E sicuramente troppo presto per fare un bilancio, sia pure di massima, della attività di OPE.
Non lo è, però, per qualche riflessione sui problemi che lOsservatorio ha già messo in luce, confermando, per un verso, le ragioni che ci avevano spinti a passare il Rubicone, superando perplessità e timori sulla portata dellimpegno che andavamo ad assumerci, e, per altro verso, a segnalarci aspetti di cui forse era stato fin qui particolarmente difficile cogliere tutte le implicazioni.Sulle conferme non cè molto da dire dopo quanto è già stato scritto puntualmente, sulla rivista, da Laura Ravazzoni che dellOsservatorio è stata ed è, al meglio, la tuttofare Qui, è sufficiente ribadire che non cera alcun peccato di presunzione nella nostra decisione con la quale volevamo farci carico di unesigenza indubbiamente non scontata che andava a toccare aspetti e profili politico-istituzionali sovranazionali, ma non per questo fuori dalla nostra portata e, soprattutto, niente affatto eccentrici. Affermare che i parchi debbano avere sempre più voce in capitolo nellEuropa allargata non è certo idea strampalata, ma al contrario, per alcuni versi, persino unovvietà. Meno ovvio, naturalmente, è individuare le modalità, il percorso e gli obiettivi concreti perché questa esigenza possa essere finalmente riconosciuta e sostenuta, innanzitutto, dal mondo dei parchi europei e, quindi, presa in considerazione, seriamente e concretamente, nelle sedi istituzionali ed amministrative dellUnione; è proprio a questo riguardo che la fase di assestamento dellOsservatorio ci ha fatto capire quale tipo di impegno ci è richiesto se non vogliamo disattendere le premesse da cui siamo partiti. La nostra principale preoccupazione, già nel primo incontro di Riomaggiore, fu quella di riuscire a rappresentare con un proprio documento (Libro Verde) la situazione dei parchi europei che probabilmente è oggi scarsamente o comunque insufficientemente conosciuta a livello dellUnione visto che questultima ha operato solo sui siti laddove tutto il resto- che poi è il più e il meglio- è rimasto gioco forza fuori, ignorato ed escluso.
Ma operazioni del genere, come sappiamo da una consolidata esperienza comunitaria, possono andare felicemente in porto soltanto se la stessa Unione se ne fa carico; in altre parole si è chiaramente appalesata dopo questa decisione lesigenza, in primis, di entrare in rapporto politico ed istituzionale con le Istituzioni comunitarie. Insomma, la cosa più urgente è rappresentare, attraverso OPE, i nodi politici a chi di dovere. Solo successivamente, potremmo meglio valutare ciò che può e deve essere fatto da noi e quello che deve essere fatto da altri. Ecco perché, subito dopo le elezioni, quando avremo un Governo e un Parlamento nuovi, dovremo riuscire ad organizzare uniniziativa, promossa dalla Federparchi, da tenersi a Roma, la quale impegni, insieme alle istituzioni nazionali anche il Parlamento Europeo, la Commissione, il Comitato delle Regioni, ecc.
In quella sede dovremo chiedere, fra le altre cose, che lUnione si faccia carico, come previsto dalle normative comunitarie, della messa a punto di un Libro Verde al quale ovviamente noi ci impegneremo a dare il nostro convinto contributo.
Del resto, il fatto che parchi hanno bisogno di unEuropa che funzioni, che cresca e non ripieghi su politiche scarsamente incisive sarà un tema che anche allAssemblea Congressuale di Federparchi, il prossimo giugno in Sicilia, dovrà trovare il suo spazio e lattenzione necessaria.
Il dibattito su quel che deve essere proposto e richiesto allUnione è più che mai aperto perché finora non sono state avanzate proposte da nessuna parte. A quel che ci risulta, soltanto OPE, nel merito, ha formulato qualche ipotesi che va però approfondita e soprattutto confrontata con le rappresentanze istituzionali nazionali e comunitarie. Va detto, infatti, che anche dai documenti dedicati in questi anni in sede europea ai siti, che pure contengono numerosi rilievi critici su questa esperienza comunque importante, non è dato cogliere spunti apprezzabili al riguardo.
Si tratta, in sostanza, di una pagina pressoché bianca e quindi tutta da scrivere. E il primo punto, naturalmente, riguarda lopzione se lUnione deve intervenire al riguardo; noi abbiamo già risposto con estrema chiarezza e argomentazioni che ci sembrano solide e convincenti.
Meno scontata, anche per noi, la risposta sul come.
Non vi sono dubbi che, anche nei confronti dei parchi, un eventuale e diretto intervento dellUnione deve rispettare gli assetti costituzionali interni dei singoli Stati per quanto attiene la gestione, tanto più che i parchi, diversamente dai siti, non sono emanazione diretta dellunione.
Può essere necessario ed opportuno, come già avvenuto per biodiversità e paesaggio, ricorrere a convezioni o protocolli i quali però, se hanno il merito di chiarire le finalità di taluni interventi, non hanno la forza di una legge o di una direttiva, come avviene, invece, nel caso di Habitat.
Un punto tuttavia dovrebbe essere chiaro, e cioè che, anche in questo caso, lUnione deve puntare, secondo i principi fissati e ribaditi anche dal nuovo Testo costituzionale, ad una armonizzazione delle politiche e degli interventi: questi ci sembrano i punti da cui prendere le mosse per un discorso che ambisca a superare la soglia della denuncia o dellappello.
Federparchi e quindi OPE, con gli impegni che si sono assunti anche nei confronti di associazioni europee e mediterranee, hanno pertanto il dovere di presentarsi con idee chiare e proposte precise agli appuntamenti strategici che ci attendono.
di Renzo Moschini
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