PARCHI | |||||||||||||||||||||||||
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 46 - OTTOBRE 2005 |
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LA PRESERVAZIONE DEI TERRITORI COSTIERI |
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Un confronto tra Italia e Francia: il caso del Conservatoire du littoral |
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«Nella storia le zone costiere hanno rappresentato un importante polo di sviluppo della civiltà [...]. Numerose città e cittadine costiere dEuropa hanno una cultura e uno stile di vita che affondano le proprie radici nei secoli passati. Tali zone racchiudono ancora oggi un grande potenziale per la società moderna. Le lagune costiere le insenature a marea, le saline e gli estuari svolgono un ruolo importante nella produzione alimentare [...], nonché nella tutela dellambiente e della biodiversità. Il ventaglio di funzioni svolte dalle zone costiere è comunque molto più ampio e articolato e va ad investire la creazione di posti di lavoro, la crescita economica e la qualità della vita». Come è noto, è in atto nel nostro paese un dibattito tutto sommato abbastanza circoscritto quando largomento meriterebbe un ben più vasto coinvolgimento di tutta la comunità scientifica nazionale relativo, oltre che alla privatizzazione del patrimonio museale (Settis 2002), alla vendita di parte del patrimonio demaniale (che riguarda in buona misura ambiti costieri e isole) e, perfino, alla alienazione dei beni che vanno tradizionalmente sotto il nome di usi civici o comunaglie(1). Dalla riflessione su questo processo di alienazione di tre settori patrimonio artistico- architettonico, patrimonio demaniale, beni ad uso collettivo che riassumono in sé i valori fondanti della nostra identità mediterranea e dei nostri paesaggi, è nata lesigenza di fare un confronto con quanto avviene altrove. In particolare, dati appunto gli interessi di ricerca nel campo del paesaggio e della protezione ambientale di chi scrive, essenzialmente incentrati sul caso ligure (un modello per lo studio del più generale caso italiano), è stato immediato lanciare uno sguardo oltre il confine. Il caso ligure Quattro dei sette parchi liguri comprendono tratti costieri(6). Si tratta di un sistema di promontori che affacciano sul mare tutti localizzati nella Riviera di Levante: il parco naturale regionale di Portofino (1.056 ha) a confine dellarea metropolitana genovese, il parco nazionale delle Cinque Terre (3.860 ha), il parco naturale regionale di Porto Venere (279 ha, a gestione comunale) e quello, ancora, regionale di Montemarcello- Magra (4.320 ha), questi ultimi rispettivamente a occidente e ad oriente della città della Spezia. La dimensione lineare è di 15 km di costa nel parco di Portofino, 28 km in quello delle Cinque Terre, 15,4 e 13,8 km in quelli di Porto Venere e Montemarcello, per un totale di 72 chilometri di costa protetta. A questi territori vanno aggiunti tre siti di minore dimensione classificati ai sensi della normativa ligure sulle aree protette(7) come riserve naturali regionali: lisolotto di Bergeggi (8 ha) e lisola Gallinara (11 ha) entrambi in provincia di Savona, e i Giardini Botanici Hambury (18 ha), ai confini con la Francia. La superficie totale delle aree protette costiere liguri è dunque di 9.552 ha, cui potrebbero essere aggiunti i SIC - siti di importanza comunitaria compresi nella Rete europea Natura 2000, in buona parte distribuiti lungo i litorali - e le due riserve marine già istituite in corrispondenza dei parchi di Portofino e delle Cinque Terre(8). Per offrire qualche dato di confronto con la situazione complessiva italiana, si può evidenziare come rispetto ai 25 parchi costieri del nostro Paese la Liguria ne comprenda ben quattro mentre in termini di superficie i parchi liguri coprono soltanto l1,8 % del totale delle aree protette nazionali. La lunghezza dellintero litorale ligure è pari a 371 km (il 4,6% degli 8.200 km delle coste italiane). La costa ligure, come la corrispondente riviera francese, presenta paesaggi fortemente antropizzati, allinterno dei quali i parchi, ed in particolare le quattro aree protette principali, costituiscono una sorta di isola verde dove lambiente agro-silvo-pastorale e quello naturale hanno in gran parte conservato, almeno come immagine, lantica conformazione. Unulteriore caratteristica delle aree protette costiere della Liguria è lelevato grado di antropizzazione, connesso alla presenza allinterno dei confini di borghi di matrice agricola o legati alla pesca, di manufatti di grande interesse storico- artistico (complessi religiosi, torri, palazzi nobiliari...), di antichi luoghi di lavoro (mulini, frantoi, fornaci ). Linsieme di tali peculiarità determina la straordinaria valenza paesaggistica e ambientale di questi, come in realtà di altri non protetti, territori costieri. Ed è proprio il forte interesse turistico ed insediativo connesso alla qualità dei contesti, insieme al timore delle popolazioni locali che i parchi possano limitare la piena disponibilità del proprio ambiente di vita ed impedire lo sviluppo delle attività economiche (anche quelle di tipo rurale) che ha impedito di estendere la politica di protezione; anzi, di concretizzare in modo compiuto le previsioni inserite nel quadro normativo vigente. Infatti, del sistema di parchi previsto dalla legge regionale 12 del 1995, due non sono ancora stati istituiti e gli altri, in