Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 39 - GIUGNO 2003


SABAH, MALESIA, UNO STATO CON IL 60% DEL TERRITORIO TUTELATO

Nelle politiche di sviluppo di questo piccolo stato la protezione dell’ambiente ha un ruolo privilegiato

Non tutti sanno che la Malesia è una federazione di 11 stati, 9 sono nella penisola della Malacca e 2, il Sabah e il Sarawak, si trovano nella parte settentrionale del Borneo.
Il Sabah ha una superficie di 74.000 kmq, cioè è grande come l’Italia settentrionale a nord dell’Emilia Romagna. Il territorio è prevalentemente montuoso ed ospita la montagna più alta dell’Asia orientale e la più giovane del mondo tra quelle non vulcaniche, il Kinabalu. Le coste sono ricche di isole circondate da barriere coralline.
Posto a pochi gradi a nord dell’Equatore, il Sabah ha un clima caldo tutto l’anno, ma non torrido, con un ciclo stagionale di piogge legate all’andamento dei monsoni.
I periodi secchi sono generalmente concentrati a febbraio-marzo e luglio-agosto.
A causa della sua posizione geografica, il Borneo, e il Sabah in particolare, ospitano ambienti terrestri e marini con una biodiversità tra le più elevate del mondo.
Il Sabah, la cui capitale è Kota Kinabalu (cioè “città del Kinabalu”), apparteneva alle colonie inglesi. Nel 1963 è diventato indipendente e si è unito alla Federazione malese (fondata nel 1957).
Nel 1964 è stato istituito il primo parco nazionale, il parco del Kinabalu.
Attualmente i parchi sono 6, cui va aggiunto alla lista un nuovo parco marino. La politica del Sabah è stata improntata fin dall’inizio, con molta lungimiranza e determinazione, ai principi dello sviluppo sostenibile: mentre da una parte il governo ha puntato sul miglioramento delle condizioni culturali, sanitarie, di sicurezza ed economiche dei cittadini, dall’altra ha fatto la scelta di conservare al massimo le risorse naturali considerandole un bene prezioso da cui ricavare reddito in maniera oculata, sia che si tratti di utilizzarle come attrattiva turistica sia per ricavare legname o altri prodotti. Ed è in un’ottica di sostenibilità che la Malesia vuole diventare entro il 2020 un paese sviluppato.
La maggiore entrata economica deriva dalla vendita di olio di palma, alla cui produzione è destinato un settimo del territorio. Seguono il petrolio, estratto off-shore, e il turismo, che sta superando le entrate dovute all’utilizzo del legname.
Il Sabah è abitato da circa 2,4 milioni di abitanti (erano 300.000 negli anni ’40) appartenenti a numerose etnie e varie religioni che convivono in perfetta armonia nella massima tolleranza. In una stessa famiglia possono coesistere persone di fede mussulmana, buddista, cristiana e di etnia cinese, Dusun, Murut, indiana ecc. Tutti parlano almeno il malese, il dialetto della propria etnia e l’inglese.
Nei villaggi non si fa che incontrare studenti in divisa e scuole. L’insegnamento si basa su un sistema meritocratico e lo stato contribuisce all’educazione universitaria nella misura in cui un giovane si impegna e ottiene risultati soddisfacenti.
Nella politica di sviluppo del Sabah la tutela dell’ambiente ha uno spazio privilegiato.
Tra parchi nazionali, foreste protette e santuari faunistici, circa il 60% del territorio è praticamente sotto tutela. I tagli boschivi, molto intensi in passato, quando venivano esportati tronchi di legname prezioso, sono stati regolamentati. Oggi non è più possibile esportare materiale grezzo, ma solo prodotti ad alto valore aggiunto e alcuni alberi, quali quelli che forniscono il “legno ferro” (ricavato da una specie di Dipterocarpus), resistente all’umidità e adatto alla costruzione delle case e altre infrastrutture, possono essere tagliati solo per uso locale. La maggior parte dei territori appartiene al demanio: foreste protette e parchi, realizzati su suolo pubblico, in genere non hanno villaggi al loro interno.
In alcuni casi gli insediamenti che si trovavano in aree da conservare sono stati riallocati all’esterno. Nel tempo la politica del Sabah si è evoluta verso una sempre maggiore partecipazione dei locali agli aspetti gestionali e un loro coinvolgimento.
Ne è esempio il fatto che il piano di gestione, in fase di elaborazione, per il parco marino delle isole di Semporna viene concertato con i rappresentanti dei cittadini che già vivono sulle isole oppure che le infrastrutture ricettive presenti nei vari parchi sono date in gestione ai locali, così come una serie di attività legate alla fruizione turistica delle aree protette.
I parchi nazionali e le altre bellezze naturali sono meta di turisti sia dall’Asia (dal Giappone, Taiwan, Cina, ecc) sia dagli Stati Uniti d’America e, anche se in misura minore, dall’Europa (maggiormente inglesi, svedesi, tedeschi).
Gli europei conoscono il Sabah soprattutto per la possibilità di fare immersioni tra le barriere coralline e l’isola di Sipadan è tra i “top five” del mondo per questo. Ma tutti gli altri aspetti naturali meritano sicuramente una visita.
Nel sito web www.sabahparks.org.my possono essere trovate informazioni e immagini dei parchi, e attraverso il sito www.sabahtourism.com si trovano notizie anche su molte altre località.
Una visita alle aree naturali del Sabah può essere organizzata personalmente o attraverso i numerosi operatori turistici che hanno sede a Kota Kinabalu o sono in giro per il mondo.
La gentilezza e la cordialità dei locali faciliterà sicuramente la comprensione e l’interpretazione delle bellezze naturali, di alcune delle quali seguirà una breve descrizione.

