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PARCHI |
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Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 35 - FEBBRAIO 2002 |
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LIBRI |
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Il Capitale
Le nuove strade dello sviluppo sostenibile
a cura di Antonio Calabrò
"Il Sole 24 ORE"
spa editore, Milano
(pp. 154 - lire 29000;
euro 14,98)
Una anticipazione con il massimo di visibilità, sulla prima dell'inserto domenicale de "il Sole 24 ORE", ha messo il lettore sull'avviso: è pronto un volume che raccoglie sette saggi ed una ampia introduzione tutti esplicitamente dedicati ad individuare le nuove strade dello sviluppo sostenibile.
Gli autori sono degni di grande attenzione, essendo accademici di chiara fama.
Due di essi, che insegnano rispettivamente nel leggendario MIT e nell' università di Chicago hanno vinto il Nobel per l'economia, (si tratta di Robert M. Solow e di Gary S. Becker, che si occupano rispettivamente del "capitale ambientale" e del "capitale umano" inteso come istruzione e formazione).
Altri come Mario Deaglio, Marco Onado, Carlo Trigiglia, sono noti docenti di prestigiose università italiane (Torino, la Bocconi di Milano, e la Cesare Alfieri di Firenze) che esaminano il capitale fisico, quello finanziario e quello locale, utilizzando le loro specifiche competenze.
C'è Riccardo Muti, direttore musicale del Teatro alla Scala, chiamato ad occuparsi del "capitale culturale". Elio Catania, presidente ed amministratore delegato di Ibm con responsabilità per l'Italia ed i paesi del Mediterraneo, si occupa delle reti e del capitale tecnologico.
Antonio Calabrò, curatore del volume, giornalista dal 1971, passato dall'Ora di Palermo a il Mondo e alla Repubblica, e oggi direttore editoriale del gruppo "il Sole 24 ORE" avvia il ragionamento sulle nuove strade dello sviluppo sostenibile con una citazione dal Karl R. Popper della "Società aperta", approfittando anche "del rito delle ricorrenze" (il 2002 essendo anche il centenario della nascita del Popper).
Adesso tutte queste promesse fatte dal domenicale di Confindustria sono un libro vero, che si acquista nelle librerie, e che è qualcosa di più di uno dei tanti libri che si leggono d'un fiato, prevalentemente in treno, o a dispetto della televisione di prima serata, sempre più inguardabile.
Chi lavora - come molti dei nostri abbonati - attorno all'ipotesi di contribuire alla sperimentazione di un nuovo sviluppo all'interno delle aree naturali protette, misurandosi concretamente con tutti quei "capitali" evocati nel libro, e con altri ancora, per mettere in moto lo sviluppo sostenibile effettuale (avrebbe detto Guicciardini) sa bene che esistono studi sulla sostenibilità più completi e contemporanei.
I partigiani della sostenibilità sono scesi da tempo dalle montagne, e cominciano ad amministrare parti di territorio "liberato" dalle pratiche del postfordismo.
E non è impossibile rintracciare collane di volumi, studi e sperimentazioni che dopo Rio applicano i troppi significati che il termine "sostenibilità" ormai ha assunto.
Questo non significa che non esistano contrasti, dubbi, ripensamenti.
L'appello di Heidelberg, diffuso lo stesso giorno della Conferenza di Rio e firmato da cinquantadue Nobel cinquantadue la dice lunga sul contenzioso aperto, e sullo spazio enorme che esiste per confrontarsi all'interno di quelle stesse culture che pure danno per acquisita l'esistenza di limiti allo sviluppo, e della necessità di sostituire ai modelli di vita consumistici una modellistica che si proponga di "mantenere intatto il capitale di una società", come scrive Robert M. Solow a pagina 35.
C'è - io credo - una assoluta necessità di aprirsi tra culture, e di confrontare prima ancora che le reciproche definizioni del concetto di "sostenibilità, le reciproche paure, sospetti, diffidenze, alterigie, che - presenti in ogni settore - finiscono per rendere ingessata la discussione, ed assai difficile il dialogo vero.
Punti di contatto tra quello che si sperimenta nelle aree protette e quello che disegnano gli espertissimi coordinati da Antonio Calabrò ci sono in abbondanza.
Non sarebbe difficile (e non sarebbe inutile) partire da alcuni punti particolarmente interessanti, che non voglio citare per motivi ovvi, posto che questa sia ancora una recensione, per costruire risposte comuni a problemi di portata epocale.
