Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista della Federazione Italiana Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 49 - OTTOBRE 2006




Ordina questo numero della rivista

Osservatorio Parchi Europei

Tutela della biodiversità' a parole, ma non nei fatti: anche per la Rete Natura 2000 un futuro difficile

Sfogliando le pagine del portale di presentazione dell'Unione Europea si legge: "La protezione dell'ambiente è essenziale per la qualità della vita delle generazioni future, […] è una delle maggiori sfide dell'Europa. […] Si riconosce che il modello europeo di sviluppo non può essere fondato sull'esaurimento delle risorse naturali e sulla degradazione dell'ambiente".
Che l'ambiente e la sua tutela siano politiche prioritarie dell'Europa non è una novità, essi infatti, nelle parole e nei documenti, sono presenti fin dai primi passi per creare l'Unione. Il problema è piuttosto di come queste politiche si traducano in qualcosa di concreto e tangibile, che non sia solo carta, buoni intenti o politica di facciata.
In particolare, il "Sesto Programma d'Azione per l'Ambiente", adottato nel 2002, ha fatto della protezione della biodiversità e della tutela di habitat e specie, uno dei suoi principali obiettivi.
Se ne capisce facilmente la ragione se si inquadra l'attuale situazione. Il continente europeo ospita oltre 200.000 specie animali e vegetali: una cifra relativamente bassa, se si paragona l'Europa ad altre regioni del mondo. Tuttavia, in proporzione, le specie minacciate sono molto più numerose nel nostro continente che altrove a causa di molteplici fattori: l'aumento dell'urbanizzazione e delle infrastrutture, l'eccessivo sfruttamento delle risorse, l'inquinamento di ogni genere e l'introduzione di specie esotiche negli ecosistemi. Le cifre parlano chiaro, in Europa è minacciato il 42 % dei mammiferi, il 15 % degli uccelli, il 52 % dei pesci d'acqua dolce e circa 1.000 specie vegetali sono gravemente in pericolo o in via di estinzione.
Le aree protette sembrano oggi, così come parevano 10 anni fa, i migliori soggetti già operativi nei differenti paesi dell'Unione pronti ad intervenire concretamente per arginare e pian piano ribaltare questo scenario preoccupante. Tuttavia l'Europa, come più volte Federparchi ha già sottolineato, non si è mai occupata di parchi: non ha previsto canali per il loro finanziamento diretto, né canali preferenziali di accesso a quei fondi e programmi finanziari orientati alla protezione e conservazione della natura, "mission" primarie delle aree protette.
Pur non condivisibile, tale scelta era, se non altro, sostenuta da due motivazioni concrete.
La prima è che sostenere operato e funzionamento dei parchi, non essendo questi ultimi emanazione diretta dell'Unione, ma enti che fanno riferimento ai differenti paesi o regioni, sia competenza istituzionale di chi li ha voluti e creati. Un'argomentazione valida per quel che riguarda l'ipotesi di un finanziamento diretto (tra l'altro difficilmente attuabile con criteri equi, vista l'eterogeneità del panorama delle aree protette europee), ma meno valida se si pensa a fondi dedicati al finanziamento di specifiche azioni o progetti virtuosi all'interno dei parchi stessi che concretizzino gli indirizzi della politica ambientale europea.
La seconda motivazione risiede nel fatto che l'Europa ha deciso di agire in modo parallelo ai parchi, andando ad istituire un'apposita rete puntuale di siti (molto più frammentata, ma allo stesso tempo più omogenea per criterio e più estesa per superficie) con il compito specifico di proteggere la biodiversità ed evitare l'estinzione di specie animali e vegetali: la rete "Natura 2000", basata sulle direttive del 1979 sugli uccelli selvatici e del 1992 sugli habitat naturali.
Un percorso coraggioso, ma allo stesso tempo difficile e impegnativo, che ha visto per questo un grande impegno per l'individuazione dei siti (più di 18.000), ma, allo stesso tempo, clamorosi ritardi nell'attivare le procedure per bloccare le azioni che continuano a minare e corrodere il patrimonio naturalistico europeo.
Giunta oggi in porto questa prima era di "patimenti" ed individuati e validati i siti, era lecito aspettarsi, nel passaggio alla fase operativa, che l'Unione Europea dedicasse specifiche risorse per sostenerla. Ma sembra non essere così.
A Milano, a fine settembre, il Mistero dell'Ambiente ha infatti presentato la "Guida al finanziamento di Natura 2000" (scaricabile dal sito del Ministero dell'Ambiente), frutto di un progetto lanciato lo scorso anno dalla Commissione Europea per fornire un supporto agli Stati Membri nell'individuazione ed utilizzo delle forme più opportune di finanziamento per attuare le misure di conservazione della rete Natura 2000.
