PARCHI | ||
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 30 - GIUGNO 2000 |
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Sviluppo rurale nei parchi naturali Andrea Arzeni* | ||
L'opinione pubblica, sempre più sensibile alle tematiche ambientali, vorrebbe che le attività agricole non avessero un impatto negativo e, contemporaneamente, che gli agricoltori continuassero a operare su territori spesso marginali. Si è visto che questi interessi sono inconciliabili e spetta alle politiche territoriali ricercare un punto di equilibrio. Gli strumenti di politica agricola raramente riescono ad adattarsi alle specificità ed alle diversificazioni presenti in questi particolari territori dove coesistono imprese agricole ben strutturate con forme di agricoltura marginale. Si tratta di soggetti che hanno esigenze diverse e soprattutto obiettivi distinti e a volte discordanti. I parchi naturali e le aree protette, nella maggior parte dei casi, ricadono all'interno di questi territori e qui l'agricoltura assume un ruolo ancora più importante in quanto è contemporaneamente una fonte reddituale e un potente strumento per la tutela ambientale e paesaggistica. Gli interventi di politica economica in questi contesti non possono esclusivamente, e semplicemente, definire i vincoli ambientali per le produzioni agricole; infatti questo approccio può risultare controproducente in quanto per un verso allontana chi teme un indebolimento nel controllo sulla propria azienda e sui propri investimenti e favorisce di contro coloro che adottano metodi a basso impatto in quanto di fatto già lo fanno, cristallizzando le condizioni di marginalità. Con l'anno 2000 è iniziato un nuovo periodo di programmazione le cui opportunità devono essere colte nei loro aspetti più innovativi e non solo come ulteriore occasione per accedere alle incentivazioni pubbliche. L'attenzione non deve essere circoscritta alle misure di politica strutturale ed agroambientale, ma estesa alle politiche di mercato che costituiscono ancora la quota prevalente dei finanziamenti pubblici. Questi aiuti, alterando le soglie di convenienza economica delle coltivazioni, esercitano una enorme pressione sulle scelte imprenditoriali e vanificano in gran parte gli effetti delle altre politiche comuni. Agenda 2000 prevede alcuni strumenti correttivi, quali quelli previsti nelle misure orizzontali, che tentano di riequilibrare questa situazione ed è opportuno che gli Enti Parco, di concerto con gli enti locali, e gli altri organismi competenti, si attivino per studiare queste nuove opportunità normative. Senza un'azione di coordinamento territoriale è inevitabile che le azioni dei singoli contrastino con gli obiettivi generali vanificando il raggiungimento di risultati comuni. A nostro avviso è opportuno elaborare una proposta integrata che possa accogliere le diverse opportunità di finanziamento pubblico con un approccio strategico e coordinato, che tenga conto non solo delle peculiarità territoriali ma anche di quelle dei soggetti che operano nel settore primario e nei comparti ad esso collegati (industrie alimentari, turismo, artigianato, commercio, ecc.). Se non si definiscono apposite procedure in grado di stimolare e convogliare la progettualità locale verso obiettivi comuni si corre il rischio di vanificare l'effetto atteso delle politiche sul territorio e paradossalmente di favorire quelle aree in grado di cogliere al meglio le opportunità di finanziamento pubblico che sono raramente coincidenti con quelle che ne hanno un effettivo bisogno. Certamente i problemi relativi al rapporto tra agricoltura e risorse naturali sono messi più in risalto nelle aree intensamente coltivate, dove la sostenibilità delle attività agricole è messa a dura prova, ma in queste zone le alternative reddituali sono molteplici così come le tecniche e gli strumenti che possono essere adottati per attenuare l'impatto ambientale. Nelle aree protette invece i sentieri dello sviluppo agricolo sono fortemente condizionati dai vincoli naturali e sovente l'unica alternativa alle attività agricole è l'abbandono con evidenti riflessi sull'uso del territorio e la qualità del paesaggio. Le aree protette costituiscono un contesto nel quale le politiche di sviluppo rurale possono trovare un approccio preferenziale per innumerevoli ragioni, che proveremo nel seguito a riepilogare. Innanzitutto in questi territori il rapporto tra attività agricole e società è ancora in gran parte integro ma fortemente minacciato dallo spopolamento e dalla marginalità economica; inoltre, trattandosi di sistemi locali che insistono su aree limitate e prevalentemente a bassa densità demografica, l'azione pubblica in alcuni ambiti può essere efficace ed incisiva anche con risorse finanziarie relativamente ridotte. Gli obiettivi della tutela ambientale e della qualità di vita delle popolazioni, perseguiti dalle politiche per lo sviluppo rurale, sono per definizione gli