Se al colpo delle torri gemelle (che giustamente Calabrò richiama nel suo saggio di apertura) volessimo rispondere in termini di crogiolo delle culture, tenendo conto dei principi che l'Unione Europea si era data non più tardi di un anno fa, a Nizza ("promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile", si era detto!), ci vorrebbe poco a mettere in piedi un circo telematico, uno spettacolino viaggiante nel quale dare il nostro contributo ad un processo che dovrebbe essere nelle cose, ma che stenta a trovare il percorso carsico che lo fascia uscire alla luce.
Tanto più che i governi di ogni livello sono sotto la botta dei traumi internazionali (il muro caduto; i fondamentalismi ringalluzziti; i Budda gemelli e le torri gemelle che si smaterializzano nonostante la cosa sembrasse impossibile) e garantiscono pochino. Mai come in questa fase, infatti, torna di assoluta attualità la considerazione di Karl R. Popper che ho usato anche in altre occasioni per chiudere qualche mio compitino: "Penso che, in politica, sia ragionevole adottare il principio di essere pronti al peggio, nella misura del possibile, anche se, naturalmente, dobbiamo nello stesso tempo ottenere il meglio.
Mi sembra stolto basare tutti i nostri sforzi politici sull'incerta speranza che avremo la fortuna di disporre di governanti eccellenti, o anche competenti". Si rileggano le ultime tre parole. Popper non era un comico. Non chiudeva i suoi concetti con sberleffi ad effetto. Nel vivo del rito degli anniversari, ascoltiamo il suo messaggio che percorre l'intero "secolo breve" riproponendoci un quiz che le intelligenze e le culture di questo nuovo secolo avranno l'obbligo di dipanare. Se il circo telematico non si avvierà, e nessuna premiata compagnia di giro allestirà lo spettacolo che ci piacerebbe seguire da spettatori paganti, questa modesta bottiglia piena di messaggi vaganti nel mare della società della comunicazione potrebbe farsi carico di ospitare un simulacro di confronto. In attesa di finire tutti in tv, in prima serata.
M.G. |
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Italianieuropei
Bimestrale del riformismo italiano
Direttori: Giuliano Amato
Massimo D'Alema
Marchesi Grafiche Editoriali
Roma, 2001
(pp. 190 - lire 15000; euro 7,75)
Una nuova rivista è stata fondata, con il preciso e dichiarato obbiettivo di individuare uno spazio per un riformismo che sappia misurarsi con i temi della libertà, dei diritti e dell'innovazione così come essi si pongono nel tempo che viviamo. Nel primo numero figurano interviste al premier inglese Tony Blair, ed al premier portoghese Antonio Gutierrez, entrambe centrate sul ruolo dell'Europa rispetto alle crisi aperte nel mondo.
Sempre sull'Europa una intera sezione ("Europa Europe/Perché oggi l'Unione europea?) curata da Giuliano Amato si occupa dei temi della sovranità, della giustizia, delle istituzioni e della globalizzazione con articoli di Biagio De Giovanni, Peter Mandelson, Giorgio Napoletano, Yves Meny.
Le questioni del dopo 11 settembre sono trattate da Federico Rampini (L'economia della paura), da Renzo Guolo (il fondamentalismo contro l'Islam), e da Federico Romero ("La guerra come metafora").
Altri importanti temi trattati sono la procreazione e la libertà femminile, la piena occupazione nella prospettiva francese, i pregiudizi ed i bisogni in riferimento agli organismi geneticamente modificati, il dibattito precongressuale dei Ds, il riformismo del nuovo secolo, il ruolo degli storici, l'incontro di Gino Giugni con il sindacalismo statunitense. L'offerta di temi è - come si diceva del rancio - "ottima e abbondante". Uno scambio di lettere tra i direttori imposta "le cose da fare". A metà della lettera di Massimo D'Alema, in un passaggio dove si affrontano i temi dei rischi della globalizzazione malgovernata si legge: "La verità è che senza l'allargamento della democrazia, senza affrontare il capitolo dei diritti umani, civili, sociali, senza una lotta credibile alla povertà e senza la giusta attenzione verso risorse ambientali esauribili, la globalizzazione può degenerare in un conflitto drammatico ..." ecc.
