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In questo momento, probabilmente, la Campania, è la Regione in cui si stanno sviluppando le vicissitudini più interessanti nel panorama italiano delle aree protette.Sono davvero tante, infatti, le vicende e le iniziative. Non solo, spesso queste rappresentano delle assolute novità, nel bene e nel male, per il settore dei parchi e delle riserve, al punto da divenire, doverosamente, oggetto di attenzione a livello nazionale.
Le vicissitudini sono di varia natura, tutte in corso e ancora non risolte, ma l'eventuale risoluzione, in ogni caso, rappresenterà un importante precedente. Sostanzialmente le questioni aperte sono tre: la vicenda, per certi versi incredibile, del commissariamento del Parco nazionale del Cilento Vallo di Diano, la riperimetrazione dei parchi regionali e le risorse comunitarie a disposizione per le aree protette nel P.O.R. Campania 2000 - 2006. Conviene partire da quest'ultimo punto, anche perché, in parte, aiuta a capire gli altri aspetti. Il Programma Operativo Regionale - P.O.R. - della Campania, per il periodo 2000 - 2006, è lo strumento regionale per utilizzare i Fondi Strutturali Comunitari previsti per le regioni Obiettivo 1. Il P.O.R. Campania si articola in diversi assi, a loro volta, suddivisi in varie misure.
L'asse 1, relativo alle risorse naturali, è uno di quelli a maggiore dotazione economica con i suoi 2.561.112.000 Euro. L'asse 1, a sua volta, si articola in 11 misure, così denominate:
- Misura 1.1 - Sistema regionale di monitoraggio ambientale
- Misura 1.2 - Ciclo integrato delle acque
- Misura 1.3 - Sistemazione idraulico forestale e tutela delle risorse naturali
- Misura 1.4 - Gestione delle risorse idriche in Campania
- Misura 1.5 - Miglioramento delle caratteristiche di stabilità e sicurezza del territorio
- Misura 1.6 - Centro di documentazione controllo e monitoraggio per la conoscenza, la prevenzione e la gestione del rischio idrogeologico
- Misura 1.7 - Sistema regionale di gestione e smaltimento dei rifiuti
Misura 1.8 - Programmi di risanamento delle aree contaminate
- Misura 1.9 - Recupero, valorizzazione e promozione del patrimonio storico culturale, archeologico, naturale, etnografico e dei centri storici delle aree protette e dei parchi regionali e nazionali
- Misura 1.10 - Sostegno allo sviluppo di micro-imprenditorialità nei parchi regionali e nazionali
- Misura 1.11 - Promozione di una forza lavoro competente e di nuova imprenditorialità a supporto della protezione e della valorizzazione del territorio e dello sviluppo di attività produttive nelle aree protette.
Come si evince dai titoli, le misure 1.9, 1.10 e 1.11 sono riservate alle aree naturali protette, siano esse parchi nazionali, regionali o altre aree naturali protette presenti sul territorio regionale. A queste, però, si aggiungono anche altre misure, come ad esempio la 1.3, che pur non essendo esclusive per gli Enti parco, hanno questi tra gli enti destinatari delle risorse.
La misura 1.9, in particolare, è la più ricca di risorse economiche dell'intero asse 1, potendo contare su 277.605.000 Euro e sul fatto che i finanziamenti sono al 100% del costo del progetto. Le misure 1.10 e 1.11, invece, sono dotate, rispettivamente, di 185.070.000 e 22.391.000 Euro e i finanziamenti non coprono l'intero importo della spesa.
Ciascuna misura, poi, si collega ad altre misure di altri assi in una integrazione delle risorse e della progettazione.
Si capirà bene, allora, che la Regione Campania ha operato una scelta politica forte, esplicita, a favore delle aree protette presenti sul territorio regionale, riservando ad esse grandi quantità di risorse finanziarie (485.066.000 Euro) per i prossimi 6 anni.
A questo si deve aggiungere, poi, i fondi del bilancio ordinario stanziati per i parchi regionali, che per il bilancio di previsione 2001 ammontano a £.20.420.000.000.
