Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 34 - OTTOBRE 2001


LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA PER LO SVILUPPO NEI PARCHI NATURALI
L'esperienza italiana nel contesto europeo
Settantaquattro papers di 126 autori provenienti da 28 differenti paesi sono stati presentati al 73° Seminario dell'Associazione europea degli Economisti agrari che si è tenuta presso la Facoltà di Economia di Ancona organizzato dall'Associazione Alessandro Bartola e dal Dipartimento di Economia. Hanno partecipato, tra gli altri, il presidente dell'INRA, il presidente dell'INEA, il Responsabile della Direzione Sviluppo rurale della DGVI (Commissione Europea) e il presidente dell'EAAE, l'associazione degli economisti agrari. I principali temi relativi allo sviluppo rurale trattati sono stati: definizione di obiettivi e approcci, ruolo delle istituzioni, ruolo delle politiche comunitarie, utilizzo di strumenti multidisciplinari per l'analisi dello sviluppo rurale, esperienze nazionali e locali. Il tema delle aree protette, nel contesto delle politiche per lo sviluppo rurale, si è inserito come strumento di sviluppo sostenibile, di qualità dell'ambiente e come tentativo di interazione e integrazione tra istituzioni, enti, comunità locali. L'articolo di E.Chiodo e A.Solustri è tratto da un lavoro presentato a questo seminario.

Fornire una rassegna dello stato della programmazione, dei principali orientamenti, di informazioni bibliografiche relative all'esperienza italiana all'interno del più generale contesto europeo, è lo scopo di questo lavoro, con il quale si vuole sottolineare l'importanza delle politiche per le aree protette nello sviluppo del territorio..
Questa esigenza nasce dal fatto che a dieci anni dall'approvazione della Legge quadro sulle aree protette sono stati raggiunti risultati significativi in termini di superficie di territorio sottoposto a tutela (669 aree protette inserite nell'elenco ufficiale del Ministero dell'Ambiente, di cui 21 parchi nazionali e 110 parchi regionali, per una superficie pari al 9% del territorio nazionale).
Questi stessi risultati obbligano a porre l'attenzione sulle modalità di gestione dei territori stessi e sul percorso da seguire per il raggiungimento degli obiettivi per cui i parchi sono stati istituti.

1. Aree protette e sviluppo sociale ed economico locale

Nelle aree protette la problematica della protezione dell'ambiente e del paesaggio si interseca in modo molto stretto con i temi dello sviluppo rurale, della qualità della vita e dello sviluppo socioeconomico delle collettività locali.
Anzi il parco oggi può rappresentare per una comunità locale la possibilità di avvantaggiarsi attraverso il rafforzamento dell'identità e delle peculiarità del suo territorio di cui l'uomo, con le sue attività, deve essere considerato parte integrante.
Non sempre questi temi, sostenuti da una notevole elaborazione teorica sul ruolo dei parchi e generalmente accettati, hanno trovato riscontro nei documenti ufficiali (compresi quelli legislativi), e ancora meno, di fronte a numerose e generiche affermazioni di principio, hanno dato vita ad una corretta e coerente prassi di programmazione e gestione.
Uno dei pochi esempi di applicazione di questa impostazione in documenti ufficiali è rintracciabile nella proposta del "Documento programmatico per lo sviluppo sociale ed economico nel territorio dei comuni del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano".
In esso vengono affrontati temi rilevanti riguardo lo sviluppo economico nelle aree protette. In primo luogo perché nella prassi istitutiva del parco vengono prese esplicitamente in considerazione la volontà e le indicazioni delle comunità locali, in secondo luogo perché al momento stesso dell'elaborazione della proposta di parco, oltre ai confini territoriali e alle misure di salvaguardia, vengono definite le linee guida e gli obiettivi di sviluppo e valorizzazione delle aree interessate: il tema dello sviluppo del territorio viene trattato da subito insieme a quello della conservazione.
Le finalità di valorizzazione del territorio sono perseguite con i metodi e gli strumenti della programmazione negoziata, quali i patti territoriali e gli accordi di programma (utilizzando le opportunità previste dalla legge 426/98).
A tutto ciò è sottinteso il concetto di parco come progetto territoriale complessivo, dove sviluppo sociale ed economico locale e tutela ambientale e paesaggistica sono considerati in modo unitario.