sede di formazione degli strumenti di piano, o nel caso di Portofino con un provvedimento normativo apposito, sono stati oggetto di una consistente riduzione in termini di superficie. Va comunque sottolineato come nel caso ligure siano in vigore altri strumenti di pianificazione di livello regionale che interessano lintera fascia costiera: il Piano territoriale di coordinamento paesistico, approvato nel 1990, che definisce regole diffuse di tutela in relazione allassetto insediativo, vegetazionale e geomorfologico, precisate ed approfondite a livello puntuale nel momento della formazione dei piani urbanistici comunali, e il Piano territoriale di coordinamento della costa, approvato dalla Regione nel 2000, che sperimenta un approccio integrato nella definizione di linee progettuali nei settori della portualità turistica, della difesa costiera e della gestione delle aree demaniali. Ciò nonostante, il ruolo dei parchi può essere ancora strategico nellimpostazione e nella sperimentazione di politiche attive di valorizzazione delle potenzialità del territorio, in termini ecologici, di fruizione turistica, di sviluppo economico, di residenzialità compatibile con la conservazione dei paesaggi locali, se viene superata la tradizionale cesura tra aree protette e territori esterni che listituzione di aree contigue (ai sensi della legge 394/1991) non è riuscita in alcun modo ad evitare. In genere, infatti, nei casi migliori, le aree contigue hanno assunto la funzione di filtro utile a mitigare le pressioni esterne sulle aree protette, mentre avrebbero potuto più utilmente configurarsi come luogo per una progettualità consensuale tra ente parco e Comuni, indirizzata ad estendere le politiche di protezione, ma anche quelle di sviluppo, in particolare per attività connesse alla presenza dellarea protetta. Sono proprio i rapporti che si possono stabilire tra i parchi ed i rispettivi contesti, tra la conservazione attiva delle loro risorse e lo sviluppo economico e sociale delle comunità comprese nei sistemi locali interessati dai parchi, a costituire fattore di successo delle politiche delle aree protette e, nello stesso tempo, a dimostrarne la necessità dellesistenza e la validità dei modelli di gestione. Queste considerazioni mettono in gioco anche il tema della cogenza degli strumenti di pianificazione dei parchi che, secondo la legge 394/1991, assumono una funzione sostitutiva rispetto a ogni altra forma di pianificazione, con esclusione delle aree contigue per le quali è prevista la stipula, volontaria, di protocolli di intesa con le amministrazioni locali. Se questa norma ha come aspetto positivo laver attribuito ai parchi un potere di contrattazione nei confronti degli altri enti territoriali in precedenza impensabile, lesperienza della formazione dei piani ha posto in luce limprescindibilità della cooperazione tra gli enti che hanno responsabilità nella gestione del territorio, ed in primo luogo con i Comuni. Tra le ragioni di conflitto spicca la definizione del quadro normativo per i nuclei insediati compresi nel perimetro dei parchi: in Liguria attraverso i piani sono state adottate politiche diverse, ma in genere tese ad attribuire ai Comuni un ruolo più forte di quanto la stretta applicazione della legge avrebbe comportato. Le soluzioni individuate vanno dal sostanziale recepimento delle previsioni dei piani regolatori, allesclusione della necessità di nulla- osta per le opere edilizie, ciò nonostante si manifesta ancora la richiesta di uscire dal parco per le zone urbane (questa sembra essere, ad esempio, la volontà del Comune di Portofino). In relazione alle aree protette di costa, occorre sottolineare tra i temi-chiave della loro gestione lesigenza di impostare un rapporto sinergico tra fasce costiere e territori interni, con lobiettivo di riequilibrare le forti pressioni turistico-insediative che da tempo si concentrano sui litorali, riscoprendo le valenze delle aree collinari e di montagna. Nel caso ligure si tratta di far emergere e valorizzare linsieme delle relazioni che tradizionalmente connettevano costa ed entroterra, tanto da giustificare lesistenza stessa di molti degli insediamenti localizzati sul mare, come sbocco di profondi sistemi vallivi. Lefficacia di tale politica è misurata sia in termini di decongestionamento e qualificazione delle aree di interfaccia costa-mare, sia di rigenerazione delle aree interne, depauperate sotto il profilo economico e sociale dall epoca della modernità. Un ulteriore tema di interesse è dato dal rapporto tra aree protette terrestri e marine. In Liguria si riscontrano modelli istituzionali di gestione diversificati, difficili da comprendere nel caso in cui le due forme di protezione insistano su territori contigui. Il riferimento è al parco di Portofino e alla gestione della riserva marina che circonda il promontorio, affidata dal ministero dellambiente ad un consorzio di enti invece che allente parco il cui organismo di gestione comprende le stesse figure istituzionali. Anche in questo caso lintreccio tra funzioni, usi, risorse, paesaggi è talmente forte da richiedere il ricorso a forme di pianificazione e di gestione integrate, capaci di affrontare congiuntamente sia le interazioni che si manifestano trasversalmente alla linea di costa che longitudinalmente, in termini di continuità e connessioni, discontinuità o fratture ecologiche, paesistiche ed ambientali (Gambino 2005), che solo