I parchi nazionali

Il sistema dei parchi è gestito dal “Sabah Park Board of Trustees” (Taman Taman Sabah), dipendente dal Ministero del Turismo, Sviluppo, Ambiente, Scienze e Tecnologie.
La vita dei parchi è nata nel 1962, quando l’Assemblea Legislativa ha emesso una ordinanza finalizzata alla “costituzione, gestione e controllo dei parchi nazionali del Sabah”. Nel 1977 l’ordinanza è stata sostituita da una legge sui parchi nazionali, a sua volta sostituita da un’ulteriore legge, migliorativa, nel 1984.
Sulla base dell’ordinanza sono stati istituiti, innanzi tutto, il Parco del Monte Kinabalu, nel 1964, poi il parco marino Tunku Abdul Rahman (1974). Successivamente alla emissione della legge sono nati il parco delle isole delle tartarughe (Turtle Islands, 1977), il parco di Pulau Tiga (1978), il parco delle colline di Tawau (Tawau Hills, 1979) e, infine, il parco della catena del Croker Range (1984). È in fase di costituzione, il parco delle isole di Semporna.
Nei parchi del Sabah è possibile ammirare barriere coralline, vulcani di fango, la montagna più alta dell’Asia sud orientale, la tartaruga verde e gli orang-utan o l’endemica nasica, cascate e fiumi, la giunga tropicale e foreste tropicali fredde ricche di muschi nonché il fiore più grande del mondo, la Rafflesia.
Nel loro insieme i parchi coprono il 2,6% del Sabah, con 76.115 km2. La loro gestione ha come fine quello di fornire strutture ricreative e per la ricerca scientifica conservando il patrimonio naturale del Sabah per le future generazioni.
Il restante 57% del territorio sottoposto a controllo e tutela è costituito da foreste gestite dal Dipartimento delle Foreste e da santuari faunistici gestiti dal Dipartimento per la Fauna Selvatica (wildlife departement)

