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Parchi nazionali d'Italia Guida all'ospitalità
di Giulio Ielardi
CTS - Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2000 (pag. 288, lire 25.000)
Nel numero 27 di "Parchi" Gianni Boscolo, presentando la Guida
Touring dei parchi e delle aree naturali protette d'Italia, scriveva molto
opportunamente che uno dei meriti di quell'opera era la sua capacità
di rispecchiare la ricchezza e la varietà del "sistema parchi"
del nostro Paese. Sempre in occasione dell'uscita della Guida del Touring
Gianni registrava positivamente il fatto che la casa editrice Fabbri, in
collaborazione con il Corriere della Sera e con Airone, stava pubblicando
a dispense una enciclopedia che si guardava bene dal fare differenze tra
i parchi nazionali e quelli regionali, nella consapevolezza che il sistema
parchi italiano è una realtà indivisibile, e che l'offerta
turistica, o naturalistica, o culturale, non può essere separata.
Essendo assai difficile dare torto a Gianni Boscolo su questo punto non
secondario di un dibattito che ci riguarda per molti aspetti, non è
facile apprezzare la scelta editoriale e di mercato che viene compiuta ad
anni di distanza dall'ottimo lavoro fatto dal Touring e da Fabbri, anche
se il curatore è il più affezionato tra i nostri migliori
collaboratori, e anche se il volume gode della doppia presentazione del
ministro Edo Ronchi e del presidente della Federazione dei Parchi, Enzo
Valbonesi. Non si vede, infatti, perché si debba limitare la guida
all'ospitalità nei parchi italiani alle sole aree protette "nazionali",
favorendo il permanere dell'equivoco che la qualifica "nazionale"
possa essere un valore aggiunto ed una ulteriore qualificazione rispetto
alla condizione di parco o di riserva regionali. Il libro curato magistralmente
da Giulio Ielardi, ripropone antiche e insolubili questioni: perché
mai il Vesuvio sia parco nazionale e l'Etna sia regionale, perché
Portofino sia un parco regiona le e le Cinque Terre nazionale, perché
alcuni parchi nati regionali (ad esempio le stesse Cinque Terre) possano
essersi trasformati in nazionali in virtù di leggine che non hanno
modificato in nulla la realtà di quei territori, e via dicendo. Credevo
che questo genere di questioni fosse morto e sepolto, in quanto mi sembrava
acquisito il dato di fatto che in Italia i parchi nazionali e regionali
hanno identico valore. Invece no. Ancora ci sono editori e staff di esperti
che non la pensano così - in un Paese libero, su questo non c'è
davvero problema ... - ottenendo tuttavia paradossali risultati nel gioco
delle presenze e delle assenze. A parte questo aspetto, l'agilissimo volumetto
si raccomanda per ricchezza di documentazione e per facilità di consultazione.
A ciascun parco, oltre alla descrizione ambientale e naturalistica, è
dedicata una sezione di pagine gialle (nella proporzione di 95 pagine di
descrizione dei parchi, e di 193 pagine gialle) con le indicazioni essenziali
per scoprirne attivamente e concretamente le bellezze. Dai centri visita
alle aree faunistiche, dai beni culturali ai musei, dagli alberghi, agriturismi,
campeggi e aree per camper ai ristoranti, dai prodotti della gastronomia
e dell'artigianato alle feste tradizionali, alle escursioni guidate a piedi,
a cavallo, in canoa o in mountain bike, alle informazioni dedicate ai portatori
di handicap, ai suggerimenti per la fotografia naturalistica, la "guida"
di Giulio Ielardi è un prontuario puntuale e aggiornato per non limitarsi
a decantare le grandi risorse dell'Italia verde, ma per viverle in prima
persona. Enzo Valbonesi, introducendo il volume, fa notare come "i
Parchi Nazionali in modo particolare costituiscono uno dei campi nei quali
il nostro Paese in questi ultimi anni si è maggiormente distinto",
ed esprime "apprezzamento per questa guida, realizzata dagli amici
del CTS, una associazione lungimirante, che ha fatto del turismo nei parchi
uno dei suoi cavalli di battaglia, contribuendo in maniera concreta alla
conoscenza ed alla valorizzazione del sistema delle aree protette del nostro
paese". Edo Ronchi afferma che "Conoscere e visitare i nostri
parchi nazionali è un modo concreto per contribuire alla tutela e
alla valorizzazione di un patrimonio naturale tra i più importanti.