Nel corso di una pubblica presentazione della rivista di Amato e D'Alema che si è svolta in Ancona con la partecipazione di Alfredo Reichlin e di Cesare Pinelli (due dei 14 componenti del comitato redazionale di "Italianieuropei"), ho preso la parola indossando la casacca di direttore di "Parchi" per chiedere se questo riferimento nel passo di D'Alema significhi una attenzione maggiore della rivista in quanto tale a quella specifica problematica. Ho anche ripreso il tema del libro di Selig Perlman del 1928 ("A theory of labor movement") che Gino Giugni decise di tradurre dall'americano nel 1955 e che fu pubblicato dalle edizioni de "Il Mulino" (della vicenda si occupa a pagina 174 Cesare Pinelli) per socializzare la nostra iniziativa del ristampare l'ormai introvabile "Uomini e parchi", come Federparchi e come Centro Studi Valerio Giacomini, chiedendo di dare spazio alla operazione in uno dei prossimi fascicoli di "Italianieuropei".
Il paragone tra due riedizioni, e tra due operazioni culturali di segno riformista, e la richiesta di un articolo in merito, mi serviva per sondare il terreno, e capire se esistono possibilità di innesto della cultura riformista ambientale che stiamo innaffiando da una decina di anni nel più vasto campo del riformismo europeo senza ulteriori aggettivi. Sempre intervenendo in quella occasione mi è stato utile (e molto facile) citare Confindustria e la casa editrice "Il Sole 24 ORE" in cammino sulle "nuove strade dello sviluppo sostenibile", per sostenere la causa dell'allargamento dei confini del confronto sui limiti dello sviluppo e sull'esistenza di risorse ambientali esauribili, e sulla ripercussione di questo concetto sulle politiche e sulle culture di ciascun attore sociale.
Naturalmente gli innesti si rivelano possibili e fecondi nel momento della fioritura e della raccolta dei frutti. Sicché è inutile registrare in questa sede le risposte alle mie domande.
Se son fiori, fioriranno. Essendo in politica sempre valido l'invito di Karl R. Popper di essere sempre pronti al peggio, essendo stolto basare tutti i nostri sforzi su incerte speranze.
M.G. |
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La fisica appula
P.F. Michelangelo Manicone
Paolo Malagrinò Editore, Bari 2000
(cinque volumi in cofanetto,
1500 pagine, s.i.p.)
"La fisica appula" significa, più o meno, "la fisicità della Puglia".
Per meglio dire dell'Apulia, che vuol dire regione dove non piove (pluvia, assieme all'alfa privativo), e che non si può chiamare Puglia senza perdere del tutto il messaggio contenuto nel termine. E per dire ancora meglio, di quella parte di Apulia che è il Gargano.
Cinque volumi, ciascuno di circa trecento pagine, in ristampa anastatica, dell'opera oggi introvabile di un frate francescano illuminato ed, illuminista, naturalista, nato a Vico Garganico nel marzo 1745, morto nell'aprile del 1810, riemergono da due secoli di dimenticanza freschi e appassionanti come nei giorni della loro prima apparizione, rivendicando il diritto di un nome pieno di contenuto anche se l'uso corrente lo avesse messo da parte, e soprattutto ponendo domande chiare, che aspettano - da allora - risposte operative.
Ci fu un periodo storico, che iniziò con il regno di re Carlo di Borbone, proseguì con la reggenza del marchese Bernardo Tanucci, passò per Ferdinando IV e lord Acton, culminò nella Repubblica Partenopea del 1799 repressa nel sangue, nel corso del quale Napoli capitale del regno borbonico raggiunse livelli culturali di levatura europea. Erano gli anni delle rivoluzioni e delle restaurazioni, delle grandi passioni politiche e sociali, ma anche degli studi e delle modernizzazioni illuminate.
Alcuni di noi ricordano quegli anni soprattutto per le vicende di Eleonora de Fonseca Pimentel, di lady Emma Lyon Hamilton, e degli insorgenti del cardinale Ruffo. Una storia fosca, di giornali pieni di ideali che riguardavano soprattutto gente che i giornali non li sapeva leggere, e di una impiccagione più terrificante di tante altre, perché sembrò mettere a morte l'emancipazione femminile, e tutte le speranze del sud.