Kinabalu Park

Nato nel 1964, appena dopo l’indipendenza del Sabah, nel 2000 è stato incluso nella lista dei tesori mondiali dell’Unesco (world heritage site) per il suo valore ecologico e biologico e per lo straordinario stato di salute degli habitat naturali particolarmente adatti alla conservazione “in situ” della diversità biologica. Sempre nel 2000 il parco del Kinabalu è stata dichiarato una delle riserve forestali meglio gestite dell’Asia.
All’interno dei suoi 73.370 ha include il massiccio granitico del Monte Kinabalu, la cui cima raggiunge i 4.095 m slm ed è ancora in fase di crescita di circa mezzo centimetro all’anno, e i monti circostanti, formati da rocce sedimentarie e metamorfiche.
Coperto dai ghiacci durante l’ultima glaciazione, il Kinabalu è ora l’unico rifugio per una gran quantità di specie di clima fresco un tempo più estesamente distribuite. Ne consegue che di tutta la biodiversità dell’isola del Borneo, che è tra le più elevate del mondo, la maggior parte si trova sulle pendici del Kinabalu.

E la quantità di endemismi è veramente notevole.

La piovosità è elevata, raggiungendo circa 4000 mm l’anno. Alle quote inferiori si può ammirare la vegetazione tropicale di bassa quota, rigogliosa e complessa, frequentata da una gran quantità di specie animali, tra cui spiccano gli insetti, in special modo grandi e coloratissime farfalle e cicale, che fanno della foresta un ambiente estremamente rumoroso e “vivo” sia di giorno che di notte. Salendo di quota i dipterocarpi, i bambù e le felci arboree sono sostituite da specie simili alle querce e ai castagni tra cui spiccano il rosso e il giallo dei rododendri, per poi lasciare il posto ad una vegetazione più rada e bassa fino ad arrivare alle specie arbustive ed erbacee che crescono al riparo delle rocce. Tanto per dare un’idea della varietà di specie presenti, basti pensare che il Kinabalu ospita più di 6000 piante vascolari tra cui oltre 1000 specie di orchidee, su 3000 presenti in tutto il Borneo, 700 specie di felci, 300 specie di uccelli, più di 800 specie di farfalle diurne, su 1000 conosciute nel Borneo, nonché moltissimi anfibi, rettili e mammiferi rari come l’orang-utan, il gibbone, il cervo sambar, il tarsio spettro, il loris, il pangolino o il leopardo nebuloso.
L’accesso al Parco è possibile da soli tre punti, ove sono presenti anche le infrastrutture didattiche e ricettive e da cui partono i pochi sentieri, molto ben tenuti e controllati. Ciò vuol dire che l’impatto antropico è molto localizzato e la maggior parte dell’area protetta, con immense foreste e pendenze elevatissime, ospita fauna e flora in maniera totalmente indisturbata.
La vegetazione di bassa quota è bene apprezzabile nella località di Poring, a soli 400 m slm, nota ai locali soprattutto per la presenza di una risorgiva di acqua calda sulfurea che è stata convogliata, insieme a parte di quella del fiume Mamut, in vasche e piscine.
Poring prende il nome da una varietà particolarmente grande di bambù e comprende ambienti adatti alla vita della Rafflesia, il fiore più grande del mondo.
A Poring è possibile visitare una “casa delle farfalle”, un’area didattica sulla foresta tropicale e il giardino delle orchidee, con oltre 2100 esemplari di 680 specie diverse. È anche possibile provare l’ebbrezza di una passeggiata tra le chiome degli alberi, a 40 metri di altezza del suolo.
Il “canopy walkway”, incastonato tra i rami di colossali dipterocarpi, fu costruito per motivi di ricerca scientifica ed è stato il primo nel mondo ad essere aperto al pubblico. Si ha così la possibilità (se si supera il brivido di trovarsi così in alto su un ponte traballante, benché sicuro e con regolare manutenzione) di osservare la vita che frequenta la parte più soleggiata delle chiome degli alberi, quella sempre troppo lontana per poter essere apprezzata camminando in foresta.