M.G.
Reti ecologiche ed interventi di miglioramento ambientale
di Sergio Malcevschi, Luca G. Bisogni, Armando Gariboldi
Il Verde Editoriale L . 48.000
La rete ecologica della Provincia di Milano
(Analisi e studi di settore per il progetto di Piano Territoriale di Coordinamento
Provinciale)
Quaderni del piano per l'area metropolitana milanese n. 4
Reti ecologiche in aree urbanizzate
(Atti seminario, Milano 5 febbraio 1999)
Quaderni del piano per l'area metropolitana milanese. N. 13 (Provincia di
Milano)
La segnalazione congiunta di questi tre volumi non è dovuta soltanto
alla evidente affinità dei temi trattati ma ad un'altra e ancor più
valida ragione. Il primo infatti è un testo teoricoapplicativo che
nasce però da una esperienza pratica fatta alla Provincia di Pavia
con il piano faunistico alla quale è dedicato il capitolo 3. Gli
altri due sono invece quaderni della Provincia di Milano in cui vengono
- nel primo - presentati i materiali predisposti per il PTC milanese discussi
in un seminario di cui appunto il secondo quaderno raccoglie gli atti. Autori
del libro teorico sono gli stessi tecnici coordinati da Malcevschi incaricati
del PTC. Insomma coincidono i temi e gli autori e al tempo stesso possiamo
verificare come una impostazione di carattere prevalentemente teorico messa
a punto nel libro del '96 trova duetre anni dopo una sua applicazione concreta
su un territorio specifico e complesso qual'è appunto l'area metropolitana
milanese. Non solo ma a rendere più interessante e coinvolgente il
tutto è il fatto che l'idea di fondo della 'rete ecologica' - mettere
la natura nelle sue varie espressioni ed esigenze al centro dei molteplici
e diversi interventi sul territorio - venga sperimentata in un'area vasta
e fortemente antropizzata come quella metropolitana milanese. Ciò
che colpisce infatti nella lettura di questi testi chiunque abbia una qualche
dimestichezza con il dibattito e le polemiche sia sui mancati interventi
programmatori sia sui piani che riconducono tutto o troppo all'urbanistica
ignorando il resto è proprio questa novità: partire sempre
anche (e soprattutto) in un'area già massicciamente compromessa da
troppi interventi pesanti dal valore che ha anche un modesto 'corridoio'
naturale, un sistema di siepi o i filari di alberi. E fa una certa piacevole
impressione che nel delineare questi nuovi criteri e parametri si prenda
a modello l'esperienza e il regime delle aree protette che nel territorio
milanese ricoprono una percentuale di tutto rispetto. Il riferimento alle
aree protette appare tanto più significativo e importante perché
esse sono prese a 'modello' sia per gli aspetti positivi, l'efficacia di
una politica di tutela, sia nei rischi ai quali si va incontro ogni qualvolta
esse si 'isolano' dal resto del territorio. Il libro di Malcevschi e i due
Quaderni su questo punto offrono stimoli ed esempi di grandissimo interesse
e attualità mettendo in evidenza come non solo la dimensione ma anche
il 'disegno', la 'conformazione' delle aree protette possa accrescere le
difficoltà di una gestione che non sia in rete con tutto il territorio.
Potrà sorprendere più d'uno ad esempio, che di questi rischi
di 'accerchiamento' possano soffrire non solo le aree protette del nostro
o di altri paesi europei spesso di dimensione ridotte 'ritagliate' su territori
densamente popolati e non di rado congestionati, ma anche i grandi parchi
americani. Altro aspetto su di un altro piano davvero interessante è
che a innescare questi studi e sperimentazioni sia il piano territoriale
di cordinamento provinciale con il quale le province per così dire,
sanzionano la loro crescita e maturazione istituzionale specialmente in
campo ambientale che non a caso le vede sempre più impegnate anche
nella istituzione e gestione delle aree protette. Insomma chi oggi intende
approfondire queste nuove tematiche non potrà fare a meno di consultare
questi testi.
