Tra i Parchi Nazionali più grandi d'Italia, ve n'è uno che tra i suoi primati annovera, oltre l'estensione del territorio (circa 150.000 ha), il numero di regioni (tre) e comuni (44) interessati, anche quello di un modello gestionale unico nel suo genere. È il Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga istituito nel 1995 assieme a Majella, Cilento e Valle di Diano, Gargano e Vesuvio. Un Parco giovane quindi, ma attivo sin da subito nella sua missione di proteggere e valorizzare il suo ricchissimo patrimonio naturale e storico. Anche con modelli gestionali innovativi, come quello dei Distretti Ambientali Turistico-Culturali, di cui qui vi parleremo. Introdotto due anni fa come modello gestionale del Parco, consiste nella suddivisione "virtuale" dello stesso in porzioni di territorio - i Distretti appunto - omogenee per emergenze ambientali o vocazione storico-culturale. Ogni Distretto individua quindi aree dalle caratteristiche territoriali comuni, nelle quali intervenire con progetti mirati di riqualificazione e promozione. Incuriositi da questa politica gestionale che non conosce uguali nel mondo dei Parchi italiani, abbiamo voluto saperne di più dal suo ideatore e attuale Presidente del Parco, l'avvocato Walter Mazzitti.
Presidente, ci parli di come nasce l'idea di adottare il modello dei Distretti Ambientali Turistico-Culturali a modello gestionale del Parco.
L'idea nasce prima di tutto dall'esigenza di dare una strategia ad un territorio di 150.000 ha, per cui era impensabile un progetto d'insieme. Occorreva inoltre dare una svolta sul piano gestionale. Dall' anno della sua istituzione (1995), si è sempre privilegiato l' aspetto della conservazione, perché era necessario impiantare il Parco e comunicare alla gente l' esigenza morale di tutelare un territorio dagli alti valori naturalistici. Ma quando si parla di sviluppo sostenibile, non bisogna parlarne solo per essere a posto con la coscienza, occorre soprattutto verificarne sul terreno la fattibilità. Ecco, io credo che i Distretti servano a dimostrare che lo sviluppo sostenibile è davvero possibile.
Con il modello dei Distretti si è riusciti quindi a comunicare un' immagine piu' positiva del Parco?
Il distretto ci ha permesso di poter intervenire in maniera più incisiva sul territorio, di attivare progetti di dimensione umana all'interno dei quali cogliere e valorizzare tutti gli aspetti naturalistici e culturali presenti. È servito a dare una sorta di "risarcimento" alla popolazione residente che per anni si è sentita limitata dal Parco, mostrando loro le molteplici possibilità di sviluppo che un Parco può promuovere. Il problema centrale è stato quello di riaffermare il ruolo del Parco come garante sì della conservazione del territorio, ma anche come promotore di processi di valorizzazione delle risorse locali e miglioramento della qualità di vita dei residenti. La gente percepiva il Parco solo in termini di vincoli e limitazioni, uno strumento imposto dall' alto che avrebbe paralizzato ogni attività produttiva. E questo è stato - e tuttora è - il problema centrale dei Parchi.
Cosa ha significato questa "barriera percettiva" da parte della popolazione in termini di comunicazione esterna?
Le faccio subito un esempio concreto: prima di entrare nel Distretto della Strada Maestra ho mandato una lettera a tutti i capofamiglia della zona per informarli del nostro progetto. Si tratta di persone prevalentemente anziane, rimaste a vivere in un contesto molto difficile e di abbandono, soprattutto in seguito alla costruzione dell' autostrada Aquila-Teramo (A24). Gente prevalentemente amareggiata e pessimista nei confronti del Parco. Nella lettera ho scritto che io li capivo, ma che la loro zona era una zona vitale per il Parco, che andava rivalutata e valorizzata. Ho annunciato loro il nostro progetto, senza fare promesse politiche, solo invitandoli a seguirci, a vivere da vicino i nostri interventi. Ho contrattato 4 televisioni regionali per parlare ogni giorno con la gente. Anche le Università sono coinvolte: attualmente abbiamo due tesiste delle Università di Teramo e Roma che studiano aspetti legati alla comunicazione del Parco. E questo non puo' che farci piacere
Presidente, questa suddivisione virtuale del territorio cosa comporta sul piano gestionale?