2. Gli strumenti di programmazione

Nella Legge quadro sulle aree protette, mentre l'organizzazione dei parchi nazionali viene definita in modo puntuale, per quanto riguarda le realtà regionali viene lasciata maggiore autonomia; questo, associato al fatto che non sempre le regioni hanno adeguato alla Legge quadro la propria normativa, determina quindi la presenza a livello di parchi regionali di strumenti di programmazione molto più variegati. Attraverso alcuni dati si è cercato di quantificare la realtà organizzativa di entrambe le tipologie di parco per le quali per legge è prevista la predisposizione del Piano del parco (per la pianificazione territoriale) e del Piano pluriennale economico e sociale.
Il Piano del parco, che assume per la gestione del territorio un'importanza fondamentale in quanto sostitutivo ad ogni livello (nelle previsioni legislative) degli altri strumenti di pianificazione, è stato concepito e realizzato solitamente come un piano di carattere "integrato" che contiene una disciplina generale di carattere ambientale, naturalistico, urbanistico e di fruizione, e che si articola in alcuni casi in piani di gestione e valorizzazione.
La situazione italiana è piuttosto anomala per quanto riguarda lo stato della pianificazione: a dieci anni dalla Legge quadro che ne prevede l'obbligatorietà, un solo piano è attualmente in vigore, anche se la maggior parte sono in corso di redazione e alcuni hanno iniziato l'iter di approvazione (Tabella 1).
Tabella 1 - Stato della pianificazione dei Parchi Nazionali
Denominazione parco - Anno di istituzione Superficie terrestre -
Fonte: dati CED PPN 2000, nostra indagine diretta
(dati 04/2001).

Il Piano pluriennale economico e sociale è invece lo strumento di programmazione economica voluto dalla legge per la promozione delle attività compatibili e grazie alla nuova normativa (L. 426/98) viene avviato contestualmente alla elaborazione del Piano del parco.
Questa contestualizzazione ha permesso di passare "...da un Piano del parco caratterizzato da un orientamento riduzionistico volto a considerare essenzialmente gli aspetti naturalistici assumendo implicitamente l'assenza (o comunque l'irrilevanza) delle relazioni tra quelli e la dinamica socio-economica relativa allo stesso territorio... a un approccio integrato fondato sulla interazione tra ecologia e economia, tra natura e società". (Arzeni/Sotte, 2000).
Anche per la programmazione economica la situazione è lontana dalla piena attuazione: su 21 parchi nazionali istituiti, solo due hanno un piano approvato, quindi operativo.
Per uno è iniziato l'iter di approvazione mentre molti sono in corso di redazione anche sulla spinta della elaborazione congiunta al Piano del parco. Passando alle aree protette regionali si nota che lo stato della programmazione economica è molto più diversificato, sia per le differenze nelle tipologie di aree (parchi regionali, riserve, ecc.) sia per la presenza di una legislazione regionale differenziata.
Una recentissima indagine condotta dal WWF Italia presenta comunque, anche a questo livello, una situazione caratterizzata da una scarsa dotazione di strumenti di programmazione (Tabella 3).

Tabella 2
Numero di aree protette regionali dotate di strumenti di programmazione economica, per tipologia di area

Anche all'interno dei 9 parchi regionali che hanno adottato uno strumento di programmazione economica (3 lombardi, 2 veneti, 1 emiliano, 1 piemontese, 1 marchigiano e 1 umbro), la situazione si presenta molto diversificata; alcuni esempi possono aiutare a chiarire la situazione.
Il Parco del Gigante (Emilia Romagna) non ha un vero e proprio piano ma dedica l'attività di un ufficio allo sviluppo socioeconomico dell'area mentre le "strategie di sviluppo" sono affidate al "Documento programmatico per l'istituzione del parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano", citato in precedenza, in cui il parco attuale dovrebbe essere compreso.
I parchi veneti (nell'indagine: Colli Euganei e Dolomiti ampezzane), in base alle previsioni di legge regionale, non sono tenuti alla redazione di un piano socioeconomico, ma approvano un Piano finanziario pluriennale in attuazione delle previsioni del Piano ambientale. Il Parco dell'Alto Garda Bresciano (Lombardia) è gestito dalla Comunità Montana che svolge, oltre alle funzioni proprie, anche quelle di ente parco; la redazione del piano socioeconomico rientra allora negli obblighi di legge.
I due parchi regionali dell'Italia centrale dotati di piano sono quello umbro del Monte Cucco e quello marchigiano del Conero, di cui si parlerà in seguito.
3. Parchi e territorio

