"Piano per il paesaggio": nuove regole per le coste sarde
« Fino ad oggi si è andato sviluppando in Sardegna un modello turistico legato fondamentalmente all'insediamento costiero sia di tipo ricettivo-alberghiero che nelle forme di residenza turistica. Ciò ha comportato un progressivo e forte consumo del territorio costiero a discapito della conservazione e della valorizzazione di habitat di importante valore ambientale e paesaggistico. Nel corso degli anni, il carico antropico che si è generato ha comportato la nascita, spesso disordinata, di borgate e frazioni marine a ridosso della parte più delicata della costa isolana. Il Piano Paesaggistico Regionale si propone di invertire questa tendenza, rilanciando la funzione turistica e ricettiva dei centri abitati situati nella fascia costiera attraverso la valorizzazione dei centri storici, delle tradizioni culturali e agro alimentari a servizio del turismo. Si è scelto, pertanto, di mantenere e conservare nei loro valori ambientali e culturali le parti del territorio costiero ancora intonse orientando le opportunità di sviluppo turistico verso i centri urbani e dando impulso ad azioni di riqualificazione urbanistica degli insediamenti turistici esistenti.» Questo forse il passo della Relazione introduttiva al Piano Paessaggistico Regionale (PPR) della Sardegna, che meglio spiega lo spirito e la filosofia con cui è stato concepito e sviluppato forse il più rivoluzionario e innovativo provvedimento varato a tutela di una consistente porzione (oltre 1800 km) delle coste italiane. In sostanza il Piano vede confermate tutte le scelte fondamentali: l'abolizione delle lottizzazioni nella fascia costiera, la tutela dei paesaggi intatti o non compromessi, la riqualificazione dei centri interni e la bocciatura del turismo delle "seconde case". Tangibile la soddisfazione del Presidente Soru. "La Sardegna è salva" ha detto con sollievo dopo l'approvazione del Piano (definitivamente licenziato all'inizio di settembre). Speriamo che le parole corrispondano a verità e che i vincoli, sacrosanti ed inevitabili, non ricadano solo sulla testa dell'imprenditoria locale come sostiene l'aspra polemica politica del Centrodestra nei confronti del Presidente, stigmatizzata dalla parole del vice presidente Sanciu (Forza Italia): "Sotto la maschera di un falso ambientalismo viene impedita qualsiasi attività turistica dei piccoli e medi imprenditori sardi dando spazio solo ai grandi gruppi nazionali e internazionali, che nutrono le "simpatie" del presidente della giunta". Bisognerà rispondere alle parole con i fatti. Una cosa di cui la giunta Soru sembra capace, a giudicare dall'efficacia con cui è riuscita a condurre a termine l'iter non certo facile del provvedimento. Basti citare la bocciatura (per difetto di tutela) da parte del Consiglio di Stato di 13 dei 14 Piani Paesistici della Sardegna proposti, oppure l'esame, nel corso dei due anni di percorso di formazione del PPR, di ben 2.832 osservazioni presentate da enti locali, istituzioni pubbliche, privati e associazioni interessate dal provvedimento. Importante è stato anche il lavoro di audizione degli enti locali svolto dalla Commissione consigliare ed il processo di concertazione impostato dall'Assessorato, che, organizzando ben 23 occasioni di confronto, ha dato vita ad un metodo innovativo per il processo della pianificazione territoriale, atto ad illustrare il lavoro compiuto, recepire suggerimenti e proposte, e comunicare ai partecipanti la nuova logica della pianificazione paesaggistica che sposta i termini dell'approccio pianificatorio tra territorio e ambiente, finora orientato a favore dell'edificabilità. Anche in questo frangente però non mancano gli scontenti. I consiglieri di maggioranza sembrano soddisfatti ma non entusiasti, dimostrando apprezzamento per l'accoglimento di numerose osservazioni, e rimandando a una seconda fase la definizione dei punti su cui non esiste il consenso. Opposizione e parte degli enti locali sono decisamente più duri e giudicano non siano state recepite molte delle osservazioni presentate. Replica la Relazione introduttiva al Piano: «i soggetti proponenti osservazioni si sono limitati, il più delle volte, a formulare richieste non accoglibili in quanto dirette a snaturare le linee portanti, i presupposti ed i criteri informatori, peraltro esplicitati nella Relazione generale del P.P.R. e ispirati alle direttive europee in materia di paesaggio». Effettivamente, le principali modifiche contenute nel testo finale rispetto alle norme già adottate dalla giunta, sono state introdotte per armonizzare il provvedimento con il Codice Urbani. E' scomparsa, rispetto alla versione precedente del provvedimento, la tabella dei livelli di tutela paesaggistica, una questione delicata, su cui si è espresso il Comitato Scientifico del Piano nei seguenti termini: « Il Comitato Scientifico non può quindi nascondere le sue perplessità nei confronti di impostazioni che (seguendo più o meno la linea indicata dal D. Lgs, n. 42/2004 prima delle recenti modifiche) attribuiscono al P.P.R. il compito di definire una gerarchia di "livelli di valore", individuando le modalità per la loro specifica attribuzione ai diversi ambiti o, peggio, alle diverse componenti territoriali. Le perplessità non riguardano ovviamente la possibilità-opportunità di esprimere giudizi di valore su singoli beni o singole parti di territorio (secondo una prassi largamente consolidata a livello internazionale nel campo della conservazione della natura), ma la pretesa di fondare solo o essenzialmente su tali giudizi, le misure di disciplina. Attribuire "livelli di valore" scalarmente ordinati a beni caratterizzati in modo specifico secondo caratteristiche peculiari alla categoria di beni, o allo specifico bene, sembra operazione culturalmente discutibile. Non solo perché implica l'attribuzione di valutazioni soggettive, largamente discrezionali per molti aspetti, come tipicamente quelli estetici, a beni di cui invece l'analisi scientifica oggettiva ha consentito di definire i connotati caratterizzanti e le ragioni di tutela. Ma anche perché sul piano applicativo comporta una inopportuna iper-semplificazione delle indicazioni normative, che ignora le specificazioni introdotte con le norme "per componenti" di cui al paragrafo 5°, cancellando arbitrariamente le profonde diversificazioni che, anche all'interno della più piccola porzione di territorio, sono caratterizzati (e il loro valore è determinato) da ben individuati elementi fisici i quali costituiscono il valore del bene per la loro presenza e per le loro connessioni con gli altri elementi. Non ha molto senso distinguerli a seconda che siano più o meno "compromessi" o più o meno "importanti"». E' stata inoltre introdotta una sorta di flessibilità nei vincoli, a seconda della natura e della posizione delle aree rispetto al mare. Resta interressata una fascia costiera di ampiezza media di 2 km ed è stato ribadito un punto fermo: nelle zone in cui non esiste una volumetria, non si potrà costruire nulla (è il caso di Costa Turchese del gruppo Berlusconi e di Cala Giunco, dell'editore Sergio Zuncheddu), mentre sarà possibile intervenire nei centri abitati per riqualificare cubature esistenti, per le quali è anche previsto un premio pari al 25 per cento (indi via libera a Tom Barrack e alla nuova Costa Smeralda, e ai siti minerari del Sulcis). Per chi fosse interessato, tutta la documentazione sul piano è interamente scaricabile dal sito della Regione Sardegna: www.regione.sardegna.it.
Giulio Caresio
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