PARCHI | ||
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve
Naturali NUMERO 30 - GIUGNO 2000 | ||
Turismo e parchi Patrizia Rossi* | ||
L'Europa è un vecchio continente, in genere densamente popolato, culla di antiche civiltà: l'influenza umana sull'ambiente ha cominciato a farsi sentire fin dai tempi antichissimi della preistoria, quando l'uomo, trasformatosi da cacciatoreraccoglitore in agricoltoreallevatore, ha cominciato a disboscare le vaste foreste e a prosciugare le zone umide per ottenere terreni agricoli e pascoli. Oggi, se da un lato c'è molto poco di naturale nei grandi distretti industriali, in alcune regioni un equilibrato ed antico rapporto tra ambiente ed attività umane ha creato mirabili paesaggi culturali, mentre esistono ancora in altre regioni vasti territori disabitati, dove l'influenza delle attività umane è minima. Per questo, quando l'idea di parco nazionale fu importata dagli Stati Uniti all'inizio di questo secolo e furono creati anche in Europa i primi parchi nazionali, istituiti, non a caso, in Svezia, il 24 maggio del 1909 (EUROPARC ha deciso l'anno scorso di festeggiare questa data promuovendo la Giornata Europea dei Parchi) fu ben presto evidente che un solo tipo di area protetta, basata sul modello americano, non era sufficiente. Nel corso di questo secolo si sono così sviluppati, a seconda della situazione ambientale, socioeconomica, politica ed amministrativa dei vari paesi europei, diverse tipologie di aree protette, e le loro finalità si sono evolute passando dalla pura conservazione "sotto vetro" al concetto di sviluppo sostenibile. La panoramica ci porta dalle sterminate aree wilderness e di protezione integrata delle Zapovedniks russe, ai vasti parchi nazionali della Scandinavia, alla AONB, Areas of Outstanding Natural Beauty britanniche, ai parchi regionali francesi, ai naturpark tedeschi, alla straordinaria varietà tipologica di aree protette delle regioni mediterranee, che comprende, oltre ai parchi nazionali e regionali, riserve naturali di diverse dimensioni e finalità, biotopi puntiformi, monumenti naturali, oasi di protezione: infine, a livello europeo, i siti di importanza comunitaria della rete NATURA 2000. EUROPARC è l'organizzazione paneuropea che raggruppa tutte le tipologie di aree protette. È un'organizzazione politicamente indipendente nata nel 1973. Conta attualmente 350 membri, soprattutto parchi e altre categorie di aree protette, in 33 paesi europei, dagli Urali all'Atlantico, dall'Islanda alla Sicilia. EUROPARC ha la scopo di migliorare la conservazione e la qualità ed efficacia delle aree protette in tutta Europa, attraverso scambi tra i professionisti, la diffusione di informazione ed esempi, lineeguida, conferenze, seminari, gruppi di lavoro tematici, progetti articolati. Nel 1991 EUROPARC creò un gruppo di lavoro sul turismo, la cui attività fu finanziata in parte dalla DGXXIII: 14 esperti provenienti da diversi paesi europei, sia dal settore ambientale che da quello turistico. Dopo due anni di lavoro, attraverso meeting e workshop, il gruppo produsse un rapporto, pubblicato nel 1993 col titolo significativo di "Loving them to death?" "Amarli da morire". Sottolineando le contraddizioni tra turismo di massa e conservazione, il rapporto suggeriva di adottare per le aree protette i principi del turismo sostenibile. Che cosa si intende per turismo sostenibile? "Caring for the Earth" è un importante documento prodotto nel 1991 da IUCN, WWF e UNEP in questa strategia lo sviluppo sostenibile è descritto come "un tipo di sviluppo che consente un reale miglioramento della qualità della vita umana, ma alla stesso tempo conserva la vitalità e la diversità della Terra; ...l'umanità dove adottare