PARCHI | |
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 45 - GIUGNO 2005 |
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I PARCHI NELLE ALPI: UN RITORNO AL FUTURO |
Le ricorrenze (nel nostro caso il decennale) contengono i rischi di ritualità formali ed autoreferenziali ma anche le potenzialità di momenti significativi per utili bilanci temporali, occasioni concrete per affrontare le complessità del presente e trasformarle, con l'aiuto e il contributo di amici ritrovati, in verifica critica di un lavoro evolutivo che tutti auspichiamo sia coerente ed incisivo. Intendo dunque cogliere questa importante occasione del 10° anniversario della rete alpina per:
Il contestoLa dimensione geopolitica delle Alpi italiane riguarda 49860 kmq, 6 Regioni, 1817 Comuni e 127 Comunità Montane. Qui vivono oltre 3,5 milioni di abitanti, residenti in circa il 22% del territorio utile per gli insediamenti. Queste montagne abbracciano integralmente l'Italia , dal Colle di Cadibona all'Istria, e ne rappresentano una vera "infrastruttura" ambientale, un ponte biotico che collega la regione balcanica con l'ovest europeo, le catene montuose della regione mediterranea con i Carpazi e le pianure dell'Europa atlantica e danubiana. Queste montagne, come ben sappiamo, custodiscono il più vasto campionario di biodiversità, paesaggi, culture, condizioni fitoclimatiche del continente tanto da rappresentarne una vera e propria memoria bioculturale, ricchissima, fragile, complessa. Non è un caso che a fronte della unitarietà geografica e dell'unicità ecologica delle Alpi, proprio dal mondo degli uomini dei parchi sia stata anticipata l'esigenza non solo di tutela ma anche di gestione coerente ed unitaria di questi territori a fronte di incongruenze e separatezze tra gli strumenti istituzionali di governo e di pianificazione centrali e locali. Se oggi le politiche più innovative in questo contesto si fondano sulle reti ambientali, le progettualità più attuali sui sistemi territoriali omogenei e gli scenari dell'Europa che verrà sulle dimensioni bioregionali lo dobbiamo anche ai pionieri dei parchi e delle aree protette alpine italiane; cito un nome tra i molti: Renzo Videsott. "Le libertà democratiche ed economiche possono sussistere soltanto se è diffusa un'adeguata coscienza del limite delle libertà stesse (1951)", "il più importante compito della CIPRA deve essere quello di elaborare una Convenzione Internazionale per le Alpi e impegnarsi per la sua approvazione da parte dei Paesi coinvolti (1952)".Siamo agli inizi degli anni cinquanta e a distanza di mezzo secolo queste visioni profetiche non sono ancora compiutamente realizzate. Negli anni 60 Piero Rossi, ben tent'anni prima dell'istituzione del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e della legge quadro sulle arre protette affermava che il parco era necessario per "salvare l'anima della nostra terra e della nostra gente". Queste datate ma attualissime citazioni per testimoniare come all'origine dei parchi alpini italiani vi siano stati spesso l'azione e il pensiero coraggioso di figure credibili di montanari, ecologisti ante litteram, studiosi, "accademici anti accademici", militanti che seppero evidenziare i valori da tutelare ed interpretare in modo non agiografico ma innovativo una cultura materiale e popolare per lo più intenta all'autoriproducibilità e fondata su principi antichi e post moderni quali il senso del limite,la mutualità,la sobrietà. Queste avanguardie e questa base comunitaria di consenso hanno favorito, in un contesto politico e istituzionale generale poco attento alle tematiche ambientali, la nascita di quattro Parchi nazionali,trentatre Parchi regionali, più di cento tra biotopi e riserve naturali, oltre cinquecento tra SIC e ZPS della Rete Natura 2000,per una copertura territoriale pari a quasi il 20% delle Alpi nel nostro Paese. In questi decenni i parchi alpini italiani sono stati sempre più condivisi dalle popolazioni locali, alcuni di essi rappresentano oggi dei modelli gestionali innovativi di riferimento in Europa;hanno saputo attivare importanti alleanze territoriali e raggiungere significativi obiettivi di conservazione delle biodiversità e di promozione dei valori culturali e delle produzioni di qualità agricole e artigianali. Mi