PARCHI | ||
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve
Naturali NUMERO 30 - GIUGNO 2000 | ||
Una conferenza nazionale sui temi del mare Renzo Moschini | ||
Il ministro Bordon nell'intervista pubblicata su "Parchi" ha dichiarato che entro la prossima primavera intende promuovere d'intesa con gli altri ministeri interessati una conferenza nazionale sui temi del mare. L'impegno fa seguito all'annuncio della firma dello schema di decreto della riserva marina di Tor Paterno e del decreto di allargamento e ridefinizione di quella di Punta Campanella già istituita. Negli stessi giorni il ministro, nel corso di una sua visita in Sardegna, aveva partecipato alla inaugurazione di una riserva marina a Capo Carbonara. La novità di questi primi impegni del ministro rivolti alle aree protette marine sta nel riconoscimento della necessità di passare da interventi 'puntuali' più o meno importanti e significativi ad una riflessione generale in cui affrontare 'in termini unitari' una questione che da troppi anni ormai è scandita dal monotono stillicidio di decreti firmati, decreti in attesa di firma, in via di definizione, correzione, integrazione, sempre e comunque in ritardo. La sequenza di questi provvedimenti - è bene non dimenticarlo - prende avvio non con la legge 394 del '91 bensì nell'82 con l'entrata in vigore della 979 cosiddetta del mare. Quasi un ventennio (e che ventennio!) in cui registriamo appunto quello stillicidio di decreti quasi sempre controversi, sottoposti a ripetuti rinvii, correzioni, sospensioni, ripensamenti la cui stessa contabilità appare problematica, che nel complesso riguarda ancora meno della metà delle oltre cinquanta riserve marine previste dalle due leggi nazionali. Chi avrà la pazienza di scorrere i nomi delle riserve istituite e raramente funzionanti e a regime faticherà assai a individuarne la esatta collocazione geografica e soprattutto a individuare e cogliere la 'logica', le reali motivazioni e diciamo pure il disegno che sta dietro quelle scelte. Fino al '91, ossia prima dell'entrata in vigore della legge quadro sulle aree protette, si poteva anche capire se non giustificare la notevole casualità dell'elenco allegato alla legge 979 il cui assem Una conferenza nazionale sui temi del mare Renzo Moschini blaggio risentiva chiaramente del ritardo storico del nostro paese in questo campo e quindi della scarsa conoscenza di una realtà a cui in qualche modo il parlamento cercava di rimediare. Così come non può sorprendere, se non coloro che nutrivano una cieca fiducia nelle virtù taumaturgiche del 'centralismo', se la legge sul mare affidata alla gestione di un ministero - quello della marina mercantile - assolutamente impreparato a misurarsi con i problemi della protezione ambientale, fallisse in questo arduo compito che poco aveva a che fare con le vecchie tradizioni, sensibilità e competenze. Con la legge quadro sulle aree protette le cose naturalmente cambiano (o avrebbero dovuto cambiare) anche se la nuova legge non cancellava del tutto alcune 'ambiguità' che segneranno e segnano tuttora la vicenda delle aree protette marine. Se la legge quadro ha infatti l'innegabile merito di avere ricondotto le riserve marine al più generale capitolo delle aree protette è vero anche, come riconoscono molti osservatori, che la scelta operata dalla 394 'si può definire complessa (se non ambigua) in quanto l'ambiente marino ricorre in relazione ai parchi nazionali e in misura minore a quelli della regione'. (O. Ferraiolo) Neppure la legge quadro, ambiguità a parte, riesce insomma a rimuovere una situazione che continuerà sostanzialmente a procedere lungo i vecchi scombinati binari. E se per i primi anni la responsabilità può essere ancora attribuita largamente se non interamente al Ministero della marina mercantile, che pure deve ora muoversi di 'concerto' con il Ministero dell'ambiente, quando la titolarità passerà interamente a quest'ultimo le cose non registreranno apprezzabili cambiamenti . Anzi per taluni aspetti le contraddizioni si