stili di vita e tipologie di sviluppo che rispettino e siano in equilibrio con i limiti della natura". Questi principi furono ripresi nel 1992 dal Summit delle Nazioni Unite a Rio de Janeiro. Il turismo sostenibile applica questi principi alle attività turistiche. Nei Paesi dell'Unione Europea il turismo è ormai una della maggiori industrie, che fornisce reddito e lavoro a milioni di persone: le vacanze e i viaggi non sono più un lusso, ma una necessità e ogni cittadino si concede, in maniera appropriata al proprio portafoglio, questo tipo di svago, che produce non solo benessere ma anche cultura. Purtroppo però gli anni '80 hanno visto l'esplosione del turismo come fenomeno di massa: basato su grandi numeri e grandi infrastrutture per poter essere redditizio, ha causato gravi danni non solo a famose destinazioni storicoculturali e località sportive e di soggiorno, ma anche a molti siti naturali. Un parco, un'area protetta, per il solo fatto di racchiudere qualcosa di prezioso ed eccezionale, attira i visitatori come i moscerini alla frutta. Inoltre il caos e lo stress della vita nelle grandi città spingono sempre, più all'evasione e alla ricerca dei silenzi della natura e dei suoi valori spirituali: con tutte le contraddizioni della situazione, ben sintetizzate dal titolo del documento (Amarli da morire?). Sebbene ogni anno aumenti il numero della aree protette e la superficie complessiva, aumenta anche il numero di visitatori, addirittura in modo vertiginoso per i siti più apprezzati e famosi. Poiché i dati non sono sempre disponibili e non sono molto aggiornati, citerò un solo esempio per rendere l'idea: il Parco Nazionale dei Tatra tra la Slovacchia e la Polonia, ha raddoppiato i propri visitatori negli ultimi 10 anni (da 4 a 8 milioni). I visitatori dei parchi inglesi sono dell'ordine delle decine di milioni l'anno, mentre per i parchi alpini sono solo qualche milione, concentrati però nel solo periodo estivo. Questo flusso di persone crea anche un notevole flusso di denaro, che, se ben gestito, potrebbe andare a vantaggio delle economie locali, di solito marginali e svantaggiate. Vediamo dunque a confronto i vantaggi e gli svantaggi del turismo di massa e del turismo sostenibile. Gli svantaggi del turismo di massa
Per le popolazioni locali
Per la società
I vantaggi del turismo sostenibile
Per il settore turistico
Per le popolazioni locali e la società
Nell'ambito dei principi del turismo sostenibile è fondamentale la definizione di capacità di carico: Capacità di carico 1 - capacità di carico ambientale Attività turistiche compatibili con le aree protette
Attività turistiche generalmente incompatibili con le aree protette
Per valutare l'impatto delle attività turistiche progettate per un'area protetta ci si deve porre le seguenti domande:
Aggiornamento, formazione professionale riguardo a:
Questi in estrema sintesi i punti principali evidenziati nel rapporto, che conteneva inoltre schede relative a 16 tra esempi e casistudio provenienti da 13 paesi europei, analizzati allo scopo di mostrare cosa fare e cosa non fare in diverse situazioni legate alla fruizione turistica delle aree protette. Concludevano il rapporto alcune raccomandazioni: tra queste, veniva suggerita la creazione di una apposita Carta Europea per il turismo sostenibile nelle aree protette. Questa costituì l'oggetto specifico di un progetto LIFE, finanziato nel 1995 dalla DGXI e condotto dalla Federazione Francese dei Parchi Regionali per conto di EUROPARC: il progetto aveva lo scopo di costruire la Carta e testarla in 10 parchi pilota appartenenti a 6 paesi dell'Unione Europea. La Carta fu allestita da un Comitato di esperti, una trentina di persone rappresentanti in modo