R.M.
La difesa dell'ambiente in Italia
(storia e cultura del movimento ecologista) di Roberto Della Seta,
Franco Angeli, L. 20.000
Il volto amato della Patria
(il primo movimento per la protezione della natura in Italia 18801934)
di Luigi Piccioni, Camerino, 1999
Recensendo recentemente il libro di Franco Pedrotti sul movimento protezionistico
italiano dal '43 al '71 e prima ancora quello di Edgard Meyer 'I Pionieri
dell'ambiente' ci auguravamo che questo tipo di ricerche a carattere storico
sul variegato movimento conservazionista e più in generale ambientalista
potesse finalmente anche nel nostro Paese divenire meno 'straordinario'
e casuale. Vanno dunque salutati con soddisfazione questi due libri, pur
così diversi fra di loro, che hanno però entrambi il merito
di farci riflettere sul passato e sul presente di quelle culture che oggi
possiamo con qualche forzatura, che può rischiare è vero di
mettere in ombra non trascurabili differenze, ricondurre al movimento ambientalista.
Il libro di Della Seta, agile e di scorrevole lettura nelle sue 100 pagine,
tratteggia il percorso di quelle componenti più politiche dell'ambientalismo
che portarono prima alla 'scissione' di Italia Nostra e poi alla nascita
del WWF e successivamente di Lega Ambiente. L'autore si sofferma sulle ragioni
che indussero figure come Antonio Cederna a non 'accontentarsi' più
di una difesa del nostro patrimonio artistico e paesaggistico affidata ad
azioni che non mettevano in discussione e non si misuravano con il 'governo',
con le scelte politiche. Per sconfiggere 'I vandali in casa' (titolo del
libro in cui furono raccolti gran parte dei suoi articoli su Il mondo) bisognava
insomma sporcarsi le mani con la politica, mobilitare le coscienze, denunciare
i misfatti, ricorrere ai tribunali. È questa spinta che porta anche
al superamento di quella scissione tra la cultura tutta estetica che guarda
unicamente ai monumenti e ai reperti straordinari della nostra storia e
quella ambientalista che passa a sua volta dall'impegno organizzato per
la difesa dell'ambiente inteso come conservazione anche della natura alla
lotta contro l'inquinamento. L'autore sottolinea come alla 'costruzione'
di questo nuovo ambientalismo contribuirono figure e personalità
estranee alle due maggiori culture politiche del paese: quella cattolica
e quella marxista. Della Seta si sofferma in particolare sul 'difficile'
rapporto tra questi movimenti e 'temi' e la sinistra soprattutto comunista
e quel che cominciò a cambiare faticosamente con la nascita di Legambiente
a cui concorsero giovani di sinistra. Il libro si potrebbe dire 'racconta'
due percorsi ugualmente 'travagliati', quello che porta alla confluenza
nel movimento ambientalista della cultura paesaggistica e di quella naturalistica
e su un altro piano la 'scoperta' da parte della sinistra di nuovi valori
estranei alla cultura del movimento operaio se si fa eccezione a quegli
aspetti che riguardano l'ambiente inteso come ambiente di lavoro. Sarebbe
stato interessante verificare come questo fenomeno è stato vissuto
anche da altri soggetti e culture in particolare quella cattolica. Nel libro
manca inoltre qualsiasi riferimento a come questi due processi, per molti
versi contestuali e comunque intrecciati, hanno riguardato le istituzioni.
Il mutamento di 'orizzonte' dei movimenti ambientalisti ha implicato infatti
dei cambiamenti nel rapporto con la politica e quindi con le istituzioni.