A breve i Distretti saranno messi a disposizione di un futuro gestore, tramite normale procedura di gara, che prevederà punteggi elevati per chi s'impegna ad assumere personale locale. Ci sarà un soggetto interno al Parco che fungerà da interlocutore col privato e che sarà responsabile dell' andamento del Distretto. Il gestore s'impegna ad un dialogo costante col Parco e non può agire o prendere iniziative senza un suo previo consenso. È importante inoltre che il gestore abbia personale qualificato, che sarà preventivamente formato dal Parco. Questo è il nostro primo esperimento e ci servirà per capire come migliorare nel futuro.
Quali sono i primi segni tangibili di questo nuovo modello?
La parte attualmente già infrastrutturata, dotata di centri specialistici come il Centro Specialistico Escursionismo a Nerito, il Centro Permanente dell' Alpinismo di Pietracamela, ecc. Basta, per esempio, andare sulla Strada Maestra (SS 80 n.d.r), lunga 70 km e vedere aree di sosta, munite di tutti i servizi, fatte con materiale locale, una cartellonistica innovativa, segnaletica e altre infrastrutture leggere. Ci sono 7 musei, 150 posti letto, un ristorante, 10 aree sosta, e centri visita. Qui noi abbiamo creato un servizio a favore sia dei residenti che di turisti, che possono godere meglio delle bellezze del territorio. Abbiamo poi recentemente finanziato la costruzione di un'ippovia di 250 km, tra le più grandi d'Europa, che attraverserà tutto il Parco. In due anni abbiamo infrastrutturato 70.000 ha di territorio, che non è poco. Infine, quando andiamo in giro percepiamo un diverso atteggiamento della gente nei nostri confronti, un rapporto piacevole e amichevole. Alcuni mi chiedono cosa possono fare per i loro figli, altri investono per iniziare delle attività nel Parco.
Ad oggi, sono stati inaugurati 2 Distretti: "Strada Maestra" e "Tra i Due Regni". Esiste un criterio d' intervento, di scelta di un territorio piuttosto che un altro?
Il nostro criterio è quello di intervenire sulle Province in maniera omogenea. Non abbiamo in questo momento l'esigenza di dare attuazione a due Distretti confinanti per dar loro continuità, ma piuttosto quella di entrare subito in tutte e cinque le Province per fare in modo che i territori non si sentano abbandonati. I due Distretti inaugurati, per esempio, saranno oggetto di visite organizzate dal Parco per i cittadini di altre Province per mostrar loro quello che un giorno avverrà anche nei loro territori. L'obbiettivo è quello di evitare il campanilismo, stimolando l'interazione fra le diverse zone del Parco.
Veniamo ora al Piano del Parco, strumento primo di gestione: come si armonizza con il modello dei Distretti?
Quando è stato realizzato il Piano del Parco non c'erano i Distretti, e quindi adesso questi due strumenti si devono armonizzare. Il Piano rimarrà sempre quello ma bisognerà tener conto dell'esistenza dei Distretti, cioè della suddivisione virtuale del territorio, a cui è abbinato un piano di sviluppo socio-economico, che è fondamentale. Nelle zone 1 non facciamo nulla, addirittura prevediamo delle aree con ingresso a pagamento per contenere gli accessi. Arriveremo anche ad individuare delle aree di tutela integrale, sebbene io sia del parere che queste aree non debbano essere perenni. Sarà cioè opportuno seguire il parere degli esperti, ma dopo bisognerà riaprirle perché l'uomo in quelle zone c'è sempre andato. A differenza degli altri grandi parchi storici del Nord, questo è un Parco particolarmente impegnativo perché fortemente antropizzato. Qui, più che altrove, bisogna saper coniugare le esigenze della natura e dell' uomo. Altra caratteristica fondamentale di questo Parco è la presenza di uno straordinario patrimonio storico-artistico al quale noi dedichiamo molto. Personalmente, non trovo alcuna differenza tra il livello di attenzione che bisogna dare al paesaggio, all'ambiente e alla natura e quello che bisogna dare al patrimonio storicoartistico, che merita lo stesso livello di salvaguardia e valorizzazione. Per me non c'è distinzione tra i due valori.
di Anna Chiesura
|