Per far conoscere la grande quantità di specie della foresta tropicale interessante per le proprietà farmaceutiche è in fase di costituzione un orto etnobotanico, che sarà aperto tra un paio d’anni. Alcuni sentieri permettono di ammirare boschi e panorami mozzafiato: tra questi molto interessante è il sentiero che porta fino alla cascata di Langanan che è una delle più alte della zona. L’entrata “ufficiale” del Parco si trova a 1500 metri di altitudine.
È qui che sono presenti anche gli uffici del Parco, gli alloggi del personale, il museo naturalistico che, oltre alla parte didattica, ospita varie collezioni scientifiche (solo l’erbario ha 50.000 esemplari di piante), il giardino delle orchidee e le infrastrutture dove possono alloggiare oltre 200 persone a notte.
L’entrata nel parco è a pagamento, circa 1,5 _ per gli stranieri e 0,3 _ per i locali.
Da questa zona parte una limitata rete di sentieri che permette di ammirare i ricchi ambienti del posto, ma l’obiettivo principale di due terzi dei circa 200.000 visitatori che vanno ogni anno il Kinabalu è quello di raggiungere la cima della montagna.
La salita richiede almeno due giorni: il sentiero, lungo 9 km, parte da una “porta d’accesso” situata a 1800 m slm, e giunge dopo circa sei km al rifugio di Laban Rata, a 3000 m di quota,dove possono dormire circa 120 persone a notte.
Da qui, partendo la mattina molto presto, è possibile raggiungere la cima e godere dello spettacolo dell’alba e della vista, se si è fortunati, fino al mare, prima che le nuvole riprendano il loro posto. Come tutte le montagne isolate, infatti, durante il giorno anche il Kinabalu è sempre incappucciato, tanto che i popoli locali credevano ospitasse le anime dei defunti.
La sera e al mattino presto, però, è possibile ammirare le guglie della parte più alta della montagna nella loro immensità e crudezza.
Il sentiero per salire in cima è tanto bello quanto, per un turista “normale”, faticoso perché per la maggior parte è ripidissimo.
Per evitare l’erosione del suolo sono stati costruiti degli scalini con traverse di legno e generalmente sui due lati ci si può sorreggere ad un passamano. Per fortuna ad ogni chilometro ci si può riprendere sostando sotto una tettoia nei cui pressi è possibile rinfrescarsi con dell’acqua e usufruire di una rudimentale servizio igienico.
L’accesso al sentiero è controllato, ed è necessario essere accompagnati da una guida. Quando, infatti, le nuvole si addensano fitte sulla cima della montagna, chi non conosce bene il posto potrebbe perdersi.
Il sentiero permette di seguire l’incredibile succedersi degli orizzonti vegetazionali. Nel giro di pochi metri di altezza, quasi improvvisamente, si scoprono nuove specie, sia di animali sia di piante, il paesaggio cambia e cambiano i colori. Il terzo accesso al Parco è a Mesilau, a circa 1800 metri di quota. Da qui parte un sentiero che si congiunge con quello che sale fino alla cima del monte partendo dall’entrata principale.
A Mesilau ci sono un piccolo, ma grazioso, centro visita e alcune infrastrutture dove si può alloggiare.
Da qui parte anche un breve, ma interessantissimo, sentiero che permette di ammirare una notevole quantità di Nepenthes.
Molti Nepenthes non sono epifiti e crescono sul suolo in aree alluvionali aperte. Tra questi, il Nepenthes rajah che può contenere fino a due litri e mezzo di liquido nel suo rosso “otre (detto “ascidio”).
Attorno al Kinabalu si trovano numerosi villaggi la cui economia, oltre che sulle attività legate alla presenza del Parco, si basa prevalentemente sulla coltivazione di riso e di ortaggi. Le falde del Kinabalu, infatti, sono l’unica area dove, grazie al clima fresco, è possibile coltivare alcuni tipi di verdure che non tollerano il clima tropicale.
Al margine del parco un tempo era attiva una cava di rame che, sebbene fosse fonte di reddito per i locali, è stata chiusa dal governo per i problemi di inquinamento causati all’acqua e al suolo.
È stata fatta la scelta, infatti, di modificare l’economia locale puntando più su un uso sostenibile delle risorse viventi locali che sullo sfruttamento industriale di un prodotto a così elevato impatto ambientale.