Altri ripensano quegli anni in altro modo, e con una opposta chiave di lettura, per rinfacciare al nord quanta cultura e quanta modernità sia stata messa via con la falsa etichetta di paccottiglia reazionaria quando Garibaldi si incontrò con il Savoia dalle parti di Teano. Come sempre, l'importante è ricordare tutti i fatti. Conservare la memoria, i dati, i documenti.
Poi il confronto sulle interpretazioni arricchirà il dibattito ed esalterà la qualità delle soluzioni.
Al contrario, chi rimuove la memoria distrugge ogni possibilità di dare risposte moderne alle domande senza risposta. Chi rimuove il passato, non avrà futuro.
Al di sopra della partigianeria delle interpretazioni, resta il fatto che quegli alti livelli culturali furono davvero raggiunti, dando al mondo quello che oggi ammiriamo stupiti. Uno dei molti misconosciuti personaggi che entrarono in simbiosi con quel clima e con quelle temperie fu il frate Michelangelo Manicone.
In quegli anni egli studiò a Napoli, a Roma, e poi a Vienna, Berlino e Bruxelles. Fu lettore di filosofia e di teologia (gli "studi di fine", come egli stesso li definirà), ma fu anche uno dei primi naturalisti locali, grazie alla rigorosa applicazione del metodo sperimentale galileiano, e la sua capacità di desumere dalle sue sue vaste letture e soprattutto dalle sue indagini sul terreno appropriati trattati (gli "studi di utilità, o di mezzo") concepiti allo scopo di salvaguardare la natura come bene di uso collettivo. Prima e durante la Repubblica Partenopea, alla quale fu direttamente coinvolto, con il risultato di ricevere il veto di re Ferdinando alla prosecuzione della sua carriera ecclesiastica, fu Guardiano del convento di Gesù e Maria a Foggia, fu Definitore Provinciale dal 1776 al 1784, e Ministro Provinciale dal 1790 al 1794.
Dopo la caduta della Repubblica Partenopea e la conseguente restaurazione, sceglie il convento di Ischitella per riordinare i suoi appunti e terminare il suo lavoro più impegnativo: i cinque tomi de "La fisica appula", che vedono finalmente la luce pochi anni prima della sua morte, presso Domenico Sangiacomo, in Napoli, con licenza de' Superiori, nel 1806.
Anche lui, alla pari di Alessandro Manzoni, aveva una sua idea del numero di lettori e di estimatori su cui contare.
Michelangelo Manicone scrive di cinquanta, o cento persone al più, definendoli tuttavia "molti".
Per costoro egli traccia un "breve piano dell'opera" che non riprodurrò qui, in quanto il lettore lo potrà trovare nelle prime pagine della ristampa.
Accostando il "breve piano" ai dettagliati indici di ogni tomo, niente potrà sfuggire al curioso, e tanto meno all'erudito, di uno studio dettagliato del Gargano in tutti i suoi aspetti naturalistici, redatto a beneficio degli abitanti, e quindi ricco di osservazioni critiche, di proposte di miglioramenti (il prosciugamento della palude Sipontina per superare il "mefitismo", l'introduzione delle pecore, l'uso di terre capaci di trattenere meglio le acque, ecc), di approfondimenti eruditi (sull'origine dei nomi; sulle origini dei territori, ecc), sempre con la volontà di non entrare in polemica con nessuno, ma di raggiungere attraverso il confronto dei dati e delle opinioni dei livelli più alti di conoscenza, allo scopo di migliorare la qualità dell'esistenza delle popolazioni residenti.
All'interno di una ricerca molto ben organizzata, non stravagante né casuale, si incontrano alcuni momenti narrativi, in poesia e in prosa.
Ci sono figure (la ragazza che salva tutti i documenti del palazzo di Ischitella che va a fuoco) che restano nella memoria, dopo la lettura dei cinque tomi.
Ma quello che resta maggiormente è la sensazione di una assoluta modernità dell'autore.
Nonostante la lingua mostri la sua età, e la stessa grafica della pagina, i concetti che vengono esposti non sembrano di duecento anni fa, ma di oggi, e anche quello che è oggettivamente antico e fuori corso finisce per rientrare in una visione della ricerca culturale e del commercio delle idee e delle esperienze del tutto contemporanea.