Probabilmente mai, nella storia delle aree protette del continente europeo, c'è stata tanta disponibilità finanziaria per questo settore in una regione. Ma non basta.
La Comunità Europea, e la Regione Campania in ricaduta istituzionale, si sono preoccupate di evitare gli errori del passato, con l'arrivo di cascate di denaro prive di indirizzo pianificatorio e destinate, quindi, a spese spesso inutili, se non addirittura dannose per il territorio e, di conseguenza, deleterie per lo sviluppo sociale, economico e occupazionale.
Uno dei metodi di spesa, questa volta, è determinato dalla elaborazione di un Progetto Integrato Territoriale - P.I.T.
Si tratta di un progetto che, partendo da un'idea forza dell'uso che si vuole fare del territorio (uso, si badi bene, che non deve comportare impatto ambientale), elabora obiettivi specifici da raggiungere mediante l'attuazione di specifiche misure.
Il 90% delle risorse delle misure 1.9, 1.10 e 1.11 destinate ai parchi, sono destinate a finanziare i PIT redatti dagli Enti Parco.
La redazione di un PIT deve necessariamente passare attraverso un processo di concertazione con gli enti locali e con gli attori sociali ed economici del territorio.
Ed è questa indubbiamente una grande scommessa: la capacità degli enti locali, delle categorie locali e dell'Ente Parco, di elaborare un progetto che riesca a disegnare uno sviluppo integrato del territorio che si basi sulla conservazione e l'utilizzo intelligente delle risorse naturali. L'esperienza dei PIT nei Parchi, si comprenderà bene, non può fallire. Il successo rappresenterebbe, infatti, la definitiva consacrazione del concetto che la conservazione della natura può portare benessere sociale, economico e occupazionale durevole alle popolazioni locali.
I problemi, ovviamente, non mancano.
Mentre i Parchi nazionali del Vesuvio e del Cilento - Vallo di Diano sono partiti, e sono ormai a buon punto, nella elaborazione dei loro PIT, i Parchi regionali, invece, sono dovuti tornati alla fase di riperimetrazione in sede di Conferenza degli Enti, a seguito della incredibile sentenza della scorsa estate della Corte Costituzionale.
E' questo il punto che affronteremo subito dopo.
Per chiudere, invece, l'argomento dei fondi comunitari legati alla elaborazione di un PIT, va detto che alcuni dei principali problemi che in questo momento si stanno incontrando sono legati, in primo luogo, alla difficoltà di far superare agli amministratori locali le vecchie rivalità di campanile e a farli ragionare in termini di territorio. Indubbiamente l'esistenza in questi anni degli Enti Parco ha comportato una insperata evoluzione in positivo dell'atteggiamento degli amministratori nei confronti del territorio: l'incontrarsi e il confrontarsi nella Comunità del Parco ha prodotto indubbiamente effetti positivi, a volte anche inimmaginabili.
Davanti alla necessità di garantire l'arrivo di flussi finanziari alle proprie popolazioni, c'è il rischio, però, che si accendano vecchie rivalità, quasi come se ci fosse una gara a portare più soldi nel proprio comune perché in questo modo si misura la bravura di un sindaco. Con i PIT non è questo l'approccio che bisogna tenere. Al contrario, la capacità degli amministratori si misura con il fatto che, tutti insieme e insieme all'Ente Parco, si sia in grado di risolvere finalmente gli annosi problemi che angosciano il territorio (discariche, dissesto idrogeologico, abusivismo, mancanza di una cultura del turismo durevole, ecc.), e che non possono essere risolti certo in una scala comunale. Recuperare un antico castello in uno dei comuni del Parco, non deve significare, aver privilegiato quel comune al posto di un altro, ma, più semplicemente, aver compreso che il recupero di quel castello è strategico e funzionale all'idea forza e agli obiettivi che il PIT si è prefisso.
