PARCHI | |
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 34 - OTTOBRE 2001 |
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LIBRI |
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Il parco tra natura e cultura Conoscenza e progetto in contesti ad alta antropizzazione Franca Balletti (a cura di) De Ferrari Editore, Genova 2001 - (pp. 208 - 30.000 lire) Franca Balletti, architetto, è ricercatore presso la Facoltà di Architettura dell'Università di Genova, dove insegna Urbanistica. E' responsabile scientifico e coordinatore nazionale di ricerche finanziate dal CNR e dal MURST e componente del consiglio del parco di Portofino. Ha pubblicato per la De Ferrari Editore: "Luoghi e comunità dalla Storia al Progetto", "Percorsi dell'urbanistica moderna", "L'area metropolitana genovese: l'ambiente, la società, le istituzioni" con M. Besio e "Una città tra due guerre" con b. Giontoni. Il volume che presentiamo è una messa a fuoco delle problematiche dei parchi, con particolare riferimento al Parco di Portofino, nella prospettiva di soluzioni innovative di pianificazione e di gestione, tese a creare un nuovo rapporto tra uomo, natura e società. Sotto pelle, nel lavoro che impegna molti di noi, si confrontano due opposti errori. C'è l'errore di chi ritiene che i parchi degni di questo nome siano solo quelli creati nelle zone spopolate e interne del Paese, montane, dove la tutela prevale sulla valorizzazione e quest'ultima diventa la principale risorsa delle popolazioni che hanno resistito agli esodi verso il fondo valle e verso la costa. Per chi ha questa radicata convinzione, ogni altra area protetta è in qualche modo uno scherzo della legislazione ed una forzatura, che porta con se il risultato di sottrarre provvidenze economiche e progettuali a chi ne avrebbe tanto bisogno, ripartendo fondi sempre limitati ed insufficienti anche in territori baciati dalla fortuna di avere industrie, turismo e ricchezze di ogni tipo, che si vanno a inventare anche le aree protette un po' per le manie di qualche naturalista, un altro po' per le voglie di poltrone di qualche scarto di altri percorsi amministrativi e politici, e un po' per l'irrefrenabile luogo comune che dilaga e che vuole moltiplicare ovunque parchi e riserve, anche dove non servono a nulla. L'altro errore, speculare al precedente, è quello che ci porta a considerare importanti solo o soprattutto i parchi con una forte pressione antropica, collocati in economie mature, ad alta resa economica, che si rifiutano di riconvertirsi in nuove forme sostenibili, e circondano le aree protette come gli indiani il cerchio dei carri dei bianchi. In questo secondo errore si finisce per considerare banale la problematica dei parchi di montagna, che propongono al contesto territoriale ed economico l'unica speranza di sviluppo possibile, che sarebbe idiota non adottare, mentre si ritiene la vera "linea del fronte" quella che divide i rapallizzatori dai portofinisti. Ribadito in questa sede quello che da decenni una certa cultura che fa capo all'attuale Federazione dei parchi e al Centro Studi "Valerio Giacomini" ripete con convinzione, e cioè che lo sviluppo delle aree protette italiane non potrà avvenire al di fuori di una crescita complessiva, di sistema, che tenga conto delle aree protette regionali e di quelle nazionali, e di quelle di costa e marine assieme a quelle interne, alpine ed appenniniche, va anche aggiunto che, in assenza di carta della natura e di criteri oggettivi di classificazione sarebbe ancor più controproducente smembrare il sistema in sottosistemi autosufficienti, occorre mettere in guardia chi ripete le formule di cui sopra come giaculatorie, trovando però il modo di aggirarle nella pratica, che se non siamo persuasi del punto più delicato del discorso, e cioè del fatto che se la montagna si accudisce da sola, e la costa pure, pur ripetendo le giaculatorie politicamente corrette, nei fatti si determineranno ulteriori storture senza risolvere davvero alcun problema. Essendo un deciso sostenitore di questa problematica, ed un ostinato sostenitore della necessità della sua applicazione nella versione sinergica e di sistema, trovo molto importante il volume che Franca Balletti e l'editore genovese De Ferrari mettono a nostra disposizione, a riprova che dall'Università possono arrivare atti di seminari non banali, non ripetitivi di nozioni già più che note, in quanto la didattica avrebbe doveri di semplificazione talmente cogenti da mettere al tappeto ogni esigenza di monitoraggio della cronaca amministrativa, ed ogni necessità di intervento ai fini di determinazione del futuro. Il libro "il parco tra natura e cultura" che reca il sottotitolo "conoscenza e progetto in contesti ad alta antropizzazione" ci porta sul tavolo di lavoro le relazioni di un arco di "grandi firme" della ricerca sui parchi (da Pier Luigi Cervellati a Roberto Gambino, da Alberto Magnaghi a Guido Ferrara, da Annalisa Maniglio Calcagno ad Attilia Peano (i contributi sono 23, e non posso elencarli tutti, ma il lettore può fidarsi: ogni contributo si legge con interesse e porta nuovi elementi al quadro d'insieme) e di firme meno note, per approfondire le caratteristiche del confronto culturale necessario a pianificare un'area protetta in contesti ad alta antropizzazione, localizzati sulla costa italiana, a partire da una esperienza per moltissimi aspetti esemplare che è quella del parco regionale del monte di Portofino. Nelle relazioni è possibile ritrovare alcune delle radici di recenti polemiche, e di soluzioni drastiche assunte in merito alla perimetrazione del parco di Portofino. Si può riflettere sulle relazioni tra area/parco ed area/cornice, e sono ipotizzati "scenari possibili per il parco di Portofino" che consentono di capire meglio il significato delle scelte che sono state fatte oggi. Ma la ricerca complessiva ha valore anche (e forse soprattutto) per le altre realtà eccellenti, collocate in altri punti della costa italiana, protette ma non sempre, e soprattutto non per l'eternità, bisognose di politiche di sviluppo autosostenibile, o sostenibile, ed esposte a venti di tramontana che miscelano antichi pregiudizi con nuove scempiaggini. Su tutto, poi, grava il rischio dell'ipocrisia nazional popolare. Quella malattia mortale che fa recitare le sullodate giaculatorie politicamente corrette allo scopo di razzolare male, per la propria piccola bottega degli orrori. Grazie, quindi, alla facoltà di Architettura dell''Università di Genova, a Gianluigi Ciotta, direttore del dipartimento "Polis", ed a Franca Balletti, motore dell'intero lavoro, nella speranza che ulteriori appuntamenti seminariali producano altro materiale di supporto al nostro difficile e solitario lavoro, andando "oltre Portofino" e verso il sistema italiano delle aree protette regionali e nazionali, montane e costiere, sinergicamente legate ad un comune progetto di tutela e di sviluppo sostenibile. M.G. |
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