equilibrato sia le aree protette, che il settore turistico e le organizzazioni internazionali. Il testo della Carta è il risultato della sperimentazione attuata durante tre anni nei parchi pilota, e della discussione condotta nel corso di una serie di riunioni del Comitato. La Carta è ormai una realtà, ufficialmente presentata nell'aprile dell'anno scorso a Lille. Il prodotto finale è sotto forma di un kit dove, oltre al documento della Carta, sono forniti anche alcuni strumenti utili alla sua applicazione pratica: una guida metodologica, le griglie di valutazione di cui spiegherò più avanti l'impiego, e 10 schede relative a specifici esempi di attività di turismo sostenibile sperimentate nei 10 parchi pilota. Il progetto ha prodotto inoltre una strategia di comunicazione per la diffusione della conoscenza della Carta in tutta Europa e l'applicazione nel maggior numero possibile di aree protette. Attualmente circa 15 parchi hanno già sottoscritto la Carta e molti dei loro rappresentanti sono presenti a questo seminario, (così come molti degli esperti del Comitato): ma c'è un grande interesse e richiesta di informazione da parte di ogni genere di aree protette europee. La Carta è una della priorità del Programma "Parks for Life" dell'IUCN, e segue i principi dettati dalla Carta Mondiale del Turismo Sostenibile sviluppata a Lanzarote nel 1995. Il Turismo sostenibile viene così definito: La Carta si basa su dieci principi:
I principi basilari della Carta sono dunque: la sostenibilità, il lavoro in partenariato, l'impegno reciproco sia dell'area protetta che del singolo operatore turistico. Essa suggerisce un metodo per costruire una strategia globale ed integrata con le altre attività compatibili del territorio e definisce responsabilità condivise per i tre settori coinvolti: l'area protetta, il settore turistico, i tour operators. Per questo il testo della Carta è diviso in tre parti, ognuna della quali deve essere sottoscritta dal relativo settore: L'area protetta si impegna a:
Tutto questo richiede indagini di mercato, l'obiettivo della qualità in ogni attività e infrastruttura, iniziative di marketing per l'individuazione di nuovi settori di clientela, attività di informazione e promozione, educazione e formazione professionale. I vantaggi per l'area protetta saranno:
Dal canto suo, l'operatore turistico si impegna a:
I vantaggi per l'operatore turistico saranno:
Anche i tour operators e le compagnie di trasporti, sebbene generalmente situate fuori dell'area, possono influenzare in modo decisivo le politiche turistiche e le loro conseguenze sul territorio. A loro è dedicata la terza parte della Carta. Il tour operator si impegna a:
I vantaggi per il tour operator saranno:
La Carta è già stata sperimentata in vari tipi di aree protette (parchi nazionali e regionali) in situazioni diverse, sia dal punto di vista del contesto ambientale e socioeconomico, sia dal punto di vista dell'organizzazione dell'area protetta stessa. Infatti, attraverso lo strumento delle "griglie di valutazione" tramite le quali si attribuisce un punteggio da 1 a 5 a numerosissimi parametri valutandone lo stato iniziale, il livello di pertinenza, e il grado di miglioramento, è possibile attuare una diagnosi accurata della potenzialità e della debolezza del territorio, e, al termine del periodo, valutare l'efficacia dei provvedimenti messi in atto. In tal modo vengono sì stabiliti standards elevati, ma la valutazione risulta equa e versatile perché consente di misurare e ricompensare il miglioramento, rendendosi in tal modo applicabile in tutte le situazioni. Siamo quindi dell'opinione che la Carta sia ormai pronta per essere adottata dall'intera famiglia di aree protette europee.