lattribuzione di competenze ad un unico organismo può rendere efficaci, impedendo linsorgere di situazioni di conflitto. La stessa Unione Europea, nei documenti che trattano della gestione sostenibile delle coste, introduce una definizione di zona costiera - come «striscia di terra e mare di larghezza variabile in funzione della configurazione dellambiente e delle necessità di assetto, che raramente corrisponde ad entità amministrative o di pianificazione esistenti » - che sottolinea la trans-scalarità e lassenza di confini tra terra-mare nella definizione di strategie di governance dei territori di costa. Contestualmente lUE evidenzia la necessità di integrazione tra le politiche, come «attenzione simultanea nei confronti di tutti i numerosi sistemi che agiscono in modo significativo sulle dinamiche costiere », e di coinvolgimento di «tutti i livelli e settori dellamministrazione interessati alla zona obiettivo di intervento» per ottenere un corretto assetto di questi territori (9). Unultima notazione riguarda i luoghi critici nei territori-parco liguri, ma non solo, tra i quali assumono un rilievo dominante le aree rurali, portatrici di valori forti, in termini storico-culturali e di diversità paesistica e biologica, ma, daltra parte, in profonda crisi, per labbandono correlato alle trasformazioni socio-economiche della modernità e per le modificazioni diffuse che le nuove funzioni (residenziali, turistiche eccetera) impongono alle forme e al significato di ambiti molto fragili, spesso in equilibrio instabile. Nei territori rurali terrazzati, ad esempio, anche le micro-trasformazioni o le trasformazioni invisibili hanno conseguenze disastrose, in termini di perdita di identità del paesaggio e delle comunità insediate; i parchi liguri, anche attraverso ladozione di regolamenti specifici, stanno sperimentando forme innovative di controllo, di guida e di incentivazione al recupero di questo patrimonio, ma evidentemente è quasi impossibile impedire il cambiamento degli usi del patrimonio edilizio e governare compiutamente il processo di modernizzazione dello spazio aperto che ne consegue, almeno se non si assiste ad una crescita culturale diffusa delle comunità nel prendersi cura del proprio territorio. |
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Superficie del patrimonio del Conservatoire dal 1977 al 2004 Superficie del patrimonio del Conservatoire per area geografica |
Come è stata declinata la protezione degli spazi costieri nella vicina Francia? A parte lesistenza dei parchi nazionali, dei parchi naturali regionali, delle riserve naturali e delle altre forme di protezione classica cui si è accennato (nota 4) il risultato più eclatante dello sguardo lanciato oltre confine è stato la scoperta dellistituzione, assolutamente in controtendenza rispetto alle privatizzazioni in atto da noi, del Conservatoire du littoral sul quale intendiamo porre lattenzione in quanto istituzione decisamente straordinaria da ascrivere al merito di tutti i governi dOltralpe in fatto di protezione delle coste (10). Le premesse della creazione del Conservatoire de lespace littoral et des rivages lacustres, ricostruite da Dominique Legrain (2000), vanno ricercate nella reazione al degrado subito dallambiente costiero di alcune aree del territorio francese nei primi decenni della seconda metà del Novecento: un degrado che rappresenta laltra faccia dellimponente processo di modernizzazione e di sviluppo delle infrastrutture (ferroviarie, stradali, turistiche eccetera) che coinvolge il paese con la fine della guerra dAlgeria, lascesa al potere del generale de Gaulle (1958) e la nascita della V Repubblica. La legge risalente al 1930, che recava disposizioni sulla tutela dei siti di «rilevante bellezza paesistica» che presentavano particolari caratteristiche «estetiche», «scientifiche» e «storiche» era largamente insufficiente a proteggere le coste. Già allinizio degli anni Sessanta lamministrazione francese dimostra di assumere piena consapevolezza della portata delle trasformazioni in atto e della necessità di governare lo sviluppo; nel 1962, con la nomina di Georges Pompidou a primo ministro, viene infatti creato un organismo interministeriale con poteri eccezionali posto direttamente sotto lautorità del primo ministro. Si tratta della Délégation à laménagement du territoire et à laction régionale (DATAR) la cui direzione è affidata al fedele collaboratore di de Gaulle, Olivier Guichard. Nellevidenza degli effetti perversi dellurbanizzazione incontrollata delle coste e nella volontà di conciliare crescita economica, sviluppo turistico e corretta gestione dello spazio, la DATAR istituisce le Missions damenagement du littoral di Languedoc-Roussillon e dAquitaine. Nel 1970 la DATAR elabora un protocollo di cento misure riguardanti la protezione dellambiente. Lanno dopo viene creato il Ministère de la Protection de la nature et de lenvironnement. Lo scenario che le coste francesi presentano in quegli anni è lo stesso di tanti tratti di costa italiana. Mentre da noi viene coniato il termine di rapallizzazione e Antonio Cederna denuncia «i vandali in casa»(11), la stampa francese si scatena per stigmatizzare il mur de la honte - il muro della vergogna - cioè la colata di cemento che continua a crescere specialmente lungo la Costa Azzurra. Nel Dipartimento delle Alpi Marittime, «Marina Baie des Anges, piramide balneare orgogliosamente piazzata di fronte al