acutizzeranno al punto di contrapporre le riserve marine a quelle terrestri fino a ipotizzarne una gestione 'separata' anche nell'ambito dei parchi nazionali e non soltanto regionali come è avvenuto sciaguratamente per il parco di Portofino. La cosa davvero singolare è che tutto ciò avveni·20 PARCHI va ed è avvenuto nel momento stesso in cui con la legge 426 si sarebbe dovuto finalmente mettere mano ad una gestione 'unitaria' del sistema complessivo delle aree protette sia terrestri che marine. Invece proprio in quel momento si sono registrate inspiegabilmente le posizioni più assurde anche nel rapporto con i vari livelli istituzionali regionali, provinciali e comunali la cui pessima gestione era già alla base del 'fallimento' della legge 979. Eppure sul sito del Ministero dell'ambiente alla voce 'tutela del mare e delle coste' si trovano queste parole: 'risulta illogica per non dire inutile ogni politica di tutela che non sia prodotta da un approccio globale e unitario alle diverse problematiche che vi emergono, in un processo di continua interazione. Per molti anni la tutela del mare in Italia ha invece sofferto di una eccessiva parcellizzazione delle competenze, di un quadro normativo disorganico e di incertezza riguardo alle responsabilità, ai ruoli e ai controlli, tutti elementi che hanno concorso alla situazione di degrado della nostra fascia costiera'. Non potrebbe essere detto meglio e nessuno più di noi che ci siamo accinti a mettere mano a CIP ( progetto coste italiane protette) ne è convinto. Peccato che a questa lucida analisi non abbia nei mesi scorsi corrisposto e fatto seguito una coerente attuazione e rispetto dei criteri che da queste premesse discendono. Fortunatamente anche in questo caso le dichiarazioni del nuovo ministro Bordon sembrano aprire una nuova fase che dovrebbe chiudere definitivamente un brutto capitolo che non ha giovato davvero alla credibilità complessiva delle aree protette. Rispondendo infatti alla domanda se egli intendeva affidare la gestione delle riserve ai parchi nazionali o regionali o ricorrere come a Portofino a nuovi soggetti, il ministro nell'intervista già citata è stato inequivocabilmente netto: 'io sono per affidare la gestione delle riserve marine ai parchi esistenti, come vuole d'altronde il buon senso'. Il buon senso; di questo c'era bisogno per girare finalmente pagina. Possiamo immaginarci la sorpresa se non il disappunto di coloro che nel corso di quest'anno e di quello precedente si erano arrampicati sugli specchi per convincerci delle ragioni 'giuridiche', 'costituzionali', 'funzionali' e chissà cos'altro che consigliavano, anzi obbligavano a soluzioni pasticciate che gridavano ven detta. Evviva dunque il buon senso che ci permette di rimettere le cose nella giusta carreggiata. Ma questa è solo la premessa; importantissima certo, che noi salutiamo con grandissima soddisfazione, alla quale deve ora seguire però, in vista anche dell'appuntamento di primavera, un preciso programma, un 'disegno'. Dicevamo della difficoltà per chiunque a individuare la dislocazione delle riserve istituite ed anche le ragioni di quella scelta. È questo un punto importante da cui partire. In pochi anni si è riusciti in base alla legge quadro a istituire una rete importantissima di parchi terrestri anche di grandissime dimensioni. Quello che in pochi anni si è riusciti a fare per i parchi terrestri non si è riusciti a fare per le ore protette marine in tanti più di anni. Perché? Certo il mare presenta problemi propri diversi, in cui - mi si passi il termine - non si è 'immersi' come in quelli del territorio. Ma al fondo la ragione del successo di quelli terrestri - dopo tanti ritardi che è bene non dimenticare - è da ricercarsi principalmente nel fatto che la loro istituzione appariva 'giustificata', 'motivata' da abbastanza precise finalità. I parchi avevano suscitato nonostante le immancabili polemiche molte aspettative nell'opinione pubblica perché da essi ci si attendeva 'protezione', ma anche interventi concreti sul territorio