Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 45 - GIUGNO 2005




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LE DOLOMITI PATRIMONIO DELL'UMANITÀ

Un'occasione per mettere a sistema i parchi naturali

L'idea di candidare le Dolomiti a patrimonio mondiale dell'umanità, riconoscimento che viene concesso dall'Unesco, non è una novità assoluta. Già in passato alcune associazioni ambientaliste, e in particolare Mountain Wilderness, avevano avanzato tale proposta. Si trattava, peraltro, di una richiesta che interessava il patrimonio culturale e naturale, cioè un cosiddetto "bene misto", mentre la vera novità è rappresentata dal fatto che la richiesta di candidatura, formalizzata nello scorso mese di settembre con la consegna ai Ministeri competenti della documentazione, interessa il solo patrimonio naturale. Il motivo, certo sorprendente per chi conosce le Dolomiti e il suo patrimonio storicoantropico, non meno significativo di quello naturalistico, è in realtà molto semplice e di natura statistico-opportunistica. Mentre sono numerosi i siti italiani già riconosciuti nella lista Unesco del patrimonio culturale, o dei beni misti, l'unico sito attualmente riconosciuto quale patrimonio naturale è quello delle isole Eolie (e, per inciso, non senza qualche problema recente). Nell'arco alpino, inoltre, solo in Svizzera (zona dello Jungfrau, Oberland bernese, e un piccolo sito presso Mendrisio) appartengono a questa prestigiosa lista. I ministeri dell'Ambiente e Tutela del Territorio e dei Beni Culturali hanno istituito un gruppo di lavoro che ha il compito, fra gli altri, di sovrintendere a queste candidature. In passato, in verità, si era anche parlato di una candidatura di tutto l'arco alpino, indubbiamente coraggiosa, ma non priva di una sua logica a livello di sistema e proiettata su scala planetaria. La fama e la bellezza indiscussa delle Dolomiti, non meno della loro fragilità e delle forti pressioni turistiche cui sono soggette, sono talmente conclamate che non era ipotizzabile pensare a scorciatoie di comodo, o a progetti di basso profilo. Una candidatura fondata sui soli beni naturali, dunque, non poteva che interessare una parte dell'area dolomitica, quella più "integra" e, quindi, tutto il voluminoso dossier (oltre 440 pagine, senza gli allegati) è stato impostato sul concetto di "bene seriale", cioè un insieme costituito da un certo numero di siti di eccellenza, cosiddetti "cuori", circondati da aree tampone e non necessariamente contigui. L'iniziativa del progetto, a prescindere da sollecitazioni ministeriali, è stata assunta dalla provincia di Belluno che, com'è noto, accoglie una quota maggioritaria delle montagne dolomitiche. Ovviamente, e questo fatto rappresenta uno degli elementi più positivi dell'intero progetto, si trattava di coinvolgere le province limitrofe. Questo primo approccio, di natura politico-istituzionale, è stato affrontato con determinazione dalla Provincia di Belluno, nominata capofila, che ha delegato l'arch. Irma Visalli a seguire tutte le fasi e a coordinare i necessari contatti. A conclusione è stato trovato un accordo con le Province autonome di Trento e di Bolzano e con le due province della Regione Autonoma Friuli- Venezia Giulia, Udine e Pordenone. Una sequenza di riunioni, nei primi mesi del 2005, ha condotto le amministrazioni proponenti a formalizzare un incarico per la predisposizione del dossier di candidatura e delle linee guida per il piano di gestione, a un équipe di studiosi e tecnici professionisti, conoscitori dell'area dolomitica, coordinati dal prof. Franco Viola, noto pianificatore ed esperto di ecologia dell'Univ. di Padova. Con lui sono stati contestualmente incaricati: Cesare Lasen, per le conoscenze di carattere floristico- vegetazionale e di conservazione della natura, Michele Cassol, per la componente faunistica (già coredattore, fra l'altro, del Piano del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi), e Piero Gianolla, geologo dell'Università di Ferrara, su indicazione del prof. Bosellini che, comunque, è stato chiamato a redigere un'introduzione generale. Gli autori, considerati i tempi ristrettissimi e le competenze necessarie, hanno coinvolto altri collaboratori e, tra questi, il prof. Alessandro Minelli per gli invertebrati. La scadenza per la consegna del dossier e del piano di gestione era stata fissata al 20 settembre e la preoccupazione di non avere il tempo sufficiente per predisporre i materiali previsti dal "format" di candidatura, è sempre stata condizionante, fra l'altro dovendo prevedere le traduzioni in inglese. Che, alla fine, sia sia riusciti a consegnare una documentazione da considerare più che dignitosa a livello qualitativo e scientificamente fondata, a prescindere da valutazioni di tipo formalistico o da giudizi politici (comprensibili, ad esempio, le critiche dell'Assindustria di Belluno, come pure quelle di associazioni ambientalistiche, su un versante opposto), ha del miracoloso. Ora si attendono, a breve, le valutazioni del comitato Unesco che potrebbe richiedere chiarimenti e integrazioni o, ipotesi più pessimistica, ritenere insufficienti i presupposti di unicità e integrità per avallare la candidatura, prima ancora di sottoporla a tutte le valutazioni del caso e alla decisione formale di inserimento nella lista, per la quale, in ogni caso, si presume serviranno da uno a due anni. Affinché il bene "Dolomiti" sia dichiarato patrimonio naturale dell'umanità si è puntato su tutti i quattro criteri previsti che sono, sintetizzando: geologico-geomorfologico; estetico-paesaggistico, dinamico-ecologico e biologico-naturalistico. Tra questi, indubbiamente, quello che è stato sviluppato al meglio e sul quale si è maggiormente puntato, è quello geologico. E ciò per un semplice motivo: Tra i 22 siti o sistemi proposti, alcuni sono proprio quelli caratterizzati dalla verticalità delle pareti e dalle forme più appariscenti. La storia geologica delle Dolomiti è la base per interpretare anche l'eccezionale varietà dei paesaggi e, di qui, anche i livelli straordinari di biodiversità, a loro volta favoriti da una secolare interazione tra uomo e ambiente. Non si spiegherebbero altrimenti quei paesaggi così spettacolari, che si apprezzano osservando le prorompenti fioriture dei prati e dei pascoli alpini, o le diverse tonalità di verde che si proiettano sulle pareti che, all'alba o al tramonto, assumono quei colori rosseggianti e mitici (enrosadira) che le rendono, effettivamente, uniche. Tra le parti del dossier più complesse da sviluppare vi è l'analisi comparativa, cioè il confronto con altri siti e ambiti per dimostrare che le Dolomiti sono davvero qualcosa in più, di eccezionale e non ripetibile. Quali le maggiori difficoltà incontrate nel portare a compimento, in tempi straordinariamente brevi, un lavoro così delicato e complesso? Anzitutto va dato atto alle cinque province, e alle strutture che esse hanno coinvolto, di una collaborazione leale e preziosissima nel fornire i dati e i documenti necessari e, questo, va sottolineato, al di là delle incombenze del lavoro quotidiano. Per molti, infatti, si è trattato, di un impegno aggiuntivo. Il numero delle persone e delle strutture che sono state citate nei "ringraziamenti" lo può testimoniare. Un esempio che vale per molti altri: la cartografia, essenziale per rappresentare i diversi siti. A prescindere da proposte di revisione dei confini, che si sono protratte fin verso i giorni della scadenza, basti pensare alle differenti basi cartografiche e sistemi informatici delle singole province. Una base di partenza comune è stata fin dall'inizio identificata con le aree protette: parchi (nazionale e regionali), riserve e siti Natura 2000 (SIC e ZPS). In provincia di Belluno sono inclusi nei siti candidati il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e il parco regionale delle Dolomiti d'Ampezzo. In Friuli il parco delle Dolomiti Friulane. In Trentino parte di quelli di Paneveggio-Pale di San Martino e Adamello-Brenta. Infine, per l'Alto Adige, i parchi naturali del Monte Corno, delle Dolomiti di Sesto, di Fanes-Senes- Braies e dello Sciliar. Un vero sistema che, nel caso la proposta fosse accolta, favorirà un'interazione ancora più stretta tra le diverse amministrazioni, realizzando nei fatti quella rete che le istituzioni hanno, per ora, soltanto vagamente evocato. Le aree candidate dovevano infatti possedere requisiti di elevata naturalità ed integrità e, politicamente, la proposta poteva essere accolta dalle amministrazioni locali se non si prevedevano vincoli aggiuntivi rispetto a quelli già esistenti. La notevole eterogeneità delle aree protette (inclusi i siti della rete Natura 2000) nelle cinque province non consentiva di individuare criteri omogenei e, di fatto, ogni provincia, con qualche adeguamento per le aree di confine, ha inserito una propria lista di beni. E' stato poi compito dei tecnici cercare di trovare per ciascuno di essi le adeguate motivazioni.
Si riporta a seguire l'elenco dei 22 sistemi con le rispettive aree- cuore e le superficie.

