Novembre 1983: la Regione Piemonte edita il primo numero di una rivista che già dalla testata esplicita il suo baricentro: Piemonte Parchi. Le prime aree protette regionali sono state istituite da pochi anni; il Piemonte è stata la prima Regione a dotarsi di una legge quadro. La rivista nasce proprio per far conoscere un mondo amministrativo e culturale nascente. Oggi quindi, questa rivista, che nel frattempo è diventata un mensile ed è conosciuta in tutta Italia, compie vent'anni.
Un risultato di continuità non indifferente per una pubblicazione
pubblica e nel complesso mondo italiano dei periodici. In 130 numeri e
una trentina di speciali la rivista somma ormai circa 6 mila pagine. Parole
e immagini.
Parole che raccontano storie che nascono nelle aree protette,
e immagini che “fanno vedere” tutto un mondo.
Talvolta noto, altre sconosciuto, altre volte ancora, immaginato,
fantasticato, sognato…
Vent'anni di parole e immagini. Fauna, avifauna, tritoni, piani
territoriali, finanziamenti, mimetismo, arte, Federparchi, Regione Piemonte,
direttore, guardiaparco, stambecco, Gran Paradiso, zona umida, Lagoni
di Mercurago, paludi, anatre in volo, gipeto, zoo, Europa, Rete Alpina,
culture, territorio, minoranze, walser, occitani, fiumi, pesci… La
rivista fin dalla sua prima uscita si è proposta di diffondere
una cultura dell'ambiente, del territorio e della natura partendo
dai parchi.
Ha saputo negli anni conquistarsi una credibilità che nasce dalle
collaborazioni qualificate: giornalisti e divulgatori certo, ma anche
addetti ai lavori che scrivono delle loro ricerche, dei loro interessi,
del loro lavoro.
Naturalisti, entomologi, guardiaparco, direttori di aree protette.
Un mondo che nasce in Piemonte, ma si amplia con incursioni fuori dalla “cinta
daziaria” ma anche fuori dalla semplice lettura scientifica della
natura per “divagare” nella antropologia, la mitologia, l'arte.
Insomma vent'anni di sforzi per guardare la natura a 360°.
La rivista è sicuramente, come si dice in gergo “di nicchia”.
Ma ciò che la fa ricca sono i suoi lettori. Lettori “particolari”.
Intanto “fedeli”: uno su sei segue la rivista dal primo numero,
dell'ormai lontano novembre 1983. Fenomeno questo, certamente invidiato
da molti colleghi travolti e affannati da un turn over di lettori (sempre
troppo pochi) “inaffidabili”, travolti a loro volta da mode
e interessi fugaci, mutevoli, ridondandi. Poi attivi a tutte le età ma
soprattutto, curiosi. Di capire, di approfondire, di conoscere, di andar
oltre l'apparenza, contenti talvolta di essere stupiti, da un'immagine,
da un punto di vista diverso…
Lettori particolari. Ad esempio, perché in tanti si abbonano diventandone “sostenitori”.
Vicenda che fa di Piemonte Parchi un caso unico nel nostro Paese. Una
rivista pubblica che ha un pubblico di lettori paganti e sostenitori.
Il quale lettore, per il 60%, apprezza la rivista oltre che per
i contenuti anche perché di fogliazione contenuta e perchè priva
di pubblicità. In mondo ridondante di pagine rutilanti, insomma
una po' di “asciuttezza” piace. Piace tanto che la rivista
si diffonde con il “passa parola”: la metà dei lettori
l'ha conosciuta così.
Ma dentro queste pagine c'è un mondo: quello dei parchi.
Linee tracciate su qualche mappa, giardini della modernità e sogni.
Sogni di nuovi stili di vita, cura delle risorse e quindi anche regole.
Laboratori e progetto, strategia e società. Cultura e uomini. Già,
uomini. Che ci credono, ci lavorano, si affannano, si spendono in quello
che fanno. I parchi sono progetti e opportunità e poi, anche, divieti.
I parchi sono i limiti dello sviluppo. I parchi sono nuove identità,
riscatto sociale, agenzie di turismo. I parchi sono laboratori di stili
di vita, paradigmi di conservazione attiva, strategie complesse di gestione
delle risorse. I parchi sono politica e sono oasi di qualunque deserto,
isole in mezzo a mari artificiali.