Anche per questa motivazione mi sento di condividere quanto affermano in tre differenti presentazioni il ministro provinciale dei frati minori Pietro Carfagna, il presidente del parco nazionale del Gargano, Matteo Fusilli, e Paolo Malagrinò. Quest'ultimo, nei suoi "appunti per una biografia" sottolinea efficacemente come "sino a quando è stata dominante una mentalità che considerava boschi e foreste solo utili riserve di legna cui poter attingere impunemente, non vi erano neanche i presupposti per ricordare un frate naturalista che aveva molto lucidamente predicato proprio il contrario".
Matteo Fusilli apprezza il costante mantenimento dello spirito critico in ogni parte del lavoro del Manicone, e afferma che "come spesso accade, la validità e l'eredità di un sistema di pensiero non consistono tanto nelle soluzioni prospettate quanto nelle domande che ha saputo porre".
E Pietro Carfagna sostiene che il lavoro del Manicone "rappresenta una forte ed efficace provocazione a fare con più impegno ognuno la nostra parte, nel porre freno allo scempio prodotto da uno sviluppo insostenibile, che rischia di innescare nel nostro ecosistema squilibri definitivi". Nel condividere questi giudizi, noto che anche solo dalla semplice giustapposizione di queste opinioni risulta chiara la ragione di una operazione culturale fatta in stretta collaborazione tra il parco nazionale del Gargano e la Provincia di San Michele Arcangelo dei Frati Minori di Puglia e Molise.
E' una confluenza oggettiva e naturale di interessi alti che avviene nel segno di una intelligenza da riproporre a modello di quanto ancora manca per considerare terminato il lavoro avviato due secoli fa, da un frate colto e modesto, che - attraverso i cinque tomi de "La fisica appula" - parla ancora alle nostre menti ed ai nostri cuori.
E' la premessa naturale di un centro di studi e di ricerche applicate, che nascerebbe sotto una stella di prima grandezza, troppo a lungo ingiustamente dimenticata.
M.G.
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Parchi e sviluppo
a cura di Manlio Vendittelli
Gangemi editore, Roma
(pp. 175 - lire 36.000)
Manlio Vendittelli (Roma 1943), nel 1997 - anno di pubblicazione del libro - era vicedirettore del Dipartimento di scienze ambientali e territoriali dell'Università di Reggio Calabria, nonché direttore del Laboratorio consunto de investigacion y esperimentacion con l'Istituto di pianificazione fisica di Cuba, nella Provincia di Pinar del Rio.
Nel volume "Parchi e sviluppo" raccoglie saggi di dodici ricercatori,o, comunque, di dodici partecipanti ad un convegno (Vittorio Amadio; Giorgio Maria Borrelli; Enrico Costa; Pietro Currò; Giuseppe Fera; Maurizio Garano; Salvino Maltese; Stefano Masini; Tonino Perna; Vincenzo Pizzonia; Antonio Quistelli; Alberto Riparo) più lui medesimo.
Gli autori mettono in relazione non soltanto i concetti di aree protette e di sviluppo sostenibile, che sarebbe già una fatica nobile e più inconsueta di quanto non si creda, ma la realtà (o almeno l'opportunità) di aree protette vere, quali sono nei casi di studio presentati l'Aspromonte, i Nebrodi e la riserva di Vendicari messe a paragone della mole di speranze e di proposte che il mondo intero sta producendo attorno all'idea forza di sviluppo sostenibile.
Lo stesso Vendittelli in una premessa generale si occupa degli obbiettivi della ricerca della quale si rende conto nel volume.
Scorrendo la quale premessa, si incontra una volontà di avviare rapporti fecondi con il territorio di riferimento (la Regione Calabria) con reciproci possibili arricchimenti che va nella stessa direzione delle iniziative che tentiamo di promuovere come aree protette singole o associate.
La premessa al volume, quindi, si legge con piacere, perché è anche un intervento puntuale su quanto avviene a vari livelli amministrativi e di gestione, in una linea generale di collaborazione e di creazione dei presupposti di un reale sviluppo durevole ed ecocompatibile.
Ogni volta che dal mondo accademico si fa appello al coordinamento tra poli di ricerca, materie e indirizzi, e insieme si sottolinea la utilità di cercare "un rapporto sempre meno squilibrato tra coscienza emergente - conoscenza - e coscienza diffusa", ci succede di seguire l'autore come altri seguirono il pifferaio magico: senza alcuna coscienza critica, seguendo l'istinto.