È noto che su questo punto anche all'interno della cultura ambientalista
vi sono state e vi sono posizioni non sempre coincidenti e talvolta decisamente
differenziate. Basti il riferimento alla riforma federalista. Il pensare
globalmente e l'agire localmente pone perciò nuovi delicati problemi
anche al movimento ambientalista che sovente anche nelle sue espressioni
più politicizzate mostra impaccio e non poche incomprensioni. Chissà
che non se parli in un altro libro. Con il libro di Piccioni che pure fa
riferimento ai movimenti e associazioni protezionistici e ambientalisti
il quadro cambia radicalmente per dimensione, respiro, approccio.Vittorio
Emiliani ha ragione a considerarlo nella sua presentazione 'davvero incisivo
sul piano del metodo storico e dotato anche di una esemplare conoscenza
dei processi pratici dell'organizzazione culturale del nostro paese'. In
effetti, e lo annota subito dopo Franco Pedrotti curatore della Collana
'L'uomo e l'ambiente' del Dipartimento di Botanica ed Economia dell'Università
di Camerino che lo edita, il libro 'esamina criticamente l'origine del movimento
per la protezione della natura in Italia e il suo successivo sviluppo' i
cui pionieri 'si possono raggruppare in tre gruppi naturalisticoscientifico,
artistico patriottico e turistico modernizzatore'. È merito di libri
come questo se oggi possiamo disporre di una conoscenza 'critica' di vicende
anche lontane, spesso sconosciute o dimenticate, che tra vivaci battaglie
e contrasti lungo un percorso accidentato e faticoso hanno segnato anche
gli sviluppi odierni dei movimenti ambientalisti. Il libro di Piccioni,
un autore giovane ma con alle spalle già una serie di lavori importanti
su un settore , se così vogliamo definirlo, ancora oggi poco esplorato,
raramente oggetto di interesse e di ricerca storica, con le sue oltre 300
pagine corredate da una ricchissima bibliografia che risulta di preziosa
utilità anche al lettore non specializzato, tratteggia l'itinerario
quasi sempre tormentato di associazioni, gruppi, personalità che
pionieristicamente hanno intrapreso la strada che porta fino a noi. Abbiamo
detto che questo tipo di libri sono 'rari' ed è vero perché
di lavori storici sull'argomento come annota in apertura anche l'autore
ad occuparsi di storia ambientale sono da un lato dei militanti che non
praticano abitualmente il mestiere di storico e dall'altro degli storici
che hanno però i loro principali fuochi di interesse in segmenti
tematici diversi'. Anche per questo cerchiamo di non perderci le non numerose
occasioni che lavori del genere ci offrono per segnalazioni e commenti.
È merito di questi pochi autori i quali cercano di rimediare a questa
anomalia tutta italiana, perché in altri paesi non è così,
se il nostro passato, il 'da dove veniamo' è oggetto di indagini
e riflessioni che ci aiutano a capire meglio anche il nostro presente. Il
libro di Piccioni attraverso una massiccia documentazione e in contesto
di grande respiro e suggestione storicoculturale in cui si aprono squarci
importantissimi e inediti anche sulle vicende di altri paesi, ricostruisce
con puntiglio fasi e momenti scarsamente noti ai più, dai quali emerge
una quasi ininterrotta e complessa ricerca per 'comporre', se così
possiamo dire impostazioni e visioni diverse della protezione. Si ha così
conferma di quanto sia stata travagliata e marcata la divisione tra chi
concepiva la protezione unicamente (o quasi) in termini estetici, come tutela
dei monumenti, delle testimonianze storiche del paese, della Patria e chi
guardava, cominciava a considerare anche la fauna e la flora come degni
di protezione non meno degli 'archi'. Il che non ha impedito soprattutto
tra il 1906 e il 1914 a far convivere abbastanza armonicamente le sensibilità
patriotticheestetiche e quelle protoecologiste, sensibilità che si
sono purtroppo progressivamente disgiunte fino al pressoché totale
oblio. In questo contesto come osserva giustamente anche Pedrotti la 'storia
dell'ambientalismo e dei parchi nazionali nel nostro Paese è ricca
di contributi originali, in molti casi all'avanguardia rispetto all'Europa'.
