Abbiamo già avuto modo anche sul giornale
online di Federparchi di segnalare l’inopinata proposta di legge
di alcuni consiglieri regionali della Liguria per sopprimere i parchi
montani e affidare la loro gestione alle Comunità montane. L’assessore
regionale Orsi ha dato ampie assicurazioni che si tratta di una di quelle
sortite destinate a rimanere senza alcun seguito politico-istituzionale
e noi non abbiamo ragione di dubitarne.
Resta però il segnale che non è il primo e non soltanto
in Liguria. Non molto tempo fa, in occasione della salone della Montagna
a Torino, voci ben più autorevoli dei cani sciolti liguri avanzarono
ipotesi del genere.
Anche nell’UNCEM insomma circolano strane idee sui parchi. D’altronde
per iniziativa di alcuni ‘parlamentari amici della montagna’ sono
state sfornate a suo tempo proposte di modifica della attuale legge sulla
montagna che non riservavano ai parchi sorte e considerazione tanto migliore,
impegnati com’erano i nostri ‘amici’ della montagna
a rilanciare l’industria dello scii. E qui sarà bene tenere
gli occhi aperti dal momento che - stando alle dichiarazioni dei ministri
Della Loggia e Alemanno - è imminente la presentazione di una nuova
legge sulla montagna. Visti i precedenti, non vorremmo che qualcuna di
queste belle idee vi avesse trovato una qualche accoglienza. Ma c’è dell’altro
che a nostro avviso segnala un disagio e una difficoltà più ampi
rispetto a quelli che già emergono da questi puntuali ritorni di
fiamma.
È
recente, ad esempio, una presa di posizione dell’UNCEM sulle ‘province
montane’ di cui chiede la non istituzione. L’occasione è stata
l’assemblea nazionale dell’UPI tenutasi in dicembre a Roma.
Ci sono poi le ‘notizie’ locali che ci forniscono le cronache,
dalle quali si viene a sapere, ad esempio, che alcuni esponenti politici
pugliesi chiedono praticamente l’incontrario; che sia cioè liquidata
la comunità montana ed anche il consorzio di bonifica per trasferire
il tutto al Parco del Gargano.
Alla base di questa richiesta, par di capire, ci sono soprattutto
esigenze di razionalizzazione nell’uso del personale e delle risorse.
Insomma evitare sprechi, doppioni etc.
Come si vede c’è un campionario - sicuramente assai più ampio
e variegato di quello a cui noi qui possiamo fare riferimento- di situazioni
che in maniera diversa e anche contraddittoria segnalano qualcosa di più di
residui mal di pancia sulla presenza dei parchi.
Questi, naturalmente, ci sono perché non mancano quelli che continuano
la loro personale guerra e non sembrano intendere ragioni. Ma io credo
che ci sia qualcosa di più e anche di diverso che riguarda e attiene
alle stesse prerogative e ruolo dei parchi.
In altri termini, da cosa nasce l’idea che in certi territori le
aree protette possono non avere bisogno del loro ente, potendo benissimo
la comunità montana sostituirlo?
Forse la ragione principale è che la comunità montana, le
cui competenze e spazi sono andati via via modificandosi (per qualcuno
in maniera ancora insufficente e inadeguata), mal sopporta sullo stesso
territorio un altro ente che è considerato evidentemente invasivo,
concorrente. In definitiva - questo il ragionamento- se ci siamo noi perché farne
un altro visto che gli enti elettivi e no sono fra l’altro già tanti?
Ciò piega anche l’allarme contro le province montane considerate
anch’essa invasive.
Ora, questo disagio, come si vede va al di là del ruolo dei parchi
e investe l’assetto complessivo delle istituzioni locali elettive
e no.
E non possiamo sorprenderci più di tanto se consideriamo che quella
avviata è una riforma complessiva del sistema costituzionale e
istituzionale che ha già rimescolato molte carte e altre ancora
dovrà rimescolarne e il tutto, purtroppo, in una situazione resa
estremamente confusa e precaria da troppe manovre in corso, che complicano
l’attuazione delle modifiche al titolo V della Costituzione.