mare, diviene il simbolo della privatizzazione della costa in nome del profitto di qualche privilegiato». Si parla di Costa Azzurra assassinata. I sindaci sono accusati di collusione con gli imprenditori. Il 13 maggio 1971 il Comité interministeriel daménagement du territoire riunito dalla DATAR affida a un gruppo di studio guidato da Michel Piquard lo specifico compito di occuparsi della questione e di redigere nel giro di due anni un rapporto «sulle prospettive a lungo termine dellorganizzazione del litorale francese». In effetti il 5 novembre 1973 il gruppo di lavoro presenta il rapporto definitivo, fondato su alcuni punti forti: gli spazi costieri, in quanto fragili, non estensibili e, se modificati, non riconducibili allo stato precedente, devono essere sottratti allo sviluppo incontrollato, pianificati e resi accessibili; va conservata la qualità dei quadri ambientali e la diversità dei paesaggi che li compongono. Le analisi del rapporto Piquard influenzeranno, almeno nello spirito, la loi littoral del 1986(12), ma la misura più argomentata e originale proposta dal rapporto Piquard è, subito, listituzione del Conservatoire du littoral, un provvedimento che «rompe radicalmente con i principi, allepoca unanimemente accettati, in materia urbanistica e di pianificazione territoriale». Facendo riferimento al National Trust inglese, si introduce il principio che, quando linteresse pubblico lo esiga, lo stato si deve sostituire ai privati creando una categoria di beni pubblici che entrino a far parte del patrimonio nazionale alla stregua delle opere darte e dei monumenti storici. Un precedente prefigurava questo orientamento: nel 1971 Georges Pompidou, per assicurarne la protezione definitiva, aveva fatto acquistare 950 ettari sullisola di Porquerolles affidati in gestione al Parco nazionale di Port-Cros. Non stiamo qui a dilungarci sul dibattito politico che ha accompagnato la messa a punto di un progetto di legge straordinario e impegnativo sul piano finanziario: se inizialmente esso ha in effetti sollevato qualche reticenza da parte del ministro delle Finanze, già nel maggio 1974 riceve lapprovazione del Consiglio dei ministri e nel giugno 1975 quella unanime dellAssemblea Nazionale; il 10 luglio 1975 il provvedimento, divenuto legge, viene firmato dal presidente della Repubblica. Larticolo 1 recita: Il Conservatoire de lespace littoral et des rivages lacustres è un ente pubblico |
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Siti del Conservatoire al 2001 nella regione Provence, Alpes, Côte-dAzur |
Organizzazione e missione La formula vincente del Conservatoire risiede nella felice combinazione fra intervento statale, che garantisce linalienabilità dei beni e la perennità della protezione, e la gestione decentrata, garante della condivisione da parte delle collettività locali (Garreta 2005). Ente pubblico posto sotto la sorveglianza del Ministero dellAmbiente, esso è stato concepito come una struttura leggera, centrata sul suo ruolo di operatore fondiario ma profondamente ancorata nella realtà territoriale. Il Conseil dadministration è composto da eletti nazionali e da eletti periferici (13). Il coinvolgimento delle realtà locali nei processi di decisione non riguarda solo la presenza dei loro rappresentanti nel Consiglio: le acquisizioni dei terreni sono decise con il parere dei Consigli municipali interessati e dei nove Conseil de rivages (Manica-Mare del Nord, Normandia, Bretagna- Loira, Centro-Atlantico, Mediterraneo, Corsica, Laghi, Coste francesi dAmerica, Coste francesi dellOceano Indiano) composti esclusivamente da eletti dei Dipartimenti e delle Regioni. Come vedremo, agli enti locali è inoltre affidata la gran parte della gestione dei siti (90% circa). Un ruolo indubbiamente importante è quello del presidente, scelto dal Consiglio sulla base di due criteri preferenziali: un parlamentare con esperienza ministeriale e facente parte della maggioranza di governo in carica per facilitare il dialogo con esso. La continuità, invece, nella direzione del Conservatoire (quattro direttori avvicendatisi nel trentennio) è lo specchio della larga fiducia accordata a un organismo la cui «missione» consiste, come si è visto, nellapplicare ai territori costieri marittimi, fluviali e lacustri di tutto il territorio francese «una politica fondiaria di salvaguardia dello spazio litoraneo e di rispetto dei siti naturali e dellequilibrio ecologico». Con questo articolo, la nozione di «equilibro ecologico» compare per la prima volta nel diritto francese. Quanto alla preservazione delle coste fondata sulla «politica fondiaria» lo spirito della legge è evidente: per realizzare la missione di una protezione duratura non esiste miglior modo dellacquisizione definitiva dei terreni, il cosiddetto «demanio proprio»(14). Sulle possibilità di alienazione di tale «demanio proprio» la legge indica modalità di assai difficile realizzazione. La proposta di una eventuale rivendita deve essere approvata dal Consiglio di amministrazione del Conservatoire a maggioranza qualificata (tre quarti dei membri) e deve ricevere lautorizzazione del Consiglio di Stato che emette un decreto in proposito. In effetti, le ipotesi di vendita non hanno davvero rappresentato un problema nei trentanni di vita del Conservatoire la cui crescita in termini di patrimonio acquisito è stata, invece, costante. E interessante osservare come «in unepoca in cui lintervento dello