PARCHI | ||
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve
Naturali NUMERO 31 - OTTOBRE 2000 | ||
Uomo, natura e Dio nell'era globale Giorgio Renzi * |
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La nostra non è certo un'epoca di grandi passioni, di grandi slanci ideali. E non è facile appassionare "il pubblico" a dibattiti di rifondazione teorica. Certo, siamo terra di convegni. Ma spesso solo gli addetti ai lavori o gli stretti organizzatori sono gli unici utenti. Proprio per questo ha colpito la quantità e la qualità della partecipazione al Convegno "Uomo natura, Dio nell'era globale" organizzato dal Parco nazionale delle Foreste Casentinesi (in collocaborazione con la Provincia di Arezzo e comunità montana del casentino) nei giorni 5/6/7 ottobre ad Arezzo, Camaldoli e La Verna, nell'ambito del progetto "Religioni e Ambiente". Il tema era sicuramente di grande attualità. Tutto il dibattito girava attorno a questo interrogativo: è conciliabile la rivoluzione tecnologica con le esigenze dell'uomo e il rispetto della natura? La stampa, specialistica e non, sta affrontando soprattutto negli ultimi tempi, questa problematica, anche sotto la spinta delle manifestazioni antiglobalizzazione di Seattle (ormai storica), di Davos, di Genova, di Praga che hanno rappresentato il volto politico e popolare di questo problema, obbligando anche tutta la gamma della intellettualità ad avviare una discussione più serrata e più approfondita. Ma il fatto che protagonista ed animatore del dibattito, in questo caso, sia stato un Parco nazionale, cioè un ente che ha per scopo istituzionale quello di difendere la "Natura" dagli assalti sconsiderati dell'uomo ha dato all'evento tutta un'altra concretezza ed un'altra motivazione. Questo spiega, probabilmente, perché se era assente quello che normalmente chiamiamo "il pubblico" locale (si trattava pur sempre di un convegno scientifico), le tre giornate hanno visto una presenza costante, ampia, qualificata e, soprattutto, attenta. Non capita spesso in questo tipo di incontro di dover interrompere la discussione perché non c'è più tempo, con la gente in sala che vorrebbe ancora intervenire, parlare, chiedere, obiettare. Tutto sommato un bel successo e, soprattutto, molte indicazioni di lavoro, anche per il futuro. L'aver messo a confronto, poi, studiosi di diversa estrazione ed interessi, con amministratori o operatori ha dato immediatamente il senso di che cosa significa, come ha detto il presidente Valbonesi, nel suo intervento introduttivo, "definire un nuovo modello di approccio teorico a problematiche così complesse e attuali": una dimostrazione, insomma, che cultura non è problema astratto da intellettuali, mentre i politici pensano alle cose concrete, ma è lo strumento per dare sensibilità e prospettiva alle scelte politiche. Già la presentazione del Convegno, fatta nella sala dei 500 in Palazzo Vecchio a Firenze (il 3 ottobre), con l'approfondita ed articolata relazione del prof. Sacchetti, aveva tracciato il percorso di un dibattito per niente scontato e non univoco. Se l'analisi storico scientifica era stata puntuale e lucida, le conclusioni in chiave che definirei "misticheggianti" aprivano spazi ad una discussione che nei giorni successivi ha trovato considerazioni e risposte non sempre univoche. Gli interventi, in quella stessa sede, del camaldolese T. Malthus e del provinciale dei Francescani, Maurizio Faggioni, centravano e sottolineavano con forza, e senza eccessive diplomazie, l'urgenza delle tematiche con evidenti richiami all'attualità, comprese allusioni non compiacenti alle rencenti uscite del card. Biffi in tema di immigrazione ed accoglienza. La giornata di Arezzo ha avuto protagonista la "filosofia" nel senso più ampio del termine. Luciano Valle, un esperto di etica ambientale, ha insistito sulla distinzione tra scienza e saggezza, tema che ha fatto da filo rosso del dibattito successivo volto a dimostrare i limiti della scienza, della razionalità illuministica, in nome di una saggezza superiore, che riporti la scienza nell'ambito di una visione e di un progetto più complessivo della natura umana e dello sviluppo della civilità. Simone Morandini, poi, ha tracciato una puntuale sintesi di come la cura dell'ambiente sia progressivamente entrata a far parte della coscienza cristiana. Infine Paolo De Benedetti ha dato una lettura vivace, a tratti