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Devo alla segnalazione di Roberto Gambino l'articolo di Carr "Park, Forest and Wilderness" pubblicato sulla rivista americana Forum (volume 17 2000, n. 2) interamente dedicato alla politica del 'Natural Parks and Riserves'. Anche gli altri contributi compreso uno di Gambino contenuti nel fascicolo presentato da Paul M. Bray, un amico e collaboratore di Parchi, avrebbero sicuramente meritato la pubblicazione, ma le 80 pagine complessive erano un carico eccessivo. Da qui la scelta del saggio introduttivo.
Pochi parchi sono conosciuti e ammirati quanto quelli americani eppure non sono molti che ne conoscono la storia e soprattutto i problemi sui quali anche oggi è in corso un vivace e interessantissimo (anche per noi) dibattito. Sulle pagine della Rivista avevo già avuto non molto tempo fa occasione di segnalare un bel saggio della Dogliani sulla storia e i problemi dei parchi americani. Questo fascicolo ed in particolare l'articolo che riportiamo - come il lettore potrà vedere - ha il merito di affrontare a tutto campo, all'insegna dell'attualità, una riflessione da parte di alcuni autorevoli esponenti del National Park Service come Carr e di studiosi di importanti università americane.
Percorsi diversi
Dal punto di vista storico non si può fare a meno di notare (e per qualcuno sarà sicuramente una sorpresa) come i parchi municipali abbiano non soltanto fatto da apripista ai grandi parchi ma abbiano rappresentato un 'modello' di armonizzazione tra la natura e la società che avrebbe dovuto realizzarsi nelle nascenti città. Il parco insomma in qualche modo 'disegno' dell'ambiente urbano in costruzione. Un percorso come è facile vedere assolutamente diverso anzi opposto a quello seguito non soltanto nel nostro Paese dove i parchi sono nati ovviamente 'dopo' le città per bilanciarne, contenerne semmai, per quanto possibile, gli effetti dovuti alla espansione urbana e a un certo tipo di sviluppo economico sociale.
Ugualmente significativo è nell'articolo la stretta connessione che emerge in tutte le fasi cruciali della lunga e complessa vicenda dei parchi americani tra i movimenti conservazionisti, le correnti culturali e scientifiche e la 'politica'. Persino l'iconografia del fascicolo con le foto, ad esempio, del Presidente Roosewelt in visita ai parchi ci restituisce una immagine insolita, e diciamo pure, per il nostro Paese quasi impensabile tanta è stata (ed ancora è) da noi l'indifferenza e la disattenzione dei politici verso questi problemi. Negli Stati Uniti invece anche su questo fronte gli schieramenti politici, i presidenti si sono nettamente e chiaramente distinti 'divisi' e apertamente confrontati da oltre un secolo.
Sensibili ai cambiamenti
In sostanza i parchi sono stati via via anche i sismografi estremamente sensibili dei cambiamenti politici al vertice del Paese, registrando anche le turbolenze più lievi create dagli avvicendamenti alla Casa Bianca che anche in epoca recente hanno inciso profondamente e negativamente sulla vita dei parchi, ad esempio con la gestione Reagan, con una drastica riduzione dei finanziamenti.
Ma ancor più interessante è la parte riservata al confronto in atto sul futuro dei parchi negli Usa. Anche in passato la definizione del ruolo e delle finalità dei parchi, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, in base ad una certa agiografia, è stato sempre molto vivace, talvolta aspro tanto da rendere controversa e incerta la stessa 'collocazione' del servizio parchi all'interno della struttura del governo e della amministrazione; agricoltura o interni?
E anche quando la scelta - divenuta definitiva - di toglierlo dal servizio forestale che privilegiava a spada tratta le finalità 'produttivistiche' del settore agricolo forestale per passarlo al Ministero degli interni, ciò avverrà, diciamo così, sulla base di un 'compromesso' che comunque fisserà l'ago della bussola in una direzione meno 'economica' rispetto al passato. Non senza però 'ritorni' di fiamma che riproporranno ogni volta la questione delle finalità 'prevalenti' del parco.
Ed è quello di cui si è tornati a discutere con la consueta passione e nettezza in questa fase. Il fascicolo ed in particolare l'articolo di Carr forniscono in proposito uno spaccato davvero illuminante e per noi assai poco conosciuto di una ricerca che a differenza del passato - almeno per quel che posso giudicare - allarga il suo orizzonte ad esperienze non americane guardando - probabilmente è la prima volta - anche a quel che è avvenuto e avviene in altre parti del mondo e segnatamente in Europa.
L'attenzione verso i francesi
A me ha colpito, ad esempio, in un articolo in cui viene posto con grandissimo e inusitato vigore il tema delle 'specificità' locali non soltanto 'naturalistiche' a cui deve aprirsi la 'protezione' negli Usa, il riferimento alla esperienza dei parchi regionali francesi.
Mi ha colpito perché non sono mancati nel corso di questi anni atteggiamenti provinciali che nel mitizzare l'esperienza americana intendevano manifestare perplessità e scettiscismo nei confronti di quello che faticosamente si andava costruendo e sperimentando in Europa ed anche da noi considerato evidentemente poco ortodosso.
È perciò significativo che proprio 'dal paese dei parchi' venga oggi un invito tanto autorevole a guardare ai nuovi problemi delle aree protette senza remore e complessi di nessun tipo. Anche per questo il dibattito in corso negli Stati Uniti di cui l'articolo di Carr è una autorevole testimonianza, è di grande interesse anche per il lettore italiano e non ci riguarda certo come mera curiosità.
Nel segno del coinvolgimento
Per finire e restare alla 'attualità' vorrei sottolineare come dagli scritti di Forum, emerga con grande chiarezza la costante ricerca da alcuni anni da parte del governo americano e del National Park Service di un 'coinvolgimento', delle strutture dei vari Stati e delle comunità locali al punto che grandi aree individuate dalle strutture federali sono in un certo senso state 'messe a disposizione' delle amministrazioni e degli uffici decentrati perché siano gestite con maggiore aderenza a quelle 'specificità' di cui parlavo.
Inutile dire che anche a noi dovrebbero fischiare gli orecchi tanta è la 'somiglianza' con i problemi di cui anche noi stiamo discutendo non senza contrasti e polemiche. Verrebbe da dire alla luce di quel che abbiamo letto, parafrasando un celebre slogan di qualche anno fa che 'L'America dei parchi oggi è più vicina' per quante differenze ovviamente rimangano. Anche i parchi italiani insomma possono guardare ai parchi americani senza rischiare di trasformarsi in statue di sale. Il che non è poco. |