All'ipotetico nostro lettore, talmente buono da fidarsi delle nostre proposte di lettura, segnaliamo il libro per la ricchezza dei contributi concreti, legati non soltanto ai casi di studio già citati, ma anche all'approfondimento di temi più generali che non sempre sono a tutti noti e chiari.
Il saggio "Ecosviluppo: ricerca scientifica e trattati internazionali", ad esempio, è un sintetico e completo "breviario" che può essere utilizzato vantaggiosamente da tutti coloro che intendono impegnarsi per l'anno internazionale dell'ecosviluppo, che si concluderà a Johannesbourg (dal 26 agosto al 4 settembre, secondo l'ultimo cambio di date voluto dall'Assemblea generale dell'Onu per evitare la sovrapposizione con le celebrazioni dell'anniversario dell'attentato alle torri gemelle di New York).
Il saggio "Parchi e sviluppo", va letto da chiunque amministri aree protette a costante confronto con la necessità di valorizzare i beni naturali per tutelarli al meglio, cioè da tutti gli amministratori di aree protette.
Il libro a cura di Manlio Vendittelli ci aiuta, insomma, nei limiti di un ventaglio di ricerche universitarie, senza la pretesa che si tratti di una summa teologica, a fare meglio la nostra parte per evitare che si riproducano esclusioni e marginalità, disaffezioni e dipendenze, nelle aree che stiamo proteggendo, "a vantaggio di chi trova convenienza nell'uso della marginalità e dell'omologazione altrui".
M.G.
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Guida alle Meraviglie sconosciute d'Abruzzo
di Stefano Ardito
Carsa Edizioni- 2000
(pp 143- 13.43 euro)
Pubblicata nella collana "Le Gemme", ecco una guida agile e bene illustrata ai monumenti naturali e storico-artistici dell'Abruzzo, partendo dalla riserva naturale delle Grotte di Pietrasecca.
Un'operazione editoriale abbinata ad una mostra, che rappresenta una sfida -secondo l'editore della pubblicazione- dato che quasi tutti i frequentatori della regione ormai conoscono le mete descritte e fotografate, e cioè le montagne, le chiese romaniche, i monasteri, gli eremi, le cattedrali, le abbazie, i musei ed i siti archeologici.
La nascita delle aree protette abruzzesi, l'attenzione dei media per questa bellissima terra, l'efficace tam-tam prodotto dai visitatori soddisfatti ha infatti attirato in Abruzzo un pubblico vasto da ogni parte d'Italia e d'Europa.
Tuttavia vi sono molti angoli paesaggistici e molti tesori che meritano di essere meglio conosciuti ed apprezzati ed il lettore attento non potrà non apprezzarne le descrizioni e le indicazioni fornite dalla guida.
Diviso in sessanta schede, il lavoro fornisce oltre agli itinerari, informazioni pratiche ed essenziali: le caratteristiche del percorso, quando andare, cosa portare con sé, dove mangiare e dormire, a chi rivolgersi per avere tutte le indicazioni necessarie.
F.Z.
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Lazio - uomo e natura, insieme
Guida alle aree protette della regione Lazio
Carsa Edizioni- Pescara
2001 (s.i.p.)
Tra le realizzazioni dell'Arp- Agenzia regionale per i parchi della Regione Lazio insieme all'Assessorato all'Ambiente della Regione Lazio - si segnala questa guida alla aree protette, un viaggio affascinante nel Lazio verde.
Dalle rocce dell'Appennino al Tirreno, attraverso boschi e paesaggi di rara bellezza dove l'uomo ha lasciato impronte e testimonianze storiche di enorme importanza, la terra laziale emerge in questa pubblicazione come un luogo speciale e molto molto accattivante.
Parchi nazionali e regionali, riserve terrestri e marine, monumenti naturali, il sistema delle aree protette nel Comune di Roma, parchi naturalistici ma allo stesso tempo archeologici come quello regionale dell'Appia Antica, sono descritti sinteticamente ma efficacemente in questo opuscolo dal giornalista Giulio Ielardi che è anche autore delle spettacolari immagini che valorizzano i testi.
Per ogni area protetta - in tutto sessantanove - sono indicati estensione, sede, telefono e indirizzo web.
Un ottimo biglietto da visita per il sistema dei parchi del Lazio.
F.Z.