Tunku Abdul Raman Park

Istituito nel 1974, è forse l’unico parco marino esistente così vicino ad una grande città. Situato proprio di fronte alla città di Kota Kinabalu, comprende 4.929 ha, con 5 isole ricoperte da una fitta vegetazione e circondate da un mare ricco di barriere coralline: Manukan, Mamutik, Sulug, Sapi e Gaya, la più grande (Gaya vuol dire “grande”). Nell’isola di Manukan sono state installate le infrastrutture del Parco e quelle adibite alla ricettività gestite da una società locale. Appena arrivati a Manukan, dopo il breve tragitto con una delle barche che partono regolarmente dal porto nuovo di Kota Kinabalu, non si può non rimanere incantati.

Già nelle acque limpide in cui affondano i pali del molo di attracco nuotano moltitudini di pesci tropicali coloratissimi.

L’interesse delle isole risiede sia nella sua vegetazione, rigogliosa grazie ai circa 2500 mm di pioggia che riceve in media in un anno e in cui spiccano i grandi dipterocarpi, la tristania, le primitive Cycas, i fichi giganti che attirano molti animali, i pandani, le mangrovie in alcuni angoli riparati e, lungo la costa, la casuarina, una conifera che funge da “sostituto” del nostro pino marittimo. Molto belle sono le barriere coralline, con coralli di varie forme e colori e un moltitudine di pesci coloratissimi e altre specie tipiche dei mari caldi, compreso, se siete sfortunati, ascidie e meduse.
A Manukan è facile osservare la vegetazione passeggiando lungo un sentiero che la attraversa per 1,5 km, dove è possibile osservare varani, farfalle variopinte e uccelli colorati.
Le zone dove è possibile nuotare o ammirare le barriere coralline sono delimitate per evitare che i natanti disturbino sia la vita marina che i bagnanti. Per approfondire le conoscenze sulla vita dell’isola è possibile visitare un piccolo, ma interessante, centro di visita che si giova dell’esperienza del personale dell’adiacente centro per la ricerca scientifica. Nell’isola possono alloggiare alcune decine di turisti per notte in confortevoli abitazioni in legno e un ristorante e altre piccole infrastrutture gestite da una società locale consentono di scegliere Manukan per una vacanza di qualche giorno.

Turtle Island Park

A nord di Sandakan, al confine con le Filippine, si trovano nove isole che fanno parte del primo parco marino internazionale, istituito nel 1977. Si tratta del Parco delle isole delle tartarughe. Tre isole appartengono alla Malesia, dove la superficie protetta copre 1.740 ha di mare, e le altre sei alle Filippine. Si tratta di una zona particolarmente apprezzata dalle tartarughe per deporre le uova.
Nel Sabah le tartarughe e le loro uova sono totalmente protette. Nelle isole delle Filippine il governo trattiene il 30% delle uova deposte ed è permesso ai circa 3000 pescatori che vivono sulle isole di utilizzare il restante quantitativo. Sull’isola di Selingaan, la maggiore delle isole malesi, sono state costruite le infrastrutture ricettive, date in gestione ad una società locale, e quelle del parco, compresi i laboratori e le attrezzature per “custodire “le uova e far nascere i piccoli di tartaruga.
L’isola non è certo grande, ma sulla stretta fascia di spiaggia che fronteggia interessanti barriere coralline, tutte le notti, immancabilmente, esemplari di tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata) o di tartaruga verde (Chelonia mydas) giungono a deporre le uova nella finissima sabbia al riparo della marea e, spesso, sotto i cespugli costieri.
In quest’isola il personale del parco lavora la notte: tutte le tartarughe sono segnalate e controllate e le uova, circa 80-100 ad esemplare, vengono raccolte man mano che sono deposte per poi essere trasferite in buche scavata nella sabbia presso i laboratori, così che nessun predatore possa danneggiare il prezioso materiale. Parte dei nidi sono ombreggiati, come se fossero sotto i cespugli e parte rimangono al sole.
Dai nidi all’ombra nascono in prevalenza maschi, da quelli al sole, invece, delle femmine. Ogni giorno dai “nidi” artificiali escono centinaia di piccoli che, salvati di giorno dagli uccelli, dal caldo e dai varani, vengono liberati sulla spiaggia durante la notte così che possano raggiungere il mare e avviarsi con maggiore probabilità di successo alla loro vita marina, una vita comunque piena di pericoli. I visitatori che alloggiano sull’isola possono ammirare, sotto lo stretto controllo del personale del parco, una delle tartarughe mentre depone le uova e possono assistere al rilascio dei piccoli, ma non è possibile scattare alcuna foto con il flash per evitare inutili disturbi.

