|
Sarà stato colpa del caldo, dei soliti
appuntamenti fissi di una cronaca che ha i suoi picchi estivi negli
incendi, fatto sta che una vicenda scandalosa come quella della riserva
marina di Ustica è praticamente passata sotto silenzio. Se ne è ricordata
la presidente di Italia Nostra prof Pallottino in uno sferzante articolo
sul giornale on-line di federparchi, c’è stato qualche
comunicato delle associazioni, ma il tutto ha appena increspato le acque
di una cronaca distratta o che non gradisce di toccare questioni scomode.
Ustica per anni è stata insieme a Miramare il nostro fiore all’occhiello
che con i suoi brillanti risultati rimarcava peraltro i colpevoli i
ritardi storici del nostro paese in un comparto rimasto praticamente
al palo.
A suo modo era una presenza scomoda, perché dimostrava concretamente
che era possibile far funzionare anche a mare le aree protette che invece
non andavano in genere al di là di controversi decreti istitutivi.
Il bello (anzi il brutto) di questa vicenda è che proprio nel momento
in cui anche il ministero dell’ambiente ribadiva la sua ferma volontà di
procedere con determinazione tenendo conto e responsabilizzando le comunità locali
e per esse le amministrazioni comunali, il comune di Ustica gestore della
riserva è stato messo in quarantena con un tratto di penna. Gli è subentrata
la Capitaneria di Porto, ossia quel corpo militare di cui qualche autorevole
rappresentante alla conferenza nazionale di Torino aveva chiaramente e
responsabilmente affermato che le istituzioni non potevano aspettarsi
da loro quello che non gli competeva. In altri termini, un alto ufficiale
ricordava anche al ministero che la gestione delle riserve marine non
era compito del corpo ma delle istituzioni. Una piccola lezione che evidentemente
ha servito a poco. Com’è potuto accadere che la nostra più collaudata
e conosciuta area protetta marina, gestita dal comune il cui ruolo è così frequentemente
e demagogicamente richiamato da chi a parole straparla di ‘comunità locali’,
senza colpo ferire sia stata ‘commissariata’? Eppure in tante
occasioni si era ostentata, ricorrendo anche al dispiego vistoso e oneroso
di pubblicazioni, materiali, stand, gigantografie (come a Mediterre),
questa volontà di far uscire finalmente dal tunnel anche le aree
protette marine. Intendiamoci, dietro la carta patinata si nascondevano
malamente provvedimenti come quello con cui le spese del personale delle
riserve venivano sbolognate senza tanti complimenti ai comuni. Pochi per
la verità gli avevano dato importanza, e ancora meno se n’erano
adontati (comuni compresi).
Ma i fatti, si sa, hanno la testa dura e presentano sempre il
conto.
Ustica è stata la prima cambiale giunta in scadenza: dietro le
chiacchere sul ruolo degli enti locali di colpo è spuntato il volto
di sempre, quello burocratico-ministeriale uso ad obbedire ad una sola
regola, quella del comando.
Ora, al di là della gravità di quanto è accaduto
a Ustica dove con un tratto di penna si è liquidato il ruolo e
il lavoro pluriennale del comune, c’è qui un segnale inconfondibile
sulle reali intenzioni ministeriali, di cui in verità chi voleva
vedere e capire poteva averlo fatto senza eccessivo sforzo.
Ustica dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio che il ministero
intende gestire le aree marine in maniera diversa dalle altre aree protette:
qui sta il nodo e il nocciolo duro della questione che non può più essere
aggirato o eluso.
Quando le aree marine- e già il perdurare di questo confusione
tra riserve e altro la dice lunga- sembrano riguardare esclusivamente
o quasi il rapporto diretto ministero -comuni si è ‘fuori’ dalla
legge nazionale e dalle leggi regionali che tutte prevedono per i parchi
una gestione istituzionalmente ‘mista’. Singolare al riguardo è quel
che è accaduto all’Arcipelago toscano. La Regione accogliendo
un invito del ministero indica alcune aree in cui si ritiene opportuno
istituire nuove aree protette marine. Il ministero accoglie quasi per
intero le proposte della regione, dopodichè Roma avvia contatti
con i comuni e il commissario del parco ignorando e saltando Regione e
Province.
In questo rapporto ‘diretto’ che sembra riservare al comune
un ruolo privilegiato di fatto il comune – come dimostra chiaramente
e incontrovertibilmente Ustica- è semplicemente un ‘ostaggio’.
Da qui oggi bisogna partire se non vogliamo continuare a prenderci
in giro, salvo stupirci poi di quel che è successo a Ustica.
Tra i numerosi comunicati sul congresso di Durban mi ha colpito
un titolo sul successo di Miramare che, scelta insieme ad altre aree protette
marine di altri continenti è stato oggetto di particolari apprezzamenti
sicuramente meritati. Ma non è imbarazzante che un Paese come Italia
con oltre 8000 Km di coste e oltre 50 aree protette marine in lista d’attesa
sia citata in un assise mondiale per la piccola riserva triestina? Altro
che popolo di navigatori, qui siamo irrimediabilmente impantanati sul
bagniasciuga e prima ne usciamo è meglio è ma per farlo
bisognerà una buona volta prendere il toro per le corna. Le aree
protette marine non sono una specie diversa e domestica rispetto agli
altri parchi.
|