stato è ovunque messo profondamente in crisi, il Conservatoire du littoral benefici di una legittimità intatta e sia oggetto di un solido e largo consenso» (Garreta 2005). In effetti, il Conservatoire non è percepito dai francesi come uno degli organismi dellapparato statale ma come ente che esercita una missione al servizio della nazione al di sopra degli schieramenti politici. Il Conservatoire deriva le proprie risorse essenzialmente da una dotazione annuale dello stato, da sovvenzioni di altri soggetti pubblici (Regioni, Dipartimenti, UE) e da mecenati dimpresa, cioè da grandi Società attraverso le loro fondazioni: Electricité, Banque Populaire, Total, Gaz de France, Procter & Gamble eccetera(15). I progetti da loro sovvenzionati riguardano ogni settore: dalle ricerche scientifiche al restauro di edifici storci e alla protezione delle specie, dalla difesa dellecosistema alla realizzazione di programmi editoriali, campagne fotografiche, percorsi didattici eccetera. Il quadro di intervento Lindividuazione degli spazi su cui intervenire è, evidentemente, questione complessa che ha subito nel tempo delle variazioni; ad esempio, al momento della sua istituzione il Conservatoire esercitava la sua azione di acquisto dei terreni negli «spazi naturali sensibili» (ENS, mappati dai Dipartimenti, e nelle «zone di pianificazione differenziata »). Con la riforma del 2002 la prelazione è estesa anche allesterno di questi perimetri (comunque sempre al di fuori delle zone urbane ed edificabili). La priorità di intervento incrocia due criteri fondamentali: il valore ecologico e paesaggistico dei siti e la loro vulnerabilità. Si tiene conto delle diverse tipologie dei suoli (coste rocciose, sabbiose, zone umide, praterie e landes) onde assicurare la trasmissione alle generazioni future di un patrimonio che testimoni la diversità dei paesaggi. Si interviene per salvaguardare aree minacciate da urbanizzazione illegale (abusi edilizi, istallazioni di baracche e abitazioni su ruote) o da programmi di artificializzazione irreversibile (prosciugamento di zone umide, escavazione di materiali). Per i suoli che, a causa degli usi in atto, sono soggetti a un processo di degradazione, si prevede il restauro. Ancora, il Conservatoire interviene nei terreni la cui proprietà non consente la perpetuazione delle attività tradizionali che garantiscono la permanenza di un paesaggio tipico o di equilibri ecologici importanti. Una delle «missioni» fondative del Conservatoire è stata, infine, lacquisizione di terreni non accessibili per i quali si imponeva lapertura al pubblico, da realizzarsi «nei limiti della loro vocazione ed equilibrio ecologico»: di fatto i dati sullafflusso sono molto elevati (15-20 milioni di visitatori allanno). La tendenza è ad acquistare insiemi abbastanza vasti o contigui per consentirne una gestione coerente. Lentrata in possesso dellinsieme può richiedere trattative che durano anche alcuni anni fra convincere i proprietari (che, in caso di parcellizzazione del territorio sono diversi), negoziare i prezzi eccetera. Modalità di acquisizione dei terreni La legge istitutiva del Conservatoire indica come modo decisamente privilegiato per lacquisto dei terreni la transazione amichevole con diritto di prelazione e, più eccezionalmente, lacquisizione per esproprio. Lesercizio della prelazione incoraggia i proprietari a vendere i loro beni seguendo la trattativa amichevole piuttosto che opporsi allacquisto. Oltre ai beni direttamente acquistati, al patrimonio del Conservatoire concorrono assegnazioni gratuite di immobili da parte dello stato e, talvolta, cessioni a prezzi quasi simbolici: nel 1994, ad esempio, il Ministero della Difesa ha venduto al Conservatoire alcune aree fortificate a 2 e 5 franchi il metro quadrato. Anche gli enti locali partecipano con donazioni: i Comuni cedono spazi al Conservatoire per difenderli dalla speculazione o per alleggerire i propri bilanci quando il bene necessita di onerosi interventi di difesa di cui si farà carico il Conservatoire. Altre donazioni provengono da associazioni, da aziende o da singoli privati per varie ragioni, compresa limpossibilità di fronteggiare autonomamente le minacce di degrado ambientale delle loro proprietà. Qualora il Conservatoire non ritenga necessaria lacquisizione di qualche sito, può stipulare una convenzione, come è accaduto con i proprietari di piccole isole (riunitisi nellassociazione «Petites Îles de France») che nel 1988 hanno acceso unipoteca a vantaggio del Conservatoire e garantito lapertura al pubblico delle loro isolette in cambio dellimpegno da parte dellistituto di provvedere alla loro manutenzione (Yoni, Bourdier, Bru, Vergos, Hallégouët 2002). Dimensione e gestione del patrimonio Al primo gennaio 2006 il Conservatoire risulta proprietario di 75.140 ettari (6.5361 acquistati e 9.609 assegnati). Nel complesso del litorale francese (metropoli e territori dOltremare) essi sono così ripartiti (in ettari):