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Un viaggio fra natura, arte e tradizione
Il parco delle Madonie e la ricettività dei Comuni
Grafiche Renna-Palermo-settembre 2000
(pp.71, s.i.p.)
Carta dei sentieri e del paesaggio
Cefalù- Madonie
Arti Grafiche Siciliane- Palermo; II edizione- 2000
(s.i.p.)
Dal parco delle Madonie, due pubblicazioni di grande utilità: la prima consiste in un volumetto tascabile che invita a visitare l'area protetta, istituita nel 1989.
Nella parte iniziale il lettore è introdotto al patrimonio naturale dell'area (storia, vegetazione e fauna); di seguito viene illustrato il clima ed il rapporto dell'uomo con il territorio: l'artigianato, la gastronomia, i prodotti tipici.
Quindi i curatori descrivono le quattro zone del parco corredate da una serie di informazioni utili.
Buona parte dell'opera è dedicata alla presentazione dei comuni del parco con una serie di riferimenti pratici, cenni storici ed emergenze architettoniche.
Non manca la cartina generale.
Infine sono presenti un'utile bibliografia e le referenze fotografiche. L'altra consiste nella carta che illustra i 30 sentieri del parco, alla seconda edizione, dopo la prima del 1994. Numerose le novità e gli arricchimenti: la viabilità è stata aggiornata e sono indicate con una nuova simbologia sia le emergenze naturali, sia quelle di rilevanza storica, archeologica ed etno-antropologica nonché tutte le aziende agrituristiche, i rifugi, i ristoranti, gli alberghi fuori dai centri urbani, non facilmente raggiungibili.
Particolare attenzione è stata posta alle indicazioni delle mulattiere, testimonianza delle vie di transito a piedi e a cavallo nei secoli.
La scala 1:50.000 consente di rappresentare aree territoriali omogenee e significative.
Si prevede un'amplissima diffusione della nuova carta- rivolta ad operatori, viaggiatori, a chiunque sia interessato al territorio- e proprio per questo è prevista la traduzione in inglese, francese e tedesco.
F.Z.
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Il parco naturale regionale del Beigua
Guida rapida
Sagep-Genova, 1999
(s.i.p.)
La migrazione dei rapaci diurni nel parco del Beigua
Luca Baghino
pp.24 (s.i.p.)
La guida rapida costituisce un piccolo assaggio di quanto l'area protetta può offrire: uno spettacolare balcone formato da montagne che si affacciano sul mare dove natura, storia, cultura ed antiche tradizioni costituiscono elementi di straordinario pregio ed interesse.
La possibilità di trovare raccolto in uno strumento di facile lettura e graficamente accattivante suggerimenti su alcuni dei percorsi più significativi (5 itinerari principali), curiosi approfondimenti tematici, notizie utili e consigli per una corretta fruizione del parco, rappresenta uno stimolo per il visitatore ad un contatto diretto con il territorio del Beigua, che consenta di gustarne appieno colori, profumi, voci e suggestioni.
Anche questi momenti di divulgazione e di promozione costituiscono un passaggio importante nell'ambito degli sforzi che l'ente parco- istituito con legge regionale n.12 del 22 febbraio 1995- sta operando per una definitiva affermazione di corrette politiche di gestione del territorio.
Con la seconda pubblicazione l'ente parco vuole esaltare uno degli elementi di maggior pregio naturalistico e scientifico presenti nel territorio del parco.
"Questo nuovo impegno editoriale (si tratta della ristampa aggiornata della prima versione del 1991) -sottolineano presidente e direttore del parco del Beigua, Dario Franchello e Maurizio Burlando- rappresenta un'iniziativa mirata ad incrementare e valorizzare le attività didattiche ed educative che si praticano nel settore del parco posto alle spalle della fascia costiera tra Varazze e Voltri. E non è un caso che in questo stesso settore si siano concentrate diverse azioni quali l'attuazione del progetto Life-Natura 1999-2000 per la realizzazione di un Centro ornitologico ed altri interventi non solo".
F.Z.
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Guida alle riserve naturali in gestione a veneto agricoltura
a cura di Michele Cassol
pubblicazione edita da Veneto Agricoltura- 2001
(pp.126, s.i.p,)
Le piante delle zone umide del Cansiglio
pubblicazione edita da Veneto Agricoltura -2001
(pp.54, s.i.p.)