Gli strumenti di pianificazione e di programmazione economica delle aree protette, che presentano un carattere di "straordinarietà" rispetto al resto del territorio, si inseriscono nel complesso contesto della pianificazione ordinaria di area vasta, che assume prevalentemente carattere regionale e che può essere schematicamente suddivisa in strumenti di pianificazione paesistica (i piani paesistici previsti dalla L. 431/85), strumenti di pianificazione territoriale (piani e quadri territoriali regionali) e strumenti di programmazione economica (programmi regionali di sviluppo).
Nel sottolineare l'importanza della coesistenza e integrazione di politiche territoriali e socioeconomiche nelle aree protette, è opportuno indagare le relazioni esistenti sia tra i diversi strumenti a livello regionale sia tra gli strumenti di carattere generale e quelli di tipo specialistico.
Per quanto riguarda il rapporto tra Piani territoriali regionali e Programmi regionali di sviluppo, ad esempio, un primo orientamento individuabile è quello in cui il Piano territoriale assume la funzione di "territorializzare" (cioè delineare le proiezioni territoriali) le politiche del Programma regionale di sviluppo, valutando la compatibilità territoriale degli interventi previsti.
Nelle tendenze più significative addirittura i due piani divengono un unico documento dove perseguire in modo coordinato sviluppo economico e territoriale.
Dove questo coordinamento non sussiste emergono, invece, problemi di coerenza tra le diverse forme di pianificazione.
Inserendo nel quadro di pianificazione generale l'insieme degli strumenti specialistici, e in particolare quelli relativi ai parchi, ritroviamo che con la Legge quadro ai piani dei parchi è riconosciuta una sostanziale autonomia rispetto alla pianificazione regionale e alle altre forme di pianificazione del territorio. In questo caso "...il coordinamento e la coerenza dei piani sembra quindi perseguibile solo attraverso forme di copianificazione, in cui i diversi soggetti istituzionali, ciascuno per le proprie specifiche competenze, verifichino le congruenze del proprio piano con gli altri e si assumano la responsabilità di attuare i contenuti secondo gli accordi assunti". (INU, 2001)
Analogamente anche i piani socioeconomici dei parchi devono rapportarsi alla programmazione regionale (programmi regionali di sviluppo) e a quella degli altri enti territoriali (piani socioeconomici delle comunità montane, piani provinciali...), nonché a tutte le forme di programmazione legate a quella che è stata definita la "nuova programmazione": in particolare si fa riferimento ai Piani operativi regionali (POR) dell'obiettivo 1, ai Documenti unici di programmazione (DocUP) dell'obiettivo 2 e ai Piani integrati territoriali (PIT: adottati per le regioni obiettivo 1 ma anche per alcune regioni obiettivo 2) e a tutte le altre forme legate alla programmazione negoziata (in particolare ai patti territoriali).
Nella programmazione legata all'utilizzo dei fondi strutturali 2000-06, che è stata l'occasione per reimpostare tutta la programmazione degli interventi pubblici nelle aree in ritardo di sviluppo, il tema dell'ambiente, prima che l'argomento specifico delle aree protette, è presente in una molteplicità di ambiti. In primo luogo uno dei principali elementi di riflessione sul patrimonio ambientale è stata la proposta della rete ecologica nazionale da parte del Ministero dell'Ambiente; essa si è concretizzata nella programmazione dei fondi strutturali all'interno di uno specifico asse di intervento, l'Asse 1 - "Risorse naturali" che prevede, tra gli altri aspetti, quello della "...crescita di nuovi sistemi produttivi sulla base di processi di valorizzazione del patrimonio naturale; sostegno alle imprese e alle pratiche agricole funzionali al presidio del territorio e alla valorizzazione delle risorse ambientali e delle aree protette."
Negli obiettivi definiti come essenziali per il perseguimento di tale crescita risultano evidenti le potenzialità per le aree protette: come possibili "nodi" della rete ecologica, patrimonio di risorse naturali la cui cura va a beneficio di tutto il territorio; come istituzioni che possono divenire risorsa per i sistemi locali perseguendo una migliore qualità della vita e migliorando il livello dei servizi alla popolazione; come aree di concentrazione di valori naturali e culturali da valorizzare per lo sviluppo di sistemi locali. (Cfr. Natali, 2000).
Nei principi della nuova programmazione il territorio non è inteso semplicemente come sfondo per gli investimenti legati alle attività di programmazione ma come un vero e proprio sistema in cui interagiscono attori sociali e risorse (ambientali, insediative, culturali...) caratterizzati da specifiche regole di interdipendenza.
Per questo "...ogni territorio deve sapersi dotare di un proprio progetto di sviluppo, elaborato con il concorso delle reti di attori locali e in collaborazione con le diverse istituzioni locali e sovraordinate."
(Clementi, 2001)
L'elaborazione del piano socioeconomico dei parchi diviene in questo contesto uno strumento per perseguire molteplici finalità:
  • strumento di conoscenza del territorio (base per impostare un corretto processo di valutazione dell'efficacia degli interventi);
  • strumento di elaborazione di una strategia di sviluppo per il territorio;
  • strumento di definizione di progetti integrati territoriali;
  • strumento per elaborare metodi di concertazione per una programmazione delle azioni con gli altri enti operanti sul territorio (copianificazione).
    All'interno delle linee dettate dalla nuova programmazione si aprono per i parchi nuove opportunità per tutte quelle azioni legate alla valorizzazione del territorio, allo sviluppo rurale, alla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, da sviluppare in coerenza con le linee di programmazione degli altri enti operanti sul territorio.

