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La vicenda del parco regionale del Conero
a differenza di altre è rimasta per mesi confinata sulle pagine
dei giornali marchigiani. Ma non per questo è da considerarsi
un episodio ‘locale’ tale da non interessare fuori da quelle
cronache se non altro per come su quel ring se le sono date di santa
ragione colpi bassi inclusi. È comprensibile naturalmente che
il braccio di ferro sullo Stelvio, gli impianti sciistici assuma –perché indubbiamente
lo ha- rilievo nazionale.
E così anche per altre situazioni che languono da tempo in attesa
di soluzioni che mettano fine, ad esempio, a paralizzanti regimi commissariali.
E tuttavia quanto è accaduto in questi mesi nel piccolo e brillante
parco marchigiano non deve passare sotto silenzio ed essere archiviato
quasi potesse essere ascritto d’ufficio a quelle inevitabili e talvolta
spiacevoli vicende fisiologiche che accompagnano i ricambi delle presidenze
e il rinnovo degli organi di gestione di un area protetta.
Intanto perché essa non è per fortuna la norma e non lo è mai
stata anche se oggi i casi di esasperata conflittualità specie
nei parchi nazionali sono decisamente e preoccupantemente aumentati ed
anche la loro esasperante durata; vedi per tutti l’Arcipelago toscano.
E poi perché essa presenta tante e tali anomalie e stranezze da
non poter essere liquidata come mera turbolenza locale ancorchè sgradevole.
In contemporanea con quella del Conero, tanto per fare un esempio
appropriato, anche al parco regionale di Migliarino, S.Rossore Massaciuccoli
si è proceduto al ricambio del presidente Maestrelli che al pari
di Guzzini in questi anni ha dato lustro e visibilità all’ attività del
parco.
La durata dell’incarico consigliava il ricambio e così è stato
in perfetta intesa istituzionale, tanto che se non si rischiasse la battuta
che tutto è finito a tarallucci e vino, potremmo aggiungere che
piacevoli serate conviviali hanno salutato il presidente uscente dando
il benvenuto al nuovo.
Se l’obiettivo fosse stato dunque quello di avviare un naturale
ricambio dopo anni di positiva presidenza di Mariano Guzzini alla direzione
del Conero… bastava dirlo.
Nessuno se ne sarebbe scandalizzato.
E invece il rinnovo della designazione da parte della provincia
di Guzzini si è protratto a lungo con varie e vaghe motivazioni
- risultate poi chiaramente pretestuose - di carattere ‘tecnico’ che
non lasciavano tuttavia presagire (anche se apparivano alla lunga abbastanza
strane e sospette) una estromissione poco onorevole e sicuramente immeritata
e ingiusta.
E mentre la provincia la menava per le lunghe simultaneamente è iniziata
una vera e propria campagna contro il parco accusato delle più abominevoli
malefatte cementificatorie.
Campagna tanto più singolare nella sua orchestrazione in quanto
riguardante uno dei non molti parchi che da tempo ha approvato entrambi
i suoi piani; quello territoriale e quello socio economico.
Due strumenti fondamentali frutto di una intesa istituzionale
ad ampio raggio dai comuni alla alla provincia alla regione.
Che d’improvviso il parco dotato di questi decisivi strumenti concordati
dagli enti membri del consorzio e dalla la regione a cui è affidato
il controllo ultimo e definitivo, risultasse una scheggia impazzita impegnato
a distruggere una delle aree più belle del parco, non poteva colpire
per la sua sconcertante inattendibilità.
Ma a rendere ancor più incredibile e per niente convincente questa
vicenda oltre alla clamorosa accusa era il fatto che il fuoco incrociato
da tutte le postazioni istituzionali rimbalzava quotidianamente sulle
cronache locali senza che nessuno abbia pensato ad una sede politico-istituzionale
per dirimere la faccenda.
I parchi anche in sede nazionale chiedono da tempo immemorabile
tavoli istituzionali per decidere il da farsi.
È
possibile che per un parco regionale, istituito con legge della
regione e a carattere consortile e con strumenti pianificatori regolarmente
approvati da quegli stessi enti, non si sia pensato di imboccare una strada
meno rovinosa, destabilizzante ed anche per molti versi ‘infamante’?