Si tratta, nellinsieme, di circa 860 chilometri di costa configurata in 300 insiemi naturali. Il Conservatoire non si occupa direttamente della gestione dei siti che viene assegnata a tre categorie di organismi: enti locali, associazioni o fondazioni specializzate (ad esempio ambientaliste) ed enti pubblici (come lOffice national des fôrets cui è affidata la gestione dei siti che comprendono grandi estensioni boschive). La recente normativa sulla démocratie de proximité regola i rapporti fra ente proprietario ed enti gestori di cui è stato steso un elenco che vede gli enti locali, come si è detto, decisamente privilegiati. Le associazioni intervengono o per diretto incarico del Conservatoire o per delega dellente locale, quando esso non possa assicurare la conduzione di un sito posto nel proprio territorio. Le convenzioni con gli organismi gestori sono accompagnate dai piani di gestione «coerenti per ciascun sito sulla base di un bilancio ecologico e patrimoniale» elaborati dal Conservatoire in collaborazione con lente gestore e i Comuni interessati (nel caso che non ne siano essi stessi gestori), in base agli obiettivi generali di tutela del Conservatoire, a criteri tecnico-scientifici ed economici e ad esigenze locali. Il Conservatoire conserva il potere di controllo, spesso difficile da esercitare dato che la sua caratteristica è di essere comunque un organismo agile, con un personale limitato: 103 persone nel 2004, di cui 74 a carico del proprio bilancio (Rapport annuel 2004). Gli agricoltori, inseriti a un certo punto nellelenco dei possibili gestori, sono stati successivamente tolti. Lattuale normativa non li contempla più nelle convenzioni di gestione ma autorizza con loro la stipula di convenzioni duso, cioè la concessione temporanea dei beni dietro pagamento di un canone e a condizione che non ne sia cambiata la destinazione. Nellinsieme, nel 2005 si contavano 321 convenzioni di gestione e 560 convenzioni duso, queste per la maggior parte appunto con agricoltori. Uno degli aspetti più interessanti da analizzare è relativo alla filosofia che ispira lazione del Conservatoire. A proposito dellerosione marina, ad esempio, esso segue la linea di lasciar fare alla natura il suo corso finché un bene non sia minacciato. Viene considerata come normale levoluzione del tratto di costa di cui ci si occupa e non si interviene per contrastare lerosione con opere come scogliere artificiali che altro non farebbero se non spostare altrove il problema. Si interviene piuttosto favorendo la riformazione delle dune. Per quanto riguarda le attività antropiche, lingresso di un bene nel Conservatoire non significa la loro interruzione. Il Conservatoire vuole i suoi terreni vivi a garanzia di una accettazione duratura e condivisa della propria azione. Le attività economiche praticate contribuiscono esse stesse alla preservazione dei paesaggi, come nel caso della viticoltura a Saint-Cyr-sur-Mer (Var) dove circa 600 agricoltori sono attivi sui terreni del Conservatoire. In sintesi, oltre allattività agricola, sono generalmente ammessi lallevamento estensivo degli animali (garanzia del mantenimento della varietà floristica dei prati), le saline, la caccia (con limitazioni). Il commercio è consentito soltanto relativamente a prodotti speciali e allinterno degli edifici per una percentuale limitata della loro superficie utile. Sono invece vietati il campeggio, le attività sportive, la circolazione dei veicoli, ledificazione di nuove costruzioni. Il piano di gestione stabilisce la destinazione degli edifici presenti nel sito (in primo luogo gli spazi per laccoglienza del pubblico e per le attività culturali ed educative), individua gli edifici di valore storico da restaurare e quelli recenti da demolire. Prospettive: un terzo di costa selvaggia Il 18 luglio 2005, nella magnifica Corderie Royale di Rochefort (un edificio dalla facciata di 400 metri costruito nel 1666 per volere di Luigi XIV e concepito da Colbert come elemento centrale «del più grande arsenale del mondo»), restaurata per fare da sede ufficiale al Conservatoire, il presidente Chirac celebra il trentesimo anniversario della sua fondazione. In un ampio discorso il presidente parla del ruolo strategico delle coste a scala globale, sottolinea limportanza della loro protezione e ricorda i risultati fino al momento ottenuti dallistituzione: acquisizione al patrimonio dello stato di 660 chilometri di costa (sui complessivi 5500) pari al 12% delle coste francesi (corrispondenti a 75.000 ettari di territorio costiero distribuiti in 740 siti. Ad essi vanno aggiunti 120 chilometri nei Dipartimenti doltremare. Al centro del discorso Chirac pone lobiettivo «ambizioso» che il Conservatoire si è dato: il tiers sauvage, sarebbe a dire il raggiungimento nellarco dei prossimi cinquantanni di un terzo delle coste nazionali, acquisite sulla base di un meticoloso lavoro di «cartografazione degli spazi litorali protetti e di quelli che meritano di esserlo» (16). Le aree protette costiere nella regione Provence-Alpes-Côte dAzur Lintreccio tra paesaggio naturale e paesaggio culturale connota profondamente anche la parte costiera della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra che si sviluppa per 700 km e interessa tre dipartimenti (Bouche du Rhône, Alpes Maritimes e Var). Ma se fino alla metà dello scorso secolo i segni di un processo di urbanizzazione, che ha origini seicento anni prima di Cristo, sono ancora evidenti nel sistema di insediamenti - fondati da fenici, greci e romani - e nel sistema di usi dello spazio naturale, che continuava a rappresentare un elemento essenziale delleconomia, dagli anni Cinquanta la pressione insediativa collegata al modello di sviluppo moderno, e in particolare a quello turistico, ha fortemente trasformato questo patrimonio. Il territorio più ricco di Francia sul piano paesaggistico e ambientale diventa anche il più minacciato.