4. I parchi naturali europei e la pianificazione

Una quantificazione dei parchi naturali europei è possibile attraverso i dati di fonte CED PPN : nel 1999 i parchi naturali europei risultano pari a 667 con un superficie complessiva di 264.921 Kmq.
La crescita dagli anni sessanta è stata imponente se si considera che il loro numero nel 1965 era pari a 64 (40.000 Kmq).
In base alle elaborazioni effettuate dal CED PPN risulta inoltre che il 31% dei parchi naturali europei ricade in aree a medio-alta pressione antropica (principalmente in Olanda, Germania, Italia) mentre solo il 29% ricade in contesti naturali.
I parchi regionali costituiscono il 60% del totale e la loro incidenza aumenta al crescere del grado di antropizzazione dei contesti territoriali in cui sono inseriti.
La crescente presenza di parchi in aree in cui l'attività dell'uomo è parte integrante ha reso sempre più necessaria una gestione di queste in cui esista una integrazione tra la tutela ambientale-culturale e lo sviluppo socioeconomico.
Inoltre i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni in ambito economico, territoriale, politico, decisionale hanno determinato situazioni sempre più complesse in cui la pianificazione è stata riconosciuta come strumento indispensabile per il coordinamento e la gestione delle attività inerenti le aree protette, e ciò è riscontrabile negli orientamenti seguiti dai paesi europei soprattutto a partire dagli anni novanta (attualmente il 66% dei parchi europei è dotato di piano) .
La pianificazione permette infatti l'integrazione e il coordinamento delle politiche ambientali con le altre politiche che agiscono sul territorio e, attraverso un quadro delle risorse e dei problemi, può creare un rapporto equilibrato con le aree esterne.
L'evoluzione delle scelte dei diversi paesi europei sono inoltre sempre più correlate agli orientamenti dell'Unione Europea e di altri organismi internazionali, orientamenti in cui ritroviamo l'importante rapporto tra conservazione e sviluppo. I principali fattori che determinano diversificazione nei modelli di pianificazione delle aree protette in Europa sono gli specifici background culturali, la diversa situazione ambientale, il diverso grado e modo di interazione di tali modelli con le altre politiche ambientali e territoriali.
E' inoltre difficile trovare principi generali relativi alla distribuzione delle competenze (legislative e amministrative) tra lo Stato e le sue divisioni territoriali: tale specifica distribuzione, come alcuni autori hanno sottolineato, si inserisce in quella più generale.
Anche in tale ambito, l'impostazione verso la sussidiarietà seguita dalla politica comunitaria fa sì che il coinvolgimento dei protagonisti della vita di un parco sia un fattore determinante per la gestione delle aree protette ed in tal senso è possibile notare una crescente decentralizzazione della gestione, o comunque un coinvolgimento delle comunità locali, che accomuna gli stati federali a quelli in cui la regionalizzazione è forte.

