Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 40 - OTTOBRE 2003


MILANO: FEDENATUR SI RACCONTA

Predisponendo un documento che sarà sottoposto alla direzione generale Ambiente della Commissione europea

Qual è oggi il rapporto tra le aree protette di ogni fattezza e fattura (quelle studiate e classificate da Gambino di recente anche su incarico del ministero) per citare un evento memorabile di casa nostra, con la direzione ambiente della Commissione europea? Come è noto, bisogna essere precisi per non offendere la verità. La domanda contiene un termine preciso, che, volendo, potrebbe articolarsi in altri (parchi nazionali o no, riserve marine e terrestri, e poco di più).
Se vogliamo fare davvero l’Europa, rispettandone le specificità ma dandoci anche qualche regoletta, non dovremmo fingere che nell’immenso contenitore delle aree protette potrebbe trovare albergo ogni praticello ed ogni stagno, vi si eserciti o no la caccia, si tratti o no di giardini o di manufatti turistici e per il tempo libero. Il contenzioso con la Commissione europea, del resto, non lascia spazio a buonismi. Ce lo siamo detti nel convegno internazionale che questa estate abbiamo tenuto in quanto Federparchi alle Cinque Terre, dove – grazie anche ad impegnati e smitizzanti interventi di due parlamentari europei – abbiamo considerato tutti quanti che esiste una politica di attenzione dell’Unione europea verso l’Ambiente che è innegabile, e che ci rende forti nel mondo. Ma abbiamo anche posto con nettezza il tema della classificazione, dello sminuzzamento esageratamente ideologico degli interventi (siti di importanza comunitaria; zone di pregio, uccelli, habitat) come se all’interno di una politica in difesa dell’ambiente, grandi questioni come il dramma delle coste, la difesa della biodiversità e del paesaggio, oppure le questioni dei rifiuti, o il ripensamento della politica del turismo, o alcune parti forti delle politiche agricole, potessero essere dettagli, fisime di alcuni guastatori, pericoli alla purezza degli interventi, cavalli di troia per devastatori impuniti, o – comunque – “altro” rispetto al da farsi quotidiano, alla rete ecologica, alle cinture verdi, a qualche altro piccolo intervento di settore.
Perciò al nostro convegno sotto il sole battente sul parco nazionale Cinque Terre e sui suoi stupendi panorami, noi di Federparchi abbiamo deciso di costruire un “libro verde”, da consegnare in pompa magna nelle sedi del potere politico e amministrativo della nuova Europa che sta nascendo, confrontandolo con le associazioni europee che la pensano più o meno come noi su temi tanto delicati (Uicm, Europarc, associazioni francesi, Fedenatur, Wwf, Faderparchi, ecc) e che non a caso erano alle Cinque Terre assieme a noi e costruivano con noi un percorso dove ciascuno assume iniziative anche proprie, ma nel quadro generale che interessa tutti.
Ciò premesso, va apprezzato molto il lavoro che l’organizzazione Fedenatur sta portando avanti da tempo per sensibilizzare la Direzione generale ambiente della Commissione europea su questi stessi temi. Fedenatur non è tra le sigle più note al mondo degli addetti alle aree protette (ma ha un sito web che spiega chiaramente di che si tratta: www.fedenatur.org e che il lettore ignaro farebbe bene a cliccare sulla tastiera del suo inseparabile stramaledetto computer). Fedenatur, assieme ai due parchi (Nord e Agricolo) della provincia di Milano, rappresentata dal coordinatore dei lavori della mattinata, Ignazio Bonacina, hanno fornito una generosa e funzionale ospitalità il 18 ottobre scorso al centro congressi della Provincia di Milano di via Corridoni dove si è svolto un seminario di Fedenatur specificamente ed esplicitamente mirato ad esercitare in quanto Fedenatur una sorta di “azione di sfondamento” sulla Direzione generale ambiente della Commissione Europea attraverso una quindicina di pagine molto dense di contenuto che alla data odierna rappresenterebbero il risultato del lavoro delle aree protette che illustrano in un questionario rivolto alla commissione europea di che cosa si occupano, e perché il loro lavoro ha molto a che fare con le strutture che amministrano l’Unione Europea. Si definiscono “funzioni al servizio della collettività” e si avanzano ipotesi molto precise e concrete sul posto degli spazi naturali periurbani all’interno delle politiche comunitarie.
L’idea di chi ha immaginato il seminario di Milano era di organizzare il dibattito milanese in quattro parti: come caratterizzare il ruolo di questi spazi; quali problemi conoscono questi spazi, gli spazi naturali periurbani, sono o non sono aree protette come le altre? Quali assi di lavoro per migliorare il ruolo degli spazi naturali periurbani possono essere suggeriti in diverse scale (nelle aree protette stesse; nelle città adiacenti o facenti parte; a livello europeo).
Prima di addentrarmi in quella che mi è sembrata l’inevitabile conclusione dell’incontro, voglio ricordare due cose.
Nel sito web è scritto chiaramente che oggi i parchi europei che costituiscono Fedenatur sono sedici (cinque dei quali italiani, altri spagnoli, francesi, portoghesi, ecc).
