È passato poco più di un anno da quando nel Castello di Riomaggiore nel Parco Nazionale delle Cinque Terre per la prima volta Federparchi affrontò il tema dei parchi in europa. Quell'incontro avviò un lavoro in una direzione finora inesplorata. La novità infatti non era costituita tanto dall'interesse per quello che stava succedendo al di là dei nostri confini perché di questo anche la nostra associazione al pari di altre si era già occupata in passato. E non era neppure una novità la presenza a Riomaggiore di amici francesi, spagnoli, anglosassoni che avevamo incontrato altre volte e con i quali intrattenevamo già rapporti diretti e proficui di collaborazione. A segnare una svolta rispetto alle tradizionali attività della nostra associazione -come si poteva percepire peraltro anche da talune insolite presenze di parlamentari europei nella affollata platea del Castello - era appunto il tema del seminario. Per la prima volta infatti i parchi più che tra di loro e sulla base delle loro rispettive esperienze si confrontavano e discutevano delle politiche comunitarie rivolte in generale ai temi della protezione della biodiversità e al ruolo riservato alle aree protette. Insomma era la prima volta che i parchi europei si misuravano con le politiche, le scelte, i programmi di una istituzione sovranazionale alla vigilia di un suo ulteriore e importante allargamento a nuovi paesi e nel momento in cui stava per essere approvato il progetto di Costituzione europea. Come fu chiaro fin dalle prime battute di quell'incontro e sempre più nel lavoro che ne seguì avevamo posto una questione estremamente importante ed anche molto delicata per le sue molteplici e non scontate implicazioni. In effetti se da un lato emergeva con confortante evidenza che anche sul terreno della protezione dell'ambiente e della natura l'unione europea aveva da alcuni ani avviato una politica di cui si potevano apprezzare taluni significativi risultati, dall'altro appariva in misura altrettanto evidente che quelle politiche e norme comunitarie ( Habitat e direttiva Uccelli in particolare) circoscrivono il loro orizzonte d'intervento ai siti comunitari e alle zone di protezione speciale. Un limite serio che mal si concilia peraltro con le legislazioni e politiche nazionali sulle aree protette che generalmente hanno nei parchi nazio nali e regionali i loro essenziali anche se non unici punti di riferimento. Ciò e tanto vero che metà dei siti comunitari sono oggi dislocati all'interno di parchi nazionali o regionali. Da qui l'esigenza sottolineata con forza a Riomaggiore di superare questo collo di bottiglia rappresentato da una normativa comunitaria che mal si armonizza con quelle nazionali e regionali assai più avanzate se non nelle finalità sicuramente nel campo d'azione. Su questa impostazione registrammo subito ma ancor più in seguito in una serie di contatti un ampio consenso anche in sedi istituzionali e politiche e non soltanto nel nostro paese. Specialmente con alcune associazioni europee particolarmente impegnate in questa fase nella costruzione di sistemi di aree protette aperti alla cooperazione in sede comunitaria ed anche mediterranea. Di questa crescente sintonia abbiamo avuto conferme significative nel corso anche di recenti incontri in Francia, Spagna e in altri paesi mediterranei. La disponibilità dichiarata da parte di parlamentari europei e della Commissione ambiente di Bruxelles a prendere in considerazione queste nostre istanze non può che incoraggiarci e stimolarci a stringere i tempi specialmente ora che si è insediato il nuovo parlamento europeo. Come preannunciammo nell'incontro del primo incontro alle Cinque Terre a sostegno di questo nuovo impegno della federparchi intendevamo istituire proprio a Riomaggiore un osservatorio sulle aree protette europee.
Le ragioni non si fatica a comprenderle solo che si consideri la complessità delle questioni con le quali dovremo - e non soltanto la nostra associazione - misurarci. L'osservatorio ossia uno strumento che permetta la più puntuale conoscenza delle questioni aperte, delle esperienze in corso soprattutto per quanto riguarda i progetti comunitari, dei problemi irrisolti e le possibili proposte da avanzare nelle varie sedi risulta infatti fondamentale e decisivo per chi non si accontenti - e noi non ci accontentiamo- di segnalare ad altri esigenze sulle quali poi noi non si è grado di fare seriamente la propria parte. Ecco, l'osservatorio che grazie all'impegno del Parco Nazionale delle Cinque Terre Federparchi ha deciso di istituire ha precisamente questo scopo e questa ambizione. Cercheremo subito fin dall'avvio del lavoro del Comitato direttivo dell'osservatorio di coinvolgere anche in forme dirette di partecipazione rappresentanti di associazioni di parchi che manifestino questo interesse. Decideremo presto un programma di lavoro mentre cercheremo al tempo stesso di attrezzarci al meglio per poter fornire il massimo di documentazione sui temi che andremo ad affrontare. Il protocollo d'intesa sottoscritto con il Politecnico di Torino diretto dal prof Roberto Gambino garantirà oltre ad un apporto qualificato nel campo della ricerca anche la messa a disposizione dell'Osservatorio di un ampia documentazione raccolta in questi anni su oltre 700 aree protette europee. Anche in questo modo abbiamo voluto sottolineare l'esigenza sempre più forte per le aree protette di stringere un rapporto più diretto, continuativo e collaborativo con il mondo della ricerca. Non resta ora che mettere mano concretamente e di buona lena al lavoro di cercheremo di tenere informati in questa rubrica i lettori della rivista.
di Renzo Moschini
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