L'altra grande difficoltà sta nel fatto che la Comunità Europea, e di conseguenza la Regione Campania, non erogheranno contributi se non in presenza di progetti esecutivi che siano anche immediatamente "cantierabili", termine quest'ultimo desueto e poco indicato per la progettazione in aree protette dove esistono anche altri tipi di progettazione, quali, ad esempio, quella della reintroduzione di una specie animale o vegetale, quella dell'allestimento di una pubblicazione, ecc..
In ogni caso la clausola del progetto definitivo e pronto per partire, da parte della Comunità Europea, è tassativa.
Questo sta creando non pochi problemi agli enti locali per vari motivi. In primo luogo molti dei progetti che giacciono nei cassetti delle Comunità montane, delle Province e dei Comuni riguardano opere che non sono più finanziabili dalla Comunità Europea perché non compatibili con la necessità di tutelare le risorse naturali: strade, ponti, porti, dighe, e tante altre "oscenità" da anni '70 e '80.
In secondo luogo perché nella grande maggioranza dei casi i piccoli comuni interessati dalla istituzione del parco non posseggono le risorse necessarie per commissionare a dei progettisti la redazione di un progetto esecutivo.
Sembra quasi di trovarsi a un punto morto, come se il gatto si mordesse la coda. In effetti qualcosa di positivo in questa situazione comunque c'é, perché finalmente gli enti locali devono misurarsi con una progettazione ambientale e naturalistica, e con una progettazione seria che sia effettivamente realizzabile. In ogni caso la Regione Campania ha indicato una strada, quella della Cassa Depositi e Prestiti che può finanziare la progettazione esecutiva di progetti già dotati dello studio di fattibilità e recuperare il prestito con i contributi erogati dalla Comunità Europea, contributi che prevedono, infatti, il recupero delle spese di progettazione.
Se i Parchi nazionali, pur tra mille difficoltà, tentano di avviare i loro PIT. Il quadro si fa decisamente più difficile per i Parchi regionali. Istituiti nel 1995, in seguito all'approvazione di una legge regionale del 1993 (in parte voluta e redatta dal sottoscritto nella sua veste di consigliere regionale), solo nel 1999 hanno visto la nomina dei relativi presidenti. Questi, però, hanno avuto vita brevissima, durando in carica solo pochi mesi, per decadere in seguito a una sentenza di sospensiva del TAR Campania che ravvisava il mancato rispetto di alcune norme contenute nella L.R.33 del 1993. Subito dopo questa decisione sui parchi regionali se ne è abbattuta un'altra, ben più grave: la Corte Costituzionale, dopo ben 7 anni dall'approvazione della Legge Regionale, ne ha dichiarato incostituzionale un articolo e, di fatto, ha costretto la Regione a ripartire da zero.
Volendo trovare il "positivo" in ogni cosa, potremmo dire che questo ha avviato un'esperienza nuova per le aree protette europee, un esperimento che, se va a buon fine, può rappresentare un interessante precedente storico per chi opera nel campo della conservazione della natura. La perimetrazione dei parchi regionali e le misure di salvaguardia vengono concordati in apposite conferenze di enti, cui partecipano i Comuni, le Comunità montane, le Province e la Regione. Si assiste, in pratica, a una perimetrazione dell'area protetta dal basso, fatto indubbiamente positivo in termini di forza politica della proposta che ne scaturisce.
Contrariamente a quello che si può immaginare, fatto salvo alcune eccezioni, le realtà locali chiedono i Parchi, chiedono di ampliarli e di fare presto. Sanno, infatti, che rappresentano ormai l'unica occasione di sviluppo per le loro comunità.
E ora, in Regione, è in atto una sorta di corsa contro il tempo per accelerare la realizzazione dei decreti istitutivi per la nuova perimetrazione e le nuove misure di salvaguardia, atti propedeutici alla costituzione degli enti parco e all'avvio, quindi, dei singoli PIT.
L'obiettivo è quello di riuscire a costituirli nel periodo a cavallo tra la fine del 2001 e gli inizi del 2002.