pare giusto sottolineare che queste virtuose alleanze (Enti Locali, Parchi, Comunità Scientifica, Associazioni e Produttori) sono riuscite a ridisegnare un nuovo protagonismo alpino visto che, per dirla con Zanzi,"le Alpi erano scomparse dai libri di storia,luoghi considerati marginali,di frontiera, tristi rancorosi e perdenti"mentre sono proprio le dimensioni culturali,di ricerca scientifica, di buone pratiche sostenibili e di governance,in sintesi la storia sociale ed ambientale di queste montagne,che ne stanno ridefinendo dignità, legittimità di interlocuzione,evidenziando aspetti valoriali e modelli di federalismo bioregionale fondanti,per l'Europa che verrà. I problemi aperti e le emergenze irrisolteSono trascorsi più di 10 anni dall'istituzione dell'ultimo parco alpino italiano, molti di più per la maggior parte di essi; è possibile oggi fare dei bilanci consolidati, evidenziare alcuni limiti operativi ed individuare realistici e concreti obiettivi di miglioramento:
Le Alpi non sono solo ambienti assai sensibili e vulnerabili ma rappresentano anche un complesso snodo di importanti settori e distretti produttivi (manifatturiero oggi a rischio di delocalizzazione,turistico ed energetico) che stanno determinando forti pressioni insediative ed infrastrutturali, con inversi ma conseguenti fenomeni di inurbazione a fondo valle,spopolamento,dissesti ed abbandono delle aree più marginali e in quota:
In questo contraddittorio contesto i parchi non sono ne possono essere considerati delle isole felici ne tanto meno dei fortini assediati; utilizzando lo straordinario patrimonio di conoscenze ed esperienze acquisite essi debbono uscire con creatività dai propri ambiti strettamente istituzionali per elaborare e favorire alleanze e risposte politiche e programmatiche di sistema, nuove e complesse che tento di sintetizzare in due assi strategiche:
La proposta operativaIl contenitore di riferimento per queste politiche strategiche c'è: la Convenzione delle Alpi, accordo multilaterale di sostenibilità spesso evocato ma raramente praticato. Dico ciò con particolare riferimento alle responsabilità del mio Paese, unico tra gli appartenenti all'U.E a non aver ancora ratificato alcuno dei nove protocolli attuativi ad oggi definiti, sui dodici previsti. Di fronte alle incertezze, all'incapacità di futuro, alle ambiguità della politica centrale, con una responsabile e determinata rivendicazione di specificità territoriali e di sussidiarietà decisionale, dobbiamo riprendere in mano le visioni e i destini della Convenzione, praticandola dal basso in una dimensione di sistema territoriale che può trovare il proprio raccordo operativo in norme (DL 426/98) e strumenti(progetti locali, accordi di programma, concertazioni interistituzionali ed associative) pur previsti ma poco attuati. Ripensare allora le Alpi come spazio di cooperazione a partire dalle municipalità,dai parchi,dalle regioni,in cui sviluppare azioni di innovazione tecnologica ma anche di democrazia partecipativa,di prestazioni di alta qualità ambientale in diversi settori chiave:dalla mobilità all'energia,dalle politiche forestali alle produzioni agroalimentari,dall'ecoturismo alla pianificazione territoriale partecipata. Oltre agli obiettivi specifici delle aree protette già citati in precedenza intendo qui segnalare, solo come possibili tematismi, alcuni obiettivi concreti e praticabili attraverso accordi strategici tra tutti i soggetti territoriali alpini:
Il che vuol dire anche più stringenti e continuativi rapporti tra i parchi, forum di cittadinanza e alleanze interistituzionali, incontri mirati e assemblee di comunità, critica costruttiva e capacità di mediazione, flessibilità di processo e intransigenza negli obiettivi . Come ho avuto modo di dire al varo dell'importante osservatorio europeo dei parchi e delle aree protette (OPE): parafrasando l'ecclesiasta oggi e non domani è il tempo della politica e delle alleanze, dell'assunzione di responsabilità andando oltre gli angusti confini e i rassicuranti tecnicismi di settore: le interdipendenze economiche-sociali-ambientali sono le nostre fatiche di Sisifo e come ci ha insegnato Camus anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo, per questo possiamo immaginare Sisifo felice. di Valter Bonan |