divertente e spiritosa della concezione del creato da un punto di vista ambientale, attraverso riferimenti precisi alle sacre scritture. La sessione pomeridiana della prima giornata ha visto protagonisti di primo piano della intellettualità italiana. Giacomo Marrameo ha ripercorso attraverso il pensiero dei grandi pensatori, dall'antichità ad oggi, l'intreccio tra techne, phusis ed ethos, intreccio che sembra perdersi nella nostra civilità e nella perdita di rapporto/integrazione tra scienza e filosofia, con la perdita anche del senso del limite. Tali riflessioni sono state riprese ed ampliate da Luisa Bonesio, che ha insistito sull'hybris dell'atteggiamento razionalistico moderno, sul disastro causato a livello planetario dall'occidentalizzazione, dai suoi stili di vita (consumo, azione, progetto, standardizzazione delle culture, guerra tra natura e sacro, ecc.) e sulla necessità di una conversione del pensiero in senso geofilosofico e differenzialista, che metta in primo piano la terra in tutte le sue valenze, combattendo ogni forma di omologazione e di sincretismo. Con Maurizio Faggioni, docente di bioetica, e G. Tamino, biologo, il confronto si è spostato ancora più sul terreno dell'attualità e dell'atteggiamento da prendere di fronte alla invasione delle biotecnologie, dei cibi trasgenici, delle modificazioni del DNA, dell'intelligenza artificiale, ecc., cioè di quelle conquiste della scienza che rendono sempre più difficile individuare il confine tra naturale e artificiale e mettono in crisi lo stesso concetto di natura, creando quella pericolosa illusione, come ha sottolineato Tamino, di un uomo onnipotente, quasi nuovo creatore. I rischi ed i problemi di questa illusione sono stati ripresi, con ottica diversa, dai due interventi che hanno concluso questa sessione dedicata alla definizione di una nuova cultura e di una nuova filosofia, quelli di Harribey e di M. Scmidt. Il primo, sociologo, allievo di Latouche, per certi aspetti potremmo dire con una impostazione "marsciana", ha portato il dibattito sul terreno politico. Dopo un excursus storico sull'"approche traditionelle de la nature" e sulla "reintroduction de l'environnement au sein du paradigme liberal neoclassique" ha insistito su "un usage maîtrisé, collectif et democratique du bien commun de l'humanité" concludendo con la domanda (retorica) finale: a chi devono andare i guadagni della produttività, ai ricchi che possiedono il capitale, o a coloro che non hanno per vivere che le loro braccia e la loro testa? Domanda che sottende la convinzione che la trasformazione dei nostri rapporti con la natura è inscindibile dalla trasformazione dei rapporti sociali. Più ottimisticamente, ma non meno preoccupata, l'articolata e lucida analisi di Marcella Scmidt, che, da geografa, ha affrontato la stessa problematica del rapporto naturale e artificiale dal punto di vista del passaggio, rivelando i limiti ed anche le distorsioni della nuova enfasi attribuita alla conservazione del patrimonio naturale e culturale. Se non sappiamo che cosa è naturale e artificiale, che cosa dobbiamo conservare? Per la Scmidt c'è qualcosa che abbiamo smarrito nella concezione della natura, qualcosa di indefinibile quantitativamente, che riguarda la bellezza ed il senso di corrispondenza con i sentimenti umani, insomma il senso del mistero inscindibilmente legato alla storia culturale dell'umanità. Conclusione che ci riporta anche al Latouche di "La sfida di Minerva" e all'idea di superamento della razionalità economica capitalistica per una rifemminilizzazione dell'immaginario sociale e per una decolonizzazione dell'immaginario economico. Su queste basi teoriche si sono inseriti gli interventi di Tonino Perna e Roberto Gambino, che, facendo un passo avanti, sono scesi sul terreno delle conseguenze che un tale dibattito comporta nella politica dei Parchi. Perna, che oltre ad essere docente di sociologia economica all'Università di Messina, è anche presidente di un Parco nazionale, ha sottolineato le difficoltà di ricreare una passione diffusa per la natura in una società dominata dalla tecnologia, in cui è indubbio che i beni della società tecnologica esercitano, soprattutto sulle nuove generazioni, un fascino maggiore dei beni naturali, indebolendo la forza di opposizione alla economia di rapina e le sfide del biocapitalismo. Roberto Gambino, un tecnico del territorio, partendo