Le grandi sfide che il Conservatoire deve affrontare, come accade alla generalità degli organismi incaricati della gestione del patrimonio naturale in aree costiere, sono: la salvaguardia del patrimonio genetico e della diversità biologica sempre più minacciati da processi di omologazione e di semplificazione; la pressione dellurbanizzazione ancora forte ed invasiva; la difesa dagli incendi del patrimonio boschivo che assume oggi funzioni turistico-ricreative ma ha perduto la tradizionale vocazione economica (e quindi le forme di controllo che ne derivavano); il controllo dellerosione costiera progressivamente aggravata dal costante innalzamento del livello del mare. Alcuni casi esemplari Come sopra accennato i siti del Conservatoire presentano caratteristiche molto differenziate, rispecchiando la pluralità dei paesaggi della costa mediterranea francese. Se nel patrimonio acquisito la componente naturalistica è quella predominante, connessa alla volontà di salvaguardare ambiti ad elevato valore biologico ed ecosistemico, proteggendoli dalle richieste di sviluppo turistico-insediativo, molti ambiti sono stati prescelti per la loro natura antropica: per la presenza di manufatti civili e militari di interesse storico-architettonico, appartenenti ad epoche diverse, in qualche caso prodotti della modernità o di forme di utilizzo agro-silvo-pastorale che hanno comportato trasformazioni e adattamenti dellassetto morfologico dei luoghi. Lacquisizione della Côte Bleue ha rappresentato, ad esempio, un passo importante per la conservazione della costa, sottraendola a pressanti progetti di trasformazione immobiliare, ma il trasferimento alla proprietà pubblica non ha del tutto interrotto le situazioni di criticità: da allora molti incendi si sono sviluppati su questo territorio danneggiandone fortemente il patrimonio vegetale. Le politiche attivate tendono, di conseguenza, a favorire la formazione di ecosistemi adatti al fuoco, la rigenerazione naturale delle foreste, la presenza di attività agricole tradizionali, il controllo della fruizione turistica attraverso la chiusura estiva del sito. Anche lacquisizione del sito di Le mont Vinaigrier, nelle vicinanze di Nizza, è legata alla volontà di impedire una speculazione immobiliare (ottocento alloggi) che negli anni Settanta avrebbe distrutto un patrimonio naturalistico di grande complessità e le vestigia di antiche coltivazioni ad uliveto. Oggi costituisce un importante supporto pedagogico per comprendere levoluzione di un paesaggio modellato dalluomo, per evidenziare i rischi dellabbandono delle colture e della conseguente riconquista del territorio da parte della vegetazione naturale. Con le stesse finalità, un luogo produttivo, le antiche Salines dHyères, poste in prossimità della penisola di Giens, abbandonate nel 1995, hanno assunto il ruolo di sito eccezionale per la nidificazione degli uccelli dacqua e per la migrazione e lo svernamento dei volatili. Accanto alla conservazione delle antiche strutture, del livello dellacqua e del tasso di salinità, gli obiettivi di gestione comprendono, dunque, interventi tesi a differenziare i luoghi di nidificazione per favorire la presenza di ulteriori specie. Tra gli ambiti dove la componente architettonica assume un rilievo precipuo, possono essere citati: il sito Eileen Gray-Le Corbusier a Cap-Martin, classificato monumento storico, che comprende il Cabannon, le Unités de camping ed alcune ville progettate da Le Corbu, come risposta esemplificativa al problema dello sviluppo della residenza turistica sul litorale (in questo caso un terreno in forte pendenza sistemato a terrazze piantumate con varietà botaniche antiche che può essere considerato tipico di molti contesti territoriali); la Poudrerie de Saint-Chamas-Miramas, ai confini dello stagno di Berre alle Bocche del Rodano, antica fabbrica di esplosivi inclusa con le sue pertinenze naturali (una foresta umida) e costruite (antichi mulini, una cappella romana, reti idrauliche ) tra le proprietà del Conservatoire dopo trentanni di abbandono; la Proprieté la Moutte, nei pressi di Saint-Tropez, comprendente un castello del XIX secolo e la batteria di Capon, punto di partenza di un sentiero lungo un tratto di litorale ancora inalterato; il Fort-Carré del XVI secolo che vede la gestione congiunta dellantica fortezza e dello spazio verde circostante tra Conservatoire e Comune di Antibes. Una notazione particolare va riservata a due siti dove la protezione riguarda spazi verdi destinati originariamente a parco privato: il Domaine du Rayol sulla Cornice dei Mauri, anchesso acquisito, nel 1989, per sottrarlo ad un progetto edilizio. Di grande interesse è, infatti, la presenza di un giardino di 5 ettari disegnato da Giles Clément che ha immaginato un mosaico di spazi verdi che riproducono le forme del paesaggio