Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 36 - GIUGNO 2002


IL FUTURO DELLA MONTAGNA EUROPEA
di Valter Giuliano
  Tra reti ecologiche e nuove sensibilità per ambiente e cultura

L'Europa delle aree protette è complessa.
La prima esperienza fu quella delle riserve biogenetiche del Consiglio d'Europa.
Fin dagli anni Settanta, in Lituania, Estonia, Cecoslovacchia, Danimarca, Olanda furono studiate e predisposte numerose reti locali. L'ultima iniziativa è invece rappresentata dalla Rete Ecologica Paneuropea (REP), istituita nell'ambito della Strategia Paneuropea della diversità ecologica e paesaggistica.
Poi c'è la Rete Natura 2000, che rappresenta il perno della politica europea di conservazione dell'ambiente, con l'obiettivo di mantenere la biodiversità attraverso la conservazione di alcune tipologie di habitat (circa 250) e di alcune specie selvatiche della flora (più di 500) e della fauna (circa 200), interessando tra il 12 e il 15% del territorio comunitario.
Gli strumenti per raggiungere l'obiettivo sono, rispettivamente, la Direttiva 92/43/CEE nota come "Direttiva Habitat" e la Direttiva 79/409/CEE comunemente nota come "Direttiva Uccelli". Da loro sono nati i SIC (Siti di interesse comunitario) e le ZPS (Zone di protezione speciale).
Ma non finisce qui.
Dalla Convenzione di Berna è nata la Rete Emeraude che raccoglie le zone di interesse speciale per la conservazione oltre i confini dell'Unione Europea, comprendendo 45 paesi del continente europeo.
Vi si aggiunge il Piano di Azione del Mediterraneo che ha censito, nel repertorio delle aree protette marine e costiere, 132 siti protetti, per circa 1,8 milioni di ettari.
Infine, in occasione della revisione della Convenzione di Barcellona si è provveduto all'istituzione di un nuovo protocollo che dà origine alle Aree Specialmente Protette di Interesse Mediterraneo (ASPIM).
Se a ciò aggiungiamo i contenuti del Protocollo difesa della natura e del paesaggio della Convenzione per le Alpi, la fotografia della confusione è completata.
È evidente, a questo punto, la necessità di un coordinamento e un'iniziativa coerente e specifica dell'Europa che sappia riportare la politica dei territori protetti a criteri conoscibili e interpretabili in maniera certa.
Si tratta di armonizzare le politiche comunitarie anche in questo settore, a partire dalla puntuale definizione del ruolo delle aree protette nelle politiche europee, tenendo conto che da Rio de Janeiro '92 a Montreal '96 è emersa con chiarezza la necessità di superare la concezione insulare dei parchi verso una nuova dimensione che li vuole pienamente partecipi e corresponsabili delle politiche generali del territorio.
Non più isole separate, gestite come tali, ma piena implicazione, a tutte le possibili scale, nella dimensione territoriale più vasta.
La Rete ecologica europea ha certamente colto questa prospettiva, consapevole che le aree protette sono specchi delle differenza dei territori, e debbono rientrare in una strategia che va oltre i parchi.
Tuttavia all'atto pratico si è verificata una diversificazione tra la Rete europea e quella lasciata alla gestione dei singoli paesi.
A tal punto che la Rete europea è, paradossalmente, oggi orfana di buona parte dei parchi.
Occorre dire che se questa integrazione è certamente necessaria, per contro si avverte la necessità di andare oltre la "confraternita dei parchi" per aprire prospettive che, pur trovando la loro nervatura nel sistema delle aree protette nazionali, sappia prefigurare politiche fatte di infrastrutture capaci di costruire una rete connettiva costituita da relazioni, anche culturali, molto più complesse cui appartengono, ad esempio, il sistema dei paesaggi e le aree rurali.
Solo in questa maniera, superata la politica delle isole, è possibile pervenire a politiche di qualità del territorio che partendo dal nucleo forte delle aree protette giunga a configurare una più complessa e articolata politica di gestione degli spazi naturali.