Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 40 - OTTOBRE 2003


USTICA E DINTORNI

 

Sarà stato colpa del caldo, dei soliti appuntamenti fissi di una cronaca che ha i suoi picchi estivi negli incendi, fatto sta che una vicenda scandalosa come quella della riserva marina di Ustica è praticamente passata sotto silenzio. Se ne è ricordata la presidente di Italia Nostra prof Pallottino in uno sferzante articolo sul giornale on-line di federparchi, c’è stato qualche comunicato delle associazioni, ma il tutto ha appena increspato le acque di una cronaca distratta o che non gradisce di toccare questioni scomode. Ustica per anni è stata insieme a Miramare il nostro fiore all’occhiello che con i suoi brillanti risultati rimarcava peraltro i colpevoli i ritardi storici del nostro paese in un comparto rimasto praticamente al palo.
A suo modo era una presenza scomoda, perché dimostrava concretamente che era possibile far funzionare anche a mare le aree protette che invece non andavano in genere al di là di controversi decreti istitutivi. Il bello (anzi il brutto) di questa vicenda è che proprio nel momento in cui anche il ministero dell’ambiente ribadiva la sua ferma volontà di procedere con determinazione tenendo conto e responsabilizzando le comunità locali e per esse le amministrazioni comunali, il comune di Ustica gestore della riserva è stato messo in quarantena con un tratto di penna. Gli è subentrata la Capitaneria di Porto, ossia quel corpo militare di cui qualche autorevole rappresentante alla conferenza nazionale di Torino aveva chiaramente e responsabilmente affermato che le istituzioni non potevano aspettarsi da loro quello che non gli competeva. In altri termini, un alto ufficiale ricordava anche al ministero che la gestione delle riserve marine non era compito del corpo ma delle istituzioni. Una piccola lezione che evidentemente ha servito a poco. Com’è potuto accadere che la nostra più collaudata e conosciuta area protetta marina, gestita dal comune il cui ruolo è così frequentemente e demagogicamente richiamato da chi a parole straparla di ‘comunità locali’, senza colpo ferire sia stata ‘commissariata’? Eppure in tante occasioni si era ostentata, ricorrendo anche al dispiego vistoso e oneroso di pubblicazioni, materiali, stand, gigantografie (come a Mediterre), questa volontà di far uscire finalmente dal tunnel anche le aree protette marine. Intendiamoci, dietro la carta patinata si nascondevano malamente provvedimenti come quello con cui le spese del personale delle riserve venivano sbolognate senza tanti complimenti ai comuni. Pochi per la verità gli avevano dato importanza, e ancora meno se n’erano adontati (comuni compresi).
Ma i fatti, si sa, hanno la testa dura e presentano sempre il conto.
Ustica è stata la prima cambiale giunta in scadenza: dietro le chiacchere sul ruolo degli enti locali di colpo è spuntato il volto di sempre, quello burocratico-ministeriale uso ad obbedire ad una sola regola, quella del comando.
Ora, al di là della gravità di quanto è accaduto a Ustica dove con un tratto di penna si è liquidato il ruolo e il lavoro pluriennale del comune, c’è qui un segnale inconfondibile sulle reali intenzioni ministeriali, di cui in verità chi voleva vedere e capire poteva averlo fatto senza eccessivo sforzo.
Ustica dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio che il ministero intende gestire le aree marine in maniera diversa dalle altre aree protette: qui sta il nodo e il nocciolo duro della questione che non può più essere aggirato o eluso.
Quando le aree marine- e già il perdurare di questo confusione tra riserve e altro la dice lunga- sembrano riguardare esclusivamente o quasi il rapporto diretto ministero -comuni si è ‘fuori’ dalla legge nazionale e dalle leggi regionali che tutte prevedono per i parchi una gestione istituzionalmente ‘mista’. Singolare al riguardo è quel che è accaduto all’Arcipelago toscano. La Regione accogliendo un invito del ministero indica alcune aree in cui si ritiene opportuno istituire nuove aree protette marine. Il ministero accoglie quasi per intero le proposte della regione, dopodichè Roma avvia contatti con i comuni e il commissario del parco ignorando e saltando Regione e Province.
In questo rapporto ‘diretto’ che sembra riservare al comune un ruolo privilegiato di fatto il comune – come dimostra chiaramente e incontrovertibilmente Ustica- è semplicemente un ‘ostaggio’.
Da qui oggi bisogna partire se non vogliamo continuare a prenderci in giro, salvo stupirci poi di quel che è successo a Ustica.
Tra i numerosi comunicati sul congresso di Durban mi ha colpito un titolo sul successo di Miramare che, scelta insieme ad altre aree protette marine di altri continenti è stato oggetto di particolari apprezzamenti sicuramente meritati. Ma non è imbarazzante che un Paese come Italia con oltre 8000 Km di coste e oltre 50 aree protette marine in lista d’attesa sia citata in un assise mondiale per la piccola riserva triestina? Altro che popolo di navigatori, qui siamo irrimediabilmente impantanati sul bagniasciuga e prima ne usciamo è meglio è ma per farlo bisognerà una buona volta prendere il toro per le corna. Le aree protette marine non sono una specie diversa e domestica rispetto agli altri parchi.