Sono luoghi della memoria, per l'unica specie vivente che ad ogni
generazione progetta di stravolgere i propri orizzonti. Noi cerchiamo,
ogni numero, da vent'anni di raccontare e far vedere tutto questo.
Per chi? Per la natura, quella delle Alpi e delle coste, dell'Appennino
e dei fiumi, per difendere la fauna dall'interferenza, sovente letale,
con l'uomo e il suo progresso. Per reintrodurre specie innocue come
lo stambecco o il gipeto, lasciar tornare quelle più problematiche,
come il lupo. Per chi è interessato al valore e ai messaggi delle
pietre, dei fossili, degli alberi, dei boschi.
Degli animali spettacolari come l'orso e di quelli che paiono insignificanti,
come le formiche quando non, addirittura, sgradevoli alla nostra vista,
come ragni e rettili.
Mondi fatti anche dall'uomo e dalla sua fatica, da paglia, pietre,
legno lavorati con mani sapienti.
Un lavoro ad un tempo facile e difficile. Facile perché, “ci
sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne comprenda
la tua filosofia”. (Amleto, atto 1, scena V). Basta cercarle, vederle,
aver voglia di raccontarle….
Difficile, perché i linguaggi, le emozioni, gli interessi della
redazione devono entrare in sintonia, con chi ti offre spunti, ti propone
articoli e foto, con chi lavora nelle aree protette, con i lettori e i
loro interessi.
Una sintesi insomma che richiede capacità di ascoltare, mestiere
e fortuna.
Già, anche fortuna.
Difficile in Italia dove il mercato di questo settore “tira” poco.
Ma anche un lavoro stimolante perché bisogna trovare nuovi linguaggi
per raccontare la natura. Ad esempio c'è il cigno della favola
di Andersen e quello delle Storie naturali di Jules Renard. Il cigno che “Come
una candida slitta scivola sulla vasca, di nuvola in nuvola. Di nuvole
ha fame, tutte di bambagia, che vede nascere, navigare, perdersi nell'acqua.
Ne vuole una…. La punta col becco e, d'improvviso, truffa
il collo vestito di neve… dolcemente, sul suo lieve cuscino di piume,
il cigno rema e si avvicina…”.
Poi c'è il cigno scienza. Quello che “ha bisogno di
venti metri di corsa sull'acqua dando colpi d'ala, per sollevare
il peso notevole e prendere quota”. E quello della nomenclatura
che recita: Cygnus cygnus, o Cygnus musicus, Cygnus olor? E ancora, il
cigno di Virgilio: Dant sonitum rauci per stagna loquaci cygni?
Tutti sono il cigno e il Cigno. Individuo e specie, ispirazione
ed evocazione. Poiché la natura si può dire in molti modi
e uno non è più vero di un altro.
Mescolare i linguaggi, i punti di vista, suscitare i dubbi alle
nostre, umane, definizioni della realtà e del mondo che ci circonda.
Scoprire o riscoprire, la natura attraverso il linguaggio della scienza,
della pittura, del mito, le scienze naturali e la psicoanalisi, l'immagine
e la parola.
Ecco.
Questo è quella che abbiamo cercato di fare in questi vent'anni.
Ma, in sintesi, cosa permette di spiegare questa continuità e successo?
Intanto la passione e la professionalità dei collaboratori cui è sempre
stato richiesto uno sforzo divulgativo pur nell'informazione scientifica.
Poi l'avvicendarsi di amministrazioni che non hanno mai cercato
di piegare la rivista a un giornale piatto, di informazione ingessata,
di propaganda insomma.
La consapevolezza che il mondo dei parchi ha bisogno di un mondo “di
amici”.
Amici che sono gli appassionati, gli ornitologi, i naturalisti,
ecc. E infine una cura particolare all'immagine. Consapevoli che
per toccare un pubblico, di nicchia” ma comunque relativamente vasto,
occorre anche far leva sulle emozioni delle immagini. Soprattutto in un
mondo ridondante di immagini rutilanti e spettacolari.
In altre parole occorre, anche a questo livello, mettersi in
competizione per la qualità dell'informazione.
Una sfida continua, difficile e stimolante.
di Gianni Boscolo |