Area del bene candidato (ha) e area tampone proposta (ha)
N. NOME DEL BENE Regione Provincia SUPERFICIE IN ETTARI
bene candidato area tampone totale
1 Civetta-Moiazza Veneto BL 2489,14 1987,3 4476,44
2 Pelmo - Nuvolau - 5 Torri Veneto BL 4460,13 4318,52 8778,65
3 Set Sass Veneto BL 267,99 146.83 414,82
4 Marmolada Veneto BL - TN 878,89 1806,52 2685,41
5 Pale di S. Martino - S. Lucano Veneto BL -TN 9028,81 6863,54 15892,35
Trentino Alto Adige
6 Dolomiti Bellunesi Vette Feltrine Veneto BL - TN 2199,31 22671,52 32365,22
Trentino Alto Adige
Cimonega - Erera Brendol Veneto BL - TN 2580,55
Trentino Alto Adige
Schiara - Talvena Veneto BL 4913,84
7 Bosconero - Val Tovanella Veneto BL 1762,97 2952,45 4715,42
8 Dolomiti d'Oltre Piave -
Dolomiti Friulane
(Dolomitis Furlanis)
Duranno - Val Montina /
il Duran - Val Montina
Veneto BL - PN 3346,29 32898,21 47076,85
Friuli Venezia Giulia
Cridola - Spalti di Toro - Montanaja - Pramaggiore/
il Cridule - Spalti di Toro - Montanaja - il Pramaiôr
Veneto BL - PN - UD 8776,92
Friuli Venezia Giulia
Cornageit - Caserine Friuli Venezia Giulia PN - UD 2055,43
9 Monte Bivera/ la Bivare Veneto PN - UD 1390,18 3461,86 4852,04
Friuli Venezia Giulia
10 Dolomiti Pesarine e di Sappada /
Dolomitis Pesarinis e di Sapade
Veneto BL - UD 1890,50 1866,46 3756,96
Friuli Venezia Giulia
11 Cresta di Confine Veneto BL 5362,61 8316 13678,61
12 Cadini, Dolomiti di Sesto e Tre Cime di Lavaredo Veneto BL - BZ 12883,63 9669,34 22552,97
Trentino Alto Adige
13 Dolomiti Cadorine Veneto BL 6311,62 11173,60 17485,22
14 Cristallo Veneto BL 1694,74 2132,29 3827,03
15 Dolomiti Ampezzane, di Fanes, Senes e Braies/Fanes, Sennes, Prags Veneto BL-BZ 27679,89 6771,96 34451,85
Trentino Alto Adige
16 Puez - Odle/Puez-Geisler/ Pöz - Odles Trentino Alto Adige BZ 7797,67 2920,18 10717,85
17 Sciliar - Catinaccio/Schlern-Rosengarten Trentino Alto Adige BZ - TN 4463,45 3213,35 7676,80
18 Latemar Trentino Alto Adige BZ - TN 1638,30 870,94 2509,24
19 Rio delle Foglie/BletterbachTrentino Alto Adige BZ 271,61 547,43 819,04
20 Monte Corno/Trudner Horn Trentino Alto Adige BZ 3620,30 3206,38 6826,68
21 Dolomiti di Brenta Trentino Alto Adige TN 9239,35 6097,70 15337,05
22 Piccole Dolomiti Trentino Alto Adige TN 306,90 514,76 821,66
TOTALE 261718,16