5. Confronto tra esperienze di programmazione a livello regionale

Il coinvolgimento delle comunità locali si è manifestato in molti paesi europei soprattutto a livello di aree protette regionali.
La Francia è il primo paese europeo ad avere istituzionalizzato la pianificazione per la gestione delle aree protette e, quindi, ci è sembrato interessante confrontare alcune informazioni relative all'esperienza più che ventennale di un parco regionale francese (il "Corsica Parc Naturel Regional) con quelle relative al Parco Regionale del Conero (Marche-Italia), il cui Piano pluriennale economico e sociale, redatto da un gruppo di lavoro del Dipartimento di Economia dell'Università di Ancona, è stato recentemente approvato.
A livello di parchi regionali in Francia la tutela è considerata il promotore dello sviluppo locale.
E' proprio a questo livello che ritroviamo una gestione del territorio in cui le comunità locali rivestono un ruolo attivo e in cui sono perseguiti contemporaneamente sviluppo, conservazione e valorizzazione.
L'attuazione dei piani dei parchi regionali francesi è affidata alla libera adesione e contrattazione (in Italia il piano può invece sostituirsi ad ogni altro strumento di pianificazione e spesso ciò determina conflittualità tra autorità del parco e comunità locali).
L'elemento caratterizzante del piano è un programma pluriennale di interventi e di spesa, che è il punto di forza che determina il successo dei piani. (Cfr. Gambino, 1994).
L'attuazione delle politiche fa capo sia alle autorità del parco che ad altri soggetti istituzionali e non istituzionali.
In molti casi i piani determinano la partecipazione finanziaria tra Stato e Regioni attraverso i Contrats de plan.
In Italia il piano è invece concepito come sistema normativo (su usi e fruizioni) distaccato dall'individuazione di un programma di interventi e promozione anche se con la nuova legge ci si attende una maggiore integrazione tra Piano del parco e Piano pluriennale economico e sociale.
In base alla legislazione della Regione Marche il Piano del parco e il Piano pluriennale economico e sociale sono redatti dallo stesso soggetto, l'organismo gestore del Parco, nel cui Consiglio direttivo sono rappresentate direttamente le collettività locali.
Rimane comunque la subordinazione del piano socioeconomico al Piano del parco e una netta divisione dei compiti.
La promozione delle attività compatibili avviene in secondo ordine rispetto alle disposizioni normative del Piano.
Nella redazione del piano socioeconomico, pur assumendo le disposizioni del Piano del parco, si è tentato di integrarne gli orientamenti aprendo con lo stesso un confronto dialettico.
Il piano socioeconomico si è posto inoltre come piano strategico mirante a convogliare in un progetto di territorio le risorse e le azioni dei soggetti pubblici (comuni, Provincia e Regione) e degli attori locali (organizzazioni economiche e sociali).
L'interazione tra i soggetti, anche se non prevista istituzionalmente, è stato cercata dagli estensori del piano come condizione indispensabile per una sua concreta attuazione.
Solo con un processo collettivo di partecipazione i diversi soggetti possono riconoscersi in un sistema di azioni progettuali e impegnarsi per la loro realizzazione, ognuno secondo le proprie competenze.
Il piano si concretizza infine in una serie di azioni progettuali, che toccano tutti i settori dell'economia del Parco, in un'ottica di integrazione e sviluppo delle attività economiche, di crescita della sostenibilità ambientale delle stesse, di miglioramento dell'ambiente, della qualità della vita delle popolazioni e dell'azione amministrativa del Parco stesso.
E' stato scelto infine di fare riferimento, per la redazione del piano socioeconomico, agli strumenti di programmazione regionale (Programma regionale di sviluppo, Piano di Sviluppo Rurale) e al Piano territoriale provinciale, oltre che agli strumenti di programmazione locale esistenti. Anche in questo caso non è prevista però dalla legge un'azione sistematica di coinvolgimento del Parco nella definizione delle strategie per l'area da parte degli altri enti locali.

6. Considerazioni conclusive

Dall'analisi svolta emerge che i principi e le innovazioni introdotte dalle nuove forme di programmazione portano nuove opportunità e nuovi obblighi per la programmazione economica delle aree protette. Sono ormai mature le condizioni perché la politica per le aree protette, che ha seguito fino ad ora delle linee di sviluppo autonome, possa integrarsi nelle altre politiche territoriali e di sviluppo economico. In primo luogo oggi si sottolinea fortemente il principio della territorializzazione delle politiche economiche, incentrate sulla valorizzazione delle risorse e delle specificità territoriali, con particolare attenzione all'ambiente e alle risorse naturali; questo porta a facilitare l'incontro tra pianificazione territoriale ed economica in un progetto di territorio. In secondo luogo esistono nuovi strumenti di programmazione negoziata che favoriscono la possibilità di coordinare le politiche tra le istituzioni e tra queste e gli attori locali, in un'ottica di valorizzazione delle risorse locali e di sviluppo dal basso.
I parchi nel momento in cui tra i temi della nuova programmazione assumono maggiore importanza la salvaguardia e la valorizzazione dell'ambiente e del patrimonio culturale potrebbero rivestire un ruolo trainante.
Tutto ciò se si dotano dei necessari strumenti di conoscenza del territorio e completano l'elaborazione degli strumenti di pianificazione previsti dalla legge, all'interno di una strategia di programmazione dello sviluppo territoriale condivisa e compartecipata con gli altri attori operanti sul territorio.
* Università di Ancona