L'affermazione potrà risultare sorprendente dopo che per tanti anni
e in tante occasioni siamo stati e ci siamo noi stessi raffigurati come
impenitenti ritardatari, il fanalino di coda dell'Europa. Intendiamoci ciò
non significa che anche sui parchi, un capitolo che nel libro di Piccioni
ha giustamente un ragguardevole rilievo, le cose sono andate lisce e i risultati
siano da considerare soddisfacenti. Quelle concezioni 'estetiche' e 'scientifiche'
che a lungo si sono confrontate e scontrate riuscendo con grande fatica
a 'convivere', hanno avuto un impegnativo banco di prova proprio in rapporto
a questo tema, alla vicenda dei parchi su cui ha pesato peraltro l'esperienza
di altri paesi per quel tanto che era conosciuta e non sempre lo era o lo
era in misura soddisfacente. Il mondo scientifico e associativo si è
spesso diviso sul 'tipo' di parchi da istituire, sulle finalità da
assegnargli etc. Potrà stupire il lettore di oggi che non di rado
facesse difetto una seria conoscenza delle altre esperienze specialmente
americane. Ma proprio per questo è interessante vedere come invece
talune esperienze a noi più vicine - è il caso del parco svizzero
dell'Engadina si guardasse con grande attenzione ma anche con occhio 'critico'.
D'altronde tra le molte differenze anche tra paesi vicini spicca in particolare
il diverso radicamento territoriale e di massa delle associazioni svizzere
e tedesche con le loro migliaia di soci e i loro pingui bilanci e la situazione
del nostro Paese che quella forza non ha mai avuto. Il che non impediva
che in gruppi e personalità quali quelli che ritroviamo intorno alla
Pro Montibus negli anni '20 circolassero posizioni sui parchi assai avanzate
al punto che la rivendicazione della istituzione del Parco d'Abruzzo fosse
considerata solo come parte di 'un sistema di parchi'' da creare in tutto
il paese. Lungi da noi ovviamente la tentazione di 'retrodatare' una concezione
quale quella di 'sistema' di cui ancora oggi si fatica a cogliere tutto
il significato e soprattutto le implicazioni, ma è innegabile che
siamo già in presenza di posizioni che testimoniano una consapevolezza
che purtroppo riguardava soltanto sparute minoranze. Queste, per forza di
cose sommarie, considerazioni non possono neppure in piccolissima parte
dare conto della ricchezza del libro di Piccioni in cui non troviamo soltanto
tante preziose informazioni, notizie ed anche non inutili curiosità
ma anche motivi di 'attualità. Se i nostri 'antenati' hanno faticato
come abbiamo visto a superare senza forse riuscirci mai del tutto tra un
protezionismo 'estetico e uno 'scientifico', non possiamo certo dimenticare
che queste 'correnti' non hanno soltanto fermentato a lungo un terreno le
cui sedimentazioni ritroviamo ancora oggi, ma hanno progettato e realizzato
quei parchi e quelle leggi che fino alla fine del '70 inizio degli '80 sono
state pressoché le uniche realizzazioni 'serie' da parte dello Stato
italiano. I nostri ritardi successivi non possono certo essere caricati
sulle spalle di chi una strada l'aveva aperta in maniera significativa.
Che poi 'tracce' e anche qualcosa di più di 'concezioni' poco capaci
di saldare e inglobare aspetti diversi si ritrovino ancora oggi (vedi per
fare un esempio la prima Conferenza nazionale del paesaggio tenutasi alcuni
mesi fa) è un altro discorso ed è bene comunque ricordarlo
a conferma che talune sedimentazioni si fanno sentire anche a distanza di
tanti anni. Ecco perché conoscere meglio il passato è importante
ed è merito del libro di Piccioni ricordarcelo. Il Libro può
essere richiesto ed ottenuto gratuitamente scrivendo al Dipartimento di
Botanica ed Ecologia, Università di Camerino, Via Pontoni 5, 62032
Camerino, e-mail pedrotti@camserv.
unicam.it.
R.M.