scopi prioritari nelle aree a vincolo ambientale; oltre a ciò si consideri che la popolazione e i soggetti decisori pubblici e privati all'interno delle aree protette hanno già affrontato la fase dialettica di definizione dei problemi e dei vincoli ambientali, che è scaturita nella condivisione di obiettivi e programmi comuni. Le risorse pubbliche possono essere utilizzate più efficientemente in quanto su questi territori esistono già soggetti e strutture operative in grado di coadiuvare l'organismo centrale nell'attuazione degli interventi. In pratica non sarà necessario creare organismi amministrativi exnovo in quanto esistono competenze e strutture da utilizzare e valorizzare (Uffici tecnici, centri visita, centri didattici, case del parco). Tali strutture possono essere di ausilio alle amministrazioni regionali per l'animazione e l'attuazione degli interventi, nonché soggetti in grado di garantire un monitoraggio dettagliato e competente. Un ulteriore vantaggio nell'applicazione degli interventi nelle aree protette è dato dalla preesistenza di numerosi strumenti conoscitivi e di pianificazione. Infatti poche altre zone possono vantare il grado di conoscenza del territorio sviluppato nei parchi attraverso la realizzazione di numerosi studi e ricerche che agevolano notevolmente le procedure di valutazione (exante, in itinere, expost). Inoltre i parchi si stanno dotando specifici strumenti di programmazione che possono affiancarsi a quelli regionali e amplificare gli effetti sul territorio (Piano del Parco, Piano Pluriennale Economico e Sociale). In seguito a queste considerazioni si ritiene che gli Enti Parco possano essere il punto di riferi mento per il coordinamento delle strategie e degli interessi locali, grazie al criterio di rappresentanza su cui si poggiano che garantisce la tutela degli interessi locali e la partecipazione condivisa. Si tenga presente poi che questi enti dispongono di capacità di spesa e di progettazione essendo dotati di risorse autonome che si possono integrare con quelle provenienti dai piani regionali e con altre specifiche per le aree protette. Infine gli organismi amministrativi sono in grado di offrire un supporto tecnico alla progettazione e di stimolare la progettualità locale. Lo strumento che si intende proporre riguarda un diverso approccio per l'accesso ai finanziamenti pubblici attraverso la definizione di un pacchetto di azioni coordinate sul territorio, che per comodità espositiva chiameremo "IMPACT", attraverso il quale aggregare la domanda di politica proveniente da specifici territori allineandola e rendendola coerente alle strategie locali, nel rispetto di quelle globali. In pratica si tratta di un diversa modalità di accesso ai finanziamenti pubblici che introduce un livello intermedio di presentazione delle domande di finanziamento che si colloca tra il singolo beneficiario e l'ente finanziatore. L'attuale approccio di accesso ai finanziamenti vede la presentazione delle domande ( 1 ) da parte di soggetti di varia natura ( 2 ) che si impegnano nei confronti dell'ente cofinanziatore a svolgere determinati interventi o ad avere specifici comportamenti. L'idea che si intende sviluppare è quella di rendere possibile ad un soggetto collettivo, che agisce su di un ambito territoriale ben delimitato, di aggregare le richieste locali, integrando e coordinando le strategie generali dell'area con quelle dei singoli soggetti. Tutto questo comunque lasciando la libertà a chi vuole aderire singolarmente di farlo. I vantaggi di un simile approccio sono molteplici. Innanzitutto si ha una maggiore concentrazione degli interventi sul territorio; un minore contrasto tra strategie locali e generali; la condivisione di obiettivi comuni; l'integrazione degli interventi a livello di azienda e di territorio ma anche tra settori e normative diversi. La fase di valutazione dei Piani di sviluppo rurale regionale è praticamente terminata e ora le regioni potranno emettere i bandi per definire le·PARCHI modalità di accesso ai finanziamenti. Se i soggetti collettivi che operano nelle aree protette non saranno pronti a questo appuntamento verrà persa una grande occasione per stimolare uno sviluppo rurale ecocompatibile. Questo è un momento favorevole per tentare di avviare questa nuova fase di programmazione. La contemporaneità tra realizzazione dei Piani pluriennali economici e sociali e l'inizio del nuovo periodo di programmazione comunitaria di Agenda 2000 deve essere colta come una opportunità da non mancare in quanto difficilmente ripetibile nell'immediato futuro. La ricostituzione ed il rafforzamento di quei le gami tra agricoltura e territorio, che si stanno progressivamente indebolendo, impone agli Enti Parco ed agli altri soggetti in esso rappresentati un salto di qualità verso l'assunzione del ruolo di referente e coordinatore delle esigenze della popolazione delle aree.
Note
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