Il caso del Parco delle Alpi Marittime La valorizzazione della cultura locale Il parco comprende parzialmente il territorio di quattro comuni, per un totale di circa quattromila abitanti. Gli insediamenti principali, però, sono tutti fuori dal perimetro dell'area protetta, eccetto uno, la frazione di S. Anna di Valdieri, situata a 1000 metri circa, con un centinaio di abitanti. Con la loro collaborazione, da qualche anno il parco ha ripreso una tradizione antica, la festa in occasione della raccolta e battitura della segale. Questo cereale si differenzia dal grano per lo stelo e la spiga più lunghi e slanciati: per la sua resistenza al freddo e alla siccità è stato largamente diffuso nelle regioni montuose d'Europa dove è impiegato invece del frumento per la preparazione di un pane dal tipico colore bruno. Prima della diffusione della patata nel 1700 la segale era l'alimento principale e la sua cultura nelle nostre regioni ha addirittura modificato il paesaggio, caratterizzato, fino ai 1700 metri, da piccoli campi in terrazze sostenute da muretti in pietra a secco. Ogni parte del cereale era utilizzata, nulla era sprecato: la crusca per l'alimentazione del bestiame, i grani torrefatti per la preparazione di un surrogato del caffè... Particolarmente importante era l'utilizzo della paglia di segale per la copertura dei tetti, se ben fatti potevano durare tra 20 e 40 anni ed erano molto più economici della lastra di pietra. Sia i diversi momenti della coltivazione, sia i nomi degli strumenti utilizzati sono definiti da termini precisi in occitano, lingua ancora oggi parlata nel Midi della Francia, dall'Atlantico alle Alpi, dalla Dordogna ai Pirenei. In Italia è diffusa nelle Alpi SudOccidentali, dalla Valle Ellero, in Provincia di Cuneo, fino alla Valle Susa, in Provincia di Torino. Al tema della segale è dedicato l'ecomuseo del parco, in corso di allestimento che prevede il recupero completo, esterni ed interni, di un paio di abitazioni tipiche col tetto in paglia ed un percorso di scoperta dei campi terrazzati. Tutta la popolazione del villaggio partecipa all'organizzazione della festa, che si tiene ogni anno, la prima domenica di agosto: alcuni si cimentano con la cavalhia, il bastone snodato che, manovrato in modo circolare con colpi ritmici, stacca i grani dalla spiga. Altri offrono prodotti alla degustazione dei turisti: molto apprezzato il pane nero con il burro d'alpeggio e il miele di rododendro. Altri ancora presentano antichi mestieri, come la filatrice della lana, il mercante con il carro, il pastore. La festa termina con musica tradizionale, suonata su viula, fifre e semitun, e i balli in costume: courenta, gigo, balet, che vedono cimentarsi insieme gli abitanti e i numerosi turisti. L'aspetto positivo di questa festa è la sua autenticità: non si tratta di uno spettacolo folcloristico a beneficio esclusivo dei turisti, ma una vera esigenza della popolazione, che è parte attiva nell'organizzazione. L'esigenza corrisponde ad una volontà di recupero della tradizione prima della sua scomparsa: gli anziani del villaggio hanno voluto trasmettere ai giovani i valori del loro patrimonio culturale, prima che scompaiano. E anche, più semplicemente, fare festa insieme. Il ruolo del parco si limita al supporto tecnicoorganizzativo e al finanziamento. Attivazione di finanziamenti Il bilancio operativo del parco deriva dalle regolari assegnazioni annuali della Regione Piemonte, integrate da fondi europei erogati sulla base di appositi progetti finalizzati (relativi alla direttiva 2081/93 obiettivo 5b per la gran parte, oltre al programma INTERREG per le zone frontaliere, mentre la nuova sede è stata finanziata una tantum con i fondi per il piano triennale del Ministero dell'ambiente). Dall'istituzione ad oggi il parco ha effettuato investimenti sul territorio per la ragguardevole somma di 3 miliardi 613 milioni: per noi ha del miracoloso, se si considera che la nostra assegnazione annuale per l'ordinaria gestione, esclusi gli stipendi, è stata in media di 300 milioni annui. Questi investimenti hanno consentito l'allestimento di strutture operative o recettive come: 2 sedi, amministrativa e operativa, 4 centri visita, uno per ogni comune del parco, 8 parcheggi ed aree attrezzate per picnic, un giardino botanico, 4 sentieri autoguidati, 4 strutture recettive. Questo ci consente di introdurre il discorso sull'autofinanziamento. Ben lungi dall'essere un'azienda in