulla biosicurezza. La Convenzione stessa all'art. 19, par. 3, contempla infatti la possibilità per le Parti di elaborare un protocollo al fine di stabilire delle procedure, compreso il previo consenso basato su un'informazione adeguata, per il trasferimento, la manipolazione e l'uso in condizioni di sicurezza di qualsiasi organismo vivente modificato (OVM) derivante dalle biotecnologie che sia in grado di produrre effetti nocivi sulla conservazione e sull'uso sostenibile della diversità biologica.

L'esigenza di adottare un protocollo alla Convenzione sulla biodiversità era stata già avvertita durante la prima Conferenza delle Parti (COP), svoltasi a Nassau dal 28 novembre al 4 dicembre 1994. Tuttavia, è solo con la seconda COP (Jakarta, 6-17 novembre 1995) che vengono poste le basi per 1' effettivo avvio dei negoziati. Nella Decisione II/5, infatti, le Parti dichiarano di voler elaborare uno strumento addizionale alla Convenzione "sulla sicurezza nel trasferimento, manipolazione e utilizzo degli organismi viventi modificati" ed istituiscono a tal fine il Gruppo di lavoro a partecipazione intergovernativa aperta sulla biosicurezza (BSWG), con il compito di predisporre il testo del Protocollo, entro il 1998. La sesta sessione del BSWG e la successiva COP straordinaria - svoltesi a Cartagena rispettivamente il 14-22 e il 22-24 febbraio 1999 - dovevano dunque rappresentare le tappe finali dell' iter negoziale avviato quattro anni prima. Malgrado l'intenso negoziato, in due giorni di consultazioni non è stato possibile raggiungere un'intesa su numerose disposizioni del Protocollo, permanendo ancora forti divergenze tra gli Stati appartenenti ai diversi schieramenti: America centrale e Caraibi; Europa centrale e orientale; Gruppo di Miami costituito dai paesi esportatori di OVM (Argentina, Austria, Canada, Cile, Stati Uniti e Uruguay);

Gruppo dei paesi "like-minded" (G-77 e Cina, eccetto i paesi in via di sviluppo appartenenti al Gruppo di Miami); Unione europea (UE). Allo scopo di concludere la COP con successo, l'UE ha proposto alle delegazioni di accettare il testo definito dalla sesta sessione del BSWG con l'aggiunta di un "pacchetto" di articoli che modificava, ed in parte eliminava, talune disposizioni sulle quali non v'era consenso. Tale soluzione di compromesso è stata accolta positivamente dagli Stati "like-minded", dai paesi dell'Europa centrale e orientale e da un terzo schieramento, detto "Gruppo di compromesso", formato da Messico, Norvegia, Repubblica di Corea e Svizzera; mentre il Gruppo di Miami, guidato dagli Stati Uniti, ha respinto la proposta.

La COP straordinaria è stata pertanto sospesa e con decisione EM-I/1 le Parti hanno assunto l'impegno di riprendere i lavori in tempo utile per la quinta COP di Nairobi del maggio 2000; è stato inoltre deciso che il primo strumento addizionale alla Convenzione sulla biodiversità assumerà la denominazione di "Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza".

L'esito negativo dell'iter negoziale pone alcuni interrogativi poiché, a partire dal processo avviato all'UNCED, si tratta del primo insuccesso di un negoziato in materia ambientale. E indubbio che le questioni connesse alle biotecnologie presentano degli aspetti molto complessi da disciplinare e, soprattutto, vanno ad incidere su interessi di carattere economico che gli Stati beneficiari non sono intenzionati a sacrificare assumendo degli obblighi a livello internazionale. Il testo del Protocollo di Cartagena è stato infatti concordato tra gli Stati membri dell'UE e la maggior parte dei PVS, ma non ha avuto 1 ' approvazione dei paesi appartenenti al c.d. "Gruppo di Miami", che si compone di Stati produttori di derrate contenenti OVM quali l'Australia, il Canada, tre paesi del Mercosur (Argentina, il Cile e l'Uruguay) e, infine, gli Stati Uniti, che non hanno ancora ratificato la Convenzione sulla biodiversità. Malgrado il limitato ambito di applicazione del Protocollo che, va ricordato, è destinato a disciplinare i movimenti transfrontalieri, la manipolazione e l'uso di organismi viventi geneticamente modificati che possono recare danni alla diversità biologica, tali Stati hanno ritenuto di non poter accettare il testo, decretando la sospensione del negoziato.

Le ragioni alla base di tale atteggiamento ostile sono numerose ma, in particolare, ha pesato il timore di restrizioni commerciali ai loro prodotti geneticamente modificati in ragione della "superiore" tutela ambientale. Queste stesse posizioni sono emerse nel corso della terza Conferenza ministeriale dell' Organizzazione mondiale del commercio (OMC) di Seattle (30 novembre3 dicembre 1999) in cui non è stato possibile raggiungere un accordo sulle biotecnologie a causa del forte contrasto tra Stati Uniti ed Europa, anche per quanto concerne il ruolo del futuro Protocollo sulla biosicurezza. In particolare, gli USA (insieme ai paesi esportatori di OVM appartenenti al gruppo Cairns, vale a dire Argentina, Australia, Canada, Brasile, Messico, Thailandia e Nuova Zelanda) hanno sostenuto l'esigenza di istituire un Gruppo di lavoro dell'OMC per definire i rapporti tra commercio, sviluppo sostenibile, salute e ambiente in materia di biotecnologie; mentre l'UE (soprattutto Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Svezia) e la maggior parte dei paesi in via di sviluppo hanno osteggiato la creazione di tale organismo nella convinzione che renderebbe del tutto vano il Protocollo sulla biosicurezza, giunto ormai alla fase conclusiva, e rischierebbe di affidare l'intera materia al controllo dell' OMC .

Se queste divergenze non inducono all' ottimismo, la ripresa di consultazioni informali - svoltesi a Montreal e a Vienna rispettivamente il 1° luglio e il 15-19 settembre 1999 - tra gli Stati appartenenti ai diversi gruppi che si sono confrontati a Cartagena, consente di sperare che si possa giungere all'adozione del Protocollo sulla biosicurezza all'inizio del Terzo millennio.

* Dottoranda in Organizzazione internazionale presso l'Università di Teramo