Il manuale si indirizza soprattutto alle autorità responsabili dei programmi di finanziamento nazionali e regionali relativi al periodo 2007-2013, ma è purtroppo di grande interesse anche per i soggetti coinvolti nella futura gestione della rete Natura 2000.
Indicazioni in tal senso erano spasmodicamente attese da tutti coloro, in primis le aree protette, che dovranno in concreto gestire e promuovere le attività dei siti. La prefazione del Direttore Generale Morgen Peter Carl e l'incipit dell'introduzione che recita "Natura 2000 è la pietra miliare della politica di conservazione dell'Unione Europea" fanno ben sperare. Il manuale però contiene cattive notizie, pur vestite a festa.
Fin dalle prime righe si tiene a ribadire che, facendo perno sul principio di sussidiarietà, debbano essere gli Stati Membri a coprire i costi relativi al gran numero di attività richieste per il decollo di Natura 2000: sviluppo dei piani di gestione, risanamento degli habitat, monitoraggio, azioni operative, etc… Non una nuova notizia forse, ma ribadita come prima informazione ed alla luce di quanto segue è, a dir poco, preoccupante.
In relazione infatti al co-finanziamento comunitario previsto laddove necessario, dall'art. 8 della stessa Direttiva Habitat, si apprende una inquietante novità: non esisteranno fondi dedicati al finanziamento di Natura 2000. I co-finanziamenti saranno spalmati, ovvero distribuiti attraverso gli esistenti strumenti di finanziamento: Fondi Strutturali (FSE e FESR), Fondo di Coesione, Fondo Agricolo Europeo (FEASR), Fondo Europeo per la Pesca (FEP), LIFE+ e il VII Programma Quadro per la Ricerca (FP7).
Le regioni di tale scelta sarebbero le seguenti: una maggiore integrazione delle politiche di gestione dei siti con la PAC (Politica Agricola Comunitaria), una maggiore libertà agli Stati Membri di individuare e sviluppare priorità che riflettano le specificità regionali e nazionali, la non duplicazione e sovrapposizione degli strumenti di finanziamento comunitari ed un risparmio su complicazione e costi amministrativi di questi ultimi.
Motivazioni deboli, per una decisione che parla chiaro e rischia di compromettere seriamente le possibilità di operative della rete Natura 2000.
Ciò che infatti è stato presentato alla platea del workshop di Milano come un'opportunità, ovvero la possibilità di attingere a diverse fonti e non ad una sola, aumentando le possibità di relazione e connessione con le altre politiche territoriali, rischia di tradursi in un ostacolo capace di bloccare l'operato dei futuri gestori dei siti.
Innanzitutto, infatti, un tale sistema complica in modo esasperato la gestione di un progetto, le cui singole azioni (il manuale ne individua 25 tipologie) andranno ad attingere a diverse fonti di finanziamento, con un'inevitabile difficoltà di coordinare tempistiche, gestione amministrativa ed efficacia operativa del progetto nel suo insieme.
In particolare accadrà (come negli esempi forniti) che azioni strettamente vincolate l'una all'altra (come l'acquisto delle capre e delle recinzioni per contenerle) attingano a fonti finanziarie differenti, il che pone ovvi problemi di gestione ed organizzazione.
Oltre a questa palese complessità, che si riscontra e pesa anche solo nella fase di formulazione di una richiesta di finanziamento, si aggiunge il fatto sconcertante che, ancora una volta, le aree protette o gli altri possibili gestori dei siti Natura 2000 si ritroveranno a pescare in un calderone comune, al pari con molti gli altri soggetti spesso dotati di mandibole più grandi e forti e di denti più aguzzi e affilati.
Per completare lo scenario, il manuale conclude con tono laconico e indeterminato: "l'attuazione nazionale di questo nuovo sistema richiederà certamente un po' di tempo".
Un'ulteriore notizia non buona, per quel che concerne le tempistiche, è che il regolamento del LIFE+, unico vero strumento finanziario che prevede un orientamento diretto su natura e biodiversità, è stato bocciato dal Parlamento Europeo. Fatto che comporterà sicuramente un ritardo non trascurabile sull'attivazione di LIFE+.
Un quadro di prospettive non certo rincuoranti, visti anche i cospicui ritardi già accumulati, la necessità di dar continuità ad alcuni progetti già avviati e quella ancora più impellente di rendere operativa la rete Natura 2000.

Luigi Ocaserio