In questa situazione, che determina non poche incertezze su tutto
il fronte, è abbastanza naturale che organismi derivati quali sono
le comunità montane (sulle quali - non lo si dimentichi-sono chiamate
a decidere le regioni) si trovino anch’esse in difficoltà.
Ma a noi interessa la ‘ricaduta’ -diciamo così- che
questa ricerca di un ruolo meno incerto determina, può avere e
ha già anche sulle aree protette.
Come abbiamo visto si ritiene che la comunità montana in determinate
realtà possa assumere il ruolo dell’ente parco.
Ma c’è anche chi non esclude, sebbene si tratti sicuramente
di casi più sporadici, il percorso inverso ossia l’assunzione
da parte del parco di competenze oggi assegnate ad altri enti, comunità montane
incluse. Da un certo punto di vista potrebbe sembrare che in fondo i parchi
e il loro ruolo entrino in questa discussione al pari di altri, anch’essi
in qualche misura contestati.
Tanti protagonisti, insomma, sulla stessa scena, investiti più o
meno in ugul misura e alla stessa stregua, dagli effetti di una situazione
non ancora del tutto stabilizzatasi.
Ma c’è un però ed è quello che riguarda la
differenza tra compiti ordinari delle varie istituzioni statali, regionali
e locali e il ruolo ‘straordinario’ e quindi non omologabile
agli altri del parco.
Se il parco lo si considera alla ‘pari’, fungibile con quello
di altri, come avviene ed è avvenuto in tante occasioni quando
al tavolo decisionale il parco neppure era inviato dalla regione o dalla
provincia o della comunità montana ‘tanto’ c’erano
giù tutti gli altri, è chiaro che esso possa essere considerato
legittimamente un ‘concorrente’ invasivo e scomodo, tanto
che gli si potrebbe al limite assegnare anche compiti oggi svolti e gestiti
da altri o, preferibilmente toglierglieli.
Ma sta proprio qui l’equivoco e l’abbaglio istituzionale che
danneggia innanzitutto i parchi, ma che non giova neppure agli altri e
numerosi soggetti e livelli istituzionali.
Se il parco, fosse vero, che può essere sostituito o sostituirsi
ad altri, avrebbero mille e una ragione quelli che dicono che il parco
li ‘espropria’, gli invade il campo d’azione, insomma
gli reca disturbo e danno.
È
quello che fa dire a non pochi che il parco non può ‘togliere’ nulla
al comune, provincia etc.
Ma ‘quel ‘parco’ non è quello previsto dalla
legge, uno fra i tanti e magari in guerra con tutti. Il parco ha un senso
se fa le cose che gli altri non sono chiamati per legge a fare.
I problemi delle comunità montane, ma anche dei comuni e delle
province e regioni fino allo stato non nascono e non sono dovuti alla
presenza e al ruolo dei parchi, ma dalla loro difficoltà a misurarsi
anche con i nuovi problemi ambientali.
È
forse un caso che nella trentina di articoli di quei consiglieri
liguri sulle comunità montane non ricorresse mai la parola ambiente?
È
forse un caso che di queste cose si sia parlato così poco e spesso
così male come è avvenuto nel corso dell’anno della
montagna?
Considerate queste difficoltà persistenti, anche se oggi per fortuna
le questioni ambientali sono a tutti più presenti, l’esistenza
di una area protetta che ha tra i suoi compiti essenziali - è questa
la sua straordinarietà - quello di proteggere l’ambiente
come può disturbare, visto che ‘aggiunge’ competenze
e risorse che sono solo sue?
Per questo il parco porta e non toglie nulla alle altre istituzioni.
Certo se lo si concepisce come uno dei tanti e così lo si retrocede
a figura ‘concorrente’, si riuscirà nella brillantissima
impresa di depotenziare il parco senza accrescere la capacità d’azione
delle altre istituzioni.
Ma a chi conviene oggi battere questa strada?
di Renzo Moschini |