Pulau Tiga Park

L’insieme delle tre isole di Pulau Tiga, Kalampunian Besar e Kalampunian Damit divennero riserve forestali nel 1933, ma nel 1978 sono state inserite in un parco nazionale che, con i suoi 15,864 ha comprende, oltre alle isole, anche il mare circostante, particolarmente ricco di formazioni coralline.
Il parco si trova ad una cinquantina di chilometri a sud di Kota Kinabalu. Tiga vuol dire “tre” e l’isola principale si chiama in questo modo per i suoi tre deboli rilievi collinari visibili da lontano. Le altre due isole sono poco più che scogli.
In particolare Kalampunian Besar era un’isola che oggi sta man mano sprofondando così che ormai possono emergere dal basso fondale, durante la bassa marea, solo pochi scogli e una lingua di sabbia bianca. Kalampunian Damit è nota come “l’isola dei serpenti”. In questa isoletta, poco più di un grosso scoglio, avviene un fenomeno curioso: è uno dei pochi posti al mondo dove i serpenti marini vanno a terra per accoppiarsi. Forse perché sono presenti grosse massi di roccia o forse chissà per quale altro motivo, ma è un dato di fatto che sull’isola dei serpenti di Laticauda colubrina ne sono stati trovati anche 150 contemporaneamente.
La Laticauda è un serpente dal veleno micidiale che però non rappresenta un pericolo per l’uomo per il suo comportamento schivo e non aggressivo.
Sui pochi alberi di Pisonia e di fichi dell’isola nidifica una coppia di aquila di mare che ha trovato molto comodo avere a portata di mano un cibo abbondante rappresentato dai serpenti e dai granchi. A Pulau Tiga è presente una stazione del Parco con gli alloggi per le guardie e un riferimento per le ricerche scientifiche che si svolgono nell’area. Due aree di 8 ha sono state date in gestione a privati per costruirci le infrastrutture ricettive.
Per ora è disponibile il complesso che è servito, anni fa , come base per la trasmissione americana “survivor”.
In case di legno sopraelevate da terra, tra cui passeggiano tranquilli varani e macachi, possono essere ospitate circa 200 persone.
Il ristorante e le salette destinate ai giochi, alla lettura o alla televisione permettono di passare delle ore al fresco, mentre nelle calde giornate tropicali è possibile godersi il mare o seguire corsi di immersione.
Anche per Pulau Tiga il periodo migliore per una visita è tra febbraio e aprile, come per il Tunku Abdul Raman Park ,e simile è la quantità di precipitazioni. Una caratteristica dell’isola è la presenza di vulcani di fango, facilmente raggiungibili con la rete di sentieri, da cui sgorgano bolle di acqua fredda fangosa e gas. La vegetazione è lussureggiante e lascia spazio a tre piccole “lagune” molto frequentate da uccelli acquatici. Tra gli alti alberi di fichi, dipterocarpi e altre specie fruttifere saltano i macachi e volano i rari buceri insieme ad altri uccelli, tra cui fregate e aquile di mare, mentre la notte è possibile vedere vicino alle abitazioni i rumorosi gechi “tokai”.
Bukit Tawau Park o Tawau Hills Park
La città di Tawau, la terza del Sabah per grandezza, e ricco centro commerciale in espansione, è circondata da un territorio accidentato con numerose colline che raggiungono i 1310 m slm sul monte Magdalena o i 1200 m slm sul monte Lucia.
Si tratta di una zona con circa 1800 mm di pioggia distribuita lungo tutto l’arco dell’anno, di fondamentale importanza per il suo ruolo di riserva idrica per le regioni di Tawau e Semporna. Tutta l’area, assediata a sud dalle coltivazioni di palma da olio, è stata dichiarata sotto tutela per proteggere l’approvvigionamento idrico. Nel 1979 ben 27.972 ha dell’area collinare sono diventati parco nazionale. Le infrastrutture logistiche consistono negli uffici del parco, un’area aperta ai visitatori e degli alloggi per il personale e ricercatori. Non vi è ancora una ricettività per i turisti che, però, è reperibile nella vicina città di Tawau.
La ricca vegetazione tropicale di bassa quota, dominata dalla persenza di varie specie di dipterocarpi, è attraversata da molti corsi d’acqua. Tra gli imponenti alberi di Shorea, un dipterocarpo con la base larga e come “fortificata”, tra i fichi, le querce e varie altre specie su cui crrescono abbondanti le orchidee, vivono numerosi i macachi dalla coda lunga, gli scoiattoli giganti, il gatto del Bengala e anche il leopardo nebuloso.
Tra gli uccelli sono abbondanti i buceri, che sono il simbolo stesso del parco, i fagiani e perfino il mitico argo. Nel sottobosco umido, oltre agli insetti di notte è possibile trovare numerose le rane.