attivo, abbiamo tuttavia iniziato a sviluppare delle attività economicamente redditizie per il bilancio del parco. Siamo infatti del parere che, mentre non ci sembra corretto nelle nostre situazioni esigere il pagamento di un biglietto di in gresso al parco, perché la natura è di tutti e l'attività di tutela svolta dal parco dove essere a favore di tutta la collettività, ci sembra invece corretto richiedere il pagamento di specifici servizi forniti su richiesta. Nel caso del Parco delle Alpi Marittime il piano dell'area prevedeva l'allestimento di una serie di strutture, dislocate opportunamente sul territorio, destinate all'accoglienza e alla fruizione turistica. Queste strutture sono:
Tutte queste strutture sono date in gestione a privati, per lo più residenti in loco. Nei centri visita si vendono pubblicazioni e gadget, e il parco riconosce una percentuale sugli incassi al gestore, oltre al pagamento di un compenso orario per il servizio informazioni. Sia per il giardino botanico che per le aree attrezzate e i parcheggi l'utente paga un biglietto di ingresso e una percentuale su questi incassi va al gestore. Per quanto riguarda le strutture recettive, le due foresterie sono autogestite: l'utente (per lo più studenti che svolgono tesi o ricerche nel parco) paga una quota modesta a titolo rimborso spese, che va direttamente al parco. I due rifugioalbergo sono affidati invece con un contratto quinquennale, ad un gestore, oltre ai soggiorni di studio per le scuole o i gruppi organizzati, sono adatti anche alla vacanze di giovani e famiglie. Le visite guidate sono state date in appalto all'Associazione degli accompagnatori naturalistici: tutti gli incassi vanno all'associazione e una piccola percentuale al parco. Queste gestioni hanno dato lavoro stagionale ad una quindicina di persone, mentre quattro di queste hanno un contratto annuale. Gli accompagnatori naturalistici occupati nel parco sono dieci: l'attività di accompagnamento ha consentito all'associazione un introito di una decina di milioni, mentre gli incassi del parco per la gestione delle strutture sono di circa cinquanta milioni. Un'altra attività più cospicua di autofinanziamento è la gestione faunistica: il parco possiede un ricco patrimonio faunistico di circa 4.500 camosci e 500 stambecchi. Nell'ambito dell'attività di collaborazione col Parco del Mercantour è stato possibile sviluppare un sistema molto efficiente di cattura a mezzo teleanestesia, dapprima applicato sullo stambecco, che ha consentito la reintroduzione degli animali in territorio francese e l'ampliamento dell'areale a buona parte delle Alpi SudOccidentali. Il sistema di cattura è stato poi esteso anche al camoscio. In questi anni abbiamo fornito stambecchi e camosci alla Foresta di Tarvisio, ai Parchi Ademello e AdamelloBrenta, e a numerose Province alpine della Lombardia (tra cui Sondrio). Il numero degli animali catturati ogni anno si aggira intorno ai 30 per gli stambecchi e 50 per i camosci, quindi una percentuale esigua sul totale; la cattura consente inoltre un controllo preciso e diretto sulla stato di salute degli animali (caccia di selezione). I proventi della gestione faunistica garantiscono un introito annuale di circa 150 milioni che, uniti ai 50 milioni della gestione strutturale ci porta a 200 milioni annui di autofinanziamento. Cioè, essendo i fondi di ordinaria gestione erogati annualmente dalla Regione (esclusi gli stipendi) circa 400 milioni, siamo in grado di aggiungerci con le nostre attività un 50%, da destinare a specifici progetti di gestione faunistica o territoriale. In più dando lavoro ad un certo numero di persone. Occupazione diretta e indotta Il piano socioeconomico Il programma MAB dell'UNESCO e la Riserva della Biosfera Tranfrontaliera ConclusioniAnche la nostra esperienza costituisce quindi una conferma che i parchi possono essere una risorsa economica e occupazionale, tuttavia per raggiungere questo scopo sono indispensabili almeno le seguenti condizioni: · una legge istitutiva chiara, un ente di gestione dalle funzioni ben individuate, un consiglio di amministrazione con una congrua rappresentanza locale; · personale adeguato, ben organizzato e motivato; · investimenti iniziali in grado di dotare il parco di tutte la strutture necessarie a sviluppare la sua attività; · un progetto ben definito, concertato e realizzato in sintonia con le popolazioni locali.
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