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PARCO TICINO
ANNO 4 - numero 3
Settembre 2001
Info: Ente Parco 02/972101
La terza pista di Malpensa
Lettera aperta al presidente SEA,
Giorgio Fossa, in risposta all'articolo del 13 luglio 2001 sul supplemento Lombardia
del "Corriere della Sera"
Se qualcuno non aveva ancora capito perché uno staff di persone è impegnato così attivamente da 27 anni a tutelare e gestire l'ultimo lembo di foresta planiziale attestata attorno al corso del fiume Ticino, da oggi c'è una spiegazione.
Se per gli intellettuali ed i cittadini che alla fine degli anni Sessanta hanno deciso di fare di tutto pur di preservare dall'inurbamento, dalle escavazioni e dalle distruzioni boschive un lingua di territorio ancora allo stato naturale che va dal Lago Maggiore al Po, non era ancora ben chiaro lo scopo finale della loro iniziativa, da oggi c'è una risposta che li toglie dal dubbio.
Se 46 sindaci dei comuni lombardi del Ticino e 11 dei comuni piemontesi non hanno ancora ben compreso il motivo per cui vengono convocati in Assemblea per decidere politiche forestali, recuperi di aree degradate, iniziative per la tutela delle acque del fiume o per la reintroduzione di specie animali estinte, oggi è stato loro rivelato il vero scopo del loro impegno.
Ci voleva un uomo dai modi spicci, un gallaratese concreto, un "pragmatico" come si dice oggi, per riportare tutti, intellettuali degli anni Sessanta, sindaci di 57 comuni, gitanti domenicali e coloro che lavorano nel Parco, alla realtà dei fatti.
"Grazie al lavoro svolto" è come se Lei avesse detto a tutti, "ora io porterò a compimento la vostra opera, realizzando una pista di decollo per aerei, proprio sul territorio che avete preservato per me".
Lei non ha spiegato ai lettori quali poteri abbia per esternare tanta determinazione e soprattutto non ha rivelato chi Le ha attribuito questi poteri illimitati, ma non importa. Se ha deciso che il Parco del Ticino sarà la futura pista di lancio per i suoi aerei avrà buoni motivi per farlo.
Mi scuserà se lo scenario che mi viene in mente subito è quello della Roma del 1527, allorchè il capo di un gruppo di soldati teutonici altrimenti chiamati lanzichenecchi, disse che era ora di finirla con la Chiesa, con i Papi, con Raffaello e le sue Stanze Vaticane, con Michelangelo e la sua Cappella Sistina.
Disse anche che la cultura e l'arte non riempivano né le tasche né la pancia della sua soldataglia e decise, senza esitazione, quell'operazione di distruzione poi definita dalla storia "Sacco di Roma".
Egregio Presidente, ho avuto modo di spiegare per anni e in tutte le lingue quali danni ci saranno per tutti se questo progetto si concretizzerà, anche in un'altra lettera aperta fattale recapitare pochi mesi orsono.
Lo ripeterò con due aggettivi sul cui significato mi assumo ogni responsabilità: saranno danni irreparabili e irreversibili, in quanto al Parco del Ticino verrà tolta la sua essenza vitale che è la "continuità biologica", la sua funzione cioè di mettere in collegamento l'ecosistema alpino con il mare.
Se i cittadini che con le loro firme, 30 anni fa, anno voluto il primo e più importante Parco fluviale ed oggi lo stanno apprezzando e sfruttando, se i sindaci dei comuni coinvolti, se gli insegnanti, i ricercatori e gli studenti che con il Parco del Ticino mantengono un rapporto di collaborazione giornaliero di studio e di ricerca, davvero consentiranno con rassegnazione di vedere distrutto ciò che per decenni è stato conservato nell'interesse comune, Lei può dichiararsi davvero una persona fortunata: di quelle che sanno cogliere l'attimo opportuno. Oppure, come si dice nella nostra Lombardia, la truàa al Signur idurmenta
(ha approfittato di un momento di distrazione del Padre Eterno).
Luciano Saino - Presidente del Parco del Ticino
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