Non si tratta di un pacchetto di mischia che si basa sulla forza, insomma, ma che si misura con l’importanza della specificità che intende sottolineare e che a me sembrava essere la vicinanza con importanti aree metropolitane che creavano problemi ed opportunità assolutamente specifiche rispetto ad una qualsiasi altra area naturale protetta collocata e gestita in territori poco antropizzati, a volte spopolati, in cerca di un loro giusto recupero anche economico, di una loro rinascita. Ritenevo che Fedenatur non si occupasse di questo genere di parchi o di riserve naturali, ma di una differente tipologia, mescolata all’uomo, all’industria, all’urbanizzazione, ma pur sempre ed a maggior ragione da gestire con tecnici, consigli di amministrazione e quant’altro occorra per il regolare funzionamento di strutture che sono parenti strette di tutte le altre aree protette, e non intendono recidere questo essenziale vincolo.
Non a caso, alla seconda conferenza nazionale del parchi italiani, svoltasi al Lingotto di Torino, dedicammo una mezza giornata molto costruita (presidenti, relatori, documento finale, relazione nella sessione plenaria) affinché fosse chiaro agli addetti ai lavori vari che si svolgono in una area protetta, e che vanno dal mio essere giornalista, all’essere architetto di altri, e poi forestali, biologi, educatori ambientali, ma anche amministratori puri e semplici, vale a dire ragionieri, ma poi consiglieri di amministrazione, revisori dei conti, componenti di consigli di amministrazione, direttori, presidenti e molto altro ancora. L’incontro di Milano di Fedenatur, è iniziato al mattino con grandi aspetti positivi: finalmente un incontro internazionale così importante si svolgeva in Italia, si potevano avere i testo degli incontri tecnici svolti a Lisbona il 7 giugno dell’anno passato (“La sicurezza nelle aree protette perturbane. Mali e rimedi”). Ed il fascicolo con gli atti e con il bilancio tecnico della giornata del 18 ottobre svoltasi a Le Mans (“L’educazione all’ambiente, elemento essenziale per i parchi naturali periurbani”), dove con grande fierezza abbiamo ritrovato i nostri contributi italiani.
Prima delle pausa di colazione, sono anche intervenuto a nome della rivista “Parchi” e della associazione Federparchi. Ho portato il saluto del presidente Fusilli. Ho ricordato il “libro verde” deciso alla Cenque Terre e sottolineato con soddisfazione le molte parti del documento conclusivo di Durban dal quale risulta evidente che non abbiamo lavorato per niente, in questi ultimi anni, e che oggi risulta possibile quello che qualche anno fa ci sembrava più complicato: partire dal lavoro che si svolge all’interno delle aree protette per puntare ad uno sviluppo sostenibile generalizzato, al di fuori degli stessi confini di parchi.
Tutto questo mi sembra una grande conquista dell’ambientalismo internazionale, e mi sono industriato a trovare le parole adatte per suggerire l’idea, non certo cervellotica, di allineare sempre più strettamente la specificità rappresentata da Fedenatur con il flusso maggiore dell’innovazione, che in queste ore passa dal dopo Durban, vale a dire da quanto riusciremo a fare trasformando in bandiera di lotta e in piani di lavoro quel documento finale.
Purtroppo però, la discussione pomeridiana milanese, coordinata da Jean Louis Michelot, ha preso una piega meno trionfalistica.
Forse è bene che i seminari di lavoro chiariscano anche gli equivoci, per non immaginarci componenti di associazioni che sono altro da quello che immaginavamo fossero nel momento nel quale ci siamo iscritti.
Un intervento di Walter Novelli di Roma Natura aveva già messo l’assemblea sull’avviso: se la importante iniziativa che da molto tempo Fedenatur ha impostato deve servire a far riconoscere i parchi che hanno a che fare con sistemi urbani molto antropizzati, siamo tutti d’accordo e allora ha senso anche l’appello che facevo a mettere in sinergia il “libro verde” con queste altre azioni politiche.
Se invece si sta tentando di posizionare un nuovo concetto di soggetto chiamato “spazio perturbano”, che – insistendo – potrà chiamarsi “spazio naturale perturbano” il quale poi, successivamente, dovrà trovarsi un suo nesso con quello che in francese si chiama ENPU, vale a dire lo spazio naturale protetto urbano, che si pone come agente di una gestione urbana durevole, intrecciando le solite agende 21, le buone pratiche, l’Emas, ma parlando poco o niente del sistema nazionale ed europeo dei parchi e delle aree protette, si rischia, magari non volendo, di fare qualcosa di diverso da quanto ci sembrava si stesse facendo. Se poi tra le funzioni di questa nuova cosa che si cerca di definire si pongono esplicitamente come dato di fatto, come rilevazione da questionari, cose come la caccia, la produzione elettrica, le cave, senza una esplicita posizione contraria, allora comincia a configurarsi una questione, che certamente sarà sciolta nelle prossime riunioni, ma che per il momento ha lasciato un poco di amaro in bocca.
Intervenendo su questo punto, ho suggerito di “lavare il nostro documento” nella ricerca di Gambino e di Boitani sulla classificazione dei parchi europei. Forse non sarà impossibile una proposta complessiva di classificazione dei parchi europei che comprenda anche i parchi a ridosso delle metropoli e dei sistemi metropolitani in formazione (quello nostro, adriatico; quello genovese che arriva fino a Portofino) evitando di fornire pretesti a chi intende fare per l’ambiente di tutto meno che parchi. E chiarendo da subito che alcune attività (per esempio la caccia) devono trovare posto altrove.
Le conclusioni della giornata di lavoro, ricca anche di altri importanti contributi su temi diversi, come – ad esempio – uno studio prodotto dal parco Miribel-Jonage da Didier Martinet e Alexandre Merlin, sulla pulizia nei parchi e sull’inutilità di quello che invece appare indispensabile nelle città, (i cestini raccogli rifiuti, ad esempio), sono state tratte con la sperimentata diplomazia da Marià Marti e da Andrè Grange.

di Mariano Guzzini