Crocker Range National Park

È il parco del Sabah più giovane (istituito nel 1984) e il più grande, con una superficie di 139.919 ha. Comprende tutta la catena montuosa che prosegue, a sud del Kinabalu, lungo la costa fin verso il confine con il Kalimantan, lo stato del Borneo appartenente all’Indonesia. L’area, prima di diventare parco era riserva forestale e, quindi, protetta per la sua importanza di regimazione delle acque e riserva idrica sia per l’area costiera sia per la fertile vallata di Tambunan, Tenom e Keningau.
I due versanti ricevono una quantità di pioggia diversa, maggiore il versante verso il mar cinese meridionale, con circa 3.000 mm e minore il versante orientale con 1900 mm all’altezza della vallata risicola di Tambunan e solo 1750 più a sud, verso Tenom.
È l’unico parco a non avere ancora infrastrutture logistiche per ospitare i visitatori, ma solo una base per il personale addetto alla sorveglianza. Tutta la catena montuosa, che raggiunge quote di 2000 metri, è ricoperta da una ricca vegetazione tropicale e, con la sua alta variabilità, ospita numerose specie di animali, dalle scimmie, tra cui gli orang-utan, al raro leopardo nebuloso, agli uccelli del paradiso, i buceri, i rapaci e numerosissimi insetti, tra cui farfalle splendide. L’accessibilità è scarsa, le strade sono parallele alla catena e i due versanti sono congiunti solo in due punti. Una strada bianca collega Keningau con l’area costiera e poco a nord di Tambunan la strada per Kota Kinabalu permette di ammirare il variare della vegetazione e un panorama fatto di immense estese verdi. Lungo questo tratto di strada è possibile fermarsi a visitare il Centro di Informazioni sulla Rafflesia e, magari, andare a vedere gli esemplari fioriti in quel momento. Vedere un fiore di Rafflesia non è cosa semplice. Il fiore impiega nove mesi per giungere a maturazione ed essere in grado di aprirsi per poi durare pochi giorni. La fioritura non è legata ad una stagione particolare per cui per vedere un fiore durante la sua apertura bisogna essere proprio fortunati. Il Sabah ospita tre specie diverse di Rafflesia, una di queste, la Rafflesia keithii ha fiori che possono raggiungere il metro di diametro. I ricercatori malesi hanno trovato il modo di riprodurre la Rafflesia, che è un parassita di una liana, e si stanno attrezzando per fare in modo di avere fiori scaglionati nel tempo e garantire la possibilità di ammirare questa notevole attrazione turistica.

