Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 36 - GIUGNO 2002


UNA LETTURA EMOZIONANTE
di Matteo Fusilli
  Per riscoprire la forza di un parco

L'occasione della ristampa di "Uomini e Parchi" ha riportato alla mente l'emozione della scoperta continua che quella lettura, pagina dopo pagina, ha suscitato in me.
Non accade spesso, leggendo un libro, di trovare proprio lì, nel rigo nero della pagina bianca, quello che già avevi dentro e non riuscivi ad esprimere, a farlo diventare riflessione organica, pensiero compiuto.
Ho provato questa sensazione ripetutamente, ogni volta che ho sentito il bisogno di riscoprire il significato autentico del nostro lavoro nei parchi, perché la lettura e la rilettura di Uomini e Parchi si rivela sempre un sano esercizio della mente e del cuore.
Custodisco gelosamente una copia ormai sgualcita della seconda edizione del 1984, dono prezioso di Valerio Romani che conobbi grazie a Duccio Tabet. Quest'ultimo negli anni '80 coordinava il gruppo di lavoro incaricato di redigere il Piano socio-economico della Comunità Montana del Gargano.
Da quell'incontro nacquero riflessioni interessanti sulla opportunità di integrare quel piano con le finalità dell'istituendo Parco Nazionale del Gargano e già nel 1986 Romani e Tabet predisposero un documento intitolato "Principi di istituzione e realizzazione del Parco del Gargano" che è possibile trovare nel volume "Economia agraria e ambiente naturali" edito da Franco Angeli.
Erano anni difficili.
I parchi da istituire venivano contrastati duramente dalle popolazioni, anche a causa di un fondamentalismo che imponeva di seguire un modello unico fondato sul vincolismo protezionista.
Errore metodologico gravissimo perché la varietà delle situazioni territoriali consigliava approcci differenziati e non imposizioni centralistiche di modelli precostituiti ed esportabili ovunque.
L'estremismo di quelle posizioni provocò divisioni e contrasti laceranti nei territori interessati e furono proprio le riflessioni contenute in "Uomini e Parchi" a darci la forza di proporre altre soluzioni, tessendo quotidianamente una trama di rapporti con organizzazioni sociali, col mondo produttivo, con le istituzioni culturali e gli amministratori locali più equilibrati che ha poi portato a considerare "la necessità e la consequenzialità di collocare, all'interno del significato stesso dei parchi e della filosofia che ne informa l'istituzione, il principio della centralità del fenomeno umano", risolvendo il contrasto tra antropocentrismo e le visioni biocentriche con la "constatazione realistica" che solo la consapevolezza umana potrà conservare ogni altra forma di vita.
In questi ultimi dieci anni nelle aree protette istituite dalla Legge Quadro del ‘91 abbiamo cercato quotidianamente di far vivere, in maniera non dogmatica, le indicazioni contenute in Uomini e Parchi ed oggi sperimentiamo che la forza di un parco è nella partecipazione delle comunità, nella voglia di ascoltare e dialogare, per affermare le proprie idee o per lasciarsi convincere che è più giusto seguire un'altra strada.
E il tempo non è passato inutilmente, non siamo più nella situazione che obbligava Giacomini e Romani a denunciare "un'ecologia di orizzonti certamente ridotti, di connotazioni più denunciative che costruttive e di scarso spessore culturale"
Nonostante ritardi e limiti che ancora persistono, molte buone pratiche sono acquisite e l'azione dei parchi va ben oltre il campo naturalistico e "si dilata a comprendere sempre più impegnativamente gli interessi del territorio, inteso come habitat delle popolazioni umane".
Molto è cambiato e l'attuale ricchezza di idee e progetti si è realizzata anche grazie alle iniziative della Federparchi, agli incontri di Gargnano, agli articoli e alle pubblicazioni di Renzo Moschini, alla rivista "Parchi", alla elaborazione di singoli studiosi, università e centri di ricerca, all'apporto di quelle associazioni ambientaliste che hanno percorso un buon tratto di strada lungo il tracciato segnato da "Uomini e Parchi".
Il sistema delle aree protette, i programmi di intervento, gli strumenti di pianificazione, le azioni culturali e il lavoro quotidiano di gestione hanno bisogno di un corpo teorico in continua evoluzione, di studi e ricerche, di una produzione culturale e scientifica in grado di incrociare temi nuovi e di andare ben oltre i perimetri dei parchi, per affermarsi come dimensione culturale, ambientale ed economica globale.
Giacomini e Romani indicano questo orizzonte più ampio quando affermano che "il tema dei parchi...è destinato a non restare più a lungo un discorso di margini, di resti del territorio, di isole da proteggere...ma sta divenendo invece la linfa di una nuova etica di amministrazione di tutta la risorsa territoriale, dove per territorio non si intenderà più soltanto il supporto passivo di attività arbitrarie, bensì la materia ed "il soggetto" stesso di tali attività e del loro divenire.
A quel punto la storia dei parchi confluirà nella storia dell'uso che l'uomo fa di tutte le risorse e che è, da tempi remoti, la storia del suo stesso cammino sulla terra".
E'interessante notare che questi temi si ritrovano nella riflessione del gruppo di studiosi che si raccoglie intorno alla rivista "Meridiana" diretta da Piero Bevilacqua, il quale, proprio come Giacomini, considera "la natura...come "il secondo soggetto", il partner attivo, insieme al lavoro umano, nel processo di produzione della ricchezza".
Così come alcuni progetti realizzati nei parchi incontrano il "pensiero meridiano" di Franco Cassano, con il recupero di antiche produzioni e la riscoperta di manualità artigianali scomparse e rimosse dall'"enfasi assordante della modernizzazione", attraverso la mobilità lenta che i parchi propongono come antidoto alla "intensificazione del dominio della velocità su tutte le sfere della nostra esistenza", o con la possibilità di avere nei parchi luoghi dove il silenzio non è "un'altra straordinaria risorsa in via di esaurimento".
I parchi, quando diventano luoghi dove si valorizza una tradizione che "sa aggiungere nuove domande a quelle antiche" e fa "circolare aria nuova nelle stanze della propria identità", incontrano i temi attualissimi della globalizzazione, forniscono occasioni di riflessione e, in alcuni casi, anche risposte positive e concrete ben oltre le aree protette.
Abbiamo bisogno di nuovi apporti, provenienti da varie discipline e dall'esperienza concreta di gestione delle aree protette. Penso che lo stesso Giacomini ci chiederebbe di andare oltre, di sviluppare ulteriormente il suo pensiero, di non fermarci alle celebrazioni poiché "è illusorio credere che i problemi della tutela del nostro ambiente possano essere risolti con semplici interventi senza operare in senso costruttivo sulla loro vera matrice: la cultura, il senso sociale, la consapevolezza collettiva di appartenere ad un unico indivisibile e vulnerabile ambiente vitale". La Federparchi ringrazia quanti si sono prodigati per la ristampa di "Uomini e Parchi" e si impegna a promuovere la presentazione del libro in ogni parco, nelle università e nelle scuole.
Un'attenta lettura risulta sicuramente proficua per coloro che direttamente sono impegnati nella gestione dei parchi, ma anche per chi ha responsabilità amministrative, tecniche, progettuali ed educative.
Quest'opera affida ad ognuno il compito enorme ed appassionante di lasciare alle generazioni future non soltanto un capitale di natura incontaminata, ma una civiltà ed una morale collettiva.

*Presidente Federazione Italiana dei Parchi