da questi stessi presupposti, ha evidenziato come sia entrata in crisi la concezione originaria dei Parchi, che conteneva in sé la separazione tra natura e cultura, visti come due sistemi di valori non comunicanti. Da qui la nuova missione dei Parchi, metafora vivente di una nuova possibile alleanza tra uomo e natura, con la duplice funzione di integrare processi sociali e naturali, di educare e informare, valorizzando le identità locali. Una missione delicata, ma indispensabile, che può trovare concreta attuazione attraverso un approccio cooperativo ("accordi lieti") tra attori ed istituzioni, lavorando con la gente, distribuendo più equamente i costi della tutela e la fruizione dei benefici. In sintonia con queste posizioni, Virginio Bettini, dell'Univ. di Venezia, ha ricostruito, attraverso il suo percorso personale di ambientalista, il tentativo di sintesi tra ambientalismo e scienza ecologica, richiamando ancora l'esigenza di una nuova morale. La sede di Camaldoli, all'interno delle foreste casentinesi, luogo in cui storicamente riflessione filosofica, teologica, spirito religioso e difesa della natura hanno trovato sintesi armonica, ma anche luogo di dialogo interreligioso, non poteva tralasciare il confronto con le altre religioni su queste tematiche. Così la relazione di G. Mandel (letta, ed anche questo ha un suo valore simbolico, da un camaldolese) ha affrontato il tema del rapporto uomo/natura nell'Islam dimostrando la sacralità della natura nella concezione islamica e come l'attacco alla natura faccia tutt'uno con l'attacco alla spiritualità da parte della cultura del consumismo. Così stiamo pagando le conseguenze dell'illusione della onnipotenza della scienza. Pupa Garriba, invece, attraverso la descrizione delle feste ebraiche e rifacendosi alla tradizione rabbinica ha ricordato, come il "Signore piantò il giardino dell'eden" e come è rimasta sempre viva nella tradizione ebraica l'idea che la terra è di Dio, fino al punto di dedicare il capodanno proprio agli alberi. La Verna, ultima sede del convegno itinerante, ha affrontato l'ultimo, non separato, tema: il rapporto tra la concezione della natura e della sua difesa, con la concezione dell'accoglienza dell'altro, del diverso (per religione, razza, cultura e sesso): lo straniero e la donna. Caterina Resta, in un approfondito e appassionato intervento ha mostrato e analizzato, anche attraverso l'evolversi delle vicende storiche, le problematiche della convivenza, ma anche l'assurdità e pericolosità di posizioni di rifiuto ed intolleranza in un'epoca in cui lo stesso concetto di nazione sta perdendo i suoi connotati, ma riesplodono i localismi. Peccato per l'assenza imprevista di Aldo Bonomi, che doveva completare, con il dibattito da lui stesso suscitato sul caso Heider, il quadro della complessa problematica. Infine, la donna e la natura. Con l'attento coordinamento di Anna Scattigno, le relazioni di M.I. Macioti e di A. Valerio hanno da una parte ricordato il particolare rapporto, presente in molte confessioni religiose, della montagna con il Sacro (e La Verna ne è testimonianza vivente), dall'altro come l'esperienza dei pellegrinaggi delle donne abbia costituito un modo diverso di guardare alla natura, cogliendo aspetti e particolari che spesso sfuggono agli uomini. Su questo è intervenuto T. Perna, che ha ricordato l'importanza del coinvolgimeno delle donne nell'azione di sensibilizzazione che i Parchi devono svolgere nei confronti della popolazione. Ed è stato un suggerimento per l'impegno futuro anche del Parco delle foreste casentinesi. La conclusione del Convegno era dedicata ad un incontro con i palestinesi, introdotto dalle relazioni di Michael Prior sui problemi del sionismo, e di Mostafà El Auoybi sulla situazione della comunità arabo/islamica in Italia. Qualche perplessità ha suscitato l'intervento di Prior, tutto centrato sul sionismo come origine di tutti i problemi. Purtroppo il riesplodere del conflitto tra israeliane e palestinesi non ha permesso il previsto incontro. Da La Verna è comunque, partito, da parte dei convegnisti, un appello alla pace ed anche un invito a recarsi sul sacro monte per ritrovare le ragioni di un pacifica convivenza. * docente di Filosofia Relativamente allo stesso convegno verrà pubblicato nel numero successivo un articolo del Prof. Roberto Gambino |
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