Uccelli d'Europa, Nord Africa, Medio Oriente e occidentali
di Francesco Mezzatesta - Lorenza Dotti
Edagricole, Bologna (XXXII + 376 pp., 188 illustrazioni, rilegato, L. 70.000)
È la prima guida da campo italiana che descrive la biodiversità
dell'avifauna oltre i confini europei e del Paleartico occidentale. Per
realizzarla, l'autore Francesco Mezzatesta e l'illustratore Lorenzo Dotti
hanno svolto un lavoro imponente. L'opera, che per ampiezza e completezza
nel nostro paese non ha precedenti, tratta ben 853 specie di uccelli principalmente
euroasiatici, di cui 222 specie nordafricane e mediorientali, oltre a 160
specie occidentali provenienti soprattutto da oltreoceano. Le 182 tavole
a colori illustrano poi un numero ancora superiore di sagome tra specie
e sottospecie, maschi e femmine, giovani e adulti, posati o in volo. Caratteristica
saliente del volume è proprio quella di riuscire nella non facile
impresa di coniugare la gran massa di informazioni e illustrazioni con la
maneggevolezza della fieldguide. Infatti, come si addice al birdwatcher
che va in natura con il binocolo al collo e la guida sugli uccelli a portata
di mano, il formato del libro, pur allungato verso l'alto per riuscire a
contenere la notevole quantità di informazioni che propone, ha la
larghezza della guida pratica e maneggevole adatta ad essere portata con
sé nelle escursioni naturalistiche sul campo. Il riconoscere gli
uccelli nei vari habitat naturali, che fino a poche decine di anni fa era
l'hobby di pochi ricercatori, oggi è diventato una vera e propria
passione seguita con interesse da migliaia di persone che nel weekend frequentano
oasi di associazioni naturalistiche, parchi o riserve o che più semplicemente
amano identificare le varie specie sul balcone o nel giardino di casa. Si
tratta di un manuale utile sia ai neofiti che iniziano ad osservare gli
uccelli in libertà, sia ai naturalisti più esperti che desiderano
aumentare il bagaglio delle proprie esperienze, magari con un viaggio che
vada oltre il Mediterraneo. La guida è raccomandata dal WWF Italia.
Atti del Convegno: Zone umide d'acqua dolce - Tecniche e strategie
di gestione della vegetazione palustre (Ostiglia, 15 maggio 1999)
di Antonio Bernardoni - Fabio Casale Quaderni Riserva Naturale Palude di
Ostiglia 1.
Editore: Comune di Ostiglia (formato 17·24 cm., stampa a colori,
p. 225)
Il Convegno ha voluto far luce su alcune modalità di gestione attuate
in zone umide d'acqua dolce italiane ed estere. È risultato interessante
verificare la similitudine dei problemi di gestione pur nella diversità
tra le varie aree rappresentate. La salvaguardia della biodiversità
ed il rallentamento dei processi evolutivi verso stadi meno igrofili sono
state le tematiche più dibattute. Visto il generale "cambiamento
d'uso" delle zone umide da aree regolarmente sfruttate a scopi economici
(coltivazione erbe palustri, caccia, pesca, etc.) ad aree d'interesse ecologicoscientifico
ed educativo didattico, si impone da parte degli enti gestori di queste
aree di conoscere quali interventi introdurre per una corretta salvaguardia
e incremento della loro biodiversità. Uno dei problemi più
sentiti nella gestione delle zome umide è quello di limitare il deposito
della sostanza organica dato dall'enorme massa di vegetazione idrofita e
igrofita presente, in particolare Phragmites communis, che porta all'interrimento
di molte di queste aree. Le tecniche oggi applicate per limitare l'interrimento
delle zone umide maggiormente minacciate quali paludi e prati umidi, in
parte tramandate dalla coltivazione delle erbe palustri e adattate alle
nuove finalità di salvaguardia, sono: 1) controllo dei livelli idrici;
2) sfalcio e asportazione del materiale vegetale; 3) uso del fuoco; 4) uso
di erbicidi; 5) pascolo; 6) scavo. I vari interventi del convegno, da parte
di esperti del settore italiani ed esteri, hanno permesso di chiarire gli
aspetti positivi e negativi dei vari tipi di intervento grazie a esperienze
effettuate direttamente ed ai relativi monitoraggi effettuati sugli ambienti
oggetto dell'intervento. La scelta delle varie tecniche e strategie di gestione
della vegetazione palustre esposte in questo convegno possono essere individuate
per le diverse zone umide tramite la conoscenza approfondita degli habitat
e la conseguente definizione degli obiettivi che si vogliono raggiungere
(es. conservare lo stato attuale, incrementare la diversità biologica,
favorire le specie e le comunità rare). Informazioni: Il libro si
può acquistare al costo di L. 20.000 (più spese postali) in
contrassegno, richiedendolo al Comune di Ostiglia (tel. 0386/302511, fax
800215). |