Habitalp: aree protette e ricerca
Di ritorno dalla partecipazione alla conferenza finale del progetto Interreg III B Habitalp (Alpine Habitat Diversity), svoltasi a Berchtesgaden in Baviera (14-15 settembre 2006), città in cui ha sede il parco nazionale che ha assunto il ruolo di leader, desidero comunicare alcune sensazioni per sollecitare, sul tema, un opportuno e spero non sterile dibattito. Il progetto Habitalp (disponibili ampie sintesi, anche in lingua italiana), sul quale non mi dilungo, e nel quale sono stato coinvolto dalla Provincia Autonoma di Bolzano, interessa principalmente la rilevazione delle modificazioni del paesaggio alpino (quindi degli ambienti) da rilevare, almeno inizialmente, con foto aeree all'infrarosso. È stata predisposta una chiave di interpretazione, piuttosto complessa e articolata, denominata CIR e per questa le possibili corrispondenze con altri sistemi di classificazione vegetazionale, in particolare Palhab (cioè Corine, in sostanza) e Natura 2000. Sono quindi richieste competenze in vari settori: tecnologie avanzate e aerofotogrammetria, fitosociologia, sistemi GIS e di trattamento dei dati. Confesso che, inizialmente, ero alquanto perplesso sull'utilità di ricorrere ad una nuova chiave e, in tal senso, non avevo mancato di far pervenire agli esperti internazionali incaricati, alcune osservazioni. In fase conclusiva, peraltro, devo rilevare come tutte le relazioni prodotte, che ho potuto seguire bene sia per la traduzione simultanea che per le slides in lingua inglese, hanno contribuito, assai efficacemente, a delineare il quadro delle conoscenze, i progressi tecnologici, i limiti ancora esistenti e le prospettive per il loro superamento. Sono state tutte di eccellente livello, molto concrete, assai lontane da enfasi e risonanze che invece si avvertono spesso nei nostri convegni. Non è passata inosservata la scarsa partecipazione italiana (fra l'altro, nessuna relazione). Oltre alla Provincia di Bolzano, infatti, era rappresentato, tra i partner del progetto, solo il parco valdostano del Mont Avic. Mancavano, con diverse motivazioni e certamente tutte assai plausibili, i rappresentanti dei parchi nazionali del Gran Paradiso (dati ancora non utilizzabili), dello Stelvio, e delle Dolomiti Bellunesi (qui non sono stati effettuati i sorvoli per la rilevazione delle immagini). I parchi più attivi, dove si è lavorato molto, e che sono apparsi avanti in questo settore della ricerca sono, oltre a quello tedesco di Berchtesgaden (che su queste basi ha costruito sia il piano forestale che quello dei biotopi e anche il Management Plan complessivo), sono quelli Nazionale Svizzero, austriaco degli Alti Tauri e francesi degli Écrins e della Vanoise. Ciò che è apparso evidente, alla fine, è il ritardo che il sistema dei parchi italiani (alpini) ha accumulato in questo settore e non è elemento da sottovalutare. La competenza con la quale i vari rappresentanti trattavano di programmi di ricerca a livello europeo e le diverse possibilità e sviluppi che trasparivano, ha lasciato un segno. Forse da noi, giustamente secondo molti, si è preferito accreditare l'immagine turistica, investire nei mercatini dei gadget e nei prodotti tipici; tutte azioni lodevoli e non disdegnate neppure altrove, ma forse insufficienti a motivare l'esistenza di un parco nazionale che deve fare della natura e della sua protezione il perno di tutta la gestione. Per altri aspetti, del resto, non sono necessarie specifiche competenze e ci potrebbero pensare anche le agenzie promozionali. Questa percezione è stata molto netta. Il rischio di perdere il treno dei vari progetti europei (evito volutamente di esemplificare) mi è parso molto concreto. Può essere che la ricerca e la tecnologia non conti, che dia poca visibilità a fronte delle risorse che impegna, che non sia sufficientemente vicina ai problemi della gente comune, ma così si spiegano anche i ritardi del nostro paese in termini di ricerca e innovazione. I parchi alpini potevano essere un'eccezione e questo era il mio auspicio, ed anche una ferma convinzione, se non altro per le loro potenzialità. Temo che perdendo e sottovalutando questa dimensione i nostri parchi alpini, che non avrebbero nulla da invidiare agli altri oltre frontiera, a livello di contenuti naturalistici, e di capacità creativa, rischierebbero la serie B e l'anonimato. Conosciamo tutti i tagli di risorse intervenuti negli ultimi anni, ma essi hanno interessato anche altri paesi, com'è stato dimostrato. Preoccupa maggiormente la carenza di convinzione e l'incapacità di preparare figure professionali adeguate. Ritengo sia giunto il momento di rilanciare l'iniziativa dei parchi alpini, ferma da troppo tempo. Lo scenario europeo che è stato così efficacemente delineato, richiede attenzione e partecipazione, pur nelle incertezze che ancora interessano i programmi fino al 2013. Ho la sensazione che si stia rischiando di perdere gli ultimi treni utili per non farci tagliare fuori. Le aree protette nostre, ad esempio, comunicano con i rappresentanti dell'INM, che ha sede a Roma, che sono i referenti in ISCAR? Come già avvenuto a suo tempo per Natura 2000, non è che le nostre assenze diventino pesanti in sede tecnica quando l'UE aggiornerà la normativa? Ho percepito un deficit di rappresentatività in sedi istituzionali che mi preoccupa, anche se spero, ovviamente, di sbagliarmi. Riterrei che le esperienze dei nostri parchi alpini, sicuramente non trascurabili, meriterebbero di essere rivalutate e rigenerate e portate ai livelli che contano. Sono altresì convinto, che pur in periodi di magra, le risorse umane, se ben coalizzate, sarebbero tali da evitare la retrocessione. Forse attraverso il cosiddetto Comitato di Pilotaggio della Rete Alpina, qualche iniziativa tecnica si potrà realizzare, ma qui servono anche competenze amministrative e volontà politiche non delegabili a singoli direttori o funzionari esperti. Possibile che non si riesca a riprendere un dibattito che porti i parchi alpini (nazionali e regionali, non a caso si noti la presenza di province autonome) ad essere presenti sullo scenario europeo? Cipra e Federparchi, ad esempio, potrebbero svolgere un ruolo determinante in questo rilancio, necessario per riguadagnare terreno e coordinare iniziative di enti troppo piccoli per essere direttamente presenti sulla scena internazionale. I progressi tecnologici che si stanno concretizzando (ampio il ventaglio di opportunità e soluzioni apparse all'orizzonte), non annullano la necessità di un lavoro di campo (ciò è stato da tutti recepito e sottolineato, quindi nessun …venditore si era inserito tra i relatori), ma il futuro di monitoraggio e controllo (azioni che un parco non potrà né omettere né delegare) difficilmente potranno sfuggire alla necessità di ricorrere all'impiego di sistemi automatici rivelatori e di tecnologie sempre più avanzate. Consapevoli che queste da sole non risolveranno i problemi di gestione se non sostenute da adeguati programmi e iniziative formative.
Cesare Lasen
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