per l'agricoltura, il turismo e così via. I parchi potevano essere una occasione in più per aree marginali ma anche per territori in cui lo sviluppo doveva essere diversamente regolato, orientato. Si può dire altrettanto per le aree protette marine? Si può dire che l'intervento in certe aree marine (spesso fazzoletti o poco più) appariva e appare 'supportato' da questo tipo di motivazioni? Sul sito ministeriale già citato, ad esempio, gli interventi organici e coordinati ai quali si fa riferimento per le aree protette marine riguardano prevalentemente l'inquinamento. Un tema che sarebbe sciocco ovviamente considerare secondario alla luce anche delle denunce delle associazioni ambientaliste sulle spiagge non balneabili proprio a causa dell'inquinamento. Ma davvero 50 riserve (o parchi) marine alle quali stando ad alcune recenti proposte del WWF se ne dovrebbero aggiungere altre per costruire una sorta di linea Maginot, dislocate, ma forse è più corretto dire, 'disperse', lungo 8000 km di costa possono giustificarsi 'solo' e principalmente con questo·PARCHI obiettivo pure importantissimo? Detto molto all'ingrosso - ma i problemi richiedono naturalmente una analisi ben piu puntuale - potremmo dire che queste aree sono interessate in taluni casi molto alla pesca anche professionale, altre al turismo, altre ancora a più 'specifiche' finalitità; archeologiche etc. La costruzione di una sistema di aree protette marine che non voglia proseguire in questa estenuante e casuale sequela di provvedimenti di cui dopo quasi venti anni non si intravede la fine, specialmente se si dovessero allungare gli elenchi, deve poggiare su una ipotesi meno vaga, più 'forte', concreta, percepibile dalla opinione pubblica come è avvenuto per i parchi terrestri con risultati positivi. Si pensa che un certo numero di aree marine possano svolgere una funzione 'pilota' di sperimentazione per quanto riguarda la pesca, l'abbinamento di questa attività economica a forme di turismo sul modello agrituristico? Si ritiene che altre aree marine possano diventare luoghi di 'eccellenza' per un turismo marino diverso da quello sole e ombrellone? Insomma queste 50 aree protette marine che stanno li scritte in due elenchi ormai più che stagionati con o senza un decreto istitutivo che in molti casi non ha cambiato nulla o poco, possono uscire dall'anonimato se diventeranno oggetto di precise e chiare ipotesi di lavoro, di progetti da realizzare, finanziare, sostenere con l'impegno di tutto il sistema istituzionale e non soltanto di quella parte che caso per caso si ritiene più conveniente ai 'traffici' romani? È questo un altro punto cruciale sul quale dobbiamo essere molto chiari. Le aree protette marine più e non meno di quelle terrestri hanno bisogno del concorso operoso di tutti i livelli istituzionali. Proprio perché sulla linea di costa che fa da interfaccia ai problemi terrestri e marini si incontrano e si intrecciano anche le competenze spesso sovrapposte e confuse dello stato, delle regioni e degli enti locali gli interventi e la gestione delle aree protette marinocostiere ha indispensabile bisogno di coinvolgere tutti i livelli istituzionali. Non è pensabile, è assurdo che la gestione della riserva marina di Portofino non veda impegnata anche la regione o in altri casi la provincia e in altri ancora il parco terrestre. Da questo punto di vista le recenti dichiarazioni ma anche le prime iniziative del ministro Bordon, improntate come sono alla massima disponibilità e ricerca di collaborazione, anzi di 'leale collaborazione' istituzionale sono rassicuranti e beneauguranti anche sul fronte delle aree protette marine. Inutile dire che come per la seconda conferenza nazionale l'impegno dei parchi e della associazione che li rappresenta è fondamentale, come ha detto a Ercolano il ministro Bordon, anche per quella di primavera il nostro impegno non può essere e non sarà sicuramente da meno. Anzi cercheremo anche con nostre iniziative di studi e di confronto di prepararla e di prepararci al meglio. | ||