Una delle difficoltà maggiori, e del resto prevedibili, visto il ridottissimo tempo a disposizione, ha riguardato l'opposizione di alcuni comuni che hanno sollevato obiezioni sui confini dei siti, temendo di non poter più sviluppare progetti già in cantiere. Si tratta di una preoccupazione parzialmente comprensibile ma che, nell'insieme, ha dimostrato quanta strada si debba ancora compiere affinché si affermi una vera cultura ecologica di corretta pianificazione del territorio che non si fondi, come spesso succede, su strade, piste da sci ed altre infrastrutture. Al proposito vanno ricordati i numerosi incontri che la Provincia di Belluno, pur nella ristrettezza dei tempi, ha sostenuto per informare, ascoltare e favorire la partecipazione. Anche le altre province, ovviamente, hanno consultato, in forme diverse, la propria base, prima di sottoscrivere la proposta progettuale con i confini definitivi. L'auspicio, o meglio la certezza, è che non si tratti solo di un'operazione di marketing, di cui le Dolomiti non ne avvertono il bisogno più di tanto, ma di un passo avanti nella direzione di uno sviluppo sostenibile che sia fondato sulla tutela delle risorse naturali, della biodiversità e del paesaggio, nel rispetto di storia e tradizioni culturali (si pensi ai diversi idiomi). Si spera che anche le associazioni ambientaliste, con Cipra in testa, che giustamente hanno criticato alcuni aspetti dell'operazione, si rendano conto che questa era l'unica strada percorribile che potrà contribuire alla crescita di una maggiore attenzione e sensibilità ambientale. Un primo risultato tangibile e imprevisto, direi storico, è la volontà delle cinque province di istituire una sorta di "cabina di regia" per indirizzare tutti gli interventi che si renderanno necessari e attivare le operazioni di monitoraggio espressamente previste dal protocollo d'intesa.

di Cesare Lasen