Le isole di Semporna

Semporna è una cittadina a sud del Sabah, quasi al confine con l’Indonesia, che fronteggia un mare molto ricco di isole con spettacolari barriere coralline. Qui vi è un parco marino in fase di costituzione. Nei suoi 32.452 ha include, oltre al mare con la sua vita estremamente ricca e minacciata, 8 isole, alcune delle quali molto piccole, ma con estese barriere tutto attorno e due, Pulau Gaya (isola grande) e Pulau Bohaydulong, che si ergono come colline ricchissime di vegetazione fuori dal mare.
Gli insediamenti umani sono scarsi, limitati sulle isole maggiori e interessano 500 persone.
Si tratta di pescatori che vivono nelle classiche case di legno a palafitta sul mare e la cui economia, ora basata prevalentemente sulla pesca, potrebbe integrarsi con attività quali la coltivazione di alghe o pesce o legate alla gestione del parco, al turismo e all’artigianato. Il piano di gestione del futuro parco è in corso di realizzazione nell’ambito di un progetto coordinato dagli inglesi e finanziato dall’Unione Europea.
È previsto che la sede del parco venga realizzata nell’area un tempo utilizzata da una fabbrica giapponese di perle che è stata smantellata e dove ora alloggiano alcuni sorveglianti. È prevista la costituzione di un parco marino anche nel nord del Sabah. Esso dovrebbe comprendere la vasta area delle isole di Banggi al confine tra la Malesia e le Filippine.
Anche questa zona è ricca di barriere coralline che, come è stato dimostrato da ricerche scientifiche, sono gli ecosistemi da cui dipende gran parte della biodiversità e della produttività marina. La protezione di ambienti così fragili e minacciati di distruzione ad opera di pescatori disonesti che usano bombe o reti a strascico, dalla raccolta indiscriminata dei coralli e dall’inquinamento, è fondamentale per garantire la possibilità di reddito ai pescatori non solo locali, ma di tutti i mari tropicali circostanti. Questi i parchi nazionali esistenti e previsti. Come abbiamo detto, vi sono vastissime aree di interesse sotto tutela da parte del dipartimento delle foreste, come l’enorme area del bacino di Maliau, nel sud del Sabah, dove non esistono aree abitate e che probabilmente diventerà un parco e sta per essere dichiarato, come il Kinabalu, “World Heritage Site” dall’Unesco. Ampie zone sono dichiarate santuari faunistici o aree di conservazione. Tra queste meritano di essere ricordate, anche perché sono mete famose di escursioni naturalistiche, la Danum Valley, un’area di foresta di bassa quota percorsa da corsi d’acqua e ricca di fauna, la riserva faunistica di Tabin, un’area montuosa che si affaccia sul mar di Celebes, ove sono presenti anche degli elefanti, e la zona di Sukau dove, seguendo in barca il corso del fiume Kinabatangaan, è possibile ammirare con grande facilità sugli alberi che si affacciano sull’acqua i macachi dalla coda lunga e dalla coda corta, il langur argentato o la nasica mentre il fiume è sorvolato dai buceri, dagli uccelli del paradiso, da aironi, dalle frequenti Anhinga melanogaster, una sorta di cormorano, aquile di mare o varie specie di martin pescatore coloratissimi. In tutte queste aree sono presenti infrastrutture per ospitare i visitatori. Sono numerose le agenzie turistiche che includono queste località nei loro itinerari di turismo naturalistico.
È da ricordare, infine, che pochi chilometri prima di Sandakan, in una area residua di 4300 ha di foresta di pianura, a Sepilok, vi è un famoso centro di recupero degli orang-utan dove è possibile osservare gli esemplari che si avvicinano alle apposite piattaforme a prendere il cibo lasciato dal personale della riserva.

*ENEA

Notizie utili:
indirizzo postale: Sabah Parks Board, P.O. Box 10626, 88806 Kota Kinabalu
e-mail info@sabahparks.org.my
telefono 0060-88-211881 fax 0060-88-221001
Indirizzi web
www.sabahparks.org.my
www.sabahtourism.com
www.sabah.com.my/travel
www.fascinatingmalaysia.com

di Lucia Naviglio*