E non si dica che i panni sporchi si lavano in pubblico perché qui
se c’è una cosa poco trasparente e chiara è proprio
la condotta generale, la gestione di una questione che proprio perché ritenuta
delicatissima richiedeva ben altra accortezza, senso di responsabilità e
misura.
Ma davvero con quel che succede in questo paese con condoni,
abusivismi e quant’altro il Conero meritava di finire nella lista
nera dei ‘cementificatori’, dei deturpatori impenitenti delle
nostre coste?
E se lo scopo era quello di un ricambio alla direzione del parco
c’era davvero bisogno di bruciare la casa per vendere la cenere?
E visto che non si era persa l’occasione recentemente per mettere
sotto accusa la presidenza del parco a giudizio di taluno responsabile
di codardo ‘inciucio’ politico per avere ricercato intese
operative anche con i rappresentanti delle minoranze nel consorzio, perché non
si rimesso in discussione lo strumento consortile? Perché la regione
Marche che pure a suo tempo aveva manifestato questa intenzione poi non
ne ha fatto di niente nonostante che l’esperienza,ad esempio toscana,
mostri chiaramente che con l’ente la gestione è meno soggetta
ai condizionamenti politici specie localistici?
Si è preferito invece sparare a zero sui giornali, mettere in moto
avvocati, lasciando sul campo morti e feriti a cominciare dal prestigio
e, diciamo pure, l’onore del parco.
Tanto e male si è fatto che si è permesso persino a chi
del parco regionale interessa poco di tornare alla carica – con
grande sprezzo del ridicolo-per la istituzione del parco nazionale.
Una responsabilità particolare per questa situazione ricade, come
abbiamo già detto sulla regione.
La Regione Marche ha innegabili e riconosciuti meriti per avere
non soltanto istituito i parchi regionali ma anche di avere favorito e
sostenuto concretamente il loro impegno sulle coste (CIP). È comprensibile
quindi che come più volte abbiamo sentito affermare in questi ultimi
mesi che essa voglia essere più presente, anche direttamente nella
gestione delle aree protette regionali.
Le esperienze regionali alle quali abbiamo fatto cenno confermano
che questa strada è possibile e più agevole se si supera
lo strumento consortile. Sappiamo che non tutte le regioni, e tra queste
anche regioni fortemente impegnate a sostegno dei parchi considerano questa
la via migliore.
In ogni caso valeva e vale la pena di andare a verifiche serie
senza particolari complessi o timori.
La legge quadro n.394 all’art 22 prevede per le regioni entrambe
le soluzioni. Ma non è detto che esse per quanto ugualmente legittime
siano anche ugualmente efficaci.
La Regione Marche che da tempo ha in agenda la questione poteva
finalmente passare all’azione. Certo dopo quanto è accaduto
tutto risulterà ora più complicato, i sospetti e i timori
si sono fatalmente accresciuti e su chi ha fatto più danni ricade
perciò l’onere maggiore. Il discorso non riguarda però unicamente
la Regione. Anche la Provincia non esce bene da questa vicenda e ha mostrato
in troppi passaggi una lingua biforcuta. Per tutti è il momento
di una seria riflessione autocritica di cui c’è urgente bisogno
visto anche quel capolavoro rappresentato dall’entrata in campo
a gamba tesa della soprintendenza che è riuscita in tanto canaio
a piazzarci un insperato ‘vincolone’ urbi et orbi. Solo la
pessima gestione di questa delicata vicenda poteva riaprire la strada
proprio a quel tipo di vincoli che i parchi stanno cercando da anni di
superare attraverso una gestione attiva della tutela. Chi ha tirato inconsapevolmente
la volata ad organi statali mai così felici di riprendersi una
rivincita ed ora – tardivamente- mostra preoccupazione e disagio,
sarà bene che rimedi.
E l’unico modo serio per farlo è mettere il parco nelle condizioni
di fare al meglio il suo mestiere come in questi anni sotto la presidenza
di Guzzini ha saputo fare.
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