Guida alla preistoria del Cansiglio
Di Marco Peresani
Pubblicazione edita da Veneto Agricoltura
Chinchio (PD) maggio 2001
(pp.109- s.i.p.)
Tutte e tre le pubblicazioni, recentissime, sono state curate e realizzate tecnicamente da Veneto Agricoltura, l'Azienda regionale del Veneto per i settori Agricolo, Forestale ed Agroalimentare.
La Regione Veneto ha demandato la gestione delle riserve naturali a Veneto Agricoltura, azienda la cui gestione è mirata alla tutela, alla valorizzazione ed alla promozione di un patrimonio naturalistico di eccezionale valore.
La guida presenta sinteticamente le riserve naturali "Piaie Longhe-Millifret", "Pian di Landro- Baldassare", "Gardesana Orientale", "Lastoni-Selva Pezzi", "Bosco Nordio" e "Bocche di Po", attraverso la "carta d'identità" di ciascuna, gli aspetti vegetazionali e quelli faunistici.
In questo modo chi legge -visitatori, appassionati e tecnici- può avere una visione d'insieme del patrimonio protetto gestito da Veneto Agricoltura ma anche approondire la conoscenza di alcune aree meno note.
Il volume è stato realiuzzato grazie al contributo di
Ministero dell'Ambiente- Regione Veneto, Direzione regionale Urbanistica e Beni Ambientali.
Le piante delle zone umide del Cansiglio - altopiano situato al confine tra Veneto e Friuli Venezia Giulia - sono oggetto del secondo volumetto edito da Veneto Agricoltura e redatto dall'Associazione Amici del giardino botanico alpino del Cansiglio "Giangio Lorenzoni".
Il Cansiglio viene qui illustrato ad un vasto pubblico mettendo in primo piano uno dei suoi aspetti meno appariscenti, le zone umide.
Queste, pur essendo di limitata estensione, rappresentano per un'area carsica delle autentiche "oasi", analoghe a quelle dei territori deserti. Attorno ad esse si ha un aumento della biodiversità floristica ed un forte richiamo per la fauna che vi sosta e si ristora.
Il volumetto, corredato di cartina, descrive le "lame", o specchi d'acqua, le torbiere, le piante caratteristiche e la loro distribuzione nelle "lame", indicando i percorsi d'interesse dove poter incontrare queste specie.
I ritrovamenti preistorici sul Cansiglio sono l'argomento della terza opera, quella di Marco Peresani.
Tracce labili ma indiscutibili della presenza degli ultimi cacciatori del Paleolitico ritornati sulla montagna dopo il ritiro dei ghiacciai quaternari sono state ritrovate da ricercatori dell'Università di Ferrara.
Questo nuovo aspetto del Cansiglio e l'interesse suscitato nel mondo scientifico hanno ulteriormente confermato la grande ricchezza dell'altopiano, non soltanto luogo di natura ma anche di storia e cultura.
Il libro edito da Veneto Agricoltura illustra appunto i primi risultati delle indagini archeologiche, e lo fa con uno stile chiaro adeguato allo scopo divulgativo.
In particolare - riferisce l'Autore - la "guida" ha visto le stampe grazie alle segnalazioni fatte da Mauro Cremaschi, Carlo Mondini ed Aldo Villabruna ed al sostegno dato alle prime ricerche dalla Fondazione G.Angelini.
Il testo è arricchito da una serie di tavole realizzate da Mauro Cutrona e Giusto Almerigogna, che rappresentano fedelmente scene di vita del Cansiglio preistorico. F.Z.
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Agricoltura e natura
A cura di Andrea Arzeni
Roberto Esposti Franco Sotte
Franco Angeli editore
novembre 2001
(pp.223, s.i.p.)
Ancora un volume per la collana di studi e ricerche di Economia e Politica Agraria dell'associazione "Alessandro Bartola", che ha sede ad Ancona. Il nuovo volume, curato dal prof. Franco Sotte, docente di Economia Agraria presso la Facoltà di Economia dell'Università di Ancona e dai ricercatori presso la stessa sede, Andrea Arzeni e Roberto Esposti - ha lo scopo di approfondire la comprensione dei problemi ma anche la consapevolezza delle potenzialità presenti nell'intreccio agricoltura e natura specie in Italia e nelle regioni mediterranee dell'Europa.
Le attività agricole e silvo-pastorali, nel corso del tempo, hanno infatti profon |