di diverse regioni del mondo a clima mediterraneo; la Serre de la Madone, vicino a Mentone, dove, a partire dagli anni Venti, è stato realizzato un giardino esotico sul sistema terrazzato originario, composto come uno spazio di rappresentazione a grande scala comprendente una moltitudine di stanze, luoghi segreti, tranquilli ed intimi. A lungo abbandonato e di conseguenza eccessivamente sviluppato in altezza e densità, questo sito è il luogo adatto per una riflessione, propria del Conservatoire, sulle sfide ambientali conseguenti alle pratiche delluomo. La stessa sfida è raccolta, forse più modestamente, in alcuni siti che si pongono la finalità di proteggere ed implementare attività agricole tradizionali, conservando i caratteri del paesaggio tradizionale. Così, la Plaine de la Crau, nei pressi di Arles, assicura la gestione della steppa e del bosco attraverso il mantenimento delle pratiche tradizionali, quali lallevamento estensivo di ovini e cavalli. Quanto al Domaine de la Sanglière-Cap Bénat, che alterna colline boschive, vigneti doc e spiagge di sabbia fine, costituisce una testimonianza rappresentativa dellambiente tradizionale del litorale del Var generalmente soggetto, in misura non dissimile al resto del territorio costiero, a processi di semplificazione della diversità biologica e paesaggistica. Alcune conclusioni Il confronto tra le due regioni confinanti da un lato conferma, come Gambino ha più volte sostenuto, la fascia costiera come «fascia ad elevata criticità ambientale paesistica, nella quale un patrimonio prezioso e irripetibile di valori storici, culturali e paesistici è alla mercè di potenti forze disgregatrici»; dallaltro lato evidenzia differenze significative rispetto alle politiche adottate per affrontare il problema costa. Lesperienza francese del Conservatoire mette in luce, in particolare, un impegno forte e costante dello stato nella salvaguardia di siti litoranei preziosi, attraverso lacquisizione al pubblico della loro proprietà e la successiva gestione locale dei territori; mentre in Italia, come accennato in premessa, la situazione è completamente rovesciata: se possibile si ipotizza persino di cartolarizzare le fasce costiere. In entrambi i casi ha prevalso, inizialmente, una politica di protezione per isole, tanto è vero che il Conservatoire era già attivo da un decennio con il suo trend positivo quando si è sentita lurgenza di varare la loi littoral. Ancora una volta un provvedimento che, almeno sulla carta, ha marcato lanticipo della Francia anche se la legge è stata poi fortemente contestata per essere troppo permissiva (ma ha ricevuto anche la critica opposta: di legge troppo restrittiva), per difficoltà di applicazione, per incoerenza(18). Tornando invece al Conservatoire, dopo i risultati già raggiunti, lobiettivo che esso si è posto (peraltro in linea con le raccomandazioni più volte espresse in sede europea (19): un utilizzo sostenibile delle aree costiere e la loro gestione integrata da realizzarsi attraverso una politica fondiaria che tende ad acquisire siti di grandi dimensioni e ad estendere il patrimonio a un terzo di costa francese) va indubbiamente oltre unazione di salvaguardia puntiforme e circoscritta. In Italia, lesigenza attuale di una più compiuta logica di sistema - imprescindibile se lo scopo è estendere il processo di preservazione e di valorizzazione allintero paesaggio costiero, territorializzando le strategie e le azioni necessarie stenta a decollare. Il tema della gestione integrata delle aree costiere richiede, infatti, azioni coerenti in un ampio ventaglio di settori e la sinergia tra i diversi livelli istituzionali con il comune obiettivo di non perdere una risorsa strategica, non solo in termini ecologici, ambientali e paesaggistici, ma sociali ed economici. Un punto di partenza poteva essere costituito dal progetto Coste Italiane Protette (CIP), presentato dalla Federazione italiana dei parchi e delle riserve nel dicembre 1999, e poi sostanzialmente arenato. Era loccasione, non solo per mettere in rete una parte significativa delle aree parco comprese in ambiti costieri, allo scopo di precisarne problematiche e vocazioni comuni e di perseguire strategie di progetto sostenibili e coordinate, ma di costruire visioni dassieme condivise, tra attori ed istituzioni che operano alle diverse scale spaziali, delle dinamiche, delle politiche, delle azioni da concertare per lintero territorio costiero. NOTE
di Franca Balletti La ricerca, di cui si presentano qui i primi risultati, è stata svolta in stretta collaborazione fra le due autrici. In particolare Franca Balletti ha qui steso le parti relative alle aree protette costiere liguri e ai siti del Conservatoire nella regione Provence-Côte dAzur, mentre Luisa Rossi ha trattato listituzione del Conservatoire in generale. |