Anche per questo il presidente della Regione, l'on. Bassolino, ha chiesto al presidente del parco nazionale del Vesuvio (chi scrive), giunto ormai verso la fine del mandato, di entrare nello staff della presidenza.
Quella della Campania è, come si vede, una situazione nuova, tutta da seguire nei suoi diversi aspetti. E evidente, infatti, che questa volta non si può fallire.
Guai se gli enti parco, le amministrazioni comunali, le associazioni ambientaliste, gli operatori del settore non sapranno sfruttare questa occasione, dimostrando incapacità progettuale e incapacità di spesa.
Verrebbe a crollare l'equazione, sostenuta ovunque fino ad oggi, che conservazione della natura comporta sviluppo e benessere per le popolazioni locali.
Crollerebbe una politica, crollerebbe un settore in crescita, non solo in Campania, ma ovunque in Europa, costringendo la Comunità a rivedere le sue scelte, con conseguenze dannose inimmaginabili per la conservazione della natura.
E' necessario, allora, che il mondo della conservazione sia vicino ai parchi campani, li aiuti, fornisca le professionalità tecniche e politiche perché si vinca questa incredibile scommessa che hanno davanti.
In questo contesto si inserisce anche la vicenda, per certi versi paradossale, del commissariamento del parco nazionale del Cilento - Vallo di Diano. Un sindaco, che per anni si è battuto, anche a rischio della propria incolumità, per l'istituzione del parco nazionale del Cilento - Vallo di Diano e contro la feroce cementificazione delle coste cilentane da parte della camorra, viene finalmente designato alla presidenza del parco.
Una nomina salutata da tutti con soddisfazione.
Ebbene, dopo pochi mesi, il ministero dell'ambiente emette un decreto di commissariamento, adducendo il mancato adempimento di una legge del 1978 da parte del presidente.
Legge, peraltro, modificata da un'altra del 1982 che dà torto al ministero. Ma non basta, in assenza di un regolamento sul commissariamento degli enti parco, fatto doveroso prima di procedere ad azioni di tal genere, viene nominato commissario non un funzionario o un tecnico del ministero, ma un costruttore edile napoletano, legato a una forza di governo, e, in particolare, a un esponente napoletano della compagine governativa. La vicenda ha sollevato proteste e indignazione in tutta Italia, ed è sfociata in una affollata (un migliaio di partecipanti) manifestazione tra le strade di Vallo della Lucania, con oltre trenta sindaci in testa al corteo, e partecipanti che provenivano da varie parti d'Italia.
Si è trattato, forse, della più imponente manifestazione a favore di un parco che si sia mai svolta in Italia, e, chissà, in Europa.
Contro il provvedimento sono stati presentati ben quattro ricorsi: quello del presidente "defenestrato", della Regione Campania, della Federparchi e del Wwf Italia.
A questi si deve aggiungere il ricorso presentato dai componenti del consiglio direttivo, anch'essi "defenestrati" in seguito al provvedimento di commissariamento.
Questa vicenda, inutile dirlo, non ha fatto bene alla elaborazione del PIT del parco, rallentandone pesantemente le fasi di attuazione. Al momento la questione ha avuto un primo esito positivo con l'ottenimento della sospensiva del provvedimento ministeriale da parte del TAR della Campania e, di conseguenza, il ripristino delle funzioni degli organi dell'ente.
Le aree protette, come si vede, sono in questo momento al centro dell'attenzione in tutti i sensi.
Ritengo che questo, al di là degli aspetti positivi e negativi, sia da interpretare come un segnale importante.
A dieci anni dalla legge 394/91 il mondo della conservazione della natura, e delle aree protette, più in generale vive una fase delicata.
Si è, probabilmente, a un passaggio evolutivo: si va dall'entusiasmo dei fautori, con i limiti però derivanti da questo tipo di approccio, alla necessità di avere una classe di dirigenti e funzionari preparati, in grado di affrontare le sfide che si aprono all'orizzonte, perché mai come in questo momento occorre fare un salto di qualità.
* Dirigente staff Aree Protette Pres. Regione Campania |